Trentasei

Dopo la colazione con il pesce che sapeva proprio di mare, si dedicarono agli acquisti. Dentro e fuori dai negozi, con gridolini di gioia quando scoprivano qualcosa che andava proprio bene per…

Olga si ricordò di Laura e di Aurora, della moglie di Richi e della moglie di Aziz.

«Questo per Carolina… e questi per Alice e Sergio, li ho fatti mettere in un sacchetto a parte perché glieli regali tu. E guarda per Paola! Ha i colori delle sue sculture di vetro, fantastico!»

Al bar, esausti ma felici, assetati e frastornati dalla musica già alta, stavano frugando tra i sacchetti e le borse di Olga.

«Paola vuole vivere con Luciano». Lo disse serio, amareggiato.

Olga depose il bicchiere. «Paola vive già con Luciano, lui è da loro quasi ogni giorno».

«Non mi piace, non è il padre che vorrei per i miei figli. È un uomo debole, insicuro…»

«Un padre forte e sicuro i tuoi figli ce l’hanno già. Quello è il compagno della loro mamma che era rimasta sola. Educato, colto, artista… Perbene al punto da non avere il coraggio di affrontarti e di dirti che ama tua moglie. Paola è forte abbastanza per tenere ben salde le redini della loro vita».

«Lo sapevi?»

«Sì, me l’aveva detto. Ma non mi sembrava ancora decisa».

«Forse un colpo gliel’ho dato anch’io». Le raccontò del suo scontro con Paola a cena e la faccenda di Alessandro, il figlio di Elena e di Luciano. «Che volevano far passare per figlio mio, ammesso che questo, se fosse stato vero, avesse potuto cambiare qualcosa. Non è figlio mio. Dovrà trovare un’altra ragione per divorziare da Elena».

«Tu hai avuto una storia con Elena…» Sembrò sconcertata, non lo sapeva.

«Olga, è stata la mia vita. Arrivato a Napoli, solo, spaesato, ancora indeciso sul mio futuro, ho incontrato una ragazza allegra, colta, educata, molto diversa da quella che hai conosciuto tu, che mi ha dato una mano a rimanere a galla. Se fosse stato l’amore della mia vita l’avrei sposata. L’ho aiutata a fuggire in America, praticamente tra le braccia di Luciano che la voleva. Si amavano. Non so che cosa sia successo dopo: io non c’ero più. E questo è tutto» aggiunse, secco.

«D’accordo. Tu ora una compagna ce l’hai».

«Per favore, Olga. Se Luciano ti somigliasse anche vagamente in qualcosa, accetterei…»

Olga si allungò verso di lui e gli sfiorò le labbra con la bocca. «Ma io sono speciale, avvocato… e ti amo, Dio se ti amo… Ma non tocca a te, è cosa loro».

Ci pensò un attimo, il bicchiere in mano e la fronte aggrottata. «Certo che tocca a me, sono i miei figli. Non voglio che i miei figli crescano con Luciano» disse in tono asciutto, scandendo le parole.

«Mi pare una soluzione difficile da trovare se Paola non è d’accordo. E Alessandro… così alto per loro due… è vero che un po’ ti somiglia».

«Ti prego, Olga, non ti ci mettere anche tu. La storia la conosci… Il padre di Elena era ricco, aveva i cantieri più grandi d’Italia per le navi da carico. Sulla sua ricchezza hanno avuto molto da dire e da scrivere, quand’è morto, ma finché è stato vivo i suoi compari l’hanno molto protetto. Poiché Alessandro, il fratello di Elena, stava sgarrando, voleva trasferirsi in Inghilterra, l’hanno fatto saltare al battesimo in mare di una barca di sua costruzione…»

«Non lo sapevo».

«C’era di mezzo una donna, la famosa Rosina. Io sono intervenuto ufficialmente a questo punto: suo padre ha voluto costituirsi parte civile, per vendicare suo figlio, e mi ha chiesto di assisterlo. Con Elena stava finendo: lei voleva sposarsi e io non ero pronto a fare il marito, specie di una donna ricca e in odore di mafia. Non ho conosciuto Alessandro, ma dalle foto e dai video che mi hanno mostrato, era un bel ragazzo, alto, bruno, vivace e intelligente, e suo nipote gli somiglia. Luciano era già il fidanzato ufficiale di Elena, io sono stato un divertente diversivo, parole sue. Quando la faccenda a Napoli è diventata pericolosa, con Cataldo l’abbiamo imbarcata per l’America dove Luciano l’aveva preceduta: era già incinta. Me l’ha detto salutandomi. Quando sono tornati, per scrupolo, ho voluto essere sicuro che quel bambino, che aveva due anni e che somigliava al fratello di Elena, non fosse mio figlio».

«Hai fatto il test…»

«Sì. Chiarissimo: Alessandro in modo inequivocabile non è figlio mio. E con questo vorrei chiudere l’argomento, almeno su questo punto». Le versò da bere, la musica intorno a loro si stava alzando ulteriormente di volume. «Rientriamo? Hai terminato i tuoi acquisti?»

«Sì, amore. Ma non ho terminato questo discorso con te».

«Non capisco… Non voglio Luciano come vicepadre dei miei figli».

«Bene, torniamo. Ma la cosa riguarda anche me».

«In che senso?»

Erano in piedi, con i sacchetti degli acquisti tra le mani.

«Ne parliamo con calma e non in piedi». Cercò di ridere, ma le riuscì male: lei, che sapeva ridere. «Io forse ora sono di troppo».

«Non dirlo neppure per scherzo. Olga, ti prego. Tu sei la mia vita». E si chinò a baciarla, davanti a tutti: in quel frastuono nessuno avrebbe badato a loro due, che si amavano.

Quella notte fecero l’amore con la gioia di ritrovare nei gesti i loro corpi. Il ritmo del loro respiro. Le parole.

Si addormentarono abbracciati.