Capitolo sedici
«Nikki? Dove sei?».
Lei superò con prudenza una curva cieca, poi premette il pulsante sulla radio. «A un chilometro e mezzo da casa, commissario. Vicino a Cloud Fen».
«Mi servi in ospedale, subito».
Nikki sbatté il piede sul freno, fece inversione a gran velocità in una pista sterrata e riportò l’auto in strada. «Sto arrivando, signore».
Sapeva che era meglio non chiedere cosa stesse accadendo. Rick Bainbridge gliel’avrebbe detto se avesse potuto, ma il suo tono le aveva fatto capire che era una questione seria, e tanto bastava.
I suoi fanali trafissero la palude solitaria con penetranti raggi di luce, e pochi minuti dopo già sfrecciava sull’autostrada a doppia corsia in direzione di Greenborough.
Il parcheggio era quasi vuoto quando arrivò. Lasciò l’auto il più vicino possibile al pronto soccorso, la chiuse e attraversò di corsa il piazzale delle ambulanze per raggiungere l’entrata. Non aveva idea di cosa fosse successo, ma qualcosa le stringeva lo stomaco, dicendole che riguardava Joseph. Pregava solo che non fosse stato di nuovo ferito.
Aveva appena superato le porte automatiche, quando il commissario uscì da una stanza e le fece cenno.
Lei lo seguì nel minuscolo ufficio e chiuse la porta. La stanza, dove l’infermiere di triage valutava di solito quanto fossero urgenti le cure richieste dai feriti lievi, sembrava affollata dalla figura imponente di Rick Bainbridge e da Nikki stessa.
«Si tratta di Joseph, signore?». Era l’unica cosa che volesse sapere.
«Indirettamente». Appoggiandosi a una barella, l’omone incrociò le braccia. «Va tutto bene, non è ferito, ma è molto scosso». La luce impietosa faceva ben poco per il suo pallore. «C’è stato un altro omicidio».
«Oh, diavolo. Un altro, così presto?». Non se l’aspettava. «Quando e dove, signore?»
«Appena mezz’ora fa, a Salmon Park Gardens». Lui si passò una mano robusta tra i capelli grigio ferro. «Maschio bianco, gola tagliata e nessun documento d’identità, come l’ultima volta, e Joseph ha avuto la sfortuna di trovarlo».
Nikki chiuse gli occhi e si lasciò scivolare l’informazione addosso. Era l’ultima cosa di cui Joseph avesse bisogno, al momento. Rifletté in fretta. Doveva vedere il sergente prima che il commissario cominciasse a fare domande difficili.
«Posso vederlo, signore? Dopo tutto quello che ha passato, avrà bisogno di un amico».
«Tra poco».
In realtà, preferirei adesso, pensò lei.
«Ho bisogno di parlarti, Nikki». L’uomo le indicò una sedia di plastica dall’aria scomoda. «Siediti».
Era un chiaro ordine, e lei obbedì con riluttanza.
«Temo che abbiamo un problema».
Lei sentì un tuffo al cuore. Non prometteva bene. «Ovvero?», chiese, cercando di non lasciar trapelare l’ansia.
«Ti ho chiesto se pensavi che Joseph fosse tornato al lavoro troppo presto, giusto?».
Nikki annuì. «E io ho affermato categoricamente che credevo stesse bene». Con uno sguardo di sfida, aggiunse: «E sono ancora della stessa opinione».
«Be’, io ho paura di non esserne altrettanto sicuro». Lui ricambiò il suo sguardo. «Quando gli agenti sono arrivati sulla scena, stasera, Joseph era messo molto male».
«E allora? Mi scusi, ma due cadaveri e un suicida quando sei appena tornato al lavoro dopo essere stato ferito in servizio non sono quello che definirei una passeggiata, signore».
«Sono d’accordo, ma quando ho detto messo male, parlavo sul serio. Sembrava molto più traumatizzato di quanto mi sarei aspettato, Nikki». Fece una pausa, come soppesando qualcosa, poi disse: «Nel passato di Joseph ci sono cose di cui sei all’oscuro, e permettimi di dire che, considerando la sua esperienza, non avrebbe dovuto reagire in questo modo».
Nikki avrebbe voluto urlare, ma strinse i denti e disse: «So che è stato un soldato, so che faceva parte delle forze speciali, ma è pur sempre un essere umano, affettuoso e compassionevole. Le persone hanno un limite, signore. Tutte!».
Rick Bainbridge alzò un sopracciglio. «Credevo di essere l’unico a conoscere la sua storia, in centrale».
«Non la conosce nessun altro a parte me, e lui vuole che resti così». Lei fece un gran sospiro. «Mi dispiace, signore, ma durante l’ultimo caso ne abbiamo passate tante insieme. Quando la situazione è diventata davvero di merda, ci siamo scambiati alcuni segreti».
Bainbridge si ammorbidì. «Lo immagino. Ma sono molto preoccupato per lui, Nikki. E sono certo comprenderai che deve tornare in malattia per un po’, e che dovremo sottoporlo a un’altra valutazione per essere sicuri che sia davvero in condizioni di lavorare».
«Ma ci vorrà un’eternità, signore! Non possiamo andare a braccio, e chiedere a Joseph cosa ne pensa?»
«È in malattia, ispettore. Niente discussioni».
Nikki aprì la bocca per protestare, ma poi la richiuse. Non avrebbe ottenuto nulla quella sera, tanto valeva risparmiare il fiato. «Come vuole, signore. Adesso posso andare da lui?».
Sdraiato su una barella, Joseph li fissava. Nikki aveva l’impressione che avesse gli occhi dilatati in maniera innaturale e che biascicasse un po’ le parole. «Posso andare a casa? Voglio uscire di qui».
«I paramedici ti hanno dato un sedativo per calmarti». Il commissario gli diede una pacca sul braccio. «Hai avuto un bello shock, sergente. I dottori non ti dimetteranno finché non saranno sicuri che puoi cavartela da solo».
«Sto bene, signore. Mi gira solo un po’ la testa, ecco tutto».
«Può venire da me, signore. Posso tenerlo d’occhio io», disse Nikki, cercando di usare il tono più pratico possibile.
«Se non è troppo disturbo, signora». Joseph si mordicchiò il labbro, poi guardò il commissario. «Potrebbe chiedere ai dottori al posto mio, signore? Come potrà immaginare, non ho ottimi ricordi degli ospedali e devo davvero uscire».
Rick Bainbridge annuì, disse: «Farò quello che posso», poi tirò indietro la tenda e s’incamminò verso la postazione centrale delle infermiere.
Appena fu abbastanza lontano, Joseph si sporse in avanti, afferrò la mano di Nikki e la tirò più vicina. «È stato lui, signora. Senza dubbio». La sua voce era poco più che un bisbiglio.
«Billy Sweet? L’hai visto sulla scena del crimine?», chiese Nikki, a bocca aperta.
«L’ho sentito».
Vide che rabbrividiva, per poi aggiungere: «La prego, mi faccia dimettere. Ho bisogno di parlarle».
«D’accordo, ma ci vorrà un po’, e ti servono vestiti puliti. Dammi le chiavi di casa, andrò dalla tua affittacamere, le dirò che non stai molto bene e ti prepareremo una borsa. Potrai raccontarmi tutto una volta tornati a Cloud Fen».
Joseph annuì, poi rabbrividì ancora. «Continuo a sentirlo».
«Ti ha davvero parlato?», chiese lei.
«Mi ha chiamato Coniglietto». Lui scosse la testa. «Solo i miei compagni d’armi mi hanno chiamato così».
«Dio, che casino».
«Non lo dica a me». Lui tornò ad appoggiarsi al cuscino e chiuse gli occhi. Dopo un attimo li riaprì e disse: «Mi farebbe un favore, capo? So di essere un po’ sfacciato, ma…».
«Non me lo dire. Devo telefonare a Bryony?», chiese lei.
«Hanno preso i miei abiti e il cellulare per le analisi della scientifica. Dovevo chiamarla, signora. Sarà preoccupata a morte, soprattutto se verrà a sapere di questo nuovo omicidio».
«Ricordi il suo numero?». Nikki prese il cellulare e creò un nuovo contatto.
«Penso di sì». Lui mormorò alcune cifre tra sé e sé, poi ci ripensò e infine azzeccò quello giusto.
Lei lo memorizzò nel telefono. «Che cosa devo dirle?»
«Solo che sto bene, e che la chiamerò presto». Joseph la guardò dal basso. «Qualcosa di buono c’è, però». Le rivolse un sorriso fiacco. «Billy ci stava guardando dalla riva del fiume, e questa volta l’ha visto anche Bryony».
«Davvero? Ma è fantastico!». Lei sentì crescere la speranza. «Sarebbe in grado di identificarlo?»
«Era troppo buio, ma l’ha visto, ed è quello che conta».
Ha visto qualcuno, pensò Nikki, soffocando la delusione, e questo non basta di certo.
«Oh-oh, il commissario sta tornando», borbottò Joseph. «Ha avuto fortuna, signore?»
«Ancora mezz’ora, forse». Il commissario si accomodò sull’unica sedia del cubicolo.
«Grandioso». Nikki recuperò la sua borsa dal pavimento. «Gli servono dei vestiti, signore. Se lei resta qui, io faccio un salto a prenderli».
Erano quasi le due del mattino quando arrivarono a Cloud Cottage Farm, e le tre passate quando Nikki chiuse infine la porta della stanza degli ospiti.
Non aveva previsto che il suo visitatore tornasse a trovarla così presto, ma a essere sincera, e ignorando le terribili circostanze di quella seconda visita, averlo lì era un sollievo.
Una volta che Joseph si fu messo a letto per smaltire il sedativo, Nikki uscì in giardino. Un’intera volta di stelle scintillava e brillava nel cielo indaco, e lei si sedette su una panca di legno costruita da suo nonno e alzò lo sguardo a fissarle. A volte l’immensità del cielo sulle paludi le faceva quasi paura. Guardandolo si sentiva così piccola che si domandava se lei, o uno qualunque dei suoi problemi insignificanti, esistessero davvero. Ma quella notte era suo amico; la aiutò semplicemente a pensare.
Due uomini erano morti. Giustiziati. Due uomini che somigliavano a una vecchia conoscenza di Joseph. Un assassino, per la precisione.
E lì i suoi pensieri si fermarono. Stelle o non stelle, non riusciva a vedere oltre.
Joseph aveva detto di aver sentito Billy che lo chiamava, ma era vero? Per quanto ne sapeva lei, poteva anche essere stato qualcuno che chiamava il proprio cane.
In ospedale aveva visto i paramedici, e loro avevano detto che quando l’avevano trovato Joseph stava piangendo inconsolabile, ripetendo che era tutta colpa sua. Per fortuna, non avevano motivo di pensare che si riferisse ad altro che alla propria incapacità di arrivare abbastanza in fretta da salvare l’uomo. Non che salvarlo fosse stato possibile. L’avevano eliminato in modo professionale, proprio come Chris Forbes. E fare una scoperta così raccapricciante, be’, inciamparci dentro, per la precisione, non poteva certo aiutare la sua mente straziata dalla guerra. Poteva essersi immaginato qualunque cosa, qualunque cosa davvero. Nikki fece un grosso sospiro. E lei era quella che se l’era presa con il commissario per aver insinuato che Joseph fosse instabile!
Si strinse di più nella giacca. Era una notte bellissima, ma dal mare soffiava un vento gelido. Avrebbe dovuto dormire un po’ anche lei. Joseph era probabilmente più al sicuro con lei che in qualunque altro posto, e se avesse dovuto prendersi altri giorni di malattia, lì sarebbe stato comodo.
Con un ultimo sguardo alle stelle, Nikki rabbrividì e rientrò in fretta, facendo più attenzione del solito a chiudere a chiave la porta e mettere il chiavistello.
Quando la porta fu chiusa e la luce in cucina si spense, una figura oscura uscì in silenzio dal suo nascondiglio. Le era stato così vicino, tanto che aveva quasi sentito il suo profumo. Anche se non si trattava di profumo, vero? Era una combinazione di gel doccia, shampoo e deodorante. E poi caffè, e un accenno di cibo aromatizzato che impregnava i suoi vestiti.
La bocca sorrise, ma gli occhi rimasero quelli di sempre. La polizia mangiava così male che non c’era da stupirsi che arrivassero di rado a godersi la pensione.
L’uomo sospirò. Se avesse teso la mano, avrebbe potuto toccarla. E gli sarebbe piaciuto farlo. Gli sarebbe piaciuto molto. Ma non adesso. C’era una tabella di marcia da rispettare. Un’operazione da portare a termine. Ed era quella la sua specialità.
Portare a termine le cose.