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Sylmar era una piccola comunità rurale ai piedi del Newhall Pass, dove la San Fernando Valley andava a morire contro le montagne. Le strade principali erano fiancheggiate da negozi antiquati e fast food, ma tutto attorno proliferavano serre e terre abbandonate in un territorio rimasto in gran parte non edificato a causa della presenza di autostrade, binari ferroviari e centrali elettriche. Era il tipo di zona in cui i cartelli offrivano di tutto e di più per cavalli e allevatori.

Pike mi seguì fino a una casetta in un quartiere degradato chiuso tra la Golden State Freeway e la ferrovia. I giardini erano spaziosi, come spesso accade nelle zone rurali, e bruciati dal calore mortale. Più di una casa sfoggiava automobili arrugginite e recinzioni così vecchie che cedevano sotto il semplice peso dell'aria. Persino in quello squallore generalizzato la casa di Sara Hill si distingueva per l'abbandono.

La Neon bianca non era nel vialetto, e così facemmo un giro dell'isolato per vedere se fosse parcheggiata nelle vicinanze o nascosta nel giardino di qualche vicino. Tornati alla casa, parcheggiammo ognuno su un lato della strada, poi Pike corse su per il vialetto per coprire il retro. Nella cassetta della posta vidi tre lettere e alcuni volantini. Le lettere erano indirizzate a Sara Hill. Il posto era quello giusto.

Presi la posta, andai alla porta, suonai il campanello una volta, poi bussai.

«Chi è?» gridò la signora Sara K. Hill da dietro la porta pochi secondi dopo.

«L'ho chiamata prima per Ivy Casik.»

«Se ne vada. Io non so niente della carta di credito e non ho niente da dire.»

«Ho la sua posta.»

«La metta giù» disse lei, alzando la voce. «Rubare la posta è un reato federale. Adesso chiamo la polizia.»

«Sono io la polizia. Apra la porta e le mostro il distintivo.»

Spesso mentire è la tattica migliore.

Sara Hill spalancò la porta. Era una donna imponente, con occhi rabbiosi e articolazioni gonfie, e riempiva il vano della porta con la sua mole. Indossava un abito da casa sottile con l'orlo sfilacciato e si appoggiava a un bastone. Cercai di sbirciare dietro di lei, ma non ci riuscii.

«Lei non è della carta di credito?»

«Non so niente della carta di credito. Vede?»

Alzai la licenza. Non assomigliava affatto a un distintivo, ma probabilmente lei non avrebbe saputo riconoscerlo.

«Mi dia la posta. Lei non mi piace neanche un po'. Proprio come la sua voce.»

Alzai la posta ma non gliela consegnai.

«La Neon.»

«Lei non è della carta di credito?»

«No. Sto cercando la donna che guida la sua macchina. Potrebbe avere informazioni su un crimine e potrebbe trovarsi in pericolo.»

Lo sguardo rabbioso si ammorbidì, lasciando spazio alla paura, quasi che lei fosse abituata alle cattive notizie e pensasse di essere sul punto di riceverne una.

«Non ha avuto un incidente, vero? Non credo che sarei in grado di sopportarlo, adesso.»

«Conosce una donna di nome Ivy Casik?»

«Io non conosco nessuna Ivy Casik. Mia figlia si chiama Jonna Hill. Ha lei la macchina, ma potrebbe averla prestata a qualcuno. Cos'è successo?»

Cercai nuovamente di sbirciare all'interno, e alzai una mano per indicare la statura di Ivy.

«Alta così. Una ragazza robusta, atletica, capelli lisci. Un cuore tatuato qui, sul braccio.»

Sbatté le palpebre, sempre più impaurita, poi, facendo perno sul bastone, si girò e si aggrappò al muro per entrare in casa. Puntò il bastone verso qualcosa all'interno che non riuscii a vedere e la seguii.

Il piccolo soggiorno era malandato quanto il giardino, con mobili frusti che puzzavano di vecchio e di rancido. Sotto la finestra era sistemato un vetusto mobile televisore, che probabilmente non funzionava da anni. La donna lo usava come tavolino. Sul mobile era posato un piccolo Hitachi portatile, insieme a un paio di foto. La donna puntò il bastone verso una delle foto.

«Questa qui è Jonna. Non osi dirmi qualcosa di brutto.»

La foto era il solito ritratto fatto in occasione del diploma, il tipo di foto scattata in ogni scuola d'America l'ultimo anno delle superiori per venderla allo studente e alla famiglia in dimensioni diverse. Ovviamente Jonna era Ivy, solo un po' più giovane, con i capelli scuri. Avevo visto un sacco di quelle foto recentemente, ma quella di Jonna Hill non sarebbe stata l'ultima. Accanto c'era una foto di Yvonne Bennett.

Osservai Yvonne per un po', poi guardai Sara Hill. L'unica parte di lei che ritrovai nelle figlie erano gli occhi. Occhi che portavano dentro di sé il seme della rabbia.

Joe Pike uscì dalla cucina, silenzioso come l'aria.

«Qui non c'è.»

La signora Hill vacillò per la sorpresa, appoggiandosi al bastone.

«Oh, buon Dio, cosa succede? E lei chi è?»

Le rivolsi un sorriso gentile.

«È tutto a posto, signora Hill. Anche lui è della polizia. Volevamo soltanto accertarci che tutti fossero al sicuro.»

Lanciai un'occhiata a Pike.

«Vedi se ha lasciato qualcosa.»

La signora Hill agitò il bastone nella sua direzione mentre lui scompariva.

«Dove va? Cosa sta facendo?»

«Dà un'occhiata in giro. Roba da poliziotti. Lo facciamo sempre.»

Indicò di nuovo la foto.

«Sarà meglio che non mi abbiate mentito per entrare qui e non siate della carta di credito. Jonna mi ha avvisato che avrebbero potuto mandare qualcuno a cercarla.»

Mantenni un tono di voce gentile come il sorriso.

«Jonna le ha detto che stava sfuggendo a un'agenzia di recupero crediti?»

«È solo un po' in arretrato con i pagamenti, tutto lì. Sa come fanno i ragazzi con le carte di credito. Ha detto che stavano diventando cattivi e che se fosse venuto qualcuno, avrei dovuto dire che non sapevo dove fosse e che non avevo più avuto sue notizie.»

Improvvisamente mi guardò, rendendosi conto di quanto stava dicendo.

«Non è lei, vero? Se mi ha mentito prendo il telefono e chiamo la polizia.»

«Non siamo qui per la carta di credito.»

«Allora perché cercate Jonna? Non si sarà cacciata nei guai, vero?»

«Sì, pensiamo di sì.»

Sara andò con fatica al divano e si sedette lentamente.

«Signore, ti prego, non farmi questo. Mi aveva detto di avere problemi con la carta di credito, ma questo...»

Presi la foto di Yvonne. Doveva essere cinque o sei anni più grande di Jonna. Le due sorelle non si somigliavano molto. Già ai tempi del liceo, la donna che conoscevo come Ivy Casik aveva un'aria triste, seria, mentre la bocca di Yvonne era incurvata in un sorriso malizioso, privo di ogni innocenza.

«Questa è la sorella di Jonna?»

«Di quella non parlo. Lei è quella grama. Lo è sempre stata, e le sue cattive abitudini l'hanno punita. Non la terrei neppure lì, se non fosse per Jonna. Si arrabbia tantissimo quando la metto via.»

«Si chiamava Yvonne.»

Sara Hill rimase sorpresa.

«La conosceva?»

«Ho lavorato al suo caso.»

«Era una puttana. Peggio di una gatta in calore. Fin da quand'era piccola.»

Le palpebre dell'occhio destro cominciarono a muoversi per conto loro e io mi sforzavo di controllarle. Rimisi a posto la foto.

«Avevano padri diversi, per avere cognomi diversi?»

«Uno buono e uno cattivo, proprio come le ragazze, e quello buono non valeva granché neppure lui. Se n'è andato come tutti gli altri, per correr dietro alle puttane. Metà me li ha fatti scappare Vonnie, facendo la puttana anche lei.»

Pike ricomparve. Scosse la testa per farmi capire che non aveva trovato nulla. Sedetti accanto alla signora Hill.

«Dobbiamo trovare Jonna. È in guai ben peggiori di quelli con l'agenzia di recupero crediti.»

«Non mi dica che è diventata una puttana anche lei. Jonna è sempre stata quella brava, non come Yvonne. Non me lo dica, la prego.»

«Ricorda Lionel Byrd?»

«Mai sentito nominare.»

«Lionel Byrd è stato accusato dell'omicidio di Yvonne. Non lo sapeva?»

Agitò il bastone come se non gliene importasse un accidente.

«Me ne sono lavata le mani di tutto. È sempre stata grama e le sue cattive abitudini l'hanno punita. Ci siamo separate molto prima che venisse punita.»

Non sapevo cosa dire.

«Se n'è lavata le mani.»

«Quando la polizia ha chiamato, gli ho detto che non volevo aver niente a che fare con quella faccenda. Ma Jonna è quasi morta per il dispiacere. Dio, continuava a parlare di quest'uomo, di come l'aveva fatta franca, ma io non volevo saperne niente di questa porcheria e le dicevo: "Smettila, Jonna, devi smetterla, Yvonne non ne vale la pena. Yvonne è sempre stata così e ha avuto quello che si meritava".»

«Io aspetto fuori» disse Pike.

Quando uscì la signora Hill aggrottò la fronte.

«Jonna voleva punire l'uomo che aveva ucciso Yvonne?» dissi.

Lei agitò di nuovo il bastone.

«Non dica sciocchezze. L'ha superata, si è trovata un buon lavoro e se la cava benissimo. Jonna è la mia bambina brava. Noi non parliamo di Yvonne. Lei sa che non lo tollero.»

«Dov'è?»

«A casa, immagino.»

«Ci siamo appena stati. Sembra che si sia trasferita.»

La signora Hill parve confusa.

«Avrà pensato che eravate della società della carta di credito. Era qui un momento fa e mi ha detto che andava dritta a casa.»

Qualcosa nella sicurezza con cui lo disse mi spinse a chiedermi se stessimo parlando della stessa persona.

«È tornata a Hollywood?»

«Cosa c'è giù a Hollywood?»

«Il suo appartamento.»

«Lei non vive a Hollywood. Lei vive qui, vicino al lago artificiale.»

Lo capii dall'assoluta chiarezza dei suoi occhi. Sara Hill stava dicendo la verità così come la conosceva. Sua figlia era riuscita a mentire a tutti.

Poi i suoi occhi si strinsero e lei batté ripetutamente le palpebre.

«Lei non è della carta di credito, vero? Aveva così tanta paura che qualcuno venisse a cercarla che ha pensato di doversi nascondere.»

Le rivolsi un sorriso falso.

«Non sono della carta di credito. Mi dica dove vive Jonna. Scoprirò perché ha paura.»