23. In vino

 

 

Dopo essersi sposati, Eddins e Irene abitarono a Piermont per alcuni anni, ma a lei non piaceva vivere in una casa in cui c'era ancora un comò pieno di oggetti della prima moglie, e alla fine riuscì a convincerlo a sbarazzarsene. Tornarono in città, in un normale appartamento degli anni Trenta vicino a Gramercy Park, che arredarono con i mobili che lei si fece portare dal New Jersey. Quando Bowman andò a cena da loro vide che si era vestita con cura, ma non era truccata. Fu Eddins ad accoglierlo.

«Cara, ti ricordi di Philip?» « Sì, certo » rispose lei con un po' di impazienza. « Sono contenta di vederti. » Nell'appartamento regnava un'atmosfera un po' cupa. Il loro cane, uno scottish terrier nero, non si avvicinò nemmeno all'ospite per annusarlo. Si sedettero in sala a bere un bicchiere. Irene - che probabilmente non era al corrente degli eventi -chiese a Bowman della sua casa. Era vicino all'oceano, vero?

«Non ce l'ho più» rispose lui. «Già da un po'. » «Oh, capisco. Stavo per dire che anche il mio ex cognato aveva una casa sulla costa. » « Sì, amo il mare. » «Gli piaceva navigare a vela» disse lei. «Aveva una barca. Me la ricordo. Ci andavo spesso anch'io, ci sono andata parecchie volte. Il porticciolo dove la teneva era pieno di barche. Di tutti i tipi. » Continuò a parlare di suo cognato, Vince.

« Cara, Phil non l'ha conosciuto. »  

« Nemmeno tu » disse lei. « Non c'è bisogno di parlarne male per questo. » Lui le versò ancora un po' di vino.

«Grazie» disse lei. «Solo un po'. Ecco, così basta.» «Oh, ma è troppo poco. Lascia che ti riempia il bicchiere, almeno. » « Se volete cenare è meglio di no » disse lei.

« La cena non ne soffrirà. » Irene non replicò.

«A mio padre piaceva bere» disse Eddins. «Diceva sempre che quando beveva diventava più interessante. Mia madre gli chiedeva: interessante per chi? » «Già» disse Irene.

Andò in cucina lasciandoli bere da soli. Eddins era una piacevole compagnia, raramente di cattivo umore. Quando Irene tornò in sala, disse che il pranzo era quasi pronto, se lo erano anche loro.

« Sì, cara, siamo pronti. A casa mia, sai, la chiamavamo cena. Il pranzo era il pasto di mezzogiorno o un po' più tardi, a volte. » « Pranzo o cena è uguale » disse lei.

«No, è una differenza piccola ma significativa. Un'altra differenza potrebbe essere che a cena si beve.» «Noi non facciamo queste distinzioni» disse lei. «In qualsiasi modo si chiami, volete mangiare, sì o no? » « Sì, cosa c'è per pranzo? » « Adesso lo hai chiamato pranzo. » «Solo per farti piacere. Di solito, in verità, lo chiamo mettere qualcosa sotto i denti. » Le sorrise, come se fra loro ci fosse un'intesa. Si trasferirono in sala da pranzo dove c'erano un tavolo con quattro sedie e due angoliere arrotondate con i piatti esposti sugli scaffali. Irene portò la minestra. Eddins osservò: «Ho letto da qualche parte che nelle mense ufficiali della Marina - credo ci si riferisse a una portaerei - aggiungono lo sherry alla minestra? Che savoir faire».

 

«A noi non davano nessuno sherry» disse Bowman.

«Ti capita mai di ripensare a quel periodo? » «Sì, qualche volta. È difficile non pensarci. » « Sei stato in Marina? » chiese Irene.

« Sì, molto tempo fa. Durante la guerra. » «Cara, credevo lo sapessi» disse Eddins.

«No, e come potrei? Mio cognato, quello che va in barca a vela, era nella Marina. » «Vince» disse Eddins.

«Quale altro cognato ho?» « È un po' che non lo nominiamo. » Irene non replicò.

«Phil ha studiato a Harvard» disse Eddins.

« Oh, Neil, smettila » disse Bowman.

«Ha anche scritto i testi di un musical per la compagnia studentesca, il Pudding. » «No, non è vero» obiettò Bowman. «Non ho scritto nessun testo per l'Hasty Pudding. » «Ero sicuro di sì. Che delusione. Hai mai sentito parlare di uno scrittore che si chiama Edmund Berger? » «Non credo. Ha scritto un musical? » «Mi è venuto a trovare. Ha già pubblicato un paio di libri, e ora ne sta scrivendo uno sull'assassinio di Kennedy. Credi che ci sia ancora qualcuno interessato a quella storia? » «Sennò perché la scriverebbe? » chiese Irene.

«Lui sa come sono andate le cose. Kennedy è stato assassinato da tre tiratori scelti cubani, uno era appostato sulla collinetta erbosa e gli altri due erano nel deposito di libri. Tutti i testimoni concordano. Ho detto cubani? Come faccio a saperlo? Lui dice che si conoscono i loro nomi. È stata la CIA. Come faceva Jack Ruby a sapere quando avrebbero fatto uscire Oswald dalla cella? Jack Ruby! Chi era? » « Non saprei. Un informatore della polizia? » disse Bowman.

«Berger dice che è probabile. » « Perché -parliamo di questo? » chiese Irene.

 

« Ammettiamo per un momento che le cose siano andate come dice Berger, e che non sia stato Oswald. Oswald ha ripetuto spesso di non aver sparato. Era ovvio che negasse, ma allora perché la polizia lo ha interrogato per sei ore senza trascrivere l'interrogatorio? Perché i verbali sono stati distrutti dalla CIA? » « Mi sembra che tutto questo sia già stato scritto molte volte» commentò Bowman.

« Sì, ma non sono mai stati fatti tutti i collegamenti. Il reverendo King. » «Cosa c'entra il reverendo King? » « La faccenda è più complicata di quanto si pensi. Chi gli ha sparato?» chiese Eddins. Si stava divertendo. «Hanno accusato qualcuno, ma come si fa a crederci? L'altro giorno sulla Lexington un lustrascarpe mi ha chiesto se ero davvero convinto che non ci fosse dietro la polizia. » «Perché parlare di queste cose? » disse Irene.

«Non lo so, ma sembra che siano stati loro a sparare a tutta questa gente, Robert Kennedy, Huey Long. » «Huey Long?» «Sono eventi drammatici. Cala un sipario scuro. Quando hanno assassinato Huey Long, mi ricordo che l'intero Sud è stato percorso da un brivido. Non c'è stata famiglia che non sia andata a letto piena di paura, quella notte. Me lo ricordo. Tutto il Sud. » «Oh, Neil» gridò Irene.

«Cosa c'è, cara? Devo smettere di parlare di queste cose? Mi dispiace. » «Non fai altro che parlare, parlare, parlare.» Lui strinse leggermente le labbra, come per riflettere.

« Sei bisbetica » disse.

Lei si alzò. Seguì un'altra pausa di silenzio. Poi Eddins disse a Bowman: « Devo portare fuori il cane. Ti va di venire con me? » Nell'ascensore Eddins non disse niente. In strada non camminarono a lungo. Entrarono da Farrell's, un bar a due isolati   di distanza, e rimasero in piedi vicino alla porta a bere un bicchiere. Il barista conosceva Eddins.

« Sai cosa mi sono immaginato spesso? Ti ricordi il film L'uomo ombra Mi vedo seduto al bar con mia moglie - non questo tipo di bar, qualcosa di un po' più elegante, ce n'è uno qui vicino -, siamo seduti a parlare, niente di speciale, i soliti discorsi, sul tizio che è appena entrato, su dove andremo dopo o su quello che ci succede intorno. Lei è vestita bene, indossa un abito carino. Questo è un argomento interessante, come si veste la gente, non è vero? A me piace sfoggiare un po' di eleganza. In ogni caso, stiamo parlando, ed è un momento abbastanza piacevole. Lei deve andare in bagno, e mentre non c'è, il barista vede che il suo bicchiere è vuoto e mi chiede se ne vorrà un altro. Sì, dico io. Lei torna e non nota nemmeno che il suo bicchiere è stato riempito di nuovo, lo prende e ne beve un sorso: è successo qualcosa, mentre ero via? » Neil era di buona compagnia, nonostante tutto. Aveva uno sguardo distaccato sulle cose, in un certo senso. Guardava alla vita come a un racconto di cui si era lasciato alle spalle la parte migliore, la sua infanzia soprattutto, e Dena. Di Irene diceva: « Ciascuno di noi ha il suo territorio ».

Farrell's era un locale buio e c'era il televisore acceso. Il banco si trovava sul fondo, parallelo alla parete. Rimasero in piedi, entrambi con un piede appoggiato sulla barra. Il cane era sdraiato accanto a loro con lo sguardo perso nel vuoto.

«Quanti anni ha? » chiese Bowman.

«Ramsey? Otto. In verità è il cane di Irene, ma preferisce me. Quando lo porta fuori lei, lo trascina. Non lo aspetta. A lui piace fare le cose con comodo. Quando lei si prepara per portarlo fuori, rimane fermo dov'è. Deve chiamarlo. Con me, invece, scatta sulle zampe e corre subito davanti alla porta. A lei dispiace, ma non è colpa sua. Non è la sua preferita, tutto qui. In ogni caso non è più così giovane. » Era tentato di dire che nemmeno lui lo era, ma si trattenne pensando di avere già parlato abbastanza. Doveva portare  

Ramsey a passeggio. Lui e Bowman si augurarono la buonanotte. Al buio era difficile vedere il cane. Era piuttosto tozzo e completamente nero. Piaceva molto al personale della lavanderia cinese. Lo chiamavano Lambsey. La settimana precedente Eddins era andato a Piermont a visitare le tombe di Dena e di Leon. Il cimitero sembrava deserto, immerso nel suo lungo silenzio. Si era fermato davanti alla tomba. Lei era sua moglie, e lui li aveva accompagnati al treno. Non aveva portato dei fiori. Uscì dal cimitero, guidò fino al negozio e tornò con dei fiori. Non pregò, non aveva niente da chiedere. Posò qualche fiore sulle due tombe e distribuì gli altri sulle tombe vicine. Lesse alcuni nomi ma non ne riconobbe nessuno. Pensò a qualcosa che solo lui e Dena sapevano. E cominciò a piangere.

Per strada, a Piermont, incontrò per caso una vecchia cameriera di Sbordone's. Camminava tenendo in mano un sacchetto di carta marrone con dentro qualcosa, un sacchetto sottile. Eddins la fermò.

« Veronica? » disse.

« Sì. » « Come sta? » «Scusi?» « Si ricorda di me, vero? Venivo spesso da Sbordone's, con mia moglie. Si ricorda? » « Sì, credo di sì. » «È morta. E così mi sono trasferito. » « Mi dispiace, mi ricordo di lei. » «Peccato che il bar non sia aperto. Le offrirei da bere. » « In verità ho smesso di bere, tranne che ai funerali. » Toccò il sacchetto di carta.

«Questa l'ho comprata per averla pronta se qualcuno muore all'improvviso. » «Lo sa, non è affatto cambiata» disse lui. «Posso chiederle se è sposata? » « No » rispose lei. « Una volta mi sarebbe piaciuto. » « Anche a me » disse lui.

 

C'era anche Joanna, una ragazza grassa, spaventosamente grassa e con una personalità straordinaria, che era impiegata in banca. Aveva un buon carattere, diretto, e una bella voce, ma non era sposata. Nessuno avrebbe pensato di sposarla. Parlava francese. Aveva passato un anno e mezzo in Quebec a studiare. Durante la prima settimana in Canada si era impulsivamente aggregata al coro e lui, quell'uomo, ne faceva parte. Si chiamava Georges. Era più vecchio di Joanna e aveva la fidanzata, ma dopo un po' l'aveva lasciata e si era messo con lei. Lei era tornata negli Stati Uniti, ma lui non poteva seguirla, perché faceva l'insegnante ed era canadese. Andava a trovarla a New York il fine settimana, due o tre volte al mese. La loro relazione era andata avanti per nove anni. Lei era immensamente felice e, anche se sapeva che sarebbe finita, voleva che durasse il più a lungo possibile e non diceva niente. Il decimo anno si erano sposati. Qualcuno aveva raccontato a Eddins che aspettava un bambino.