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Mai come in quel momento i gradini dello scalone guariniano sembravano interminabili. Anna Borgia li stava percorrendo di corsa, con un solo pensiero nella testa. Abbiamo fallito.

Inspirò, prima di appoggiare la mano sulla maniglia. Il profumo antico di carta e legno emanato dalle scaffalature che rivestivano le pareti le arrivò alle narici nello stesso istante in cui captò le sagome dei due uomini in piedi.

Considerava Roger Lagrange un esempio di classe. Nell’aspetto e nei modi. Il gessato a tre bottoni esaltava il fisico, e la spontaneità con cui si muoveva raccontava di una sicurezza profonda. Quella che lei gli invidiava. Erano passati più di trent’anni da quando avevano frequentato il master in Philosophy and Human Sciences, ma non si era appesantito di una taglia, né aveva visto avanzare la stempiatura. Il tempo gli aveva solo ingrigito i capelli.

Al contrario, Gianfranco Manfredi era l’uomo degli eccessi. Neppure la giacca scampanata riusciva a mitigare l’impatto visivo di un tronco gonfio all’inverosimile. L’unico guizzo di amor proprio si nascondeva nella peluria rossiccia che gli copriva la testa, frutto dei numerosi interventi per la correzione della calvizie.

Entrambi erano in attesa. La stavano aspettando tra i mappamondi del Coronelli che davano il nome alla sala.

«Anna, finalmente!»

«Roger…»

«Avete già iniziato a interrogarlo? Parlerà?»

«L’operazione San Martino è fallita.»

«Che cazzo significa?» Il tono di Gianfranco era alterato dall’ansia.

«L’abbiamo perso.»

«Ve lo siete fatto scappare?»

«È morto.» Appena pronunciò la frase, Anna sentì il soffitto del palazzo dell’Accademia delle Scienze chiudersi sopra di sé. Le sembrò che gli affreschi della volta le crollassero addosso: la ruota dentata, il compasso, la bussola e tutti gli altri strumenti che illustravano il motto scritto sull’architrave, “Studiis Rerum Naturae et Math”.

I due uomini apparivano turbati.

«Si è suicidato.»

«Com’è possibile?»

Anna scosse la testa. Lo scricchiolio del parquet settecentesco faceva da colonna sonora ai suoi passi.

«Com’è possibile?» insistette Gianfranco.

«Non potevamo immaginarlo.»

«Tutto qui quello che sai dire?» Gianfranco la aggredì a parole.

«Non è con te che mi devo giustificare!»

«Vaffanculo!» Lui sollevò una delle cento poltroncine di velluto verde schierate verso i busti dei fondatori e la lanciò contro le altre. «Ci sono voluti anni per identificarlo, e ce lo siamo bruciato in una notte?»

«Calmati.» Roger gli mise una mano sulla spalla.

«Calmati un cazzo!» Gianfranco grondava di sudore. «Dove lo troviamo un altro, adesso?»

Anna guardò le figure che troneggiavano sopra l’ingresso. Veritas et Utilitas. La Verità era rappresentata da una donna appoggiata al globo con squadra, specchio e cartiglio. Si protendeva verso l’altra effigie femminile, che con la mano destra accarezzava il corno dell’abbondanza e nella sinistra stringeva lo scettro alato del dio Hermes. La verità al servizio della scienza. Quanto dovrà ancora aspettare la scienza prima di conoscere la verità? Non poté fare a meno di pensare che scienza e conoscenza dipendessero l’una dall’altra. Erano la risposta a un equilibrio delicato. Fragile come la linea sottile che separa la vita e la morte, il bene e il male, il giusto e lo sbagliato. Non aveva mai smesso di interrogarsi su quanto fosse corretto ciò che faceva. E spesso si era sentita proprio come Hermes: un mediatore con il ruolo di conciliare gli opposti e di vigilare sugli equilibri più difficili.

«E se fosse meglio così?»

Anna scrutò Roger. «Scusa?»

«Togliendosi la vita, Theodore Sinclaire ci ha fatto un favore.»

«Non capisco.»

«Nella situazione attuale, potrebbe essere più facile localizzare il nascondiglio. Non sappiamo se Sinclaire avrebbe vuotato il sacco, ce lo siamo detti più volte: c’era il rischio che non cedesse.»

«Sotto tortura crollano tutti.» Gianfranco si spostò verso la vetrata.

«Non i fedeli di Napoleone. Altrimenti non saremmo qui a discuterne: conosceremmo già le sue scoperte, avremmo trovato i reperti e decifrato i messaggi. E non esisterebbero più misteri sulla storia dell’uomo.»

«Dove vuoi andare a parare?» Anna percepiva un’intuizione nello sguardo di Roger.

«Comincio a pensare che Sinclaire abbia commesso un errore. Un grave errore: anziché proteggere, con il suo gesto ha squarciato l’inviolabilità di una delle sette più oscure.»

Dando loro le spalle, Gianfranco estrasse dalla tasca una scatola gialla. Anna provava disgusto nel vederlo ingerire continuamente compresse di idrossido di magnesio e di alluminio come palliativo per l’acidità gastrica.

«Da due secoli lottiamo contro l’organizzazione segreta voluta da Napoleone per controllare il sapere antico» proseguì Roger. «Quel sapere che aveva raccolto dall’esperienza delle civiltà scomparse e che potrebbe fare luce sul futuro. Quel sapere di cui si è autoeletto custode. Ma quanti progressi abbiamo fatto? Sappiamo appena cosa cercare e perché.»

«Il panorama non cambia con il suicidio di Sinclaire…»

«Ne sei proprio convinta? Ti sei chiesta come mai in questi duecento anni abbiamo ottenuto così poche risposte alle domande ancora aperte sulla provenienza dell’umanità e sulla sua evoluzione?»

«Napoleone non aveva fiducia nel genere umano, okay. Non ci riteneva pronti a gestire le verità di cui era al corrente, ma nello stesso tempo non voleva che quelle verità andassero perse. Motivo che l’ha spinto a scegliere con cura la sua rete di seguaci.»

«Questo è il punto: gli amici, le persone leali… i “fedeli”. Napoleone non poteva permettersi che il suo disegno venisse vanificato, così ha architettato la strategia e scritto le regole sulle quali basare l’organizzazione a cui avrebbe affidato il compito di difendere e tramandare il patrimonio di conoscenze acquisite. Del resto, lui era lo stratega per eccellenza e l’uomo dei codici.»

«È una supposizione» intervenne Gianfranco, senza voltarsi. «Non siamo certi che ci sia una vera e propria carta costituzionale della setta dei fedeli.»

«Non l’abbiamo trovata… o non siamo stati in grado di comprenderla. Ma il fatto stesso di non essere arrivati a mettere le mani sui manufatti, sui monumenti, sui testi e sulle prove che Napoleone ha nascosto è la conferma della sua esistenza. I fedeli proteggono come nessun altro mai. Come ci riescono?»

Anna seguiva il ragionamento.

«Non sono persone migliori di altre. È il piano di Napoleone che è imbattibile. E per funzionare alla perfezione deve essere talmente articolato da prevedere l’errore umano: il tradimento, la debolezza, la distrazione.»

«Forse Napoleone non coinvolgeva tutti i fedeli allo stesso modo» disse Anna. «E non comunicava a tutti le stesse informazioni. Può darsi che a qualcuno ne passasse solo una parte.»

«C’è un’unica spiegazione: ha insegnato a ognuno di loro come selezionare i propri successori e come trasferire i segreti in sicurezza. Per questo ci scontriamo con difficoltà estreme nell’individuazione dei fedeli, nonostante il nostro gruppo disponga di mezzi quasi illimitati e possa contare su membri sparsi in tutti gli Stati e radicati ai vertici delle più importanti realtà politiche, economiche, culturali e sociali.»

«Perdonami, ma non riesco ancora a scorgere nulla di positivo nella morte di Sinclaire.»

«Ci sto arrivando.» Roger allentò il nodo della cravatta. «Se Sinclaire si è suicidato, significa che aveva già scelto il proprio successore. Noi lo controllavamo da tempo: movimenti, cellulare, posta elettronica… non si è incontrato con nessuno fuori dal solito giro, non ha parlato con persone nuove, non ha avuto giornate diverse dalla sua noiosa quotidianità. E non si è mai allontanato dall’Isola d’Elba.»

«Il successore potrebbe essere qualcuno con cui si vedeva abitualmente.» Gianfranco tornò verso di loro a braccia conserte.

«Chi? Il vecchio con cui giocava a scacchi? Il prete? No, non ha senso. Sarebbe una mossa poco lungimirante e rischiosa.»

«Niente, sei solo capace di fare supposizioni.»

«Perché per una volta non provi ad ascoltare con la mente aperta?»

«Vai avanti» sbuffò Gianfranco.

«Sinclaire non ha ancora trasmesso il suo sapere. Ma lo farà.»

«È morto, cazzo!»

«Sì. Ma ha avviato la macchina prima di suicidarsi: la chiamata al successore è già stata fatta.»

Mentre Gianfranco rimaneva scettico, Anna sentì la speranza riaffiorare.

«Il successore comparirà sulla scena molto presto. Probabilmente ignaro del compito di cui è investito. Ma se è stato scelto, avrà la predisposizione mentale giusta per seguire gli indizi seminati da Sinclaire.» Roger sorrise compiaciuto. «E quando Sinclaire lo prenderà per mano per condurlo a destinazione, noi saremo là ad accompagnarlo.»