Otto

Quando Roberto Scalzi entrò nella stanza, la ragazza si alzò in piedi.

«Sei la figlia di Beatrice Longoni?»

«Sì… Annagloria Longoni». Lo disse come se fosse un nome solo, e guardò Laura Licasi che era rimasta in piedi accanto alla scrivania.

«Siediti… Laura, qui…»

Laura fece di no con la testa. Ma con un cenno ordinò alla ragazza di sedersi.

«Per tua madre mi dispiace». Anche l’ispettore era rimasto in piedi, con le natiche appoggiate alla scrivania. «Tu sai perché sei qui?»

«Sì, me l’ha detto l’avvocato. Volete sapere della ragazza… ma io non so niente».

«Vediamo se ti aiuto. L’hai vista questa ragazza?» e sulla scrivania girò verso di lei il foglio con la foto della sconosciuta. «L’hai vista?»

«L’ho vista sì, è stata a dormire a casa nostra».

«Dormire? Quante notti?» E Scalzi guardò Laura con la fronte corrugata, come se stessero nascondendogli qualcosa.

«Forse si è spiegata male» disse con calma Laura. «Racconta dal principio, come l’hai detto a me. Tua madre è arrivata a casa con…»

«Sì, così. Mia madre è arrivata a casa con questa dietro. Io ero a casa, stavo facendo i compiti, e mia madre è rientrata con quella. Era giovane, sembrava una ragazza, ma era sporca, spettinata, con quella veste lunga tutta sudicia… Mia madre ha dato la merenda a me e a lei, ciambella con il latte freddo. A me piace così. E piaceva anche a lei che rideva. Mia madre le ha dato un mio vestito e le ha lavato quella palandrana lunga sino ai piedi. Prima l’ha messa sotto la doccia, noi non abbiamo la vasca perché non ci stava. Quella continuava a ridere, sembrava scema…»

«È rimasta da voi?»

«Certo, dove andava con il mio vestito? Mia madre aveva due materassi e uno l’ha dato a lei. Mia madre nel suo letto e io sul divano in cucina, come sempre».

«Quindi ha mangiato e dormito da voi».

«Sì… non l’ho fatta tanto lunga, ma così… Mia madre diceva che le aveva preparato una cuccia… voleva portarla da quell’avvocato che aveva visto in televisione, ma la ragazza si è rivoltata che sembrava matta… e il mattino dopo, sì, quello… noi ci siamo alzate e lei non c’era più. Non ce ne siamo accorte. Se n’era andata».

«Nuda?»

«Non lo so…» si confuse. «Non l’ho vista. Mia madre pensava che l’avrebbe rivista sul vialone, invece poi la notizia…»

«Chi ve l’ha data?»

«Al bar. Mia madre l’ha saputo al bar. Finito il primo servizio dai Caccia, del terzo, è andata al bar e c’era già stata la polizia: non per la ragazza ma per il vecchio che l’ha trovata». Alzò una spalla e fece una faccia scontenta. «Non stanno mai zitti… sono andati a dire che quella era con mia madre, e patatrac…»

«Tua madre dall’avvocato però ci è andata».

«Ci aveva tanto sognato su quella visita, voleva conoscerlo, diceva che era bravo. Voleva portarci la ragazza… poi voleva portarla all’ospedale, chissà che c’aveva in quella testa. Mia madre era fatta così. Ma quella è scappata. Allora dall’avvocato ci è andata da sola a raccontare quello che sto dicendovi ora». Guardò Laura con l’aria di chiedere aiuto. «Io non so altro» aggiunse piano.

«Scappata?»

«Io questo so. Mia madre si è alzata e poi ha chiamato me, e la ragazza non c’era più».

«Ti ricordi che ore erano? Dovevi andare a scuola?»

Scosse la testa, arruffando i capelli davanti agli occhi. «No, è finita… dovevo andare alle undici a salutare le compagne…»

«E la ragazza?»

«Non c’era più, mia madre non era andata al lavoro e la ragazza non c’era più».

Scalzi diede un’occhiata di sfuggita a Laura. «Che lingua parlava?»

«Quella?» Alzò una spalla. «Ci capivamo a gesti e a risate. Rideva sempre come se fosse scema. Non ho mai sentito una parlata così… Non conosco le lingue, ma se grattano la erre in gola sono francesi, se vanno a labbra strette sono inglesi, a bocca larga, americani… questa parlava in un altro modo. Mia madre diceva che era araba, ma aveva la pelle bianca. Lo diceva per dire che chissà da dove veniva, quella non ce l’ha mai detto… è scappata di notte, così mi ha detto. Perché l’hanno ammazzata? Che male poteva fare, una che rideva sempre?»

«Vedremo» sospirò Scalzi. E guardò Laura. «Tu volevi chiedermi una cosa».

«Sì, grazie. Annagloria vorrebbe tornare a Sondello, là ha un fidanzato che lavora per la comunità. Ha finito le scuole, non ha esami quest’anno…»

«Posso andare a scuola anche là. Io qui da sola intanto non ci resto».

«In questi giorni ti abbiamo protetta».

«See… Mica posso andare avanti sempre con la scorta. Là mi conoscono tutti, là non ho paura».

«Va bene, se il tuo avvocato… Tu sai che l’avvocato Laura Licasi…»

«Sì, lavora con quell’avvocato della televisione, me l’ha detto la mamma quando l’hanno ammazzata… quel giorno, insomma».

«Sì, devi fidarti di lei, perché sarà sempre dalla tua parte».

«E che bisogno ne ho? Io voglio tornare a Sondello e stare là con quelli che mi conoscono».

«Se il tuo avvocato è d’accordo, per noi non ci sono impedimenti. Dovrai sempre renderti reperibile…»

«E perché?» lo interruppe sgarbatamente.

«Se avessimo ancora bisogno di te, il tuo avvocato…»

«E finiamola con ’sta storia dell’avvocato. Io soldi non ce li ho, che gli do?»

«Non te ne ho chiesti» intervenne Laura con un sorriso. «Comunque sì, accetto che tu vada a Sondello. Ti accompagnerà un’ispettrice, così viaggerai comoda e al sicuro. Sei pronta? Hai già fatto i bagagli?»

«Sì, ho delle valigie, e una è di libri. E due zaini. Porto delle cose di mamma a zia Nunziatina».

«Va bene». Laura si rivolse a Scalzi. «Quando possono partire?»

«Ho incaricato Elisa Forte, che è di quelle parti. È libera alle quattro… alle sedici» precisò.

«Va bene, alle sedici precise a casa con le borse già pronte».

Annagloria si fermò un attimo davanti a Scalzi. «Grazie, sapete? E scusatemi se non so niente… ma quella poveraccia è passata via come se non fosse vera…»

A testa bassa seguì Laura Licasi sino alla porta e poi lungo il corridoio verso l’uscita, con tutte quelle porte chiuse e le finestre con i vetri sporchi e qualche ragnatela.

«Che brutto posto» sbuffò.

«Sì, non è allegro. Ma lui, questo ispettore Scalzi, è molto bravo. È amico di quell’avvocato che piaceva a tua madre. E anche a noi».

Ridendo le scompigliò la frangia sulla fronte e fu contenta di vederla finalmente sorridere. «Uffa!»