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L’ombra del Viminale gli pesava sulle spalle. E nello stomaco. Aveva sperato di sbrigarsela in un’ora, invece i tempi si erano allungati. Ma finalmente poteva guardare oltre.

Gianfranco Manfredi scendeva i gradini pensando che tutto sommato avrebbe potuto andare peggio. Si era trovato in mezzo allo scontro tra due titani e ne era uscito illeso. I fedeli avevano la partita in pugno e dopo l’ultima mossa avrebbero vinto. C’era di sicuro uno di loro all’interno della coalizione, però non faceva parte del direttorio, perché nella lista erano presenti tutti i quindici nomi del vertice. Mancava il nome di Roger Lagrange, ma non gli interessava più: si sentiva graziato. Avrebbero potuto ucciderlo, o farlo marcire dietro le sbarre. Invece l’avevano usato. Era stato costretto a tradire la coalizione, ma la vita valeva molto più di un giuramento infranto.

Il suo volo partiva tra due ore. Aveva giusto il tempo di cercare un taxi per correre in aeroporto e dire addio all’Italia.

Viaggiava leggero, senza bagagli e senza cellulare. Era fiero di avere alimentato per anni un conto cifrato all’estero. Sarebbe stata la sua ancora di salvezza per iniziare una nuova vita.

Si accorse troppo tardi del giovane uomo che saliva le scale con aria più distratta della sua. Urlò, ma gli era già finito addosso. E l’aveva pagata: perdendo l’equilibrio, la valigetta gli era scivolata dalle mani e si era aperta. Sui gradini erano volati fogli e cartelle di documenti.

«Dove cazzo guardavi?»

«Mi scusi.»

«Coglione!» Non si fermò ad aiutarlo a raccogliere i pezzi.

«Signore?»

Lo ignorò.

«Le è caduta questa…»

Si girò per capire a cosa si riferisse.

L’uomo agitava una scatola gialla. «Mi spiace, si è rovesciata.»

Lui gliela strappò dalle dita, lanciando un’occhiata alle compresse per terra. Prima di accartocciarla, si infilò in bocca l’ultima rimasta.

Raggiunse la strada, mentre il bruciore allo stomaco si diffondeva fino a comprimergli il petto. Una morsa acuta gli paralizzava il braccio. Aveva ricominciato a sudare.

Si fermò per prendere fiato, ma l’aria non raggiungeva i polmoni. Le gambe cedettero un attimo prima che il cuore smettesse di battere.