Capitolo ventisei
Dave posò un fascio di fogli sulla scrivania di Nikki e fece un passo indietro. «Non capisco. Bryony è ricca sfondata! Conti correnti dappertutto, sia qui che all’estero, e stiamo parlando solo di quelli che siamo riusciti a identificare! Chissà quanti sono quelli offshore».
Lei spinse la mascella in avanti. «Dio! Dobbiamo saperne di più su di lei. Soprattutto su quello che ha fatto dopo la Germania».
«Mi spiace, ma lì sono bloccato, signora», disse Dave. «Non aveva uno stipendio regolare, ma le venivano pagate grandi somme di denaro, tutte irrintracciabili». Fece un sospiro esasperato. «Sarà uno di quegli agenti segreti. Una spia».
Nikki lo fissò e le tornò in mente l’immagine di Bryony. Forte, atletica, per sua stessa ammissione un’ottima nuotatrice, e molto intelligente, anche se fingeva il contrario. Una scienziata altamente qualificata.
Dave alzò le sopracciglia. «Stavo scherzando, capo».
«Potresti non sbagliarti troppo», sussurrò lei. «Penso che chiederò al commissario di fare qualche discreta indagine per vedere se altri dipartimenti o agenzie mostrano un interesse nei suoi confronti».
Cinque minuti dopo, il commissario comparve sulla soglia del suo ufficio. «Hai fatto attivare un bel po’ di linee sicure, Nikki, ma purtroppo devo ammettere che non è una dei nostri e, a quanto sono riuscito a capire, non è neanche dell’esercito o del governo». Le lanciò uno sguardo nervoso. «E dato che nessuno mi ha detto di girare al largo, sono piuttosto sicuro che non sia neanche sotto copertura».
Di colpo, Nikki ebbe un brutto presentimento.
«Stai attenta, Nikki». Il commissario si voltò per andarsene. «Ci sono altre agenzie in giro. Agenzie potenti con cui non abbiamo nulla a che fare, perciò procedi con prudenza, okay?».
Lei annuì e lo guardò allontanarsi. Quando la porta si richiuse, alzò la cornetta e compose il proprio numero di casa. «Dai, dai!». Il telefono continuò a squillare finché non partì la segreteria. Lei riattaccò e chiamò il cellulare di Joseph, pregando che stesse venendo in commissariato. «Dannazione! Perché spegnere il cellulare in un momento del genere?».
Sbatté giù il telefono, poi lo rialzò di scatto quando tornò a squillare.
«Joseph?»
«Mi spiace, cara, sono io, Rory. Ho solo pensato di dover accennare a una cosa sul defunto signor Kurt Carson. Ho detto che aveva vecchie ferite e, anche se questo potrebbe non significare nulla, almeno due di esse erano di arma da fuoco».
«Che cosa?»
«Non quadra molto con piante e fiorellini olandesi, vero? Sono certo che sia un campo spietato, ma uno di solito non spara alla concorrenza, no?».
Nikki riattaccò e si alzò in piedi. Qualcosa le diceva che Kurt Carson rappresentava l’eccezione rispetto alle vittime dell’assassino. Se in passato gli avevano sparato, forse era stato anche lui un soldato o un mercenario. Doveva portare Joseph a vedere il corpo. C’era la possibilità che lo riconoscesse e capisse che diavolo stava succedendo. S’infilò la giacca. Era una possibilità remota, ma se non altro rappresentava un’ottima scusa per andare a cercarlo e trascinarlo a Greenborough.
«Dave! Tienimi aggiornata sugli sviluppi. Terrò la radio accesa».
Joseph si stava abituando alla penombra del minuscolo cottage, ma voleva vedere Bryony in faccia mentre lei gli parlava.
«Possiamo avere un po’ più di luce? Non mi piace parlare a un’ombra. Voglio guardarti».
«No. È meglio così. Le cose che sto per dirti appartengono al buio». Ci fu un sospiro tremante. «Non so solo da dove cominciare».
Joseph aveva in mente un centinaio di punti di partenza, ma non poté fare altro che fissarla impotente. «Che cosa sta succedendo, Bryony?»
«Il tuo capo mi ha detto che odi le bugie, e temo di essere stata costretta a dirtene qualcuna, ma questo è stato prima di capire che cosa provavo per te. Non voglio più mentire. Ma la verità potrebbe non piacerti, Joseph».
«Mettimi alla prova».
«Sono nei guai, Joseph. Guai grossi».
Le sue spalle s’irrigidirono fin quasi allo spasmo. «Ti prego, Bryony, non dirmi che riguarda Billy Sweet».
Lei posò la pistola sul focolare, poi si sporse in avanti e gli prese la mano tra le proprie. «Temo di sì. E mi sono cacciata in una storia troppo grande e ho paura».
Le sue dita erano fredde nonostante il tepore della serata, e lui le sentì tremare nella propria stretta. «Com’è possibile che una come te conosca quell’animale, quello scherzo della natura… quel…». Rimase senza parole, poi un senso di disagio gli strisciò lungo la spina dorsale. «Lui dov’è, Bryony?»
«Non lo so». Lei rabbrividì. «So solo che sto facendo un gioco pericoloso, e non credo di stare più vincendo».
«Allora ti conviene raccontarmi tutto, bugie e quant’altro». Joseph fece un sorriso forzato e guardò in quei profondi occhi castani. Quanta tristezza. «Forse posso aiutarti».
Senza lasciargli andare le mani, lei sbatté alcune volte le palpebre e poi disse: «Sai che lavoro per il laboratorio della Sicurezza alimentare, be’, quello non è il mio unico lavoro. Sono una dottoressa, Joseph. Una scienziata. Sono alle dipendenze di una fondazione medica. Un tempo lavoravo con una grossa squadra, adesso siamo solo in due. Ci occupiamo, be’, ci occupavamo, della salute di un gruppo di pazienti molto speciali».
Di colpo, lui risentì la voce di Linda Kowalski. Avevano referenti personali molto qualificati pronti ad aiutare per qualunque problema. Fu sommerso da un’ondata di consapevolezza. «Dio mio! Eri tu a occuparti delle vittime degli esperimenti clinici?»
«Sì, e lo facevo molto bene, finché non è arrivato Billy Sweet». Sembrò sputare il nome, e lui si rese conto che quell’odio era quasi pari al proprio. Bryony gli lasciò andare le mani e si accasciò contro lo schienale della poltrona. «La fondazione stava chiudendo, si trasferiva all’estero. I pazienti rimasti di quei vecchi esperimenti erano così pochi che abbiamo offerto loro la possibilità di trasferirsi con noi e ricevere cure continuative, o di accettare un ultimo sostanzioso indennizzo. La scelta era loro».
Joseph pensò a Martin e ai suoi amici, a quanto sapeva tutti morti tranne uno, ormai. «Quanti erano, Bryony?»
«Quarant’anni fa erano più di duecento. Oggi appena una manciata».
Lui si accigliò. Non si era aspettato che fossero stati così tanti. Poi ricordò che Nikki aveva detto che Martin aveva una novità interessante da dirle. Era quella? «E Martin Durham? Aveva accettato il vostro indennizzo finale?»
«No, Joseph, lui era uno dei pochi che avevano deciso di venire con noi in Germania».
Joseph strizzò forte gli occhi e si massaggiò il setto nasale. «Quindi… che cosa gli è successo?»
«Gli è successo Billy Sweet», borbottò lei in tono teso.
«Che diavolo c’entra quel pazzo con una fondazione medica? O con te, se è solo per questo?». La voce di Joseph era poco più che un ringhio. «E con chi è che lavori?»
«Sapevo che non sarebbe stato semplice». Bryony scosse tristemente la testa. «Be’, il mio collega è un uomo incantevole di nome Kurt Carson. È un ex medico dell’esercito, anche se come copertura lavora per un grossista di fiori». Si morse il labbro. «E avrebbe dovuto raggiungermi qui, ma non si è fatto vivo. Sono preoccupata per lui, Joseph. Ha il telefono spento, e non lasciamo mai che succeda».
Nella mente di Joseph affiorarono immagini di Billy. Non conosceva questo Carson, ma sperava davvero che non si fosse imbattuto in lui mentre veniva alla palude. «E Sweet è connesso in qualche modo alla tua organizzazione?»
«Non aveva niente a che fare con noi, nel modo più assoluto. Lo impiegavano soprattutto all’estero, come risolutore di problemi. Dovevamo accelerare il processo e l’hanno mandato ad aiutare me e Kurt a chiudere le questioni in sospeso, solo che i suoi metodi non erano quelli che ci aspettavamo». Lei cambiò posizione sulla poltrona. «E poi le cose sono peggiorate ancora di più. Il suo passato l’ha raggiunto. Ha visto te, Joseph, ed è impazzito».
«Ma perché?», bisbigliò lui.
«Gli facevi paura. Ha detto che eri l’unico che l’avesse mai visto per quello che era. La maggior parte della gente non si fidava di lui o lo temeva, ma Joseph Easter lo capiva».
«Non avrei mai potuto capire quel mostro!». Lui sentì la bile risalirgli in gola. «Ma perché uccidere quei poveretti che gli somigliavano? Perché non uccidere me e basta?»
«Sei meravigliosamente ingenuo, Joseph». Bryony sospirò. «Ucciderti era il suo scopo finale. Ma prima di farlo, per una volta voleva vederti dall’altra parte. Sospettato e accusato di omicidio. Ti sarai pure accorto che aveva fatto in modo che fossi sempre tu l’unico a vederlo».
Tutto d’un tratto, le note individuali cominciarono a suonargli in testa una melodia. Era quella la direzione finale. L’avevano già sospeso. Stava chiaramente accusando lo stress e guarda caso era sempre nei dintorni degli omicidi, omicidi in stile militare. E il poliziotto malato chi incolpava? Un soldato immaginario del suo passato. Geniale! Urrà per Billy Sweet! Joseph s’irrigidì mentre un pensiero gli attraversava la mente. «Quindi qual è questo gioco pericoloso a cui hai detto che stavi giocando?».
Il silenzio si diffuse nel cottage, poi l’aspro richiamo di un uccello notturno nella palude infranse la quiete e Bryony disse a bassa voce: «Ho finto di aiutarlo. Mi ha chiesto di sorvegliarti, di conoscerti».
«Per questo sei uscita con me?», gracchiò lui.
«All’inizio, sì. Dovevo sapere con chi avevamo a che fare. Per un po’ l’ho assecondato in modo da tenerlo d’occhio». Lei lo guardò senza sbattere le palpebre. «Quando mi sono resa conto del pericolo che correvi, e di quanto Billy fosse pazzo, io e Kurt abbiamo deciso di mollarlo. Abbiamo fatto una chiamata. Ormai avrebbero già dovuto rimuoverlo, ma…». Bryony fece un’altra piccola scrollata di spalle, poi si fece più vicina. «Il punto è che è andato tutto storto. La fondazione sta per farmi sparire. Entro stasera sarò fuori dal Paese, Joseph». Scivolò giù dalla poltrona, s’inginocchiò di fronte a lui e gli posò la testa sul grembo. «Ti prego, vieni con me».
Nikki era a circa un chilometro e mezzo dalla città quando sentì la voce di Dave.
«Signora, ho appena avuto notizie dal medico legale. Ha detto di riferirle che Kurt Carson non è stato ucciso dalla stessa persona. Ci sono sottili differenze nell’angolazione a cui è stata tagliata la gola, il che suggerisce che l’assassino di Carson fosse almeno dieci centimetri più basso di quello originale».
«Oh merda». Nikki premette sull’acceleratore. «Qualcos’altro?»
«Un sacco di roba, capo. Ma devo dirle che le nostre indagini su Kurt Carson e Bryony Barton stanno andando a puttane, se mi passa l’espressione. Ci stanno sbarrando tutto».
«In che senso?»
«Tipo quando Yvonne ha richiamato la compagnia di Carson, il numero era irraggiungibile. Poi li ha cercati nell’elenco degli esportatori olandesi. Non esistono».
«E Bryony?»
«I suoi conti stanno chiudendo, signora. I fondi vengono uno per uno trasferiti elettronicamente, ma non riusciamo a seguirne la direzione. I tecnici dicono che è stato innescato un protocollo di sicurezza. Un clic sul computer o una semplice telefonata avrebbe potuto attivarlo».
Sta chiudendo bottega, pensò Nikki. Chiunque sia, sta scappando.
«E non è tutto, signora. Ho tenuto il meglio per ultimo». Dave parlò in tono animato per alcuni minuti, poi riattaccò. Nikki si prese un attimo per assimilare l’informazione, poi schiacciò fino in fondo il pedale dell’acceleratore e sfrecciò verso la palude. Quando arrivò, la casa colonica era buia e la porta chiusa a chiave.
L’auto di Joseph era ancora sul retro, e Nikki sentì un fremito di paura strisciarle tra le scapole. Tirò fuori le sue chiavi ed entrò dalla porta di servizio.
Rimase immobile e in ascolto. Sapeva che la casa era vuota, ma controllò lo stesso, correndo da una stanza all’altra mentre urlava a gran voce il nome di Joseph. Qualche attimo dopo era di nuovo in cucina. O l’uomo era stato portato via con la forza, e non c’erano indizi a sostegno, o era andato via con qualcuno che conosceva, o… Nikki fece una pausa… O era uscito a piedi.
Tornò fuori di corsa e scrutò le oleose acque nere della palude. C’era un unico posto raggiungibile a piedi se non ti stavi allenando per una maratona, e quel posto era la casa di Martin. Appena le venne in mente, seppe di avere ragione. Joseph aveva detto di dover fare qualcosa, e quel qualcosa, o qualcuno, lo stava aspettando a Knot Cottage. Verificando in fretta di avere il telefono in tasca, cominciò a correre lungo la stradina che portava al limitare della palude e alla vecchia casa di Martin.
Joseph passò dolcemente la mano tra i capelli di Bryony, poi sollevò il suo viso bellissimo e la baciò. Per un attimo ricordò il suo sogno di cucinare per lei, di prendere un posticino dove avrebbero potuto stare insieme, di potersi conoscere meglio. Ma ora sapeva che non sarebbe mai accaduto.
«Sono brava nel mio lavoro, Joseph. La mia organizzazione si prenderà cura di noi, e ho soldi, un sacco di soldi. E contatti. Potremmo ricominciare da zero, Joseph. Un’altra vita in un altro Paese, lontanissimo dalle ombre del passato. Sii sincero, cosa c’è che ti trattiene in questa squallida cittadina di palude?».
Joseph elencò metodicamente ogni cosa nella propria testa: Amici a cui tengo. Un lavoro che amo. Colleghi che camminerebbero sui carboni ardenti per me. E ho una bellissima figlia che un giorno voglio imparare a conoscere. Una figlia con grandi ideali, convinta che il bene trionferà sempre sul male. Una figlia che volterebbe le spalle per sempre a un padre fuggiasco. Oh sì, per tutto quel che mi è servito, questa volta, almeno, so di essere ancora in grado di amare.
«Di’ qualcosa», bisbigliò Bryony.
Joseph avrebbe voluto poterlo fare. Dire: “Sì. Andiamo!”, ma i campanelli d’allarme che gli risuonavano nella mente stavano soffocando ogni altro suono. Voleva crederle. Avrebbe potuto convincersi senza grossa fatica. Non ci sarebbe voluto molto, ma invece si sentì dire: «La telefonata di Sweet. Quella che mi ha portato qui. Come ha funzionato?»
«Gliel’ho fatta registrare l’altro giorno. Gli ho detto che poteva servirci come esca, per farti cadere in trappola. L’avrei usata al momento prestabilito, e lui sarebbe stato ad aspettarti».
«Perché usarla questa sera, allora?», chiese Joseph in tono sommesso. «Bastava che me lo chiedessi e sarei venuto, senza tante recite. Lo sai».
«Perché dovevo essere certa che venissi da solo, Joseph. Non potevo rischiare che dicessi a qualcuno che avevi appuntamento con me, non se dobbiamo fuggire insieme. No, la registrazione ha fatto sì che non dicessi nulla». Lo guardò implorante. «Dobbiamo andare presto. È tutto pronto. Le persone della mia organizzazione…».
«E chi sarebbero, Bry?»
«Ti basti sapere che stanno facendo avanzare la scienza medica per il bene di tutti. Ogni singola persona che lavora per loro, a prescindere dal suo ruolo, crede a fondo in quello che fa. Ma davvero non abbiamo tempo per questo, Joseph. Più tardi ti spiegherò tutto, lo giuro». Tornò ad accucciarsi sui talloni e alzò su di lui uno sguardo supplichevole. «Vieni con me, ti prego! Prima di tutto, perché ti amo, e secondo, perché le alternative non sono un granché».
Lui la guardò, il volto scolpito di dolore, e seppe che lei aveva capito che stava per dirle di no.
A quel punto, le dinamiche nella stanza cambiarono di colpo. Per la prima volta da quando era entrato nel cottage, si sentì minacciato. Raddrizzò la schiena e sentì una scossa di adrenalina. Sapeva quale fosse il problema.
La mano di Bryony si stava muovendo impercettibilmente verso il focolare, e la pistola.
Agendo d’istinto, Joseph scattò in avanti, afferrò la pistola e poi rotolò via. In una frazione di secondo aveva già tirato la donna in piedi e si era spostato alle sue spalle, la bocca della pistola premuta contro la sua tempia. «Vuoi parlarmi di queste alternative?», chiese in tono freddo.
«Oh, Joseph, hai commesso un errore terribile». La voce di lei era cambiata, aveva perso la dolcezza. «E non illuderti. Non potresti mai farlo». Con lentezza e decisione, Bryony voltò la testa per guardarlo negli occhi. «Mi spiace, ma non sei capace di farmi del male, figurarsi di uccidermi».
«Non sottovalutarmi, Bryony». Joseph fece un passo indietro, stringendo la pistola con entrambe le mani e tenendola puntata contro la sua testa. «Sono stato un soldato anch’io, ricordi? Uccidere le persone fa parte del mio curriculum».
Lei gli sorrise. «Ma non in questo modo».
Sapeva che aveva ragione. Era stato un buon soldato, non un pazzo omicida come Billy. Ma del resto era anche un buon poliziotto, e il suo istinto gli urlava di vedere Bryony non come la donna di cui si era innamorato, ma come una bugiarda traditrice.
«Bryony, mi dispiace, davvero. Ma ci sono domande che hanno bisogno di una risposta». La fissò da sopra la canna della pistola, e trattenne a sua volta le lacrime. Perché doveva andare così? «Mi hai mentito, non è vero? Su tutta la linea».
«Oh, ho mentito, Joseph, praticamente su tutto». Una breve espressione di dolore attraversò il volto bellissimo della donna. «Anche se non sui miei sentimenti». Fece un respiro profondo. «Ma hai fatto la tua scelta. Adesso io uscirò da qui, e tu, amore mio, me lo permetterai».
«Oh, non penso proprio».
La voce li fece girare entrambi per la sorpresa.
Nikki avanzò dalla soglia, e Joseph vide distrattamente che aveva in mano un paio di manette. «È finita, Bryony. È ora di andare». Cominciò a muoversi verso la donna.
«No, capo! Sta’ indietro! Accendi le luci».
Lei si fermò a metà di un passo, poi tornò verso la porta e azionò l’interruttore.
Non successe nulla.
«Sta’ lontano da lei. Credo che sia pericolosa».
«Oh, so che lo è, Joseph… Poco fa ho conosciuto il signor Kurt Carson, o dovrei dire Billy Sweet, in modo postumo, intendo. Ho visto il lavoro di Bryony in prima persona».
Joseph sentì un freddo orribile filtrare nel corpo, ma non permise mai che gli occhi, o la bocca della pistola, lasciassero Bryony. «Che cosa stai dicendo, Nikki?»
«Ha ucciso la tua nemesi, Joseph. Tra gli altri».
«Ben fatto, ispettore». Bryony batté le mani con fare teatrale. «Lavoro eccellente».
«Ci servono rinforzi, signora». Joseph cercò di mantenere un tono fermo, ma dentro di sé ribolliva di rabbia e dolore.
«Stanno già arrivando. Cerchiamo solo di restare calmi», disse Nikki.
«Non potrei essere più calma, ispettore», ribatté Bryony, sardonica. «È lei che sembra un filo agitata. Ma del resto, presumo debba essere così sollevata che il suo cagnolino stia ancora respirando». I suoi occhi scintillarono nella luce fioca della lanterna. «So che le è già successo, ma vederlo sanguinare dev’essere terribile!».
Prima che Joseph capisse cosa stava accadendo, sentì un dolore bruciante alla mano sinistra. I suoi nervi e i muscoli ebbero uno spasmo, il dito premette involontariamente il grilletto e la pistola esplose verso l’alto, sfuggendogli di mano.
«Resta immobile!».
Lui sentiva ancora fischiare le orecchie per la detonazione, e si rese conto di aver commesso un errore potenzialmente fatale. Nella scarsa luce non aveva visto la lama affilata che Bryony si era assicurata all’interno del polso. Con un gemito di dolore si afferrò la mano ferita, se la premette contro il corpo e cercò di fermare l’emorragia.
Nikki rimase accanto alla porta, la bocca socchiusa per lo shock e gli occhi brucianti di odio.
E di nuovo, Bryony tornò a stringere la pistola. «Sia chiaro. Adesso io me ne andrò, e vi ucciderò se proverete a fermarmi».
«No, non lo farai». Nikki aveva la voce roca, ma le parole erano lente e determinate. «Sei una spietata assassina e hai assalito il mio collega. Non posso permettertelo».
«Fai come dice», ansimò Joseph. «Ti prego, Nikki».
«Ooh, “ti prego, Nikki”!». Bryony imitò la sua supplica. «Che commovente. Ma è anche un buon consiglio, ispettore. Al suo posto lo ascolterei, se ci tiene a vivere».
«Ah, ma il problema è proprio quello», ribatté lei, la voce fredda come una notte artica. «Non ci tengo». E senza esitare, Nikki si gettò in avanti.
L’urlo di Joseph si confuse con il boato del secondo sparo, e le due figure crollarono a terra davanti a lui. Prima che potesse muoversi, qualcosa gli urtò il piede. Lui si abbassò di scatto, con il dolore che gli infiammava la mano come un acido, ma in qualche modo riuscì ad agguantare la pistola.
Quando si rialzò, una delle due donne era già in piedi e stava correndo verso la porta.
«Fermati, o sparo!», urlò lui.
Bryony si fermò e si voltò. Aveva ancora il coltello in mano. «Oh, Joseph, te l’ho già detto, sei un uomo incantevole, ma non sei un assassino».
Quando la detonazione del terzo sparo si fu spenta, lui sussurrò: «E io ti ho detto di non sottovalutarmi, amore mio».