Ida Frostokovich viveva in una casetta a schiera al centro della San Fernando Valley, a nord del Los Angeles River, dove c'erano almeno quindici gradi in più che dall'altra parte della città. Quando Ida era bambina, la valle era coperta da aranceti che si susseguivano con precisione zen, file identiche di alberi identici, ogni pianta alla stessa distanza da quelle vicine, file e file di nuvole verdi stracariche di sfere arancioni che odoravano di sole. Ricordava bene quei tempi e ripensava spesso agli alberi. Durante gli anni del boom successivo alla Seconda guerra mondiale, gli aranceti erano stati rasi al suolo e gli alberi rimpiazzati da file e file di casette piccole ed economiche, quasi tutte uguali per forma e dimensioni, migliaia di casette che adesso ricoprivano la valle, ma nessuna odorava di sole.
Probabilmente Ida aveva cominciato a trascurare la casa dopo la morte della figlia e del marito. La casetta, con il suo tetto di tegole in materiale composito, la pittura sbiadita e il giardino trasandato sembrava stanca. Al centro c'era un unico arancio, un sopravvissuto della piantagione, solitario ricordo di tempi migliori. Nel giardino sul retro c'erano altri due alberi, le cui cime spuntavano da dietro il tetto. Feci due volte il giro dell'isolato prima di fermarmi, per capire se qualcuno stesse sorvegliando la casa, ma non vidi nessuno.
Paranoia.
Stavo risalendo il vialetto quando lei aprì la porta. Mi stava aspettando.
«Signor Cole?»
«Sì, signora.»
«Venga dentro. Fa più fresco.»
Ida Frostokovich era una donna robusta, di ossatura grossa, con un volto grassoccio e mani nervose. Come i Repko, anche lei aveva creato un sacrario alla memoria della figlia, lo vidi appena entrato. Un ritratto di Sondra grande quanto un poster era appeso alla parete sopra il televisore, con fotografie più piccole tutte attorno e altre ancora posate su una credenza, lì vicino. Le foto ritraevano la vita di Sondra dalla nascita alla morte e dominavano la stanza. Avevo visto santuari simili tornando dalla guerra, quando ero andato a trovare le famiglie di compagni morti. Si può perdere il marito o la moglie senza che un estraneo abbia mai modo di accorgersene, ma perdere un figlio lascia un vuoto così grande che è impossibile non riempirlo con i ricordi.
«Ha detto che i Repko vogliono sapere dell'indagine originaria?»
«Stanno cercando di capire come mai c'è voluto così tanto per catturare quest'uomo.»
Si accomodò su una poltrona reclinabile, le mani strette in grembo, ma in continuo movimento.
«Oh, li capisco, mi creda, e non li biasimo. Se la polizia avesse preso prima quel pazzo la loro figlia sarebbe ancora viva.»
«Già. Lei è rimasta soddisfatta del modo in cui è stata portata avanti l'inchiesta sulla morte di Sondra?»
«Ah. Sette anni e non lo avrebbero trovato neppure adesso, se non si fosse fatto saltare le cervella. Questo dovrebbe dirle qualcosa sul mio livello di soddisfazione.»
«Chi l'ha informata della scoperta del cadavere al Laurel Canyon?»
«Una certa detective Bastilla. Mi ha detto che avrebbero potuto farsi vivi dei giornalisti, ma non si è visto nessuno. Sarà perché è passato troppo tempo e ce ne sono state tante altre nel frattempo.»
«Torneremo sulla polizia tra un minuto, ma prima vorrei chiederle una cosa... conosce una società che si chiama Leverage Associates?»
«Non mi pare. Che cos'è?»
«È uno studio di consulenze politiche. Hanno la sede in centro. Debra Repko lavorava per loro.»
«Ah.»
Annuì senza capire, chiedendosi probabilmente cosa c'entrasse questo con sua figlia.
«Sondra e Debra avevano molto in comune. Erano molto più simili tra di loro che alle altre cinque donne. Entrambe erano diplomate, entrambe lavoravano in centro in ambienti collegati al governo della città. Sondra si interessava di politica?»
«No, la mia Sondra no. Lei si occupava di controllo costi per la commissione edilizia. Si definiva una contabile.»
«Ha mai partecipato a eventi politici tipo cene o altre manifestazioni organizzate per raccogliere fondi?»
«Oh, no. Lei odiava queste cose. È questo che faceva la figlia dei Repko?»
«Aveva partecipato a una cena di politici la sera in cui è stata uccisa.»
«Sondie era uscita con delle amiche. Se non altro lei era andata a divertirsi.»
«Ricorda come la polizia ha gestito le indagini?»
«Parola per parola. La notte me ne sto sdraiata a letto e mi sembra ancora di vederli, seduti lì, proprio dove è seduto lei ora.»
«Il detective che ha condotto le indagini era il vicecapo Marx?»
«All'inizio sì, poi però è arrivato un altro detective. Mi pare si chiamasse Petievich. Un serbo, è per questo che me lo ricordo. Ronnie era così contento quando ha visto che se ne occupava un serbo. Frostokovich è un nome serbo.»
«Per quanto se ne è occupato Marx?»
«Quattro o cinque settimane, poi è scomparso. È stato promosso, dicevano.»
«Dopo quattro o cinque settimane.»
«Ronnie era furioso, poi però si è calmato. Marx e quell'altro non avevano concluso niente, quindi pensammo che forse i nuovi avrebbero fatto meglio di loro.»
«Chi ha lavorato al caso insieme a Marx?»
«Mi faccia pensare...»
Fissò il soffitto, sforzandosi di ricordare.
«Il detective Munson. Uno taciturno. Ronnie lo chiamava "lo zombie". Ronnie si inventava sempre dei soprannomi.»
Cercai di non tradire alcuna reazione.
«E Munson ha continuato a occuparsi del caso insieme a Petievich?»
«Per un po', ma poi anche lui è passato ad altro. Prima o poi, tutti sono passati ad altro.»
«Ma i primi a occuparsi delle indagini sono stati Marx e Munson?»
«Il giorno in cui hanno trovato il corpo. Erano seduti proprio lì dove si trova lei.»
«Avevano un sospettato?»
«Oh, no. Il primo giorno hanno chiesto a noi se sapevamo chi poteva essere stato. Me lo ricorderò sempre, quando ce l'hanno chiesto. Ronnie ha perso le staffe. Gli ha detto che se avesse pensato che qualcuno voleva uccidere Sondie, l'avrebbe ucciso prima lui.»
«E voi sospettavate di qualcuno?»
«No. Perché avremmo dovuto?»
«Magari per qualcosa che Sondra aveva detto.»
Le mani nervose si strinsero: un gesto triste, quasi volessero cercare conforto l'una nell'altra.
«No, niente di tutto questo. Eravamo scioccati. Era come se fossimo stati travolti da un'onda. Pensammo che si fossero sbagliati.»
«Vi fecero molte domande?»
«Rimasero qui per ore. Volevano sapere se Sondra si vedeva con qualcuno, o se si era lamentata di qualcuno, quel genere di cose. Quella sera Sondie si era incontrata con le sue amiche, appena uscita dal lavoro, quindi la polizia voleva parlare con loro. Dovemmo cercare i loro nomi e i numeri di telefono. Non finivano più.»
All'improvviso sorrise, e il suo volto si illuminò di nuova energia.
«Vuole vederle?»
«Cosa?»
«Le sue amiche. Ecco, hanno scattato una foto tutte assieme...»
Si alzò dalla poltrona e mi fece cenno di seguirla alla credenza.
«Ce l'ha data Carrie. Ronnie la chiamava "l'ultima cena". Quando la guardava si metteva a piangere come un bambino, ma poi la chiamava l'ultima cena e rideva.»
Prese un'istantanea incorniciata dalla foresta di foto sulla credenza e me la mise tra le mani.
«L'hanno scattata in ufficio quel giorno. Questa è Sondie, la seconda da destra, questa è Carrie, poi Lisa ed Ellen. Scherzavano sempre e si divertivano un sacco. Quella sera dopo il lavoro è uscita con loro.»
Fissai la foto.
«Con gli amici dell'ufficio?»
«Be', solo le ragazze, non gli uomini.»
Le quattro ragazze erano in piedi, una accanto all'altra, e sorridevano con aria professionale. Si trovavano in un ufficio, ma non erano sole. Alla loro sinistra c'era un afroamericano di mezza età, alla loro destra il consigliere Nobel Wilts. Wilts era accanto a Sondra e sembrava sfiorarle la schiena.
Ida indicò l'afroamericano.
«Il signor Owen era il capo di Sondie, e questo è il consigliere Wilts. Era così gentile con lei. Le diceva sempre che avrebbe avuto un futuro brillante.»
Non riuscivo a staccare gli occhi dalla foto. La fissavo come se stessi per cascarci dentro.
«Avevo capito che il suo lavoro non avesse a che fare con la politica.»
«Be', è così, ma lavoravano nell'ufficio bilancio, capisce. Il consigliere andava lì per incontrare qualcuno dei pezzi grossi, ma non mancava mai di passare da loro per congratularsi per il buon lavoro che facevano. Carino, vero?»
Annuii.
«Era molto contento di loro, di Sondie in particolare. Quella sera si era persino ricordato il suo nome.»
Le restituii la foto e osservai la donna rimetterla al suo posto sulla credenza. La posò esattamente sulla sottile striscia libera di polvere.
«Lo rivide, quella sera?»
«A cena.»
«Sondie e Wilts hanno cenato insieme?»
«Sondie e le sue amiche hanno cenato insieme. Hanno incontrato il consigliere al ristorante e lui fu molto gentile. Disse che era contento di rivederle e si ricordò persino il nome di Sondie. Da allora ho sempre votato per lui.»
«Quando vi ha dato questa foto, Carrie?»
«Dev'essere stato un anno dopo il fatto. L'ha trovata per caso, un giorno, e ha pensato che potesse farci piacere averla.»
«Marx e Munson l'hanno vista?»
«A quel punto loro non si occupavano più del caso.»
Osservai la foto nella foresta di immagini sulla credenza e dai segni lasciati sulla polvere capii che era stata spostata più di una volta.
«Il detective Bastilla l'ha vista, quando è venuta qua?»
Il sorriso della donna si fece ancor più luminoso.
«Ha detto che Sondie era venuta benissimo. Ha chiesto se poteva prenderla, ma io le ho detto di no.»
Presi la mano di Ida e la strinsi a mo' di incoraggiamento.
«Sono felice che le abbia detto di no, Ida. È una bella foto. Se la tenga ben stretta.»