Sera
Scott ha appena chiamato per dirmi che lavorerà fino a tardi. Non è una bella notizia: è tutto il giorno che sono nervosa. Non riesco a stare ferma. Ho bisogno che venga a casa e mi aiuti a calmarmi, ma ci vorranno alcune ore prima del suo rientro; la mia testa corre, i pensieri si aggrovigliano e so che non riuscirò a chiudere occhio per tutta la notte.
Non ce la faccio a stare qui, a guardare i treni; sono troppo agitata, il mio cuore sembra un uccellino indemoniato che prova a uscire dalla gabbia. Mi infilo le infradito e scendo fino alla porta, poi esco in Blenheim Road. Sono le sette e mezza, alcuni ritardatari rientrano dal lavoro. C’è poca gente in giro, però si sentono le urla dei bambini che giocano nei giardini dietro le case, approfittando degli ultimi scampoli di sole, prima di cena.
Mi avvio verso la stazione. Mi fermo davanti al civico 23, per un attimo penso di suonare il campanello. Con quale scusa? Che ho finito lo zucchero? Che ho voglia di fare due chiacchiere? Le finestre sono aperte, ma non vedo nessuno all’interno.
Arrivo all’angolo e continuo fino al sottopassaggio, senza pensarci. Sono quasi a metà quando sento passare il treno, proprio sopra la mia testa. Come un terremoto, lo sento vibrare al centro del mio corpo e rimescolarmi il sangue: una sensazione unica. Guardo a terra e vedo un oggetto: una fascia per capelli viola, usata. Forse l’ha persa qualcuno che è venuto qui a correre, ma c’è qualcosa che mi spaventa e voglio andarmene subito, voglio uscire alla luce del sole.
Mentre torno a casa, lui mi passa accanto; è in macchina e i nostri occhi si incrociano per un istante. Mi sorride.