Il Caso Papaleo

La farsa venne rappresentata il 9 giugno 1960 al "Festival dei Due Mondi" di Spoleto, con la regia di Sandro Sequi.

Il testo uscì nel luglio dello stesso anno sulla rivista "Si-pario".

Anche di questo atto unico si conserva una versione narrativa, apparsa sulla rivista medica "Illustrazione Igea", nel gennaio-febbraio 1959, poi raccolta da Flaiano nel volume Le ombre bianche, col titolo Prima versione di un caso.

 

 

 

 

Personaggi

 

ROBERTO PAPALEO

CAMILLA, sua moglie

ANGELA ROCCO

GAETANO, cameriere

DUE GUARDIANI, che non parlano

 

 

La scena rappresenta un cimitero, nel reparto più signorile e moderno, dove molte cappelle di famiglia sono munite di telefono e altri conforti, per l'eventualità che il defunto risusciti: come difatti succede in questa farsa. Una cappella occupa la parte centrale della scena. Un'altra s'intravede verso sinistra tra una severa decorazione arborea. Della prima cappella, esteriormente immaginaria, vediamo l'interno. Quel che ci interessa è un piano di marmo, sollevato da terra poco più di un sedile e inclinato verso la ribalta, sul quale giace, dormendo, Roberto Papaleo. A rigore, egli è in una cassa, ma anche questa è immaginaria, o appena sagomata, come quelle teche in cui si conservano i corpi dei santi. Sul piano di marmo c'è un telefono nero con fregi dorati.

Al levarsi del sipario la scena è dolcemente illuminata dalla luna e le due cappelle sono in penombra. Una musica da balletto introduce due persone che si rincorrono tra gli alberi e le siepi, a tempo, gorgogliando di gioia e affannate. Una di esse è Angela Rocco, bella ragazza sui vent'anni, agile e molle. Ha una veste bianca da mare e una canottiera di paglia. L'altra persona è lo stesso Roberto Papaleo, nell'abito nero della sepoltura, che gli sta un po' stretto. Roberto rivive in sogno un episodio erotico della sua adolescenza, e pertanto le sue parole e i suoi atteggiamenti contrastano con la esteriore solennità di un cinquantenne sepolto da poche ore.

 

ROBERTO Ti vedo, ti vedo, ti prendo!

ANGELA No, non mi prendi, ti sfuggo.

ROBERTO Dove sei?

ANGELA Cuccù!

ROBERTO Dove sei, Angela?

ANGELA Cuccurucù!

ROBERTO Angela, ti devo dire una cosa.

ANGELA Io non la voglio sentire.

ROBERTO È importante!

ANGELA Non è affatto importante.

ROBERTO Angela?

ANGELA Roberto?

Correndo, si incontrano e si abbracciano, ansanti.

ROBERTO No, non sfuggire! Vieni qua.

ANGELA Io soffoco! No! Che dovevi dirmi?

ROBERTO Una cosa. Non la indovini?

ANGELA Vergognati, alla tua età!

ROBERTO Ho quasi sedici anni, non sono un bambino.

ANGELA Che orrore. Ho sei anni di più. Sono vecchia!

La musica smette. I due restano mollemente abbracciati.

ROBERTO Angela, ho letto un libro in cui un ragazzo di sedici anni va con una signora di ventotto, dodici anni di differenza, eppure lei è entusiasta e in tutto il libro fanno quella cosa. Facciamolo anche noi.

ANGELA Che cattive letture. Voglio dirlo a tuo padre. Sì, proprio, sono offesa. Sì, abbracciami, ipocrita! E adesso? Vuoi star buono? No? Ah, no? Bene. Continua. Io non dico niente. Io sto zitta. Voglio solo vedere dove vuoi arrivare. Avanti, su, sgancia l'elastico. Voglio proprio vedere. Sgancialo. Oh. Sei contento della prodezza? Bravo. E adesso? (Roberto barbuglia.) Fatti almeno sentire. (Roberto barbuglia e stringe a sé Angela.) Belle cose ti insegnano, i miei rallegramenti. La verità è che vuoi sciuparmi la camicetta. O, pazienza mia. Su, tocca pure, fai come a casa tua, io resto indifferente, non ti guardo nemmeno. Soddisfatto? Che ci trovi? Non sono come tutte le altre? Che ho di diverso? E non basta? Che altro ti viene in mente? Strappa anche i bottoni! Voglio dirlo a tua madre, povera signora. Sei un prepotente. Ecco. E come sei forte. Io non ti resisto. (Ride, si libera e fugge, inseguita da Roberto.)

Scompaiono. Musica. Si illumina la cappella di centro. Sul piano di marmo, Roberto Papaleo ancora immerso nel suo sonno si agita e mugola. Infine dice:

ROBERTO Angela, sta' buona un momento. Devo dirti una cosa, una cosa importante. Come tutto sfugge e ruota attorno, Angela! Ho scritto dei versi per te, lasciami le mani! Oh, Angela!

La tua anima è un fiore mattutino

Il tuo corpo un serpente notturno.

Si bilanciano in te verso un destino...

 

La musica smette di colpo. La luce si attenua nella cappella, poi si spegne. Si illumina la ribalta, come prima. Da una siepe sbucano Angela e Roberto.

ANGELA Ecco qua, la gonna è andata. Spero che sentirai un po' di vergogna, di rimorso, per la tua condotta. O no?

ROBERTO Non so. La tua anima è un fiore mattutino...

ANGELA Gentile.

ROBERTO Il tuo corpo un serpente notturno.

ANGELA Oh, oh!

ROBERTO Sono triste. E ora... quando?

ANGELA Mai più. E giù le mani, bel signorino.

ROBERTO Quando?

ANGELA No e no. Adesso, invece, cantiamo. Da bravo, dammi le mani, qua, e cantiamo. Che cosa cantiamo?

ROBERTO Io non canto.

ANGELA Allora, corriamo fino al mare. O cogliamo le more. O facciamo il gioco dei proverbi. No? Mi porti il broncio? E il ringraziamento?

ROBERTO Fino al mare. E poi?

ANGELA E poi, e poi... niente. Sei sgarbato. Non vorrai dirmi che in quel libro il ragazzo si comportava come te.

ROBERTO Lo facevano continuamente.

ANGELA Bravi. E i loro genitori? Bella consolazione.

ROBERTO Angela, non torturarmi, o ti storco il braccio.

ANGELA Ohi! Basta, villano! (Pausa.) Vai a fare il bene ai ragazzi, ecco la ricompensa. (Pausa.) Ti sei offeso? Sciocco. To', un bacio. (Abbraccia Roberto e subito fugge.)

La musica e l'inseguimento ricominciano. I due corrono come su un tappeto rotante, senza avanzare di un passo.

ROBERTO Angela!

ANGELA Cuccù!

ROBERTO Angela, ancora una volta.

ANGELA Mai più, mai più.

ROBERTO Angela, dopo sarò buono.

ANGELA Adesso non si può.

ROBERTO E quando?

ANGELA Non lo so.

ROBERTO Più tardi? Stasera?

ANGELA Chissà?

ROBERTO Angela...

ANGELA Ah, ah, ah!

ROBERTO Angela, dimmi, stasera?

ANGELA Forse, chissà, dipende, se sarai buono, se farai i compiti.

ROBERTO Li ho già fatti.

ANGELA Anche la matematica?

ROBERTO Te lo giuro, li ho fatti.

Angela si ferma. Una pausa. Roberto anche si ferma, aspettando.

ANGELA Menzogna, nera menzogna! (Riprende la corsa e l'inseguimento continua.)

ROBERTO Ti ho vista.

ANGELA Mi ha vista!

ROBERTO Ti prendo.

ANGELA Mi prende!

Nel tentativo di afferrare Angela, Roberto va a battere contro un albero. Grida. La musica smette. Buio. Silenzio. Si illumina la cappella di centro. Roberto è disteso sul piano di marmo e si lamenta.

ROBERTO Ohi, ohi, Angela! Ahi, ahi, la testa. Angela, dove sei? Non ti vedo. Cuccù. (Pausa.) Che succede? Uuuh! Non c'è nessuno? Angela! (Lunga pausa. Poi, sgomento) Accidenti, sono morto. (Pausa.) No, no, è questa la morte? Ma se io ragiono ancora e sto con Angela... È un sogno, altro che morte, sto sognando, quindi non posso essere morto. Tuttavia, un minimo di chiarezza non guasterebbe. O tirannia dei sogni, che vi perdete nei particolari e sorvolate l'essenziale... (Pausa.) Che silenzio. Ma perché questo silenzio così stretto? Perché sono vestito? E questa seta capitonné? Sono in un'alcova, con Angela. Se fossi morto non sarei in un'alcova. Oppure, ho cambiato sogno, come spesso succede, sul più bello? Che buon odore di naftalina e di legno lucido. No, no, io muoio davvero se non chiarisco la situazione. È ridicolo. Ho male alla testa, debbo aver battuto, ma contro che... (Solleva la testa e ricade come se avesse incontrato un ostacolo) ... cosa? Ah, lo temevo! Un coperchio. È proprio una cassa e io son proprio morto. Aiuto! Aiuto! (Pausa.) Non oso aprire gli occhi. Io non credevo nell'aldilà, ma potrebbe essere questa cassa, per sempre. Con una seta simile? È orribile, mi sento come un confetto e vi raccomando quest'odore di pulito e di provvisorio... No, il Nulla, l'Eternità, ci vuol altro. E se fossi morto sarei già in putrefazione, è dunque chiaro che non sono morto. Io mi decido e apro gli occhi. Oh... la luce! La cara luce! Sono... sono proprio in una cassa illuminata. Oh, mio Dio, PIÙ LUCE! Se mi muovo, la luce aumenta. (La luce infatti aumenta. Roberto vede un cartello e lo afferra.) Un cartello? I miei occhiali. Chi ha preso i miei occhiali? Perché non me li hanno messi sul naso o nel taschino, ma devo pensare sempre io a tutto? Posso leggere egualmente, se lo tengo a distanza, è abbastanza chiaro. (Legge) "Il telefono è alla vostra destra. State calmi." (Bacia il cartello) Oh, caro, caro cartello. Certo che starò calmo. E adesso? Il coperchio si solleva! Oh, aria, aria... (A fatica, scende dal piano di marmo e si guarda attorno.) Oh, sono indolenzito, il ginocchio, ah, sediamoci, stai calmo, Robertino, il più è fatto, ohi, ohi, ohi. Me ne frego anche del ridicolo, sì! La cosa farà ridere, ridete pure, non sono morto! Ohi, ohi. (Vede il telefono.) Ed ecco il telefono. (Si commuove.) Caro, piccolo mostro, mio tiranno e nemico, come ti rivedo volentieri. Un bacio anche a te. E il mio libretto dei telefoni? Il mio numero? (Il telefono squilla. Roberto fa un balzo, poi ascolta e risponde) No, non è il garage, ma io... (Ride) Ma io sono contento egualmente. Io... Ha chiuso. (Risolleva il ricevitore) Libero! Pron... Pronto! Sono io, Papaleo, aiuto! (Ascolta) Reparto? Ma che vuole che ne sappia! Cappella Papaleo! Ah! Sì, sono calmo. Grazie. Che debbo fare? Attendere? Quanto, cinque minuti? Dieci? Di più? Non capisco, non potete fare un salto? Come? Uno della famiglia? Volete uno della mia famiglia che firmi la bolletta di scarico? Ma la firmo io. Come? Non vale? Ma se non sono morto! Sono giuridicamente morto? E con ciò? Non avete cuore? Questo è il vostro rispetto per i morti? La vostra umanità ve la mettete nel culo? Io parlo come parlo. Parlo in generale. Dunque, uno della famiglia, con le chiavi della cappella? Voi aspettate al cancello. Tra quanto? Venti minuti. Bene, datemi la linea esterna, telefono io a casa. Ma restiamo d'accordo che, se non vedete nessuno, venite qui egualmente! Telefono subito. Grazie. (Fa un numero.) Per morire non fanno complicazioni, ma provate a rinascere. Vivono di queste miserie, tasse, bolli, firme. Che schifo. (Ascolta) Occupato. (Rifà il numero.) Sono stanco, la vita non è che un lungo modo di stancarsi. Occupato. (Rifà il numero e intanto si guarda attorno.) E questa sarebbe la... Non l'avevo mai vista, ma l'architetto ha fatto le cose benino, è abbastanza intimo. Il telefono è stata un'idea di mia moglie, e che provvida idea. In questo reparto tutti l'hanno messo da quando trovarono il conte Baccio fuori della bara con un gettone in mano. Era chiaro che voleva telefonare a casa, povero conte. Anche il coperchio automatico e la luce a pressione condizionata sono buone idee. Non parlatemi male del progresso tecnico nelle applicazioni domestiche. (Ascolta) Libero! Ma perché non rispondono?

Sulla destra, nella decorazione arborea, si illumina una stanza da letto. Un telefono squilla. La signora Papaleo è a letto e legge il giornale. Gaetano sta ritirando un vassoio.

CAMILLA Non ho nessuna voglia di rispondere.

GAETANO Vuole che risponda io, signora?

CAMILLA Sì. Ma io non ci sono.

GAETANO (al telefono) Casa Papaleo.

ROBERTO Oh, sei tu, Gaetano? Caro, vecchio Gaetano.

GAETANO Chi parla? (Spaventato) Oddio!

Movimento di curiosità della signora Papaleo.

CAMILLA Chi è?

GAETANO E dove sta, signore?

ROBERTO Qui, dove vuoi che stia? (Quasi allegro) Niente paura, non ti mangio, sono vivo. Ci sono novità per me? Dammi la signora.

GAETANO Il signor Roberto.

CAMILLA (al telefono, urlando) Roberto! Che succede, qualcosa che non va?

ROBERTO No, tutto bene, calmati.

CAMILLA Non ti sento! Ti hanno fatto arrabbiare?

ROBERTO (stizzito) No! Un falso allarme, come vedi. Sto benissimo, sì, voglio soltanto uscire!

CAMILLA Come?

ROBERTO (duro) Stai calma e ascoltami. Prendi le chiavi del coso, del come si chiama, sì, della cappella, vieni subito e fammi aprire. Quelli dell'agenzia ti aspettano al cancello, subito. Sveglierete i guardiani.

CAMILLA Come? Io sono a letto. Non sto bene, ho preso un po' d'influenza al funerale. Che hai detto che devo fare?

ROBERTO Io...

CAMILLA Scusami, non avevo capito... Posso venire subito o vuoi che venga domattina? Dicevo che ho l'influenza, ma vengo subito. Oh, Roberto! (Scoppia a piangere.)

ROBERTO (infastidito) Smettila di piangere. Devi aver già pianto abbastanza.

CAMILLA Sì, l'altro ieri, soprattutto. Chi poteva immaginarlo? Gigi è fuori, non è rientrato. Verrò con Gaetano. (Si soffia il naso.) Come stai?

ROBERTO Bene, bene. Un po' debole, ma bene. Io...

CAMILLA Hai trovato il thermos col caffè? E i biscotti? Pensa, all'ultimo momento ho avuto questa idea. Ero così in pensiero, tu parlavi sempre dei primitivi che mettevano roba da mangiare nelle tombe. O gli Egizi?

ROBERTO Anche gli Etruschi. Sì, ecco il thermos. Grazie. E a casa, tutto bene? Posta, per me?

CAMILLA Un mucchio di telegrammi. È stata una cosa bellissima, sai, confortante, tutti gli amici, tutti ti hanno ricordato. (Piange.) E il funerale era stupendo. Anche i discorsi. Vuoi che ti legga che cosa dice il giornale? Aspetta.

ROBERTO No, no. Io... io voglio soltanto uscire da qui. Se non viene qualcuno a firmare la bolletta di scarico, non esco. Vieni, o no?

CAMILLA Subito! (Chiama) Adalgisa! (Al telefono) Non hai preso freddo, non ti sei stancato?

ROBERTO No. No. No!

CAMILLA Scusami, vengo subito. Ciao. Adalgisa!

La stanza da letto della signora Camilla ritorna nel buio e scompare. Roberto si sgranchisce le gambe passeggiando. La sua giacca è stretta e dietro è scucita per un buon palmo.

ROBERTO Ecco qua, già mi è passata la voglia. Tornare, ritrovare tutto come prima, le stesse facce, le stesse commozioni. Gli amici che scherzeranno, i nemici ipocriti, la stessa vita da riprendere, come un piatto freddo. È questo, rinascere? Anzi, peggio, era questa la morte? Bel capolavoro. Non conserviamo proprio niente di tutta una vita, nemmeno un verso, nemmeno un accordo di pianoforte, un pensiero da quattro soldi. E dopo tutte le mie opere, io che parlavo agli uomini, io, senza quel sogno... Porro! No, non era Porro. Angela, e poi? Angela Toppo? No, nemmeno. Senza quel sogno partivo via, nudo, tabula rasa, come se non fossi mai nato. Angela Pozzo? No. (Pausa.) Mio figlio non è ancora rientrato, certo sta scorrazzando con la mia automobile e finge una dura indifferenza al suo lutto. Che farà nella vita un imbecille simile? Come vedo ogni cosa nitida, chiara, senza il velo dell'abitudine e dei legami! Io, quand'ero giovane non ero come lui, accidenti, la mia giovinezza. Solo per questo ricomincerei. Piena di miseria, di lotte, di fame, le ultime lire divise con l'amico fedele, non mi ricordo neanche come si chiama, le notti sulle panchine dei giardini pubblici, il sole, le donne, la poesia, il... il lavoro, il successo. Strano. Tutto mi sembra ottenuto senza sforzo e non mi riguarda più. (Stappa il thermos.) È ancora tiepido. (Beve.) I primitivi non hanno mai saputo fare il caffè. Che silenzio, qui. Cercavo tanto la quiete, il silenzio: eccolo! Oggi la cosa che costa di più è il silenzio. Ma questo è un silenzio troppo caro, senza essere d'oro. (Ride.) Ed è strano che non provi la minima paura, e nemmeno l'ansia di andarmene. Sto diventando saggio. O se fossi veramente morto? Non pensiamoci. Quando sono morto? Che giorno è oggi? Che ora? (Fa un numero.) Ore ventuno e quarantaquattro. Pensa, esco e afferro la notte per la coda, la bella notte dai misteri insondabili! Posso fare ancora un giro per la città, come quando ci si arriva per la prima volta, col treno, e ci si aspetta tutto, un incontro, una scoperta. Faccio in tempo per una corsa al caffè. No, dovrei dare troppe spiegazioni. Angela Lotto. No. Cotto. No. Sotto. No. Angela... Botto. Dotto. (Pausa.) Devo essere morto mercoledì, ricordo bene la mattinata, la colazione; e poi? (Vede un giornale, lo prende.) To', il giornale. Non hanno dimenticato niente dei riti funerari, anche il conforto del mattino. Adesso saprò come sono morto. Ecco, ci sono, la fotografia, la peggiore, naturalmente! Improvvisa scomparsa dello scrittore Papaleo. Scrittore! Limitativo, direi. Meglio: L'improvvisa scomparsa del poeta Papaleo, o di Papaleo, tout court. Più semplice e solenne. Tuttavia è già un successo, ha ragione mia moglie. E quanti annunci! Se avessi gli occhiali potrei leggerli, ma li leggerò a casa, sono curioso. (Sfoglia il giornale, leggendo vari titoli.) Le vernici prolungano l'esistenza. Uccide la moglie scambiandola per la suocera. Un maiale cade dal terzo piano e accoppa un idraulico. Gli inglesi si annoiano. (Sbadiglia.) Come è utile la vita! (Getta via il giornale, si stira e provoca un'altra scucitura nella giacca.) Hanno voluto risparmiare il tight nuovo. Miserie. Dovrei dimagrire, mettermi a un regime, osservare un orario, oppure studiare il tedesco. Quante cose si possono fare, volendo. (Pausa.) E perché? Inutilità, il tuo nome è... Seguiterò come prima, ormai la fine la conosco. Tuttavia sono contento che sia andata così, avevo lasciato i cassetti in disordine e chissà quanta roba da bruciare. (Si dà un colpo sulla fronte.) Rocco! Angela Rocco! Ecco il suo nome! Oh come tutto diventa chiaro. La morbida, calda Angela dalle risate che facevano tremare i vetri. Quanti anni sono passati? Venticinque? Troppi. La prima volta avevo sedici anni, al mare. Chissà come sarà vecchia, forse morta. (Pausa.) È l'unico mio rimorso. Che altro sapore avrebbe dato alla mia vita, ora che ci penso. Fu lei a insegnarmi tutto, e come lo faceva senza farlo pesare, con ipocrisia, come solo piace a me. Non ho avuto nessun'altra donna in questo senso. Avanti, fuori un nome! Storie, passioni, piccoli intrighi, porcherie. Ma lei era la verità, l'acqua fresca quando si ha sete, mi assolveva sempre. Angela! Ti rendi conto? Ricominciare con te, questo varrebbe la pena. (Pausa.) Io le telefono! Pensa, ricordo anche il numero e scommetto che è sempre là, perché lei non tradisce nemmeno nelle sciocchezze, pensa a tutto, tranquillizza il marito, non fa storie, non vuole che la riaccompagni a casa, fa da sé il numero dei taxi, se ne va senza svegliarti, la chiami il giorno dopo, pieno di rimorsi: è partita. Partita? Ritorna dopo un anno, moglie di un altro, più bella di prima, e ti dice: Ah, sapessi quanto mi hai fatto soffrire. E via, si ricomincia. Ma che volete di più? Io le telefono. (Fa un numero.) Che cosa sono venticinque anni, in un caso simile? (Al telefono) Come? Il numero è cambiato? (Ascolta.) Bene, in venticinque anni è umano. Oh, Angela. (Fa un numero.)

La cappella a lato si illumina. Distesa su un piano di marmo c'è Angela, invecchiata, anzi morta. Ha una parrucca rossa ed è vestita di nero. Sta leggendo. Il telefono accanto a lei squilla. Angela solleva il cornetto.

ANGELA (al telefono) Sì.

ROBERTO La signora Angela Rocco? Sono Roberto. Roberto Papaleo.

ANGELA Roberto? No! Anche tu? Che bella sorpresa. Grazie di aver telefonato, molto gentile.

ROBERTO Mi è venuto improvvisamente voglia di parlarti. Tu queste cose le capisci. (Pausa.) Ma non sapevi nulla?

 

 

ANGELA Non sapevo nulla. Ci tengono all'oscuro. Comunque, congratulazioni.

ROBERTO Eppure i giornali ne hanno parlato. Divertente, vero? Appunto, ho pensato a te, e ho voluto avvisarti. Per prima. Anzi, diciamo tutto: ho voluto avvisare soltanto te.

ANGELA Grazie. Dove sei, adesso? Ancora a casa?

ROBERTO No. Sono solo. Stanotte ho fatto un sogno bellissimo, ho sognato di te. Ricordi quando ci siamo conosciuti, la prima volta?

ANGELA Non comincerai con le domande difficili, spero.

ROBERTO Difficili? Non ricordi quell'estate, ai bagni? La Pineta?

ANGELA (vaga) Ah, mi sembra. Ebbene?

ROBERTO Niente, fu là che ci conoscemmo. Poi, dopo quattro anni, ci rivedemmo in città. Questo, lo ricordi?

ANGELA Hai una memoria di ferro.

ROBERTO Angela, sei sola?

ANGELA Sì, sola. (Pausa.) Sto leggendo.

ROBERTO Scommetto che sei ancora bella.

ANGELA Giovanotto, non lo sono più. Tuttavia, eccomi letteralmente piena di ammiratori. Brulicano.

ROBERTO Hai sessant'anni.

ANGELA Sessantadue. Ma ormai non contano più.

ROBERTO Adesso provo una domanda assurda, ma sforzati di rispondere sinceramente. Hai conservato un certo affetto per me?

ANGELA Oh, sì. (Ride.) Non puoi immaginare come si diventa conservatori, qui dentro. Tutto qui? È stato semplice davvero?

ROBERTO Ma confortante. Tu non puoi capire. (Pausa.) Vorrei vederti. Quando? Uno di questi giorni? Dopodomani? Domani, forse?

ANGELA Sono sempre sola. Perché non vieni subito?

ROBERTO Oh, Angela. Come ti riconosco. Non ho mai potuto dimenticarti, proprio per questa rara qualità, che tu sola possiedi, di non fare mai le cose difficili. Ah, sì, vengo. Il tempo di andare a casa, di cambiarmi, e sono da te. (Pausa.) Che stai leggendo?

ANGELA Un libro che mi hanno messo accanto, la Bibbia. È pieno di proverbi.

ROBERTO Interessante. Leggine uno.

ANGELA Questo: "Se il serpente muore prima di esser incantato, l'incantatore diventa inutile."

ROBERTO Molto chiaro. Chi è il serpente, per te?

ANGELA Sono io, il serpente. E l'incantatore non serve più.

ROBERTO (ride) Ti sottovaluti. (Declama) "...il tuo corpo è un serpente notturno... si bilanciano in te verso un destino..."

ANGELA Che cos'è?

ROBERTO Non mi riuscì mai di trovare il quarto verso. Non me ne davi il tempo. Ih, ih!

ANGELA Sei allegro. Ti invidio. Io mi annoio.

ROBERTO Tu?

ANGELA Non farti illusioni.

ROBERTO Tu, ti annoi? Non è possibile. Io ti ricordo sempre com'eri alla Pineta. Ti succede mai quando appunto leggi un libro e ti capita sotto gli occhi una parola, per esempio "orto" oppure "spiaggia", bene, tu immediatamente sostituisci a questa parola il "tuo" orto, la "tua" spiaggia. Quell'orto e quella spiaggia che hai visto per la prima volta e che ti sono rimasti impressi. Per te, tutti gli orti che incontri nei libri sono quell'unico orto che tu conosci. Non è vero?

ANGELA Dove vuoi arrivare?

ROBERTO A questo: quando io in un libro leggo di una ragazza che ride, sostituisco alle parole la tua immagine. Tu, nell'abito bianco, che ridi a gola rovesciata. O se leggo: "ventre", ecco il tuo ventre. O se leggo...

ANGELA Ti prego.

ROBERTO Ma per la maggior parte, pensa, quelle che tu mi suggerisci sono immagini pulite, oneste, ed è questo che mi eccita di più. Il tuo cappello di paglia, i tuoi elastici, il tuo modo di fingere riprovazione e disdegno, le tue improvvise malinconie, il modo che avevi di salutare arrivando ogni mattina. Bene, concludendo, non ho amato che te... Anzi, è più dell'amore. La meraviglia, l'ammirazione per il fatto che esistevi. Davi la calma, la certezza dell'amicizia.

ANGELA Questo sì.

ROBERTO Non ricordi i nostri discorsi? Ti confidavo tutto. Non ti annoiavi mai. Eri sempre presente, giusta, soccorritrice e ti davi senza mai rimproverarmi, come se stessimo facendo uno scherzo a qualcuno.

ANGELA Erano bei tempi. La vita, eh, certo, è bella!

ROBERTO Eri tu, bella e felice, e sono contento di avertelo potuto dire.

ANGELA Sei gentile.

ROBERTO Io ho sempre avuto questa certezza: che rappresentavo la stessa cosa per te. Cioè, che in questa faccenda dei simboli, c'era una certa reciprocità.

ANGELA Mi fai piangere.

ROBERTO Ho vuotato il sacco. Ed è quasi inutile, ormai, che io venga da te. Ti lascio dormire. O forse vengo anch'io nei tuoi sogni, come tu nei miei?

ANGELA Raramente. Cioè, mai. (Ride.)

ROBERTO (deluso) Perché ridi?

ANGELA Sapessi chi viene nei miei sogni!

ROBERTO Chi?

ANGELA Non lo conosci. Quando tu parlavi, poco prima, io pensavo: com'è vero. Ci sono persone che rappresentano dei punti fermi, di paragone, o soltanto dei riferimenti. Quando io leggo la parola uomo, ancora adesso vedo "lui". Penso a una persona che ride, ecco "lui" che ride silenziosamente, perché rideva così. Leggo: bretelle. Bene, sono le sue bretelle che io sostituisco alla parola. Occhiali? Sono i suoi occhiali.

ROBERTO (inquisitore) Chi è?

ANGELA Non l'hai conosciuto. Aveva cinquant'anni quando io ne avevo quindici. Pensa... oh, è difficile spiegarsi. Era ipocrita. Mi assolveva, non so come dire. Rideva sempre. Non dava importanza alla cosa. Oppure fingeva di rimproverarmi. La prima volta che andai a casa sua, prima di farmi spogliare, mi domandò: "Hai fatto i compiti?" Capisci? La cosa diventava un premio.

ROBERTO (sorpreso) I compiti?

ANGELA Sì. E io li facevo. Ebbi una media altissima, quell'anno.

ROBERTO I compiti?

ANGELA Me li rivedeva anche, dopo. Era contento. Era la gioia di vivere, nessun uomo mi ha dato tanto, lo amavo, anzi lo ammiravo, mi riempiva di meraviglia per la sua serenità che rendeva tutto semplice. Un giorno, dopo un mese di amore, io pazza, andò via, tornò dopo tre mesi, melanconico. Volevo ucciderlo. Mi disse: "Sapessi quanto mi hai fatto soffrire." Che avresti fatto tu? Rovesciava sempre le situazioni e ti assolveva. (Una pausa.)

ROBERTO Anche i compiti di matematica?

ANGELA Tutti.

ROBERTO Ma io lo conosco?

ANGELA No, è morto anche lui da tanti anni. (Una pausa.) Uno dei sogni che faccio spesso è questo. Andiamo verso il mare, sai, lungo i fossi a cogliere le more. Io voglio... lui dice: "No, cogliamo invece le more, giochiamo ai proverbi." Poi ci rincorriamo e lui finge di essere arrabbiato con me. Invece... capisci?

ROBERTO Ma questo è un mio sogno! Capovolto, ma è mio.

ANGELA Come dici?

ROBERTO Niente. Angela, quanti uomini hai amato?

ANGELA Vediamo. (Pensa.) Uno solo.

ROBERTO Angela, è triste.

ANGELA No. La fedeltà non è triste, almeno in questo senso.

ROBERTO (amaro) Angela, ti preferisco nei miei ricordi.

ANGELA Come sono nei tuoi ricordi? Elegante?

ROBERTO Sei tutto.

ANGELA Mi fa piacere.

ROBERTO (dopo una pausa) Forse avrei fatto meglio a non telefonarti. Non ricordi proprio niente di quell'estate al mare? Niente di noi due?

ANGELA Ma sì, certo.

ROBERTO Lo amavi ancora, quell'altro?

ANGELA Sì.

Dal fondo avanzano due Guardiani, la signora Papaleo e Gaetano, con lampade e chiavistelli. Si sentono le loro voci: "È qui da questa parte, c'è uno scalino, attenzione."

ROBERTO E lo tradivi con me?

ANGELA Non lo tradivo. Non l'ho mai tradito. Tutto il resto rientrava nel mio carattere.

ROBERTO Angela, ragioniamo.

ANGELA La tua concezione dell'amore è barocca e utilitaria.

ROBERTO Angela, ra... (Vede gli altri) Debbo lasciarti. Ma riprenderemo subito questo discorso. Voglio chiarire. Vengo da te tra mezz'ora.

ANGELA E inutile. Non ti aprirò.

ROBERTO Invece aprirai. Dobbiamo vederci, parlare.

ANGELA No. Sento che mi porti il broncio e questo non mi diverte. Non mi diverte più.

Si apre la cappella. Camilla esita, sulla soglia.

CAMILLA (commossa) Robertino!

ROBERTO (duro) Un momento. Sto telefonando. (Al telefono) Rispondi. Perché? È un'occasione ottima per chiarire. Perché?

ANGELA Perché... perché... perché... (Continua a canticchiare i suoi "perché" poi chiude il telefono.)

La sua cappella diventa buia.

ROBERTO È assolutamente necessario, vitale, per me. Vediamoci ti scongiuro. Pronto? Rispondi. Pronto? (Una pausa. Infine Roberto chiude irritato il telefono.) Vecchia puttana. (Si volge) Buonasera.

TUTTI Buonasera.

CAMILLA (si getta tra le sue braccia) Oh, Roberto, come sei pallido.

ROBERTO (automaticamente) Sì, sono pallido.

GAETANO Oh, signor Roberto...

ROBERTO Grazie, Gaetano. (Agli altri) Grazie di essere venuti, a quest'ora. Mi dispiace, non è colpa mia.

CAMILLA Ci sono i giornalisti e i fotografi, al cancello. Dovresti preparare due parole, un discorsetto, no? (Ai Guardiani) E voi, mettete tutto in ordine, mi raccomando la cassa, che non passi in cavalleria, e il thermos: Gaetano, prenda il thermos. E le chiavi? Ma devo pensare io a tutto?

ROBERTO Andiamo, cara.

CAMILLA Sono maledettamente raffreddata. Scusami. Non potevo sapere. E tu? Ti senti meglio? Hai preso freddo?

ROBERTO Ti prego, andiamo, sono morto di stanchezza.

CAMILLA Lo credo bene.

Musica. Tutti escono.

 

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