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«Mi hai fatto preoccupare.»

«E tu arrabbiare.»

Mentre Guelfi la abbracciava, Katherine lanciò un’occhiata di ringraziamento a Zeno.

«E sei riuscita a farmi sentire un tale incapace da voler restituire il distintivo.»

«Novità su Theodore?»

«Ho inanellato un errore dietro l’altro, ma prometto che te lo riporterò.»

Katherine sapeva che avrebbe fatto il possibile. «Prima pensiamo a Margherita, lei è ancora viva. Poi andremo a prenderci il corpo di mio zio.»

«Hai trovato la parte superiore della stele? È per questo che siamo qui?»

Katherine capì che Guelfi era alla ricerca di una buona notizia, qualsiasi essa fosse. Gli occhi gonfi e arrossati non raccontavano solo la stanchezza, ma anche l’impegno profuso nel provare a tenere sotto controllo un caso in costante movimento. E la concentrazione per non perdersi nel tentativo di mettere insieme tutti i pezzi.

«Non ancora.»

Una reazione nervosa mosse la guancia di Guelfi.

«Non mi chiedi se c’è un però?»

«C’è?»

«Sedetevi.» Katherine indicò a entrambi il divano. «Ho avuto un’idea.»

Guelfi non si fece pregare. Zeno si appoggiò allo stipite della porta.

«Partiamo da un punto fermo.» Katherine iniziò a camminare davanti a loro. «Sono l’unica a poter scoprire dove sia nascosta la stele, siete d’accordo?»

I due avevano gli occhi fissi su di lei.

Si rivolse a Guelfi: «Fino a poche ore fa ero con te e con Margherita. Condividevo le informazioni con voi, e tu con la tua squadra…»

«E qualcuno della squadra con qualcun altro» aggiunse Zeno.

«La polizia era sempre aggiornata sui miei progressi, tant’è vero che Margherita è stata rapita appena ho detto agli agenti di scorta che ti avevo cercato al telefono per riferirti quanto intuito nel pomeriggio.»

«Apro e chiudo parentesi: sarebbero stati al corrente anche se tu non gli avessi raccontato nulla: porte e muri nella palazzina dove vive Margherita sono fogli di carta, dal pianerottolo si sente tutto.»

«Però adesso la polizia è al buio. Ha perso ogni contatto con me e non sa dove io sia.» Le pupille di Katherine saltarono dall’uno all’altro. «A meno che uno di voi non sia un traditore.»

Zeno alzò lo sguardo al soffitto, Guelfi ci rimase male: l’allusione parve colpirlo peggio di un pugno nello stomaco.

«Dai, ho fatto una battuta! Altrimenti non vi esporrei la mia riflessione.» Era una verità parziale. Katherine continuava a studiarli per captare anche il minimo segno di esitazione. Aveva deciso di fidarsi, ma non per questo avrebbe abbassato la guardia. «Dicevo…»

«Ti stiamo cercando dappertutto» la interruppe Guelfi. «Questo è ciò che sa la polizia. Hai l’iPhone spento e siamo in attesa di ricevere i dati delle celle telefoniche per capire dove il tuo numero abbia agganciato l’ultima volta, in modo da provare a tracciare i tuoi spostamenti.»

«Bene.»

«Stiamo pattugliando le strade e abbiamo rafforzato la sorveglianza nei luoghi di proprietà di tuo zio e in quelli che frequentava: ho pensato che avresti avuto bisogno di un posto sicuro dove rifugiarti.»

«Che io fossi qui non è venuto in mente a nessuno?»

«No, per la miseria! Sembrate cane e gatto, insieme.» Guelfi si girò verso Zeno. «Senza dimenticare che la sua posizione alla Madonna del Monte non è ancora chiara. Per non parlare di quella alla villa durante l’agguato e in ospedale mentre veniva trafugato il cadavere di tuo zio. Come fai a fidarti di lui?»

«Ti ho sopravvalutato» commentò il sacerdote.

«Calma…» Katherine sollevò le mani. «Stando alle apparenze, non dovrei fidarmi di nessuno di voi.»

Guelfi appoggiò la nuca al divano, mentre la gamba accavallata sull’altra si muoveva nervosa.

«Qualcuno ha il sospetto che io abbia un numero per comunicare con i sequestratori?»

«No, no, no!» Guelfi scattò in piedi, puntando l’indice contro di lei. «Se vuoi crocifiggermi snocciolando ogni mia mancanza, fallo pure. Ma non mi sarei mai aspettato che manomettessi tutta la scena del crimine, facendo quel cazzo che ti passava per la testa!»

«Hai ragione.» Katherine si arrestò in mezzo alla stanza. «Io sono una dannata impulsiva. Lui si comporta come se avesse qualcosa da nascondere. Tu hai perso i fili dell’indagine. Siamo tre disgraziati che, per motivi diversi, si sono trovati infognati in un caso più grande di loro. Possiamo provare a collaborare per uscirne, o batterci da soli contro i mulini a vento mentre qualcuno ci scava la fossa.»

«Hai detto che avevi un’idea…» Il tono di Guelfi era tornato mite.

«Sì, e stavo elencando le premesse su cui possiamo basarci.»

«Spiegati.»

«Non sappiamo se sia stato Messina a tradire, ma date le circostanze, siamo tutti convinti che ci sia del marcio tra i poliziotti. Condizione che dobbiamo sfruttare a nostro favore.»

Zeno e Guelfi ascoltavano.

«Se la polizia ha perso le mie tracce e se nessun agente immagina che io sia in contatto con chi ha rapito Margherita… be’, l’informazione che arriva ai sequestratori è che mi sono allontanata con una volante dopo avere rubato il cellulare della vittima, ma senza rivelare nulla del cellulare raccolto vicino al biglietto. Sapete cosa significa? Che quei bastardi mi credono da qualche parte da sola. E talmente coraggiosa o stupida da volere salvare Margherita con le mie forze.»

«Sull’ultimo punto non hanno torto.»

«No.» Katherine indirizzò un’occhiataccia a Zeno. «Ed è il nostro vantaggio.»

«Però un attimo fa hai ammesso di non sapere dove sia la stele.» Guelfi aveva ruotato una sedia e si era seduto a cavalcioni.

«In questa fase non importa dove sia la stele, ma dove vogliamo far credere che sia. Non dimenticate il punto fermo, cioè che nessuno oltre a me può avere l’informazione… quindi nessuno può smentirmi.»

«Non te lo lascerò fare!» Guelfi balzò in piedi di nuovo. «Vuoi tendergli una trappola, non è vero? È troppo pericoloso, non se ne parla!»

«Su quanti uomini fidatissimi puoi contare?»

«Cristo!» Guelfi si passò le dita tra i capelli.

«Non avremo un’altra occasione come questa. Per una volta, siamo nelle condizioni di guidare noi il gioco: dove, come, quando, tutto in mano nostra!»

Zeno si spostò dallo stipite. «Non sono un poliziotto e il mio parere vale meno di zero, ma non mi brucerei la possibilità di scrivere la sceneggiatura. Se non facciamo la prima mossa, ogni azione successiva sarà alla cieca.»

Guelfi sospirò. «Quindi hai già pensato al dove, al come e al quando…»

«Dove.» Katherine si mise di nuovo al centro dello studio. «Al cimitero di Marina di Campo.»

Zeno inclinò la testa.

«Per tre motivi. Innanzitutto, è isolato: in mezzo al bosco, una sola strada e poco frequentato… non sarà difficile evitare rischi collaterali. Secondo, è un nascondiglio credibile. Terzo, la polizia sa che ci ho trascorso delle ore.»

«Occhioni, i miei complimenti.» Zeno accennò un inchino.

«Quando.» Katherine mostrò il cellulare. «Mi hanno chiamata per verificare se fossi pronta. Ho risposto di no, così si sono affrettati a mettermi pressione, minacciandomi con le urla di Margherita. Sanno che ho impiegato quasi due giorni per capire che l’oggetto del contendere è la parte superiore della stele, mi lasceranno almeno fino all’alba per scoprire il luogo in cui è nascosta. E quando richiameranno, noi saremo già sul posto ad aspettarli.»

Il silenzio di Guelfi e Zeno era l’indicatore della loro attenzione.

«Come.» Katherine si buttò sul divano. Mentre le cagnoline le saltavano sulle gambe, inchiodò Guelfi con lo sguardo. «Il “come” è compito tuo.»