Sera
Sono bagnata fradicia, ho freddo, i polpastrelli sono bianchi e raggrinziti e ho un mal di testa atroce, che è iniziato alle cinque. Non c’è da stupirsene, visto che ho cominciato a bere prima di mezzogiorno. Ero uscita per comprare un’altra bottiglia, ma sono stata dissuasa dal mio bancomat, che mi ha dato la risposta tanto temuta: disponibilità insufficiente.
Ho iniziato a camminare senza meta, per più di un’ora, sotto la pioggia battente. La zona pedonale di Ashbury era tutta per me. Durante la passeggiata, ho deciso che dovevo farmi perdonare per non aver fatto abbastanza.
Adesso sono ancora bagnata, ma lucida, e sto per chiamare Tom. Non voglio sapere cosa ho fatto né cosa ho detto quel sabato sera, ma devo scoprirlo, perché potrebbe cambiare le cose. Per qualche motivo, sento di aver trascurato un dettaglio importante. Forse sto soltanto ingannando me stessa e voglio dimostrare di non essere del tutto inutile, ma potrei anche aver ragione.
«È da lunedì che provo a mettermi in contatto con te» esordisce Tom. «Ho chiamato in ufficio» aggiunge.
Ignoro il suo commento e sto sulla difensiva. «Devo parlarti di sabato sera. Di “quel” sabato sera.»
«Ma che cosa dici? Rachel, sono io che devo parlare con te, di lunedì mattina. Cosa diavolo ci facevi a casa di Scott Hipwell?»
«Tom, non è importante.»
«Sì che lo è, accidenti! Cosa stavi facendo? Lo sai, vero, che lui potrebbe... voglio dire... non possiamo esserne certi, non credi? Potrebbe aver fatto del male a sua moglie.»
«Non ha fatto proprio niente a Megan» affermo con sicurezza. «Non è stato lui.»
«E come diavolo fai a saperlo? Rachel, si può sapere cosa sta succedendo?»
«Io... Devi credermi! Ma non ti ho chiamato per questo. Ho bisogno di parlarti di quel sabato, a proposito del messaggio che mi hai lasciato. Eri così arrabbiato! Hai detto che avevo spaventato Anna.»
«Sì, è vero. Ti ha vista barcollare in strada, l’hai insultata. Era davvero terrorizzata, dopo quello che è successo l’ultima volta, con Evie.»
«Lei mi ha... fatto qualcosa?»
«Fatto cosa?»
«Mi ha...?»
«Ma cosa dici?»
«Tom, ho una ferita alla testa. Sanguinavo.»
«Stai accusando Anna di averti aggredita?» Urla, è furibondo. «Rachel, adesso basta! Ho convinto mia moglie, più di una volta, a non andare alla polizia, ma se continui a molestarci e a inventare storie su di noi...»
«Tom, non la sto accusando di nulla. Voglio soltanto provare a ricostruire come sono andate le cose. Io non...»
«Tu non te lo ricordi! Ma certo, Rachel non se lo ricorda.» Sospira, esasperato. «Stammi a sentire, Anna ti ha vista. Eri ubriaca e molesta. È venuta a casa per dirmelo, era spaventata, così sono uscito a cercarti. Eri in strada, forse eri caduta. Sembravi sconvolta, ti eri fatta male alla mano.»
«Io non mi sono...»
«C’era del sangue sulla mano, non so come ci fosse finito. Volevo riaccompagnarti a casa, ma tu mi hai respinto. Eri fuori di te. Sono andato a prendere l’auto, ma quando sono tornato non c’eri più. Ho guidato per un po’, Anna temeva che ti fossi nascosta nei paraggi e volessi fare irruzione in casa. Io avevo paura che potessi cadere e farti del male o cacciarti nei guai... ho guidato fino ad Ashbury. Ho suonato il campanello, ma non eri in casa. Ti ho chiamata un paio di volte, ti ho lasciato un messaggio. Sì, ero arrabbiato, ero davvero incazzato nero.»
«Tom, mi dispiace, credimi.»
«Lo so. A te dispiace sempre.»
«Hai detto che ho urlato contro Anna. Cosa le ho detto?» Tremo al pensiero.
«Non ne ho idea, vuoi che la chiami? Forse vuoi fare due chiacchiere con lei?»
«Tom...»
«Ma che importanza ha, adesso?»
«Quella sera hai visto Megan Hipwell?»
«No, perché? Tu l’hai vista? Non le hai fatto niente, vero?» Sembra preoccupato.
«No, certo che no.»
Rimane in silenzio per un po’. «Perché mi hai fatto questa domanda? Rachel, se sai qualcosa...»
«Non so niente, e non ho visto niente.»
«Perché lunedì eri a casa degli Hipwell? Per favore, dimmelo, così posso tranquillizzare Anna. È in pensiero.»
«Dovevo parlare con lui. Dovevo dirgli una cosa che avrebbe potuto aiutare le indagini.»
«Tu non l’hai vista, ma avevi un’informazione utile per lui?»
Esito per un attimo, non sono certa di potergli dire tutto, forse dovrei parlarne soltanto con Scott. «Riguarda Megan. Aveva un amante.»
«Aspetta un attimo, tu la conoscevi?»
«Un po’.»
«Com’è possibile?»
«Ero stata alla galleria.»
«E chi sarebbe lui?»
«Kamal Abdic, il suo psicoterapeuta. Li ho visti insieme.»
«Davvero? Ma è il tizio che hanno arrestato! Pensavo che lo avessero rilasciato.»
«Sì, ed è colpa mia, non sono una testimone affidabile.»
Tom ride, ma in tono amichevole: non si sta prendendo gioco di me. «Rachel, avanti! Hai fatto la cosa giusta a dire quello che sapevi. Sono sicuro che non lo hanno lasciato andare per causa tua.» In sottofondo sento il balbettio di un bambino. Tom allontana il telefono, non capisco quello che dice. «Ora devo andare.» Lo immagino mentre posa il cellulare, prende in braccio sua figlia, la bacia e abbraccia sua moglie. Il coltello gira lentamente nella piaga.