11. Interim
All'inizio fu duro ritrovarsi da solo, abbandonato. La federa del cuscino diventò sudicia, gli toccava spazzare il pavimento. Era arrabbiato, ma allo stesso tempo capiva che aveva ragione lei. Vivevano di apparenze e in effetti lei non aveva niente da fare, e non si occupava nemmeno di tenere in ordine l'appartamento. Gli asciugamani erano sempre umidi, il letto veniva rifatto in fretta e furia, i davanzali erano coperti di polvere. Avevano litigato sull'argomento. Perché non puliva un po'? le aveva chiesto in tono amichevole.
Lei si era rifiutata di rispondere.
«Vivian, perché non dedichi un po' di tempo alla casa? » «Non fa parte delle mie ambizioni. » Quell'espressione, qualunque cosa significasse, lo irritò.
«Le tue ambizioni. Che cosa intendi per ambizioni? » «Non è lo scopo della mia vita» rispose lei.
«Capisco. E qual è lo scopo della tua vita? » «Non te lo dico » disse lei.
«E il mio?» «Non lo so » disse lei sbrigativamente.
Era livido di rabbia. Avrebbe potuto spaccare il tavolo con un pugno.
«Maledizione! Cosa intendi dire con non lo so?» «Voglio dire che non lo so » rispose lei.
Tentare di parlare era inutile. Bowman faticò a sdraiarsi nel letto accanto a lei, tanto era forte la sensazione di estraneità. Sembrava che la emanasse Vivian. Quasi tremava, non riusciva a dormire. Alla fine prese il cuscino e andò sul divano.
Ora non aveva più accanto a sé un'altra persona, neppure come presenza invisibile, né si sentiva circondato da umori e abitudini altrui. Le stanze erano silenziose. C'era soltanto la sua foto incorniciata, in camera da letto, gli occhi vagamente orientali, il naso un po' all'insù e il labbro superiore inarcato. Quella sera si sedette a leggere, il bicchiere pieno di cubetti di ghiaccio e whisky color ambra sprigionava un aroma delicato. Alcune frasi che lei gli aveva detto erano incise nella sua memoria, sapeva che ci sarebbe voluto un po' per cancellarle.
«Ti ho dato un'opportunità» gli aveva detto.
Non aveva aggiunto altro. Aveva avuto la sua opportunità, di questo si era trattato?
«Vivian e io ci siamo separati. » «Oh» disse Eddins. «Mi dispiace. Quando è successo?» «Una settimana fa. » «Mi dispiace davvero. È definitivo? » «Credo di sì. » «Mio Dio. Vi consideravamo una coppia d'oro, partite di polo, una rendita... » «Non avevamo nessuna rendita. Suo padre, tra le altre cose, è molto avaro. Non riesco nemmeno a ricordare se ci ha fatto il regalo di nozze. » «È terribile. Che cosa farai adesso? Perché non vieni a Pier-mont e ti fermi da noi per un po'? Non è un posto per aristocratici, ma è molto piacevole. Ci sono un paio di ristoranti e qualche bar. A Nyack c'è un cinema. Dal tavolo della cucina, che è anche il tavolo da pranzo, si vede il fiume. » «Da come lo descrivi sembra molto interessante. » Per un attimo fu quasi tentato, la vecchia casa sulla collina sopra il paese, la vita informale e idilliaca. Ne immaginò i ritmi, guidare al chiarore del mattino e tornare la sera, a volte tardi, quando il traffico era più rarefatto, la notte serena sopra gli alberi.
«Me la caverò » disse.
«Lo dici con leggerezza, comunque sia non dimenticare che la porta di casa nostra per te è sempre aperta. Ti faremmo perfino posto nel letto. » Rimasero in silenzio per qualche istante.
«Ricordo la tua festa di matrimonio» disse Eddins. «Il viaggio attraverso la bellissima campagna. La casa elegante. Che ne è stato del giudice a cui piacevano le donne con molto seno? » «Non lo vedo da un po' » rispose Bowman.
A Vivian, invece, era capitato di incontrare il giudice subito dopo il suo ritorno, anche se « capitato » non è il termine esatto. Saputa la notizia, il giudice Stump le aveva comunicato la sua solidarietà. Non senza imbarazzo, anche se poteva pur sempre definirsi un amico di famiglia, quasi uno zio, l'aveva invitata al Red Fox. Si era presentato con un elegante abito grigio e un taglio di capelli perfetto. Dopo una serie di frasi cortesi ma smozzicate, era una sua caratteristica, condivise con lei alcune informazioni che pensava potessero interessarle. Stava per comprare casa Hollis, quella grande, non la fattoria vicina, in Zulla Road. Lo disse tenendo gli occhi sulla tovaglia, poi sollevò lo sguardo su Vivian.
«Detesto quella casa » disse lei. « Detesterei viverci. » «Ah » esclamò il giudice, ferito.
«Tu non c'entri» precisò Vivian. «È solo che quella casa non mi è mai piaciuta. » «Non lo sapevo. » Era una persona schietta, riconobbe lui. Una buona qualità, entro certi limiti. Era la donna più desiderabile che avesse mai conosciuto. Non avevano avuto spesso l'opportunità di parlare, di parlare davvero. Facendosi coraggio, disse: «Be', ci sono altre case...» Per un istante Vivian dubitò di aver capito bene.
«Giudice...» «John» disse lui.
«Stai...? » iniziò lei con un sorriso.
Lui non era il tipo d'uomo che sorride facilmente. Non sorrideva quando pronunciava una sentenza o comunicava la sua parcella e in quella occasione si era riproposto di mostrare con chiarezza la serietà delle proprie intenzioni, tuttavia addolcì leggermente lo sguardo.
«Ho già fatto l'esperienza di un matrimonio sbagliato » disse Vivian.
Il giudice era stato sposato tre volte, ma non attribuiva a se stesso alcuna responsabilità per quei fallimenti.
«Perché non rivolgi le tue attenzioni a Jean Clevinger? » suggerì Vivian con un tono leggero, senza sapere che la ricca e vivacissima signora Clevinger aveva respinto il giudice sin dal primo incontro.
«Oh no» protestò lui, «Jean... e io non abbiamo niente in comune. Non condividiamo le cose veramente importanti, profonde. » Vivian non volle sapere e neppure immaginare quali potessero essere.
«Penso che tu e io dovremmo rimanere amici» gli disse con una certa sfrontatezza.
Il giudice non fu per nulla scoraggiato da quell'affermazione. Anzi, si sentì soddisfatto dei suoi progressi. Ora che le aveva comunicato le sue intenzioni, non gli restava che pazientare. Quando si alzarono per uscire, indicò il tavolo e i resti del pranzo con un gesto vago e disse ammiccante: «Resta fra di noi, vero? Soltanto fra noi».
Bowman comunicò la notizia a sua madre. Avrebbe preferito non dover affrontare il suo disappunto e le sue domande, ma era inevitabile. Era tornato a casa per il fine settimana, non poteva dirglielo al telefono.
«Vivian e io ci siamo separati» disse.
Provò una fitta di vergogna, suo malgrado, come se stesse ammettendo un fallimento.
«Oddio » disse Beatrice.
«L'idea è stata sua, in realtà. » «Capisco. Ti ha spiegato il perché? Che cosa c'era che non andava? » «Non conosco la ragione precisa. Semplicemente, non eravamo fatti l'uno per l'altra. » «Tornerà » profetizzò Beatrice.
«Non credo.» Scese il silenzio.
«È tutto? » domandò la madre.
«Tutto? Non so se è tutto. Intendi dire se c'è un altro uomo? No. Sua madre ha avuto un ictus, ma non so se questo ha molto a che vedere con la sua decisione. In parte sì, forse. » «Un ictus? È morta? » «No, è in Maryland, a casa di suo padre. Vivian è andata a prendersi cura di lei. » «Be', mi dispiace davvero» disse la madre, ma Bowman non capì a quale delle due notizie si riferiva.
In realtà Beatrice non era per niente dispiaciuta, al contrario, provava un meschino senso di gioia.
«Conoscevo appena Vivian» disse in tono di rimpianto. « Non ha mai permesso che mi avvicinassi a lei. Ho qualcosa da rimproverarmi? mi chiedo. Forse avrei dovuto insistere di più. » «Non lo so » ammise lui.
Stava prendendo la questione stoicamente, pensò Beatrice, il che forse denotava indifferenza. Sarebbe stato magnifico, se fosse stato davvero così.
«Le persone ingannano » disse sottovoce.
«Sì.» C'erano cose che lei non sapeva, naturalmente, le lettere con le buste bordate di rosso e di blu, lettere da Londra: Passo le ore cercando di smettere di pensare a te. Bowman aveva ancora in testa quella lettera elettrizzante. La teneva in tasca per poterla tirare fuori ogni tanto e rileggerla quando voleva, in strada, oppure alla sua scrivania.
«Perché la posta dall'Europa impiega così tanto ad arrivare?» aveva chiesto durante la pausa pranzo a un vecchio impiegato. «Gli aerei attraversano l'oceano in poche ore.» «Prima della guerra non era così » aveva risposto l'impiegato. «Una lettera arrivava in quattro o cinque giorni. La si consegnava alla nave che stava per salpare e cinque giorni dopo era a Londra, consegnata al destinatario. Con gli aeroplani ci abbiamo guadagnato ben poco» aveva detto.
A Londra era finalmente arrivato il sole, scriveva lei. Era proprio una lucertola, non vedeva l'ora di sdraiarsi sul bordo di una piscina con il sole sulla pelle, o forse assomigliava a una rana su una foglia di ninfea, non una rana grande, una ranocchia verde e slanciata, di quelle che nuotano bene. Bowman sapeva che era una buona nuotatrice, glielo aveva detto lei.
Aveva scritto quella lettera mentre era a letto, dopo aver declinato alcuni inviti a uscire. Mi manchi da morire. Lui le rispose: Penso a te quattordici volte al giorno. Ma devo accontentarmi di pensarti, quand'è invece che potrò riaverti? Ogni mattina, mezz'ora prima di alzarmi, rimango sdraiato in silenzio e mi lascio cullare dal ricordo di te. Sento i tuoi occhi che si aprono, mi cercano.
Non la conosceva abbastanza bene da confessarle l'osceno desiderio che provava in realtà, gli sarebbe piaciuto poterlo fare, ma esitava. Adoro il tuo corpo, avrebbe voluto scrivere, vorrei spogliarti con la velocità con cui si strappa la carta che avvolge un regalo meraviglioso. Continuo a pensare a te, a sognarti a occhi aperti, a immaginarti. Come sei bella. Mia amatissima.
Alla fine lo scrisse. Si arrese alla magica influenza del suo profilo, del suo sorriso smagliante, dei vestiti magnifici che indossava in quel lontano mondo di privilegi.
Mi hai fatto sentire davvero viva, rispose lei.
Quell'estate gli giunse la notizia della morte di Caroline, sua suocera, la ex suocera. Lei gli piaceva, per l'innata compostezza che manteneva quando era ubriaca, cioè spesso. La voce un po' impastata e quel suo modo di tenerla a bada come se avesse un pezzetto di tabacco sulla lingua e le bastasse interrompersi e toglierlo con un dito. Aveva dato un colpo di tosse ed era caduta, prima nel silenzio e poi sul pavimento, e quando Vivian era arrivata era già morta, o forse era morta mentre aspettavano l'ambulanza. Bowman spedì una grande quantità di fiori, gigli e rose gialle, perché sapeva che le piacevano, ma non ricevette mai nessuna risposta da Vivian, nemmeno un bigliettino.