Capitolo
diciannove
Si destò in modo molto meno piacevole, con la
sveglia che strillava in un orecchio e il cellulare che squillava
nell’altro.
«Ispettore Galena», borbottò, continuando a
cercare di zittire la sveglia con l’altra mano.
«Nikki, puoi venire subito?». Il commissario
sembrava senza fiato.
«Sì, certo». Lei si precipitò giù dal letto,
il telefono stretto tra le dita. «Cos’è successo?»
«Te lo dico quando arrivi. Il più in fretta
possibile». Il telefono fece clic, poi emise un ronzio sommesso.
Dannazione! Lei sbatté la cornetta sulla forcella e rassettò alla
svelta il piumone per dargli qualche sembianza di ordine. La doccia
avrebbe dovuto aspettare. Così come la colazione. Prese in fretta i
vestiti da cassetti e armadi, poi, sperando di non sembrare troppo
una stracciona, andò in cerca di un paio di scarpe.
Mentre attraversava il pianerottolo, vide che
la porta di Joseph era ancora chiusa, ma sentendo il rumore basso e
sonoro del suo respiro corse giù per le scale, gli scarabocchiò un
messaggio e si precipitò verso l’auto. Il commissario non le aveva
lasciato dubbi riguardo all’urgenza, ma Nikki avrebbe preferito che
le dicesse il motivo. Tirare a indovinare di quei tempi era un
passatempo inquietante, e la sua immaginazione era già in
allerta.
Quando sfrecciò davanti alla stradina di Knot
Cottage sentì una fitta di dolore. Martin stava passando di nuovo
in secondo piano, e la cosa le dispiaceva. Per fortuna Joseph era
ancora d’accordo a continuare a scavare, il che era meglio di
niente, ma non era lei a occuparsene, e si sentiva terribilmente in
colpa per la promessa fatta al suo vecchio amico.
E quella malinconia non la portava da nessuna
parte.
Con un grugnito irritato, imboccò la strada
principale e pestò il piede sul pedale. Era successo qualcosa, e
doveva scoprire che diavolo fosse, e non l’avrebbe fatto
prendendosela comoda come una maledetta turista.
Non batté il suo personale record di velocità,
ma fu una corsa notevole e fece miracoli per la sua concentrazione.
Quando attraversò l’atrio, aveva ormai lasciato la donna debole e
sensibile a vagare per le paludi ed era tornata al cento percento
ispettore tenace.
«Il commissario?», sbraitò al sergente di
turno.
«Nella stanza delle indagini, signora. Con il
commissario capo».
Lei alzò la mano in cenno di ringraziamento e
imprecò sottovoce. Walker si faceva vedere di rado a quell’ora, e
la sua presenza non prometteva bene.
«Nikki». Il commissario Bainbridge appariva un
po’ grigiastro, e doveva aver dormito più o meno quanto lei. «Scusa
se ti ho tirato giù dal letto, ma c’è stato un altro incidente».
Lanciò un’occhiata al commissario capo, che sembrava
fastidiosamente impeccabile e riposato, e disse: «Ne parliamo nel
mio ufficio?».
Una volta chiusa la porta, disse. «C’è stato
un tentato rapimento nelle prime ore del mattino. Un altro giovane
uomo con capelli e lineamenti simile ai due morti. Ma questa volta
è sopravvissuto».
«Cos’è andato storto?», chiese con urgenza
Nikki. «Se era il nostro assassino super efficiente, com’è che la
sua vittima è fuggita?»
«Pura fortuna, a quanto pare», rispose il
commissario capo.
«Sì, casualità», aggiunse Bainbridge. «Una
delle nostre pattuglie è passata in via ufficiosa dalla panetteria
su West Lee Road, poco prima delle tre del mattino».
«In via ufficiosa? Quella panetteria dipende
quasi del tutto da noi per la vendita delle ciambelle! I nostri
ragazzi sono lì a tutte le ore del giorno e della notte!».
«Forse, ma ieri notte uno dei panettieri
voleva sfoggiare la sua nuova moto Kawasaki. Ha portato i nostri
due uomini nel parcheggio sul retro, ed è stato allora che hanno
interrotto qualcosa».
«L’hanno visto?»
«No. Non ci sono lampioni nella stradina là
dietro, e quando i nostri agenti sono arrivati l’aggressore era già
scomparso tra i vicoli».
«E la vittima? Ha visto qualcosa?»
«Troppo impegnato a non farsi assassinare,
ispettore», disse acido il commissario capo. «Ma è riuscito a
intravedere che cosa indossava».
«Cioè?», chiese Nikki.
Lui prese una dichiarazione e lesse: «Scarponi
da deserto e pantaloni mimetici».
«Militari?»
«Puoi comprarli al mercato o in un negozio di
rimanenze».
«E la vittima è gravemente ferita?».
Il commissario si stiracchiò.
«Per fortuna no, a parte i lividi sul collo e
lo spavento terribile».
«Che cosa ci faceva lì, signore?», chiese
Nikki.
«Pensiamo che stesse rincasando di nascosto
dopo un incontro segreto con la moglie del suo amico. La sua
versione è un po’ diversa, ma non credo sia troppo importante. A
noi serve l’altro uomo, e questa volta speriamo di avere fortuna
con il DNA recuperato dalla vittima».
Si sporse in avanti e in tono confidenziale disse: «Questo ci
facilita un po’ le cose, però. Stavolta Joseph non c’entra nulla»,
le sorrise, con evidente sollievo, «perché era con te, a chilometri
di distanza a Cloud Fen».
«E lei potrà senz’altro confermarcelo, giusto,
Nikki?». Il commissario capo sbatté le palpebre pesanti.
Lei gli lanciò uno sguardo raggelante. «Certo
che sì. Era lì quando sono andata a letto, lì quando mi sono
alzata, e l’ho sentito girare in tondo per metà della notte». Si
sforzò di fare un sorriso e aggiunse: «Quindi può tornare al
lavoro, signore?»
«No, ispettore. Il suo stato mentale è ancora
in discussione. Prima di riammetterlo voglio un esame psicologico e
medico completo».
Ci avrei
scommesso, pensò lei, ma si limitò ad annuire e dire:
«Chiaro».
«Abbiamo l’uomo che è stato aggredito al piano
di sotto, Nikki», disse Bainbridge. «L’hanno controllato in
ospedale e ci hanno dato il via libera, quindi presumo che vorrai
scambiarci due parole».
Lei annuì. «Informerò la mia squadra, poi
andrò a parlargli, signore».
«D’accordo, be’, io ho una riunione». Il
commissario capo recuperò il cappello dal tavolo e andò verso la
porta. «Mi tenga informato, commissario».
Nikki uscì dopo di lui e vide la sua schiena
allontanarsi verso gli ascensori. Gli aveva assicurato che Joseph
era stato in casa sua dal tramonto all’alba, ma era vero?
Mentre avanzava lungo il corridoio, non riuscì
a sentire altro che i passi sulle scale di Cloud Cottage Farm, e
forse il suono di una porta che si chiudeva. Si sarebbe cavata gli
occhi prima di ammetterlo al commissario capo, ma in verità, non
aveva idea di dove fosse Joseph alle tre di quella notte.
Dave e Cat arrivarono presto, entrambi carichi
di sacchetti di carta e bicchierini di plastica. A quell’ora Nikki
aveva ormai prodotto un riassunto piuttosto conciso dell’intero
caso di omicidio, e dopo aver ordinato loro di portare la colazione
nel suo ufficio, chiuse la porta e procedette a informarli di tutto
ciò che sapeva. Non lasciò fuori nulla, a parte i dettagli del
massacro in Congo e lo sfortunato coinvolgimento di Joseph. Disse
però che Billy Sweet era sospettato di aver ucciso sia i propri
compagni che le donne innocenti.
«E Joseph crede che questo folle sia qui a
Greenborough?», domandò Cat incredula.
«Ne è sicuro». Nikki tamburellò le dita sulla
scrivania. «Ma come Dave spiegherà, questo è impossibile».
Dave estrasse il certificato di morte da un
fascio di fogli e lo porse a Cat.
«Oh cielo. Quindi chi è che scorrazza per la città cercando di eliminare
capelli color paglia e occhi azzurri?». Cat si mordicchiò il
labbro. «E non dimentichiamo che tutte le vittime sono sosia di
Billy Sweet». Si grattò la testa. «Non riesco a capire».
«Be’, io ho passato metà della notte a
pensarci, e questa è la mia unica conclusione». Dave fissò il suo
danish come se sperasse di trarne ispirazione. «Dev’essere un
vecchio caso, qualcosa di Fenchester. Dobbiamo chiedergli di
pensare a chiunque l’abbia mai minacciato o gli porti molto
rancore».
«Ma Billy Sweet che cosa c’entrerebbe?»,
chiese Cat.
«L’odio è un’emozione fortissima. Può rendere
un uomo molto paziente». Dave diede un piccolo morso alla sua
pasta. «Qualcuno ha dedicato un bel po’ di tempo a scavare nel
passato, e ha trovato una brutta mela marcia di nome Sweet. Il
motivo stesso per cui Joseph ha rinunciato alla sua brillante
carriera nell’esercito».
«Ma abbiamo stabilito che Sweet è morto»,
aggiunse Nikki con impazienza.
«Joseph però non lo sa, no?», ribatté Dave,
paziente. «Quindi ti basta trovare qualcuno che gli somiglia, e poi
ti assicuri che Joseph si convinca che
è lui».
«Mmm, è possibile», disse speranzosa Cat. «Ed
è un momento perfetto per infastidire il sergente. Quando è appena
tornato al lavoro ed è ancora piuttosto scosso».
«Scusate…». Nikki si massaggiò la fronte.
«Sono certa che vi stia sfuggendo qualcosa. Perché questo
pseudo-Sweet dovrebbe uccidere la gente? Perché non limitarsi a
tormentare Joseph, e farlo impazzire discretamente?»
«Perché», spiegò Dave, «il vero Sweet era un
assassino. Fa parte del pacchetto, se deve convincere
Joseph».
Nikki rifletté sull’osservazione. «D’accordo,
posso accettarlo, ma tutto questo dove ci porta? Qual è il suo
obiettivo finale?»
«Distruggere il sergente, direi», borbottò
lui, lugubre.
«E sembra che stia funzionando, non trova?»,
aggiunse Cat. «È già stato relegato a sferruzzare calzini e
guardare programmi per casalinghe».
«Per il momento non è messo così male»,
ribatté Nikki con fare mesto. «Ma capisco cosa intendi».
«Speriamo solo che non si spinga oltre», disse
Dave, sinistro. «Facendo del sergente la sua ultima vittima».
«Oh merda», sussurrò Cat. «È evidente che
questo assassino è pagato profumatamente da qualcuno, e quello
sarebbe il finale logico di una vendetta completa. Spaventarlo a
morte, poi ucciderlo».
A quel punto nell’ufficio calò il silenzio, e
Nikki ebbe diversi pensieri simultanei. Se le cose stavano così,
Joseph non era al sicuro nella palude. Al contrario, era molto
vulnerabile. E Cat aveva appena detto qualcosa che profilava uno
scenario ancora peggiore. Uno che neanche osava formulare ad alta
voce.
Cat aveva accennato al recente trauma di
Joseph. E se non ci fosse stata nessuna vendetta? E se non ci fosse
stato nessun Billy Sweet, reale o meno che fosse? E se il volto
dietro il parabrezza fosse appartenuto a uno stupido teppista,
molto simile all’uomo peggiore che Joseph avesse mai incontrato, e
questo avesse fatto precipitare la sua mente in caduta libera?
Possibile che Joseph stesse dando la caccia a questo essere
mitologico e uccidendo uomini che avevano la sventura di
somigliargli?
Nikki scosse la testa per liberarsi da quei
pensieri terribili. Joseph non poteva essere un assassino! Era il
suo sergente e suo amico! Stava vivendo sotto il suo tetto, e lei
gli voleva bene. Molto, in effetti. Quel pensiero era adatto a
persone come Walter, o la stampa scandalistica, non a Nikki Galena.
«D’accordo, qualche altra idea?», sbottò.
«Credo di pensarla come Dave, signora», disse
Cat. «Ma, se me lo permette, Joseph è solo un sergente. Potrei
capire se lo stessero minacciando con una bella randellata, o
vandalizzandogli l’auto, ma le minacce di morte mi sembrano più
adatte ai pezzi grossi, a quelli che guidano davvero le indagini.
Joseph esegue gli ordini, non decide nulla. Se un cattivo fosse
sbattuto al fresco per sempre, lui o i suoi cari non se la
prenderebbero piuttosto con qualcuno come lei, signora, o il
commissario, magari?»
«Puoi sempre fare incazzare qualcuno, Cat, a
prescindere dal tuo rango. E chi ci dice che abbiamo a che fare con
una persona sana di mente?»
«Giusto». Dave annuì con vigore. «Se non hai
tutte le rotelle a posto, la logica non si applica».
«Quindi controlliamo i suoi vecchi casi?»,
chiese Cat.
Nikki annuì. «Lo chiamo e gli chiedo di
buttare giù una lista di “papabili”. Nel frattempo tu, Dave,
prosegui le indagini su Sweet, e Cat, trovati qualcosa da fare
finché non avrò finito la mia telefonata, poi vieni con me a
parlare con il tizio che l’ha scampata».
«Ah sì, il terzo sosia? D’accordo». Cat si
alzò e fece una risatina. «Peccato non siano ancora tutti vivi,
potremmo mettere su una tribute band per Billy Sweet».
Mentre se ne andava, un messo bussò alla
porta. «Scusi se la interrompo, signora, ma sotto c’è qualcuno che
vuole vederla».
«Il nome sarebbe utile».
«Scusi». Il messo guardò l’appunto che
stringeva in mano. «Bryony Barton, signora».
Nikki sentì le labbra contrarsi, poi si
costrinse a rilassarle e disse: «Scendo subito».
«Ah», disse Dave in tono suggestivo, poi si
zittì quando lei gli scagliò contro qualche pugnale
immaginario.
«Ah niente».
«Come vuole, capo». L’uomo sogghignò. «Ma mi
stavo solo offrendo di andare a sentire io che cosa vuole, visto
che lei è così impegnata».
«Sbavare non si addice a un gentiluomo, Dave.
Per favore, mettiti un po’ di bromuro nel tè e torna al lavoro.
Posso farcela da sola, grazie».
Nikki si affrettò lungo il corridoio,
maledicendo in silenzio il commissario per aver interrotto le sue
abluzioni mattutine. La sua tenuta non era neanche da “barbona
chic”. Sembrava piuttosto che si fosse vestita solo con capi rubati
a qualche ente di beneficenza per anziani, e adesso doveva
incontrare quello schianto della nuova ragazza di Joseph. Che
gioia!
Fissandola di nascosto dall’ufficio dietro al
banco della reception, si sentì morire.
Joseph aveva ragione. Bryony era bellissima.
Ma non una bellezza da fotomodella, taglia zero e niente cervello,
la sua era più quella di una pantera. Era una di quelle persone
incredibilmente fortunate che sembravano godere di proporzioni
perfette, e che sapevano benissimo come vestirsi per farle
risaltare al meglio.
In più sembrava pure intelligente, il che la fece decisamente
pentire di non aver permesso a Dave di prendere il suo posto.
Un chiacchiericcio confuso la strappò dal suo
sogno a occhi aperti, e si accorse che l’aria stava diventando
irrespirabile a causa del rapido accumularsi di testosterone.
Almeno dieci agenti maschi erano spuntati dal nulla e avevano tutti
lo sguardo fisso verso l’area di attesa.
«Santo cielo! Non avete niente di meglio da
fare?», esclamò. Il prevedibile coro di «No!» la seguì mentre
usciva dall’ufficio.
«Bryony?». Tese la mano. «Nikki Galena. Voleva
vedermi?».
La stretta fu sorprendentemente salda.
«Grazie. Scusi se la disturbo. Le ruberò solo pochi minuti».
Nikki lanciò un’occhiata al sergente. «C’è una
sala interrogatori libera, Jack?»
«La numero tre, signora. Tutta sua».
«Da questa parte». Si costrinse a camminare
con sicurezza, ma continuava a sentirsi come una delle sorellastre
brutte che scortavano Cenerentola.
Tenne aperta la porta e indicò una sedia. «Mi
dispiace che non sia più comoda, ma i nostri ospiti tendono a non
essere qui per l’eleganza della struttura». Per l’occasione, riuscì
a stamparsi in faccia un sorriso. «Cosa posso fare per lei,
Bryony?».
La donna la guardò dal basso, l’espressione
preoccupata e intensa. «Ieri notte mi ha chiamato Joseph,
ispettore. Dice di essere stato sospeso. È vero?»
«Joseph non ha l’abitudine di mentire». Nikki
mantenne lo sguardo impassibile. «È vero».
«Oh no». L’altra sembrò sgretolarsi. «È colpa
mia, vero?».
Lei si sentì confusa, ma non lo diede a
vedere.
«L’ha sospeso per quello che le ho detto, no?
Ma il fatto è che credo di non essermi spiegata molto bene,
ispettore».
Nikki si sedette di fronte a lei. «Prima di
tutto, non l’ho sospeso io, e secondo,
il fatto che lei non sia riuscita a identificare l’uomo misterioso
non ha nulla a che fare con il motivo per cui Joseph è stato
invitato a riposarsi per un po’». Non era famosa per il suo tatto,
ma pensò che quella formulazione fosse piuttosto accettabile.
«Ma l’ho comunque deluso».
«Ha finalmente detto la verità, e mi creda, è
molto meglio che mentire». Fissò quel volto dall’ossatura elegante
e la pelle di porcellana e chiese: «Ha detto a Joseph che in realtà
non ha visto nessuno?».
Bryony si mosse sulla sedia scomoda, e fissò
il tavolo di fronte a sé. «Non ancora. Sto continuando a pensarci.
Sinceramente, non so più se qualcuno c’era oppure no. Era buio, e
lo ammetto, ero molto più concentrata su Joseph che su quanto stava
accadendo sull’altro lato della strada». Chinò la testa. «So solo
che Joseph credeva davvero che qualcuno ci stesse guardando. Da
sorridente e rilassato, il suo volto si è trasformato in una specie
di maschera orribile. Era terrorizzato, ispettore. E quando ho
fatto per correre verso il sentiero del fiume, mi ha urlato di lasciar andare l’uomo».
Lei la studiò con attenzione. Bryony non
trovava quella conversazione semplice, ed era evidente che teneva
davvero a Joseph, il che non era proprio ciò che desiderava sapere
in quel momento.
«So che non può dirmi dov’è, ispettore, ma sta
bene? Non poterlo vedere mi fa stare malissimo, ma lui dice che è
troppo pericoloso».
«Sta solo pensando a lei, Bryony. E sono certa
che non vorrà dargli altre preoccupazioni, ha già parecchi problemi
al momento». Fece una pausa. «Ma sì, l’ha presa molto bene, tutto
considerato».
«Be’, è già qualcosa. Dovrò accontentarmi
delle sue telefonate finché questa storia non sarà finita». Bryony
si raddrizzò la gonna, anche se non ce n’era bisogno, e la guardò
con fare quasi civettuolo. «Non avevo mai incontrato un uomo come
Joseph. È così…».
Speciale? Diverso? Affettuoso? Onesto? Nikki
concluse la frase in automatico.
«…così altruista, e gentile. Il che è raro in
un uomo attraente».
Lei annuì. Sì, erano due buoni aggettivi, ma
in quel periodo non aveva proprio voglia di parlare della vita
amorosa di Joseph. «Mi dispiace, devo andare. Spero di averla
tranquillizzata». Si alzò in piedi.
«Sì, e grazie del tempo che mi ha dedicato»,
disse Bryony, raccogliendo la borsetta. «E, ispettore, se lo vede o
gli parla, la prego, non gli dica che sono passata di qui, o che
cosa le ho detto. Penso che spetti a me dargli delle spiegazioni,
non crede?»
«Penso che dovrebbe».
«Lo farò. Lo giuro. E forse dovrei ammettere
la verità anche su alcune altre cose».
Nikki s’irrigidì. «Tipo?».
Bryony fece una risatina complice. «Va tutto
bene. Non è niente di grave, e non ha nulla a che fare con quanto
sta succedendo, ma lui mi piace da secoli. L’ho visto mesi fa
all’ospedale di Greenborough, e ho cercato di scoprire chi fosse».
Esitò mentre si avvicinava alla porta. «Pensavo che un uomo così
bello dovesse avere per forza una moglie o un’altra persona
importante, così ho provato a organizzare un incontro
“fortuito”».
«La palestra?», chiese Nikki, cercando di non
mostrare il suo stupore.
«Mmm. Nuoto e faccio esercizio, ma essendo
un’ottima nuotatrice ho sempre usato la piscina grande a Carness.
Un giorno stavo lasciando un’amica alla palestra di Greenborough e
non potevo crederci quando l’ho visto lì, in piscina! Mi sono
subito iscritta, e il resto è storia».
«E l’incontro all’Hammer?»
«Oddio! Mi fa sembrare una stalker. No, quello
era vero. Il mio capo stava davvero organizzando una caccia al
tesoro di beneficenza».
«Lui le piace molto, vero?», commentò Nikki,
quasi con tristezza.
Bryony la guardò per un attimo, come
soppesando qualcosa, poi disse: «Ho avuto delle esperienze
piuttosto schifose in passato, ispettore. Non ho un’alta opinione
degli uomini, ma Joseph è diverso. Molto diverso».
«Allora le consiglio davvero di raccontargli
tutto. I poliziotti non apprezzano le menzogne, Bryony, a
prescindere dalle buone intenzioni. Sentiamo ogni giorno bugie dai
cattivi, quindi non ce le aspettiamo dai buoni».
«Sono stata proprio una stupida, vero?».
L’altra prese fiato. «Ma capisco cosa intende, e la
ringrazio».
Nikki la riaccompagnò nell’atrio e, mentre si
voltava per andarsene, Bryony disse: «Si prenda cura di lui per me,
ispettore. Penso che sia molto fortunato ad averla come
amica».
Lei si avvicinò e parlò con voce bassa ma
perentoria. «Farò del mio meglio. Solo, non ceda alla tentazione di
vederlo, Bryony. Considerando i vostri sentimenti potrebbe essere
molto pericoloso, per entrambi, capito?».
La donna annuì lentamente, poi si diresse
verso le porte automatiche. «Capisco».
Nikki ascoltò il sibilo delle porte, e tornò
pensierosa nel suo ufficio.
Mentre Bryony Barton attraversava la strada e
percorreva il vicolo per raggiungere il punto in cui aveva
parcheggiato l’auto, un uomo la osservò con grande interesse.
Non attirava l’attenzione su di sé. Aveva
compreso da tempo che le Brave Persone Normali preferivano
distogliere lo sguardo da quelli come lui. E in lui c’erano molte
cose con cui le Brave Persone Normali preferivano non avere nulla a
che fare. Era sporco, per dirne una. I suoi vestiti parlavano di
incuria e maltrattamenti, e perciò puzzava. Le BPN non gradivano affatto i cattivi odori. Aveva
occhi strani, che con tutta probabilità indicavano l’uso di droga,
e, oh cielo! le BPN quanto odiavano le
droghe! E poi era un tipo piuttosto grosso, il che teneva alla
larga gli attaccabrighe. Una rissa avrebbe attirato qualche
BPN in un batter d’occhio. Oh sì, e
chiedeva l’elemosina. Quella era l’unica incognita nel suo
repertorio ben collaudato per confondersi con il marciapiede, le
gomme da masticare calpestate e la merda di cane. Il bicchiere di
carta con su scritto DONATE PER FAVORE
rischiava di essere l’anello debole, perché alcune BPN erano in realtà dei Bravi Samaritani, e i
BS vedevano nei mendicanti una grossa
parte della loro assicurazione per accedere al paradiso. I
mendicanti andavano sfamati, curati e coccolati, a distanza di
sicurezza, certo, ma questo poteva essere pericoloso.
Quella era una giornata invisibile, però, e la
cosa gli andava benissimo.
Significava che nessuno lo vide alzarsi e
attraversare la strada furtivo come un gatto, e quando Bryony aprì
la portiera, lui era proprio alle sue spalle. A inspirare il suo
profumo.
Escada. Magnetism.
Dio, quella donna aveva buon gusto.
Ma purtroppo non c’era tempo per enumerarne le
virtù, perché lui aveva del lavoro da fare e una tabella di marcia
severa.
In meno di un minuto, l’auto ripartì e il lato
della strada fu di nuovo sgombro, senza traccia né di Bryony
Barton, né del suo pedinatore invisibile.