Capitolo
tre
«Signora!».
Chiudendo la porta dell’ufficio del
commissario, Nikki alzò lo sguardo per vedere Joseph che le veniva
incontro di fretta lungo il corridoio.
«Il sergente Conway mi ha chiesto di riferirle
che c’è stato un incidente. Temo che qualcuno si sia
buttato».
Lei sentì un vuoto allo stomaco. «Non sarà di
nuovo dal parcheggio multipiano?».
Joseph scosse la testa. «Il campanile del
Santo Salvatore».
«Diavolo! Quando è successo?»
«Gli agenti hanno appena ricevuto la
segnalazione, capo. Il sergente di turno dice che se vuole andare
lei, non manderà un altro ufficiale superiore».
«Digli che stiamo andando, poi aspettami nel
cortile. Vado a prendere le chiavi in ufficio».
Un cordone bianco e blu era stato messo a
bloccare l’accesso al terreno della chiesa, e Nikki poteva vedere
agenti in uniforme posizionati alle entrate e in corrispondenza dei
sentieri lastricati. Vicino alla porta principale era raccolto un
capannello di persone, alcune sedute sui gradini e altre che
camminavano nervosamente su e giù per il sentiero. Un’agente donna
stava parlando con loro e cingeva con il braccio un bambino di otto
o nove anni. Altri tre bambini sedevano stretti l’uno all’altro su
un muretto poco lontano da lei. Nikki studiò i volti pallidi, le
bocche molli e gli occhi enormi e spaventati, e si rese conto con
angoscia che i piccoli dovevano aver assistito alla caduta.
«Laggiù, signora». Joseph indicò un gruppetto
di figure che si sporgevano oltre il muro del fiume. «Il dottore è
lì, e sembra che i primi ad arrivare sulla scena siano stati Yvonne
e Niall».
Nikki fu sollevata di vedere gli agenti Yvonne
Collins e Niall Farrow. Erano una squadra per cui nutriva una certa
simpatia. Aveva lavorato con loro in diverse occasioni e riteneva
che la donna matura e il giovane uomo fossero una buona
combinazione.
«Che cos’abbiamo?», chiese.
«Maschio bianco, signora. Si è buttato dalla
piattaforma panoramica». Niall alzò lo sguardo sulla torre con una
sorta di incredulità.
«Nel fiume?»
«No, ispettore». Il dottore, un uomo
solitamente gioviale con una pancia un po’ troppo pesante per la
sua salute, si voltò e venne verso di loro. «Ha sbattuto prima
contro il muro, temo. La schiena si è spezzata come un rametto
secco. Si capisce da come è disteso».
«Quindi è fuori dall’acqua?», chiese
Joseph.
Il dottore annuì. «In un certo senso. È un po’
difficile vederlo da qui. È caduto nel fiume, ma si è incagliato
subito nel fango raccolto intorno al relitto di una barca sommersa.
La marea sta calando, quindi non andrà da nessuna parte».
«Lei è già sceso, dottore?»
«Sì, mi sono avvicinato abbastanza da
controllare tutto quello che dovevo, ma per tirarlo fuori avrete
bisogno di qualche schiena bella robusta, ve lo assicuro!». Si
spazzolò via il fango dai pantaloni. «E sì, prima che lo chiediate,
è decisamente morto».
«Be’, faremo meglio a dare un’occhiata,
sergente». Nikki s’incamminò verso il muro.
«Signora?». Yvonne Collins la seguì. «Scusi se
m’intrometto, ma la scientifica scatterà delle foto prima di farlo
tirare su?».
Nikki corrugò la fronte. «È la procedura
abituale. Che cosa ti disturba?»
«Non lo so, signora, ma sono sicura che non
sia un caso così scontato. Si è buttato, sì. Abbiamo quindici
persone pronte a testimoniarlo, ma…». L’agente fece una pausa, poi
la guardò dritto in faccia. «Tutte quante dicono che era spaventato
a morte da qualcosa o qualcuno, oppure del tutto fuori di
testa».
«Le persone sane e razionali tendono a non
gettarsi spesso dalle torri, Yvonne».
«Ma i bambini, signora. Continuo a pensare ai
bambini». Yvonne sostenne il suo sguardo. «I suicidi determinati,
quelli che hanno deciso di gettarsi, di solito sono molto precisi e
organizzati. Non sceglierebbero mai un momento in cui la
piattaforma è piena di turisti e ragazzini, non trova?».
Dentro di sé, Nikki gemette al pensiero che
dei bambini avessero assistito a una scena così orribile. «Quindi
doveva essere come minimo alticcio. Oh,
cavolo, alticcio: pessima scelta di
parole. Comunque, doveva essere strafatto o ubriaco fradicio per
fare una cosa del genere».
«Probabilmente lo era. Ma quando avrà parlato
con i testimoni, signora, credo che sarà d’accordo anche lei che in
questa storia c’è qualcosa di molto strano».
«D’accordo, ho capito e mi fido della tua
intuizione, ma prima di fare qualunque cosa devo andare a vedere di
persona questo poveretto».
«Niall la aiuterà a scendere, signora. Ci sono
dei gradini scivolosi e, mi creda, sono micidiali. Poi dovrà
sporgersi da una specie di vecchia passerella. Il nostro uomo è nel
fango accumulato sul fondo di quella vecchia barca».
Nikki ci mise qualche minuto per arrivare al
livello dell’acqua, e Niall la stabilizzò mentre si sporgeva oltre
ai mattoni scivolosi della passerella.
«Lo ve…». Le parole le si ghiacciarono in
gola, e la sua bocca divenne asciutta come paglia.
Disteso nel fango rossiccio del fiume, il
corpo contorto in una forma impossibile e metà volto immerso in una
pozza d’acqua salmastra, c’era un uomo che conosceva.
Nella sua mente balenò un’immagine di quella
mattina. Un uomo in maglietta da rugby scarlatta e pantaloni da
jogging scuri. Un uomo che la salutava felice mentre pedalava verso
casa. L’uomo che si era appena offerto di verniciarle il cancello.
«Martin?». La voce le gracchiò per l’emozione. «Oh no!».
«Lo conosce?». Joseph la affiancò, posandole
una mano sulla spalla. «Capo?».
Nikki si allontanò di scatto dall’acqua, ma
non riuscì a liberarsi della vista di quella sudicia maglietta
scarlatta. «È il mio vicino. Doveva venire a prendere il caffè
questo fine settimana». Sapeva che quelle parole sembravano
insensibili, ma non riusciva a pensare ad altro. Dovevano
aggiornarsi sulle novità. Gli aveva detto così.
Joseph espirò rumorosamente, e quando lei si
voltò vide che aveva un’espressione preoccupata.
«È tutto a posto, tutto a posto». Nikki si
fece forza. Sembrava impossibile che fosse accaduto. Martin era
parso così… tentò di trovare il termine giusto… così normale.
«Chi è, signora?», chiese Niall a bassa
voce.
Nikki raddrizzò la schiena e fece un respiro
profondo. Poteva essere una poliziotta indurita, ma uno shock
restava pur sempre uno shock. Lei sapeva solo gestire le emozioni
più in fretta degli altri. «Martin Durham, del Knot Cottage, in
Buckledyke Lane a Cloud Fen. Vive da solo al limitare della palude.
A quanto ne so, da informare c’è soltanto sua sorella. Entrambi i
genitori sono morti e non era sposato. La sorella si chiama
Elizabeth. Vive con la compagna da qualche parte a Old
Bolingbroke». Si voltò verso l’agente. «E voglio essere io a
controllare il suo cottage. Io e il sergente Easter ci andremo
subito dopo aver finito qui».
«Sì, signora, lo comunico immediatamente via
radio». Niall Farrow s’inerpicò di nuovo sui gradini bagnati fino a
raggiungere la collega in attesa.
Nikki spostò lo sguardo dalle acque verdastre
del fiume Wayland al punto in cui l’agente Yvonne Collins si stava
sporgendo oltre il muro, la mano tesa verso Niall. Il suo ottimo
fiuto da poliziotta non si era sbagliato. Era possibile che
qualcosa di terribile avesse spinto Martin a uccidersi, ma non
l’avrebbe mai fatto in modo da causare sofferenza ad altri, in
particolare a dei bambini. Potevano non essere intimi, ma Nikki lo
conosceva meglio di tanti altri.
«D’accordo, be’, ci conviene mandare giù una
squadra della scientifica, poi gli agenti potranno procedere al
recupero». Guardò intensamente Joseph. «Sono molto curiosa di scoprire cosa rivelerà l’autopsia,
soprattutto il referto tossicologico».