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Sono appena rientrato dall’allenamento - oggi Corto Lento, nove chilometri senza cardiofrequenzimetro - e sento Maura al telefono che dice: «Sèghed? Si pronuncia così? Sèghed?»
Alla televisione, credo in un servizio del Tg, uomini con mascherina e impermeabile giallo buttano in mezzo alla strada dei pesci enormi aiutandosi con forconi da contadino. Sotto i covoni di pesci boccheggianti, nell’angolo in basso a destra dello schermo, c’è la scritta SZEGED.
Maura sta indicando la televisione come per spiegarmi qualcosa e intanto continua a ripetere al telefono: «Sèghed. Sì, sì, Sèghed, ho capito. Gli dico di chiamarti dopo la doccia». Il sudore mi brucia gli occhi. Sento Sèghed, leggo SZEGED. L’unico dettaglio che mi appare chiaro è che quel posto con i pesci enormi buttati sulla strada è lo stesso della sua telefonata. Quando mette giù, si gira con l’aria di una che è stata or ora tagliata via dal suo corpo, l’aria di una testa decapitata. Tenendo ancora il dito puntato sui pesci, riesce a dirmi solo:
- Devi andare lì.