Capitolo
due
Charles Cavendish-Small indicò verso l’alto
con fare drammatico. «E questo, signore, signori e bambini, è il
punto più alto della nostra visita». Fece una pausa, sperando che
per una volta qualcuno avrebbe capito il gioco di parole. Accadeva
di rado, e si chiedeva perché si disturbasse a farlo. «La torre. È
stata costruita in tre fasi, cominciando in stile gotico primitivo
e terminando in perpendicolare. Storicamente ciascuna fase
rappresenta la crescente ricchezza della nostra città, e vale la
pena salire sulla piattaforma panoramica per godere di una
meravigliosa vista su Greenborough, il fiume e le paludi
circostanti, arrivando fino al Wash».
La guida percorse con passo leggero il
pavimento di pietra, attenta a non calpestare le lapidi, e indicò
un voltone.
«Se volete salire, vi prego di seguirmi, ma vi
avverto: le scale sono ripide, e costituiscono l’unica via di
accesso alla torre. Ci sono piccole rientranze dove fermarsi ad
aspettare in caso altri le stiano usando per scendere».
Lanciò un’occhiata al suo piccolo seguito.
Sembravano tutti piuttosto in salute, anche se due dei vecchietti
del circolo di storia avrebbero passato un paio di giorni con le
ginocchia a mollo nei sali da bagno. Durante le sue visite guidate
non era mai accaduto nulla di troppo terribile, ma l’estate
precedente il suo collega, Arthur, aveva dovuto far fronte a due
attacchi di panico e una brutta slogatura alla caviglia in un solo
fine settimana.
«Se qualcuno ha dubbi riguardo alla propria
capacità di arrivare in cima, o problemi di pressione o di cuore, è
pregato di aspettare qui, o può sentirsi libero di andare a bere
qualcosa al caffè della chiesa. Noi dovremmo metterci circa
mezz’ora. Grazie».
Con un gesto piuttosto teatrale, condusse i
membri del gruppo verso il voltone schermato.
«Seguitemi, e fate molta attenzione. Non
vogliamo incidenti».
Quando il gruppo raggiunse l’area panoramica e
poté ammirare il grande arazzo delle pianure, si sentirono i soliti
sospiri di meraviglia. Quel giorno poi la visibilità era
particolarmente buona. Limpido cielo azzurrissimo, soffici nuvole
bianche e un sole dorato.
Charles non apprezzava sempre i suoi
visitatori, ma amava la sua bellissima parrocchia, e amava la vista
magica sulla campagna. In giornate come quella, lo sguardo arrivava
fino alla costa settentrionale della Norfolk.
Fece un rapido conteggio, assicurandosi che
nessuno fosse rimasto a rantolare sulle scale, e cominciò a
indicare i vari punti di riferimento.
«Prego? Cos’è quello?», chiese un turista
straniero con un forte accento germanico.
Charles seguì la direzione del suo dito e
sorrise. «Quelle sono le rovine dell’abbazia di Santa Cecilia delle
Fens. Non rimane molto, a parte quello splendido arco e i resti
della cappella».
«E quella è la zona del porto?», chiese uno
dei bambini in gita scolastica, indicando una serie di gru.
«Proprio così, giovanotto. Quella è
l’estremità riservata alle barche dei pescatori, mentre la parte
nuova è il porto di Greenborough. E, oh sì! Se guardate verso
l’estuario potrete vedere gli alberi di una nave da carico che
avanza verso il fiume Wayland».
Le persone indicarono con il dito, scattarono
foto e chiacchierarono tra loro, tutte d’accordo che fosse valsa la
pena salire. Charles lasciò che si godessero il panorama per
qualche tempo, poi cominciò a organizzare la discesa.
«Allora, se siamo tutti pronti io…». Si fermò
in cima alla scalinata di pietra e guardò in giù pensieroso.
Avrebbe dovuto essere libera. Quello era l’ultimo gruppo della
giornata. Tese di nuovo l’orecchio, ma qualcuno stava davvero
salendo, e anche piuttosto di fretta.
«Scusate, gente. Potreste stare indietro un
attimo, c’è qualcuno…?». Non fece in tempo a concludere che
ricevette una forte gomitata nel plesso solare e si trovò piegato
in due sul pavimento, ad ansimare senza fiato.
«Ehi! Non può…!».
Il viso più stravolto che avesse mai visto si
stagliò sopra di lui.
L’uomo era spuntato di corsa dal vano delle
scale, disperdendo il gruppetto come una palla da bowling tra i
birilli. Ora stava sospeso su Charles, come uno degli orribili
gargouille dell’architettura antica che avesse preso vita e fosse
deciso a divorarlo.
Charles divenne prigioniero di un terrore puro
e annichilente, finché l’urlo spaventato di uno dei piccoli non
spezzò l’incantesimo.
Doveva essere un attacco di panico. Ma in quel
caso era uno di quelli più forti, e se non fosse riuscito a calmare
l’uomo, e in fretta, qualcuno si sarebbe fatto male. L’ultima cosa
di cui aveva bisogno era una corsa precipitosa giù per le
scale.
«Restate calmi! Va tutto bene! Davvero»,
ansimò. «Lasci che l’aiuti». Tese la mano verso l’uomo. «La prego!
Si sieda qui per terra con me. Forza, può farcela».
Per un istante pensò di essere riuscito a
comunicare. Poi con un urlo strozzato, un suono che Charles avrebbe
sentito ogni notte per anni a venire, l’uomo si voltò e corse verso
l’alta balaustra di pietra, vi si arrampicò sopra e, senza la
minima esitazione, si buttò giù.
Il silenzio avvolse tutti i presenti, poi uno
dei bambini cominciò a piagnucolare e Charles si rialzò in fretta e
furia per correre a guardare oltre il muretto. Un paio dei membri
del gruppo arrivò alle sue spalle, mentre altri portavano via i
bambini e cercavano di calmarli. Charles non riuscì a fare altro
che fissare la figura spezzata in basso sotto di loro.
L’uomo era precipitato per l’equivalente di
nove piani, prima di colpire il muro che fiancheggiava il fiume.
Con orrore, sotto il loro sguardo impotente, Charles vide il corpo
senza vita scivolare lentamente giù dal muro e cadere, come un
sacco di spazzatura indesiderata, nelle lente acque soggette alle
maree del fiume Wayland.