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Angel Tomaso era solo quando aveva visto Yvonne Bennett scomparire nel vicolo. Non era stato possibile verificare la sua versione degli eventi, ma era sembrato un bravo ragazzo con un lavoro stabile, benvoluto dai colleghi. Anche Crimmens aveva creduto alla sua storia. La finestra temporale era l'unica cosa su cui tutti ci eravamo trovati d'accordo, ma adesso la polizia non sembrava più considerarla così importante. Forse avevano parlato con lui, e magari lui aveva cambiato versione. Decisi di chiedere a Bastilla.

Riattraversai la città, salii le scale del mio ufficio ed entrai. La lucina della segreteria telefonica lampeggiava e il display indicava che c'erano quattro nuovi messaggi. Aprii una bottiglia d'acqua, mi lasciai cadere sulla poltroncina e ascoltai i messaggi.

Il primo era chiaro e diretto. Un'anonima voce maschile mi disse di andare a farmi fottere. Fantastico. Il registro delle chiamate in arrivo indicava il numero come nascosto. Il secondo messaggio era vuoto, avevano riattaccato. Il terzo era della ditta che regolarmente disinfesta la mia casa da ragni e formiche. Avevano trovato un'infestazione di termiti sotto la terrazza. Che giornata! Il quarto messaggio era simile al primo, ma lasciato da un uomo diverso.

«Ti ammazzeremo» diceva, con quanta voce aveva in corpo.

Questa voce era più giovane della prima e vibrava di rabbia. Una minaccia era facile da liquidare come l'azione di un pazzo, ma con questa facevano tre. Forse c'era sotto qualcosa.

Cancellai i messaggi, presi il bigliettino da visita di Bastilla e la chiamai.

«Bastilla.»

«Sono Elvis Cole. Avrei una cosa da chiederle.»

«Quando potrò avere il suo fascicolo?»

«Un po' di pazienza, Bastilla Non è per questo che la chiamo.»

«Non abbiamo altro di cui parlare.»

«Non l'ho chiamata per litigare. Sono nel mio ufficio e sto radunando i documenti. Mi vedrò con Levy domani mattina. Lui non pensa che ci siano problemi.»

Dopo un attimo di esitazione parve ammorbidirsi.

«Bene. Cosa c'è?»

«Angel Tomaso ha cambiato la sua versione?»

«Tomaso.»

Come se avesse così tanta carne al fuoco da non ricordare il nome.

«Tomaso è stata l'ultima persona a vedere Yvonne Bennett viva. Non lo sapeva? Era il testimone di Crimmens.»

«Giusto. Non siamo riusciti a trovarlo.»

«Le dichiarazioni di Tomaso sono state fondamentali per stabilire la finestra temporale. Come potete ignorarlo?»

«Non lo abbiamo ignorato. Semplicemente non siamo riusciti a trovarlo. Succede. E comunque le prove che abbiamo sono schiaccianti.»

«Un'ultima cosa...»

«Cole, lei non partecipa alle indagini.»

«Byrd era sospettato di qualcuno dei sette omicidi?»

«Solo il suo.»

Il mio. Adesso era il mio omicidio.

«Solo la Bennett.»

«Questo le fa capire quanto siano solide le prove, Cole... non c'erano sospettati per nessuno degli omicidi a parte quello della Bennett. È stata l'unica volta in cui ha commesso un errore. Se vuole sapere qualcos'altro, potrà leggerlo sul giornale domani.»

Bastilla riattaccò.

Stronza.

Decisi di fare una copia del fascicolo di Byrd. Avrei tenuto l'originale e portato a Levy la copia, e se lui mi avesse dato l'okay, l'avrei consegnata a Bastilla.

Rilessi le pagine e gli appunti man mano che li fotocopiavo. Arrivai all'elenco dei testimoni. Per Tomaso era indicato il numero di telefono del Braziliana Coffee Shop e un numero di cellulare. Erano passati due anni, ma decisi di tentare comunque. Al cellulare rispose una giovane donna dalla voce squillante di nome Carly, la quale mi disse che quel numero era suo ormai da un anno. Quando le chiesi se conosceva Tomaso mi rispose di no, ma aggiunse che quella era la seconda telefonata che riceveva da parte di persone che lo cercavano. L'aveva chiamata anche la polizia.

«Quando è successo, Carly?»

«Un paio di giorni fa. No, aspetti... tre giorni fa.»

«Ah. Ricorda il nome della persona che ha chiamato?»

«Ha detto di essere un detective... Timmons?»

«Crimmens?»

«Esatto.»

Se non altro Crimmens aveva fatto il proprio dovere.

Tentai con il coffee shop e mi sentii dire esattamente la stessa cosa. Crimmens aveva chiamato cercando Tomaso, ma l'attuale responsabile non aveva mai conosciuto questo Angel, non aveva idea di come trovarlo, ed era quasi certa che Tomaso avesse lasciato il lavoro più di un anno prima perché lei lavorava lì da un anno. Riattaccai e tornai alle mie fotocopie.

Angel Tomaso non era stato il mio testimone, Crimmens lo aveva trovato e interrogato due giorni dopo l'omicidio di Yvonne Bennett, ma io avevo cominciato a lavorare al caso dieci settimane dopo. All'accusa era stato chiesto di consegnare a Levy l'elenco dei testimoni in base alla norma che impone la produzione delle prove, insieme a tutte le informazioni necessarie a contattarli. Mentre proseguivo con l'operazione di copiatura, trovai un biglietto con un appunto scritto a mano su cui avevo segnato un diverso recapito di Tomaso.

Quando Crimmens lo aveva identificato come testimone, Tomaso viveva con la sua ragazza a Silver Lake, ma quando lo avevo contattato io, dieci settimane dopo, Tomaso e la ragazza si erano lasciati e lui alloggiava temporaneamente a Los Feliz presso un amico, un certo Jack Eisley. Io lo avevo interrogato proprio lì, a casa di questo Eisley, e avevo conservato l'indirizzo e il numero di telefono. Terminato di fotocopiare tutto, separai gli originali dalle copie e tornai alla scrivania con il numero di Eisley.

Dopo due anni, le probabilità erano scarse, ma provai comunque. Dopo cinque squilli, rispose la segreteria telefonica.

«Sono Jack. Lasciate un messaggio dopo il bip.»

«Signor Eisley, sono Elvis Cole. Forse si ricorda di me: due anni fa sono venuto a casa sua per parlare con Angel Tomaso. Sto cercando di rintracciare Angel, ma non ho il suo numero aggiornato. Potrebbe richiamarmi, per favore?»

Lasciai il numero dell'ufficio e del cellulare.

Un passo avanti.

Forse.

Fare qualcosa mi faceva sentire un po' meglio, ma non molto. Stavo andando verso la porta con le copie del fascicolo per Levy quando squillò il telefono. Forse era l'ora tarda, ma gli squilli mi parvero più forti del solito.

Tornai alla scrivania.

Il telefono squillò ancora.

Esitai, poi mi sentii uno stupido.

«Agenzia Investigativa Elvis Cole.»

Silenzio.

«Pronto?»

Si sentiva solo respirare.

«Pronto?»

Riattaccò.

Attesi che il telefono squillasse di nuovo, ma l'apparecchio rimase silenzioso. Me ne tornai a casa a guardare il notiziario.