Capitolo
diciassette
La riunione mattutina era stata frettolosa.
Nikki aveva esposto i fatti ai suoi agenti, nudi e crudi e senza
alcun abbellimento, poi li aveva suddivisi in squadre e messi al
lavoro.
Tornata in ufficio, fu travolta di colpo da un
senso di perdita; il che, per una solitaria convinta come lei, era
un po’ una novità. Aveva trascorso il grosso degli ultimi due anni
a cercare di lavorare da sola, facendo
tutto il possibile per evitare di avere un sergente permanente al
suo fianco, e adesso che il suo desiderio era stato esaudito la
cosa non le piaceva per nulla.
Aveva passato l’ultima parte della notte senza
dormire, a rigirarsi nel letto insolitamente irrequieta. Più volte
si era alzata e aveva guardato in basso il giardino immerso nelle
ombre, senza sapere perché lo stesse facendo ma cercando in qualche
modo di calmare il senso di premonizione. Non ci era riuscita,
però, e all’ora di alzarsi si sentiva ancora nervosa. Aveva portato
a Joseph la colazione su un vassoio e gli aveva dato libero accesso
alla sua raccolta di DVD e
CD, anche se non si aspettava certo
che fosse abbastanza rilassato da goderseli. E poi si era resa
conto che il collega sarebbe rimasto bloccato a Cloud Fen senza
alcun mezzo di trasporto. Considerando gli ultimi eventi non era
un’ottima idea, perciò aveva promesso che appena possibile gli
avrebbe fatto avere la sua auto. Per fortuna l’aveva lasciata nel
parcheggio del personale quando era andato a incontrare la sua
ragazza.
Nikki torse le labbra. Aveva parlato a Bryony
come richiesto, e la conversazione le aveva lasciato una strana
inquietudine. Non che nessuna delle due avesse fatto altro che
commenti molto educati. Per quanto chiaramente turbata
dall’esperienza di Joseph, la donna aveva reagito in modo
ragionevole, senza frignare o fare scenate da ragazzina. Aveva
espresso le sue preoccupazioni in maniera intelligente, e per
qualche ragione incomprensibile persino questo era riuscito a
irritare Nikki.
Scosse la testa, e decise che al momento la
vita amorosa di Joseph avrebbe dovuto essere in fondo al suo elenco
di priorità. Due assassini e un suicidio meritavano senz’altro più
attenzione della bellissima e irritante Bryony Barton.
«Signora?». Dave Harris la guardò
interrogativo. «Ha un minuto?».
Nikki gli lanciò un’occhiata eloquente.
«D’accordo, agente, che cosa ti preoccupa?»
«Il sergente, signora». L’uomo prese l’unica
altra sedia dell’ufficio e l’avvicinò un po’ di più alla scrivania.
«Alla riunione di stamattina stavo leggendo tra le righe, e mi
preoccupa non averlo visto al lavoro. Sta bene?».
Nikki fece un respiro profondo. In quel
momento aveva bisogno di un alleato. E dato che Dave era uno dei
pochi agenti a cui avrebbe affidato la propria vita, forse era
stupido tenersi tutto per sé. Non aveva alcuna intenzione di
tradire Joseph, ma un’altra prospettiva avrebbe potuto fare la
differenza.
«Dato che ti ritengo uno dei poliziotti più
affidabili e onesti che conosca…», uno sguardo scaltro, «chiederò
il tuo aiuto, Dave. Ma quello che sto per dirti deve restare tra
noi, d’accordo?».
Lui annuì lentamente. «Certo, signora».
«Bene, allora, hai chiesto del sergente
Easter…».
Non ci mise molto a fornire una versione
annacquata della situazione, senza accennare in alcun modo a quanto
accaduto in Congo, e alla fine Dave si limitò a dire: «Non mi
stupiscono queste notizie sulla sua precedente carriera, signora.
Dal suo comportamento l’avevo sospettato spesso, ma è troppo un
gentiluomo per essere un ex soldato disilluso». Sorrise. «Il
sergente Easter mi piace, signora, e anche molto, quindi mi dica
cosa posso fare per dargli una mano, e lo farò».
«Voglio che rintracci Billy Sweet. Comincia
con i registri dell’esercito. Conosciamo la sua vecchia unità, e
più o meno il periodo in cui l’ha lasciata per entrare in questa
forza di sicurezza privata, ma da lì in poi sarà difficile. E,
Dave, non una parola a nessuno, neanche al commissario. Se comincia
a fare domande, mandalo da me».
«Nessun problema, signora. Ma la stanza delle
indagini non è proprio il posto più adatto per una ricerca
discreta, non trova?»
«Lavora da qui. Usa il mio computer e il mio
telefono. Non dovresti essere disturbato». Appuntò le poche
informazioni che aveva su Sweet e gliele porse. «Devo uscire per
un’oretta. Non mi piace l’idea che Joseph sia bloccato nella palude
senza mezzi di trasporto, e dato che gli agenti sono tutti
impegnati, gli porterò io la sua Ford e mi farò riaccompagnare da
lui. Non è un invalido, e ho del lavoro d’ufficio che potrà
sbrigare da casa». Notò lo sguardo sorpreso di Dave e disse: «Non
preoccuparti, questo caso non c’entra. E non sto facendo la
schiavista, gli serve qualcosa che lo tenga occupato. Se il
commissario non avesse fatto valere il suo rango, adesso sarebbe
qui».
«Non ne dubito, signora. Gli faccia i miei
auguri, va bene?».
Nikki raccolse la pila di fascicoli contenenti
le statistiche su cui Joseph stava lavorando e le informazioni che
Dave aveva recuperato sui suicidi, e se li infilò sotto il braccio.
«Certo. E, Dave, cerca di recuperare una foto di Sweet. Non importa
se è vecchia, possiamo sempre chiedere a Cat di far ritoccare l’età
dai suoi amici smanettoni». Si fermò sulla porta. «Grazie per
questo. Sono in debito».
«Grazie di cosa, signora?». Dave le rivolse
uno sguardo angelico ed effettuò l’accesso al suo computer.
«Naturalmente gli ho dato la versione
edulcorata, non voglio che pensi che gli ho spifferato tutto».
Nikki guardò Joseph speranzosa.
«Non lo penserei mai». Lui fece un sospiro.
«Dave è un brav’uomo. Se avessi dovuto dirlo a qualcuno, avrei
scelto lui. In più, con me fuori combattimento, le serve qualcuno
di fidato».
Nikki aprì la scatolina portachiavi appesa
alla parete della cucina, prese la chiave di riserva della porta
d’ingresso e gliela porse. «Tienila. È sempre meglio lasciare la
chiave di riserva a qualcuno. Martin ne aveva sempre una quando…».
Lasciò che il resto della frase si spegnesse.
«E che cosa facciamo riguardo a quello?», chiese Joseph nervoso. «Continuare da
soli sarebbe stato difficile in ogni caso, ma adesso?». Alzò le
mani, frustrato. «Perché diavolo il commissario ha dovuto mettermi
in panchina? Sono perfettamente in grado di lavorare!»
«Allora lavora da qui. Senza interruzioni, e
con tutto il tè e il caffè gratis che vuoi». Lei indicò le
cartelline posate sul tavolo della cucina. «Riportami in
commissariato, poi torna qui e concentrati su quelle».
Joseph le fissò, poi fece un sorriso
riluttante. «Ah… le statistiche. Sta dicendo che non mi toccherà
guardare venti episodi arretrati di Metropolitan Police, dopotutto?»
«Le statistiche sono lì solo se te la senti di
guardarle, ma a quei suicidi farebbe davvero comodo un po’ di
attenzione». Lei si rabbuiò. «Sono pronta a scommettere che se le
studi a fondo troverai qualcosa che non torna». Gli porse le sue
chiavi dell’auto. «Il computer è nello studio, insieme ad alcuni
libri da consultazione ed elenchi che potrebbero esserti utili.
Metropolitan Police può aspettare,
credo. Ora, se vuoi essere così gentile da metterti il cappello da
chauffeur, devo tornare in centrale prima che sentano la mia
mancanza».
Mentre andavano verso la porta, Joseph le
toccò piano la spalla. «Sono davvero grato che mi lasci stare qui,
signora. Non so cos’avrei fatto, altrimenti».
Nikki gli rivolse un lungo sguardo penetrante,
poi disse: «Non c’è problema. In fondo non sei soltanto il mio
sergente, sei anche mio amico. E ti prego, già che ci siamo: dacci
un taglio con questo “signora” quando stai sotto il mio tetto, mi
fa sentire una vecchia bisbetica!».
«Non direi proprio!». Lui le strinse appena il
braccio prima di lasciarla andare. «Ma è meglio che ci diamo una
mossa. Il tempo non è certo dalla nostra parte, e adesso abbiamo
entrambi del lavoro da fare». Prese il
portafogli dal tavolo e le tenne aperta la porta. «La carrozza
aspetta».
Joseph scaricò il capo vicino ai cancelli del
commissariato, poi rifece il percorso a ritroso per tornare a Cloud
Fen. Più faceva quel tragitto, meno le strade tortuose e strette
sembravano disturbarlo, e arrivato in fondo a Buckledyke Lane
rallentò e fissò lo sguardo su Knot Cottage.
Martin Durham aveva vissuto senza dubbio in un
luogo idilliaco, se sapevi sopportare la solitudine.
Abbassò il finestrino, spense il motore e
rimase lì seduto a guardare il minuscolo cottage. Cercò di
immaginare Martin che tornava a casa, accendeva il fuoco e
preparava la cena. In quello sì che poteva immedesimarsi. Preparare
da mangiare era un atto quasi spirituale, per lui. E sembrava che
anche Martin fosse stato un buon conoscitore dell’arte di affettare
verdure e sfilettare con cura il pesce fresco di mare.
Senza nemmeno aver preso la decisione
cosciente di tornare nel cottage, si trovò a scendere dall’auto e
incamminarsi lungo la stradina.
La porta era chiusa, ma il nastro blu e bianco
della polizia era sparito. La scientifica aveva terminato il lavoro
e le restrizioni di accesso erano state rimosse. Provò ad aprire la
porta, e con sua sorpresa si spalancò all’istante. «Male! Male!»,
mormorò, e pensò che qualcuno si sarebbe meritato una bella
sgridata.
Una volta dentro si fermò, e fu sconvolto di
vedere il posto ordinato quasi quanto lo era stato alla sua prima
visita. La scientifica e i poliziotti non lasciavano la scena in
quelle condizioni, quello era certo. Si spostò in cucina, lanciò
un’occhiata fuori dalla finestra e fu allora che notò la
MG rosso acceso parcheggiata sul
retro. Un’auto che aveva già visto a Old Bolingbroke, quando erano
andati a interrogare la sorella di Martin, Elizabeth.
Senza esitare, tornò in silenzio sui suoi
passi, attraversò il soggiorno e uscì di nuovo dalla porta
d’ingresso, dove suonò il campanello.
«Sì?». Un volto si era affacciato dalla
finestra del piano di sopra.
Lui alzò il distintivo per mostrarlo alla
donna. «Sergente Joseph Easter». Socchiuse gli occhi al sole.
«Sbaglio a pensare che lei sia Janna Hepburn-Lowe?».
La finestra si chiuse di scatto e si sentirono
dei passi che scendevano le scale.
«Posso entrare?». Joseph non aspettò risposta,
ma passò accanto alla donna entrando nel soggiorno. «Perbacco! Non
avete perso tempo a rimettere in ordine, eh?».
La donna doveva avere una quarantina d’anni,
ma i capelli biondo platino dal taglio sbarazzino la facevano
sembrare più giovane. Indossava i jeans e una maglietta verde
acceso con il logo di “I Support Tree Love” stampato sul petto, e
per quanto gli sarebbe piaciuto commentare, Joseph decise
diplomaticamente di non farlo.
«Martin avrebbe odiato che il suo cottage restasse in quelle
condizioni. Mi scusi, ma non avevate finito?»
«In generale è così, signorina. Ero solo
io che volevo dare un’altra
occhiata».
«Sono signora, in
realtà, e non intendo certo fermarla. In ogni caso, ho quasi
finito». Gli lanciò uno sguardo d’accusa. «Questa casa apparteneva
a qualcuno, sa, ed è stata lasciata in uno stato pietoso. E questo
senza contare ciò che ha fatto il ladro».
«È stato l’intruso a distruggerla,
signora Hepburn-Lowe. Ho visto quello
che ha fatto». Joseph alzò un sopracciglio. «Ha idea di cosa stesse
cercando?»
«A cosa si riferisce?». La donna s’irrigidì.
«Era solo un delinquente che cercava di capire cosa poteva prendere
dopo aver saputo che Martin era morto, no?»
«Davvero?», chiese Joseph. «Io non penso
proprio, e neanche lei. Dov’è Elizabeth Durham?»
«È andata in discarica, se vuole saperlo. Con
i resti delle cose rotte e danneggiate di Martin». La donna
ricambiò il suo sguardo con un’espressione che rifletteva ostilità
e paura. «E se fossi in lei non mi disturberei ad aspettarla, ci
metterà secoli. C’era un bel po’ di roba distrutta».
«Allora, avete trovato quello che stavate
cercando?», chiese lui affabile.
«Penso che farebbe meglio ad andarsene»,
ribatté lei a denti stretti.
«E io penso che lei farebbe meglio a dirmi la
verità. O la sua Elizabeth potrebbe ricevere una telefonata e
scoprire che l’abbiamo portata in centrale per aiutarci con le
indagini. Non vediamo di buon occhio le persone che fanno perdere
tempo alla polizia».
La donna sbiancò, e Joseph si odiò per essere
stato così duro, ma sapeva che qualcosa non tornava, e girarci
intorno non l’avrebbe portato da nessuna parte.
Janna perse di colpo tutta la sua
aggressività, e sembrò esausta quando disse: «Non abbiamo trovato
nulla».
Anche lui addolcì il tono. «Era qualcosa di
molto importante? Qualcosa che avrebbe potuto aiutarci a scoprire
perché è morto in quel modo?»
«Chiunque si sia introdotto in casa ne era
convinto, questo è sicuro». Janna indicò una sedia. «Forza, si
accomodi». Lo seguì e si lasciò cadere su una poltrona dallo
schienale alto. «Non so molto, temo. Dovrebbe davvero parlare con
Elizabeth». Si chinò in avanti e lo fissò sollecita. «Posso solo
dire che secondo noi stavano cercando documenti legati a qualcosa
che è accaduto molto tempo fa. Molto prima che Martin venisse a
vivere qui».
«In che cosa era coinvolto, lo sa?».
Janna scosse la testa. «Non era coinvolto in nulla, sergente. Era un brav’uomo. So
soltanto che è successo qualcosa, ma né Elizabeth né Martin hanno
mai voluto dire di cosa si trattasse». Lo guardò, serissima. «Non
sono neanche sicura che Elizabeth sappia granché. Sospetto che
Martin non le abbia mai detto tutto, ma potrebbe saperne più di me.
E questo è davvero quanto posso dirle».
«Be’, lo apprezzo, ma dovrò sentire Elizabeth.
Ci metterà davvero secoli a tornare?». Le sorrise.
«Temo di sì. Quella era la verità. Le ho detto
che l’avrei aspettata a casa. Doveva andare da qualche parte dopo
la discarica».
«Quando la vede, potrebbe dirle di chiamare
subito il mio capo?». Le diede il numero della centrale di
polizia.
Janna prese il biglietto e annuì. «Elizabeth
aveva già ricevuto il messaggio dell’ispettore, ma prima dovevamo
venire a controllare di persona. Ci dispiace». Lo accompagnò alla
porta, poi disse: «È stato ucciso, vero? Non so come, ma è
così».
Joseph decise di non mentire. «In via
ufficiosa, credo che la sua morte sia sospetta, e noi dobbiamo
andare a fondo nella questione». Le rivolse il suo sguardo più
sincero. «Abbiamo davvero bisogno del vostro aiuto».
«Allora mi assicurerò che Elizabeth vi
chiami».
Lui la ringraziò e risalì la stradina fino
alla sua auto. Mentre camminava chiamò il capo al cellulare e
l’aggiornò in fretta su quanto scoperto. Appena prima di chiudere
la comunicazione, disse: «Ha ragione, signora. Si ottiene davvero
di più a lavorare da casa».
Nikki poteva aver apprezzato che Joseph
chiamasse “casa” Cloud Fen, ma l’espressione che aveva Cat Cullen
mentre si avvicinava non le piacque invece proprio per nulla.
«Okay, che succede?».
Cat sembrava riluttante a parlare, ma alla
fine disse: «Sono un po’ preoccupata, capo, per queste vittime di
omicidio. Immagino abbia notato che sono entrambe copie sputate del
tizio che mi ha chiesto di trovare. Quello che stava infastidendo
il sergente».
«Non è il tipo di cosa facile da ignorare, in
effetti». Nikki si chiese quanto ci sarebbe voluto prima che
dovesse raccontare a tutto il suo staff
la storia completa. «Abbiamo il nome dell’ultima vittima?»
«Pensiamo che sia David Ryan, signora, anche
lui del quartiere del Carborough. Sua moglie ne ha denunciato la
scomparsa stamattina. La descrizione combacia, così abbiamo mandato
un’auto a prelevarla. Poveraccia, ha due bambini piccoli». Cat
incastrò le mani nelle tasche dei jeans, poi guardò Nikki dritto in
faccia. «Il sergente è coinvolto in qualche modo?»
«Potrebbe esserlo, Cat», rispose lei, cauta.
«Ma finché non ne saremo sicuri, non posso dirlo».
«Un vecchio caso che è tornato a
tormentarlo?»
«È possibile».
«Allora vorrei aiutare, signora. Se posso fare
qualcosa, mi conosce, preferirei tagliarmi i polsi che tradire un
segreto».
Nikki lo sapeva, e odiava tenere all’oscuro le
persone di cui si fidava, ma doveva pensare a Joseph.
Cat stava ancora parlando. «Il sergente Easter
è un tipo a posto, secondo me, e non vorrei scoprire che era nella
merda e io non ho dato una mano a tirarlo fuori, per così
dire».
«Allora continua a cercare l’uomo che
frequentava Chris Forbes. Trovami Snaz». Nikki s’interruppe. «Ma,
Cat, se lo trovi, vedi di non provare ad arrestarlo, capito?
Potrebbe essere l’uomo più pericoloso che ti troverai mai
davanti».
Cat s’infilò la giacca di jeans. «Ricevuto,
capo. Ci sto lavorando, e questa volta troverò qualcosa». Con
un’espressione determinata, si voltò e lasciò la stanza.
Nikki tornò in ufficio, e trovò Dave impegnato
a studiare una stampata del computer.
«Ottimo tempismo, capo. Abbiamo ricevuto una
foto. Ha una decina d’anni, ma è pur sempre qualcosa».
Lei annuì. Era impaziente di vedere la faccia
di Billy Sweet. «È del suo vecchio reggimento?»
«No, è una foto non ufficiale che ho trovato
su un sito internet creato da ex militari. Un mio vecchio amico
l’ha usato per ritrovare un vecchio compagno dei parà».
«Non riesco a immaginare che qualcuno sano di
mente voglia restare in contatto con questo mostro. Che cosa ci fa
su un sito del genere?»
«Non è elencato come contatto, capo. Stavo
controllando la sua vecchia unità, ed è sullo sfondo di una foto di
gruppo. Sotto c’è una lista di nomi e la ricerca computerizzata ha
messo in risalto il suo».
«Ottimo lavoro, Dave. Qualcosa dai canali
ufficiali?»
«Parecchio, ci sto lavorando adesso, ma come
aveva detto lei, la pista si è raffreddata molto quando si è fatto
congedare ed è passato al privato. Oh, e prima che me ne
dimentichi, il commissario ha chiamato qualche minuto fa. Vuole
vederla». Fu interrotto da un ronzio. «Ah, ecco la foto. È stata
tagliata e ritoccata per isolare il suo uomo». Prese il foglio dal
vassoio della stampante, lo guardò e poi glielo passò.
Con un solo sguardo fuggevole, Nikki credette
a tutto ciò che Joseph le aveva mai detto su Billy Sweet.
Dimostrava circa venticinque anni, con un
volto molto abbronzato e capelli biondi tagliati corti. Teneva in
mano quello che lei immaginò fosse un lanciagranate, e indossava
una mimetica. Sorrideva alla fotocamera, ma quando Nikki guardò
meglio, i suoi occhi la fecero rabbrividire. Era come se il flash
li avesse spenti, dando loro un aspetto freddo e senza vita. In
qualche modo, però, sapeva che se mai avesse avuto la sventura di
incontrarlo avrebbe visto la stessa identica cosa.
«Questa è sufficiente, Dave. Salta pure
l’invecchiamento».
Dave riprese la foto e la fissò. «Fa venire la
pelle d’oca, vero? Stringe quell’arma come chiunque altro
stringerebbe un bambino, come se l’amasse».
«Ma gli occhi non sono proprio affettuosi,
no?»
«Escono dritti dal congelatore, signora». Dave
finse un brivido teatrale. «A quel giovanotto manca decisamente
qualcosa».
«L’umanità, penso. Stampane un bel po’, Dave,
ma distribuiscile solo alla squadra. Anche se vorrei tanto
tappezzare le strade, mi servono altre prove prima di uscire allo
scoperto». Tirò fuori il telefono. «E a Cat servirà di
certo».
La ragazza lanciò un urletto di gioia al
cellulare. «Fantastico! Una foto sarà utilissima. Salgo subito,
signora».
«Io devo andare dal commissario, fattela dare
da Dave. E per adesso teniamo la cosa per noi. Buona caccia».
Chiuse il telefono e si voltò verso Dave. «Il commissario ha detto
che cosa voleva?»
«No, signora. Ma sembrava piuttosto
stressato».
«Meraviglioso. Farò meglio a salire».
«Capo, quanto sa Cat?»
«Non quanto te, anche se non potrò tenerla
all’oscuro ancora a lungo».
«Non si preoccupi, non mi metterò a
spettegolare. Sono fin troppo impegnato».
Quando Nikki raggiunse l’ufficio del
commissario, quest’ultimo non era solo. In piedi accanto alla
finestra, con una risma di fogli in mano, c’era il commissario capo
Ian Walker. Non le era mai stato simpatico, lo trovava anzi molto
sgradevole, e il sentimento era probabilmente reciproco.
«Scusi. Tornerò dopo». Fece per andarsene, ma
con suo disappunto il commissario Bainbridge la richiamò.
«Dobbiamo parlarti entrambi, Nikki.
Accomodati».
Lei spostò lo sguardo dall’uno all’altro e
sentì un vuoto allo stomaco. Proprio come ai vecchi tempi! «C’è
qualche problema, signore?»
«Non lo sappiamo. Abbiamo alcune serie
preoccupazioni, e gradiremmo la tua opinione».
Il commissario capo posò i fogli sulla
scrivania, vi si appollaiò sopra a pochi centimetri dal viso di
Nikki e la fissò dritto in faccia. «Il sergente Joseph Easter. A
quanto ho capito, è a casa in malattia?».
Lei annuì, a disagio. «Esatto, signore. Il
commissario Bainbridge temeva che potesse essere stressato per la
sua recente scoperta del cadavere a Salmon Park Gardens».
«E lei che cosa
pensa di lui, ispettore?». Gli occhi dell’uomo scintillarono come
quelli di un falco che avesse appena individuato un piccione
paffuto e succulento.
«Penso che abbia avuto delle giornate
difficili ma, tutto considerato, credo che stia gestendo la
situazione in maniera eccezionale».
«Quindi non ritiene che sia tornato in
servizio troppo presto?»
«Per nulla. È del tutto in grado di fare il
suo lavoro. In effetti, proprio adesso sta lavorando da casa su
alcune statistiche per il commissario, di sua spontanea volontà,
ovvio». Fece un sorriso benigno.
«Mmm».
Con sollievo di Nikki, il commissario capo si
alzò e tornò al suo nido davanti alla finestra.
«Signore?». Lei si voltò verso Rick
Bainbridge. «Che cosa è successo? Perché il terzo grado?».
Lui scosse la testa. «Non è niente, Nikki.
Siamo solo preoccupati per lui. Per le sue condizioni
mentali».
«Consideri le cose dal nostro punto di vista»,
s’intromise il rapace umano. «Un uomo che ha subìto da poco un
grave trauma torna al lavoro, e nel giro di tre giorni si trova
davanti un corpo sfracellato nel fiume, uno ucciso in stile
esecuzione e poi inciampa in un uomo appena macellato nel parco.
Può biasimarci se chiediamo al suo diretto superiore se sta
reggendo oppure no?».
Nikki strinse i denti così forte da farsi male
alla mascella. «Certo che no, signore. Non sono solo sicura che
stiate ascoltando la mia opinione».
«C’è un’altra cosa», disse il commissario
capo, ignorando del tutto il suo commento. «E mi riferisco
all’omicidio della scorsa notte. Ho parlato di persona agli agenti
sulla scena del crimine e al medico legale, e a parte il sangue
della vittima, le uniche tracce sono quelle del sergente Easter.
Sul corpo non c’è nulla, e la scena è priva di qualunque altra
prova o contaminazione».
Nikki socchiuse gli occhi. «E questo cosa
significa esattamente?»
«Ci pensi, ispettore. Ma prima, è vero che
l’altro giorno il sergente è stato turbato da un uomo che è balzato
davanti al suo veicolo fermo?»
«Che diavolo c’entra con gli omicidi?»
«L’uomo in questione somigliava molto ai due
morti, non è vero?».
Nikki sentì il suono del sangue che le
scorreva nelle orecchie. Non aveva idea di come il capo fosse
venuto a saperlo, ma non le piaceva dove stava andando quella
conversazione. «C’era una vaga somiglianza, presumo».
«Le dico, ispettore, che si somigliavano
moltissimo! Trovo molto preoccupante che due uomini siano stati
assassinati in questa città, e che entrambi somigliassero a
qualcuno che ha turbato uno dei miei agenti». Walker sbatté
lentamente le palpebre cadenti.
«Non penserà certo che Joseph c’entri qualcosa
con queste morti?»
«Le uccisioni sono state eseguite da un
assassino con addestramento militare. Il sergente Easter, come
credo lei sappia, ha un passato militare. E a ben pensarci si
trovava anche nei dintorni del primo omicidio, in effetti è l’unica
persona identificata nei filmati delle telecamere della stazione
intorno all’ora del decesso».
«Signore, sta
accusando Joseph di duplice omicidio?»
«No, ma dovrò sospenderlo in attesa di altre
indagini».
«Che cosa?». Lei balzò in piedi.
«Nikki, ti prego». Bainbridge si alzò,
implorandola con gli occhi di calmarsi. «Ascoltaci, per
favore».
Ricadendo all’indietro come una marionetta,
lei lo fissò. Non poteva crederci. «Sospensione?», fu l’unica cosa
che riuscì a dire.
Lui la guardò con tristezza. «Per il suo bene,
finché non saremo sicuri che Joseph non è coinvolto in alcun modo
in tutto questo, dovrà essere sollevato dai suoi incarichi».
«Coinvolto?». Nikki aveva la voce roca.
«Joseph dovrà sottoporsi a un esame
psichiatrico. Dobbiamo escludere che abbia sofferto un trauma più
profondo di quanto sospettavamo».
«Signore, so di non essere uno
strizzacervelli, ma Joseph non è capace di cose simili, ed è del
tutto equilibrato». Stava di nuovo perdendo il controllo, e
recuperarlo diventava sempre più difficile. «Dio! Sembra che lo
consideriate uno svitato solo perché ha pianto dopo essere caduto
su un uomo orrendamente mutilato! Vi dico che chiunque avrebbe
pianto, l’avrei fatto io e l’avreste fatto voi! È una reazione
naturale. Il suo cervello non ha niente che non vada».
«Non è il suo cervello che ci preoccupa,
Nikki. È la sua mente. E lo sai».
Lo sapeva, sì. E molto meglio di Bainbridge o
del commissario capo, ma per il momento avrebbe dovuto tenersi la
cosa per sé.
Un silenzio pesante calò su di loro, poi
Bainbridge disse: «Sta ancora da te, vero?»
«Sì, signore», borbottò lei. «Finché vorrà
restarci».
«Allora questa sera passerò a trovarlo.
Spiegherò ogni cosa, e poi tutti dovremo raddoppiare gli sforzi per
risolvere il problema».
«Lo distruggerà, signore. Dopo tutto quello
che ha passato è un eroe, cazzo, e gli capita questo. Lavoriamo
proprio per una bella organizzazione, non c’è che dire!».
Alla finestra, l’uomo alto che somigliava a un
uccello tossì rumorosamente. «Sono ancora qui, ispettore. E le
suggerisco di conservare i suoi commenti al vetriolo per la sala
comune». Sostenne il suo sguardo. «O il sergente potrebbe non
essere l’unico nei guai».
Nikki si morse la lingua e decise che, se
qualcuno avesse mai deciso di assassinare il commissario capo, lei
non avrebbe esitato a cercargli un’arma adatta. Ma d’altro canto
non voleva neanche che la estromettessero dal caso, per il bene di
Joseph doveva trovare l’assassino. Il che significava ingoiare il
rospo, per quanto la nauseasse.
«Mi scusi, signore. È lo shock. Il sergente
Easter è un ottimo poliziotto, e questa storia sembra surreale, ma
non avrei dovuto perdere il controllo, lo so».
«Scuse accettate». Poi l’uomo aggiunse, in
tono pomposo: «In questo caso».
«La ringrazio». Lei abbassò lo sguardo,
sforzandosi di non aggiungere un “Maledetto stupido arrogante e
pieno di sé”. «Posso andare, signore? Devo schiarirmi le
idee».
Bainbridge annuì. «Ci vediamo questa sera.
Intorno alle sette». Fece una pausa. «E, Nikki, preferirei essere
io a dare la notizia a Joseph. Seguiamo la procedura e tutto,
no?»
«Oh, faccia pure, signore».
Parlare con Janna Hepburn-Lowe e ottenere
finalmente qualcosa di positivo aveva fatto sentire Joseph un po’
meglio riguardo al suo riposo forzato. Forse avrebbe potuto
sfruttare davvero quel tempo libero, e sarebbe stato più sicuro per
tutti se lui avesse mantenuto un basso profilo finché qualcuno non
fosse riuscito a capire che cosa stava succedendo con Billy
Sweet.
Si preparò un caffè, e mescolandovi dentro un
cucchiaino di zucchero ammise tra sé che gli risultava difficile
anche solo pensare a quanto accaduto la notte prima a Salmon Park
Gardens.
Portò il caffè nello studio, lo posò sulla
scrivania e scelse un CD dalla
discografia di Nikki. Mentre la stanzetta si riempiva delle note
melodiche dei Coldplay, cercò di capire che cosa avesse causato
quella sua assurda reazione emotiva all’accaduto. Certo, era stato
uno shock, ma in guerra aveva visto ben di peggio senza
trasformarsi in un piagnucolante ammasso gelatinoso.
Dentro di sé rivide il massacro causato da un
attacco dinamitardo, poi il suo amico Gerry straziato da una mina a
pressione. Cose terribili, che però un soldato imparava a
sopportare. Ma l’altra notte era stata così strana da sfuggire a
ogni spiegazione, e lo stesso valeva per il suo comportamento
successivo. In realtà, c’erano parti che non ricordava benissimo,
ma i dottori gli avevano dato un sedativo e questo poteva forse
spiegare i momenti di buio.
Si sedette alla scrivania di Nikki e tirò a sé
i fascicoli. Forse non avrebbe dovuto cercare di analizzare le
proprie azioni. Lo stress faceva cose bizzarre, e non c’erano dubbi
che negli ultimi tempi fosse stato stressato.
Aprì uno dei fascicoli dedicati alle
statistiche e si girò verso il computer. Dato che aveva un periodo
di tempo ininterrotto da ingannare, per prima cosa si sarebbe
occupato di quelle. Il commissario ne sarebbe stato felice, e lui
avrebbe potuto poi convogliare tutte le sue energie nel caso di
Martin Durham. Si concesse un sorrisetto: avrebbe fatto tutto
dopo aver telefonato a Bryony.
Compose il suo numero sul telefono della
scrivania e attese. Forse era la sua immaginazione, ma era certo
che il cuore avesse cominciato a battergli più forte. Dopo una
mezza decina di squilli lei rispose, e il suo sollievo nel sentirlo
di persona si riversò nel telefono.
«Joseph! Ero preoccupatissima! Non sapevo che
cosa pensare».
«Mi dispiace molto. Se avessi potuto
contattarti l’avrei fatto, lo sai, vero?»
«Certo, per questo ero così spaventata. Sapevo
che non sei il tipo da ignorarmi senza motivo. Doveva essere
successo qualcosa. A proposito, potresti ringraziare il tuo capo da
parte mia? Ho apprezzato molto la sua telefonata, anche se non mi
ha detto granché a parte che stavi bene e che mi avresti contattata
appena possibile».
«Non mi stupisce, Bry. Non avrebbe potuto dire
di più, c’era stato un altro omicidio e avevo trovato io il
corpo».
Dall’altro capo del filo giunse un ansimo
soffocato.
«Sto bene però, davvero», mentì lui.
«C’entrava qualcosa il tuo stalker?». Lei
parlò a voce bassa, come se non volesse farsi sentire.
«È possibile, Bry. Penso che abbia ucciso lui
l’uomo che ho trovato, ma non ho prove. In ogni caso, almeno l’hai
visto anche tu. Finora avevamo solo la mia testimonianza, ma il
fatto che la notte scorsa ci fossi anche tu farà tutta la
differenza. Adesso so che non sto impazzendo!». Spostò il
ricevitore nell’altra mano e si appoggiò allo schienale della
sedia. «Il punto è che voglio vederti, davvero, ma finché non
capisco che cosa sta succedendo non me la sento. Capisci quello che
dico?»
«Purtroppo sì». Lei fece una piccola risata
priva di ilarità. «La mia solita fortuna! Incontro un tizio
bellissimo, e per una volta non è gay né sposato, non lavora su una
piattaforma petrolifera e non è affetto da alitosi o dal ballo di
San Vito, ma è più inaccessibile delle mutande di una
suora!».
Joseph rise. E fu una bella sensazione.
«Scusa. Ma mi farò perdonare, lo prometto».
«Sarà meglio. Ora, sei sicuro che non possiamo
incontrarci da qualche parte? Un posto dove non ci conosca nessuno?
Soltanto per un caffè, magari?».
Ogni molecola del suo corpo desiderava
rispondere di sì, ma non avrebbe mai rischiato di mettere di nuovo
Bryony sulla strada di Billy Sweet. Rabbrividì. «Assolutamente
no».
«Oh be’, dovevo fare un tentativo. Ma posso
chiamarti, giusto?».
Joseph non le aveva detto dov’era, o che il
suo cellulare ricoperto di sangue si trovava in un laboratorio
all’interno di una busta sigillata. «Per un paio di giorni è meglio
se ti chiamo io, Bry. Il mio telefono è stato danneggiato e non ho
avuto tempo di procurarmene uno nuovo. Ti telefonerò da una linea
fissa, finché non sarò di nuovo operativo».
«Allora dovrò accontentarmi, immagino, ma se
non chiami potrei decidere di farmi arrestare solo per
vederti».
«Chiamerò. Lo giuro. Bryony, non vedo l’ora di
rivederti. Sei molto speciale, sai».
«Anche tu, Joseph. Mi chiami stasera?»
«Prova a fermarmi».
Riattaccare fu difficile. E non si sbagliava
sul battito cardiaco, perché le sue pulsazioni erano impazzite. Con
una risata tremante, finì il caffè e tornò alle statistiche del
commissario con rinnovato vigore.
Con l’avvicinarsi della fine della giornata,
Nikki era tesa come una corda di violino. Da Cat non arrivava
alcuna novità, Dave era impegolato nella caccia a Sweet e senza
Joseph con cui confrontarsi era del tutto esasperata. E aveva paura
di tornare a casa.
Man mano che passavano le ore si era sentita
sempre più indignata al pensiero che sospendessero Joseph, ma verso
le quattro e mezza, quando Dave si prese una pausa, si sedette da
sola in ufficio con un grosso foglio di carta bianca e un
pennarello, e cominciò a buttare giù tutto ciò che sapeva. Dieci
minuti dopo, il foglio era ricoperto di parole scarabocchiate e
Nikki cominciava a sentirsi davvero a disagio. Poteva detestare la
decisione del commissario capo, ma comprendeva il suo punto di
vista. Doveva essere molto prudente, e stava coprendo le proprie
spalle così come quelle del commissariato delle Fens.
Nikki fissò il foglio, e d’un tratto le saltò
all’occhio una parola. Il nome Bryony. La donna aveva visto l’uomo che Joseph credeva fosse Billy. E lei
aveva bisogno di sapere con precisione che tipo di testimone
sarebbe stata.
Tirò fuori il telefono e aprì la lista dei
contatti.
Rispose quasi subito, e Nikki si scusò se
stava interrompendo qualcosa di importante.
«Solo una pausa caffè, anche se con la mia
attuale mole di lavoro, una pausa vale più dell’oro. Come posso
esserle utile?».
Bryony sembrava affabile e rilassata. Molto
più della notte precedente.
«Joseph sostiene che lei ha visto un uomo che
lo guardava, ieri sera alle ventitré e dieci accanto al muro del
fiume, è corretto?».
La donna esitò, prima di dire: «Sa che Joseph
è terrorizzato da lui?»
«Sì, ma potrebbe rispondere alla domanda, per
favore? Che aspetto aveva?».
Ci fu un’altra pausa, e Nikki cominciò a
essere sia irritata che preoccupata.
«Era molto buio, non ho visto quasi nulla,
anche se penso che avesse un cappuccio».
«Quanto era alto, che corporatura
aveva?»
«Non sono sicura. Io… Oh, dannazione! No,
ispettore, in realtà non l’ho visto».
«Ma a Joseph ha detto di averlo fatto!»
«Oh, so che non avrei dovuto, ma era
così turbato perché nessun altro
l’aveva mai visto, che…». Bryony non sembrava più così rilassata,
adesso. «Mi dispiace, non sopportavo di dirgli che non lo avevo
visto per la seconda volta».
«Davvero non ha visto nessuno?», chiese Nikki,
scandendo ogni sillaba.
«Non c’era nessuno da vedere, ispettore. Mi
sono voltata e la strada accanto al fiume era deserta. Se anche
avesse scavalcato e si fosse lasciato cadere sull’alzaia, sono
certa che l’avrei visto». Fece un gran sospiro. «Mi dispiace se ho
sbagliato, ma Joseph mi piace molto, e non sopportavo di vederlo
così turbato».
«Joseph piace molto a tutti noi, signorina Barton, ma mentire non lo aiuterà
per nulla». Nikki si rendeva conto di avere un tono gelido, ma
Bryony aveva appena estinto la sua unica speranza di tenere Joseph
fuori dai guai. Fissò il suo foglio di carta e tracciò una spessa
croce sul nome della donna, la sua unica testimone dell’esistenza
di Billy Sweet.
Dopo aver riattaccato, fissò di nuovo il
foglio. In una sezione c’era scritto: “Chris Forbes, stazione.
Beale Street. Niente testimoni. Niente telecamere a circuito
chiuso. Unico a vedere uno sconosciuto nell’ombra, Joseph”.
Quella successiva diceva: “Uomo nella stradina
accanto al commissariato. Nessun filmato delle telecamere a
circuito chiuso. Visto solo da Joseph”. E c’era stata anche lei, e
non aveva visto nessuno a parte le persone effettivamente presenti
nei filmati.
“Uomo visto accanto al muretto del fiume, solo
da Joseph”.
“Salmon Park Gardens. Niente testimoni. Solo
Joseph presente”.
Ormai aveva la bocca così asciutta che
deglutire risultò quasi impossibile.
Rifletté intensamente su quello che sapeva del
collega.
Joseph Easter, ex membro delle forze speciali,
affetto da DPTS in seguito a una
missione fallita in Africa, aveva intrapreso un percorso di
crescita personale prima di entrare nelle forze di polizia. Agente
eccellente, diventa sergente ma poi perde il suo superiore di
Fenchester e ottiene un trasferimento temporaneo in un
commissariato dove un brutto caso lo fa finire in ospedale.
La mente di Nikki andava a tutta velocità.
D’accordo, Joseph aveva avuto una vita difficile, ma era stato bene
finché quell’uomo non gli era sbucato davanti per strada.
Era quello il fulcro. Tutto il resto era
accaduto in seguito.
Con uno sbuffo disgustato, Nikki afferrò la
penna e studiò di nuovo tutte le sezioni.
“Fatto”, appuntò, “le telecamere a circuito
chiuso del commissariato fanno schifo. L’esistenza di punti ciechi
è risaputa, e Billy si trovava proprio in corrispondenza di uno di
essi. Fatto. Joseph avrebbe potuto vederlo”.
“La stazione. Illuminazione scarsa e controlli
scadenti. Il taxi era fuori dal campo visivo. Fatto. Joseph avrebbe
potuto vedere un uomo nell’ombra”.
“Il fiume. Bryony era stretta tra le
bellissime braccia di Joseph. L’uomo avrebbe potuto mostrarsi a lui
e poi, prima che lei smettesse di sbavargli addosso e si voltasse,
scavalcare il muro e scappare via. Non proprio un dato di fatto, ma
possibile”.
“E il secondo omicidio. Per eseguirlo
l’assassino avrebbe potuto indossare una tenuta protettiva. Non ci
sono telecamere a circuito chiuso in quella zona dei giardini.
Fatto. Joseph potrebbe essere stato incastrato”.
Spinse indietro la sedia e fece un lungo
sospiro tremante. Non prometteva bene, e d’accordo, capiva perché
Walker fosse terrorizzato, ma la situazione non era per nulla
chiara. E se Billy Sweet era davvero l’abile guerrigliero che
diceva Joseph, era piuttosto probabile che sapesse evitare le
telecamere e i testimoni. Era sopravvissuto in zone di guerra,
Greenborough doveva essere un gioco da ragazzi.
«Mi scusi, signora. Posso entrare, o è un
brutto momento?».
Era stata così assorta nei suoi pensieri che
non aveva sentito Dave. «Vieni pure». Ripiegò il foglio, lo infilò
nel cassetto e si alzò. «Sono tutta tua».
«Oh, prima di tutto, la vittima di Salmon Park
Gardens è stata identificata con certezza come David Ryan. Sua
moglie ha anche confermato che negli ultimi tempi vedeva spesso un
nuovo amico, un tizio che è sembrato spuntare dal nulla un giorno
in cui suo marito stava trafficando con l’auto. Gli è stato di
grande aiuto, a quanto pare, ma la moglie non l’ha mai
visto».
«Nome?», chiese Nikki, già conoscendo la
risposta.
«Lo chiamava Snaz, capo. Nessun nome, nessuna
descrizione. Ryan le aveva solo detto che era un mago con i
motori». Dave s’insinuò dietro la scrivania di Nikki, aprì le
e-mail e cominciò a stamparle. «Ah, vedo che sono arrivate altre
informazioni».
«Ti lascio a guardarle, ma non lavorare fino a
tardi, d’accordo? La tua incantevole moglie ha bisogno di te anche
più di quanto ne abbia io». Lei s’incamminò verso la porta, poi
sentì un gemito dietro di sé.
«Un momento, signora. Questo penso che vorrà
vederlo». Dave aveva un tono lugubre. «È la copia di un certificato
di morte. Billy Sweet è morto. Da quattro anni».
Nikki ci aveva messo un po’ ad assorbire la
bomba, e prima di tutto aveva voluto la conferma che il certificato
fosse legittimo.
«Non ci sono dubbi, signora». Dave produsse
svariati altri documenti. «Era coinvolto in qualcosa sul confine
tra la Colombia e l’Ecuador, in Sud America. Contenimento di gruppi
paramilitari predatori, leggo, e azioni di combattimento per una
piccola forza privata. Secondo questo rapporto, Sweet è morto
insieme ad altri quattro. La loro Land Rover è caduta in
un’imboscata». Scrollò le spalle. «Nessun sopravvissuto».
«L’hanno mandato a casa per il
funerale?»
«Sembra di no, capo. Non aveva rapporti con la
famiglia, e non essendo più nell’esercito, non vedo perché qualcuno
avrebbe dovuto spendere una fortuna per riaverlo indietro,
no?»
«Probabilmente no». Le girava ancora la testa.
«Chi ha identificato il corpo?».
Dave sfogliò diversi documenti. «Un altro ex
militare britannico diventato soldato di fortuna, a quanto pare.
Ah, e qui dice che i suoi effetti personali sono stati riportati in
Inghilterra, dove sono stati recuperati in seguito da qualche
parente. Il corpo è stato sepolto in Colombia. C’è un appunto sulla
località, un posto impronunciabile fuori Bogotá».
«Nessuna possibilità di errore, quindi?»
«Scaverò più a fondo, signora. Ma ci sono un
bel po’ di scartoffie ufficiali, e sembrano tutte piuttosto
autentiche».
«Cerca di rintracciare l’uomo che ha
identificato il corpo, Dave. Sono passati diversi anni, potrebbe
essere tornato. Fatti dare tutti i dettagli che puoi, okay?»
«Nessun problema, signora. Ma posso farlo
domani? Devo davvero andare a casa».
Lei annuì.
«Certo. E grazie per quello che hai fatto
oggi».
«Non è proprio ciò che volevamo sentire,
però».
«Puoi dirlo forte». Nikki corrugò la fronte.
«Adesso che facciamo?».
Dave ordinò i documenti in una pila ordinata.
«Lo dirà a Joseph?»
«Bella domanda, ma penso di no. Be’, non
subito, al momento ha già abbastanza preoccupazioni. Quindi, Dave,
manteniamo il silenzio ancora un po’, okay?».
Lui le fece un sorriso rassicurante e si toccò
il lato del naso. «Acqua in bocca, capo. Me lo saluti».
Sola nel suo ufficio, Nikki fissò il
certificato di morte. Questo cambiava tutto. L’ultima cosa che
voleva era che il commissario capo Walker avesse ragione sullo
stato mentale di Joseph. A essere sincera, non voleva che avesse
ragione su nulla. Purtroppo, però, quasi tutti gli assi che pensava
di avere nella manica si stavano rivelando dei jolly, e il caso di
Walker diventava più solido di minuto in minuto. Si appoggiò allo
schienale della sedia e fece un lungo sospiro. Raramente era stata
così confusa, ma a prescindere da quanto si sentisse male doveva
tornare a casa a Cloud Fen, e arrivarci prima del commissario. Il
minimo che potesse fare era avvertire Joseph di quello che lo
aspettava. E al diavolo la procedura.