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«Chi l’ha trovato?»
«Prefetto, buongiorno… non ero stato informato del suo arrivo.»
«Non è un buongiorno. Chi l’ha trovato?»
«Un turista.»
«Mi metta al corrente, commissario capo…»
«Iannone. Ci siamo conosciu…»
«Testimoni?»
«Nessuno, in questi giorni la basilica è chiusa per lavori e le messe sono state sospese.»
«Voglio vedere la scritta.»
«Sissignore, le faccio strada.»
«Cosa sappiamo di lui?»
«Daniele Nitti, professore di fisica dell’atmosfera ed esperto di climatologia di fama internazion…»
«Aveva con sé i documenti?»
«Sì, anche il portafoglio con cento euro e il cellulare.»
«A quando risale la morte?»
«L’anatomopatologo ce lo comunicherà presto.»
«A quando risale la morte?» insistette.
«Quattro, cinque ore fa, ma…»
«Non aveva altro addosso? Chiavi dell’auto? Chiavi di casa? Oggetti personali?»
«Una cartolina.»
«Ricevuta o da spedire?»
«Sembra una foto stampata su carta spessa.»
«Foto di cosa?»
«Di un affresco che c’è nella basilica.» Iannone mosse il braccio per attirare l’attenzione dei colleghi. «Ci ha raggiunto il prefetto.»
Gli altri poliziotti si avvicinarono per stringergli la mano. Solo una persona rimase immobile. Gli dava le spalle, china sul cadavere. Dalla larghezza della schiena e dal taglio corto dei capelli avrebbe potuto essere sia un uomo sia una donna.
«La dottoressa Ofelia Offredi lavora all’Istituto di medicina legale di Milano» la introdusse Iannone.
«Non chiedetemi nulla di più di quanto non si veda a occhio nudo» disse lei, svelando una voce poco femminile. «Non rilascerò commenti finché non avremo esaminato il corpo in laboratorio.»
«A occhio nudo si vede che gli hanno sparato.» Il prefetto abbandonò il ciottolato. Mentre le suole affondavano nell’erba, scrutò la scena. Il professor Nitti era in posizione seduta, con la testa appoggiata al basamento della statua. Il plaid sporco che lo avvolgeva gli era scivolato giù dalle spalle mostrando la camicia intrisa di sangue. Dalle frange del bordo inferiore spuntavano scarpe eleganti con doppia fibbia e traforo a coda di rondine. Si chiese se l’assassino lo avesse coperto per farlo somigliare a un disadattato, o se volesse semplicemente nascondere la macchia rossa sul petto.
«Il colpo è stato esploso verso il torace, da breve distanza» chiarì il medico.
«In questo posto? O il cadavere è stato spostato in un secondo momento?»
«La distribuzione delle tracce ematiche conferma che il killer l’ha ucciso proprio qui.»
«Prima o dopo avergli pelato la testa come un melone?»
«Dentro il polsino destro ci sono parecchi capelli: se li è rasati da solo.»
«Con cosa?»
«Un rasoio, un tagliacapelli elettrico… che non abbiamo trovato.»
«È sparita anche l’arma del delitto» aggiunse Iannone.
Il prefetto incrociò le braccia. «Però il tatuaggio non se l’è fatto da solo.»
«Non è un tatuaggio» puntualizzò Ofelia Offredi.
«Ovvio che non lo è, era un modo di dire.»
«Ma è qualcosa che gli va molto vicino: una forma di scarificazione, volta a lasciare cicatrici permanenti. Mai sentito nominare l’ice kiss?»
«Sarebbe?»
«Ustioni da congelamento, impresse sulla pelle con azoto liquido.»
«Mi faccia capire meglio, dottoressa.»
«L’azoto liquido è una sostanza gassosa che raggiunge i centonovanta gradi sotto lo zero. Viene usato da dermatologi e chirurghi per la crioterapia, la cura del freddo per trattare fibromi, verruche, cheratosi, angiomi e via di seguito. Ma è impiegato anche nella body art a scopo decorativo, insieme a tatuaggi, piercing e branding. In commercio ci sono bombolette con punte in vetroceramica sottilissime che consentono al gas di penetrare la cute fino a cinque millimetri di profondità, con la massima precisione.»
«Quindi siete sicuri di ciò che è stato scritto?»
«Guardi lei stesso.» La Offredi raddrizzò il collo del cadavere.
Le lettere che spiccavano infuocate sulla pelle emaciata cingevano la testa come una corona. In mezzo alla fronte, a un centimetro dalle sopracciglia, si leggeva: “ottava”. Accanto all’orecchio sinistro iniziava la seconda parola, che abbracciava tutta la nuca: “coalizione”.
«Ottava coalizione» pronunciò con enfasi il medico. «La calligrafia è chiara, non ci sono dubbi.»
«I dubbi sono sul significato» intervenne Iannone. «Cosa vorrà dire?»
«Non domandatelo a me: questo è il vostro lavoro.» Ofelia Offredi tornò a infilare in una busta di plastica trasparente i capelli e i campioni d’erba raccolti intorno al corpo. «Il mio è di finire i rilievi, fare un bel servizio fotografico e iniziare la maratona degli esami sul tavolo delle autopsie.»
«Prefetto, lei ha memoria di omicidi simili?»
«No.»
«Altri delitti con questa firma?»
«No.»
«Potrebbe trattarsi di un movente religioso» continuò il commissario capo. «Sì, insomma… la basilica, la foto dell’affresco di una Madonna e di un Bambino indemoniati, la statua di un santo con il cranio trafitto da una spada… e se avessimo a che fare con una setta satanica?»
Il prefetto lanciò un’altra occhiata al cadavere. «Dottoressa, mi tenga aggiornato.» Mentre lei annuiva, interpellò Iannone. «Datevi da fare ad analizzare le immagini di tutte le telecamere della zona, comunali e private. Rivoltate come un calzino la vita del professore e scoprite chi gli ha dato appuntamento qui. Voglio la massima riservatezza sul caso: frenate i giornalisti e passate solo le informazioni necessarie. Fino a nuovo ordine, il dettaglio della scritta non deve essere reso pubblico.»
«Informerò il questor…»
«Niente, non sono stato esplicito.»
«Scusi?»
«Lei faccia ciò che le ho chiesto, a informare il questore ci penso io.» Si allontanò con passo deciso. Dopo essersi infilato in bocca una compressa contro il bruciore di stomaco, estrasse il cellulare dalla tasca della giacca: doveva fare una telefonata. Il questore era l’ultimo dei suoi problemi.
«Prefetto, forse potremmo…»
Non si fermò, né rispose. Aveva avuto la conferma che cercava e non era disposto a sprecare tempo. Attraversando la strada per salire in auto, inviò la chiamata. L’altro capo della linea suonava libero. Provò di nuovo. Invano. Selezionò il secondo numero dello stesso contatto. Era staccato. Avrebbe potuto aspettare qualche minuto, ma l’ansia sopraffaceva la pazienza. Digitò il terzo, anche se era del telefono fisso di un ufficio ed esisteva la possibilità che la comunicazione venisse registrata.
«Pronto?»
«Voglio parlare con Anna Borgia.»
«Sono spiacente, la dottoressa Borgia sta tenendo una conferenza.»
«E allora interrompa la conferenza. È urgente.»
«Mi perdoni, forse non mi sono spiegata.»
«È lei che non ha capito: la faccia uscire subito da quel cazzo di conferenza, se non vuole perdere il posto.»
«Chi la desidera?»
«Gianfranco Manfredi.»