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Anche le tigri hanno bisogno di dormire. Zeno si fermò sulla soglia, rapito. Katherine si era assopita: la guancia appoggiata al bracciolo del divano, le gambe piegate sui cuscini. Una mano sotto il mento, l’altra a poca distanza. Tremilla era acciambellata nel piccolo spazio contro il suo ventre, Maat in quello dietro le ginocchia.
Fosse stato un artista, avrebbe immortalato quella scena sulla tela. Non aveva mai assistito a niente di più espressivo. L’armonia del volto accarezzato dai capelli era disturbata solo dal vibrare delle palpebre, che pulsavano al ritmo del lieve contrarsi delle labbra. Il corpo riposava, la mente no. Provò a immaginare la forma dei suoi sogni, ma era difficile definire i contorni di un uragano.
Le braccia all’apparenza rilassate davano riparo a ciò che le era caro. E in quell’abbraccio, Tremilla difendeva a sua volta, pronta a scattare se si fosse presentato un pericolo. Anche Maat si era accorta di lui e lo scrutava con le orecchie dritte. Sembrava che entrambe sentissero che quella donna guerriera necessitava di riposo e di protezione. E come due angeli custodi vegliavano su di lei.
Indugiò, avrebbe voluto bloccare il tempo.
Per un attimo fu tentato di scattare una foto. Ci ripensò: nessuno scatto sarebbe stato in grado di cogliere i dettagli di quella fusione perfetta di bellezza e coraggio.
Abbassò lo sguardo, temendo che l’insistenza dei suoi occhi potesse svegliarla.
Uscì in punta di piedi.
Dopo avere lasciato il vassoio sul tavolo del balcone, attraversò il cortile. Se n’erano andati tutti, e l’ippocastano era di nuovo solo.
Chiuse a chiave il cancello.
Continuando a muoversi come un’ombra, costeggiò la recinzione fino a raggiungere l’interruttore nascosto dall’edera che correva lungo il muro. Ci premette sopra l’indice e alzò il viso per guardare la luce blu che si accendeva sulla cima del campanile. Era rimasta spenta per anni, ma negli ultimi giorni aveva brillato due volte. La prima per la morte di Theodore.
A passo sempre più leggero, tornò verso casa. Si sedette sui gradini davanti alla porta. Come Maat e Tremilla restò all’erta per proteggere il riposo della bambina che stringeva il gatto nero e della donna che con la sua scelta avrebbe scritto il futuro.