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Il campo base da cui venivano coordinate le ricerche della prigione di Samantha Andretti era stato allestito proprio al centro della zona palustre, in uno spiazzo con lo scheletro di una stazione di servizio abbandonata. Ogni anno, l’acquitrino si mangiava una consistente porzione di terra, scacciando chiunque provasse a sfidare l’ostilità dei luoghi.

Anche con la presenza dei poliziotti, il posto era lugubre, pensò Genko.

Quando scese dalla macchina e si guardò intorno, fu subito frastornato dal frenetico viavai di tecnici e agenti che entravano e uscivano dalle tende e dai caravan.

Nella palude erano impegnate diverse squadre di esploratori, con mezzi anfibi e cani molecolari. Alle forze sul campo si aggiungevano i gruppi di specialisti che, all’interno dei laboratori mobili, analizzavano ogni indizio raccolto. Dove un tempo erano installate le pompe di benzina, adesso c’era un elicottero pronto a ripartire per perlustrare il territorio dall’alto.

Bauer e Delacroix, che lo avevano guidato fin lì, scesero dall’auto e si diressero verso di lui.

«Sai che sei molto fortunato a essere qui, vero?» gli rammentò il biondo. «I poliziotti non dovrebbero farsela coi luridi ricattatori.»

Genko sorrise e stava per replicare con una battuta, quando furono interrotti.

«Delacroix» chiamò una voce, in tono adirato.

Bruno si voltò e vide un uomo con un completo blu e la cravatta, che si avvicinava con un’espressione poco amichevole. Aveva accanto a sé un grosso cane peloso.

«Me la sbrigo in un istante» assicurò Delacroix, quindi si mosse per raggiungere lo sconosciuto.

Bauer tirò Genko per la manica della giacca. «Andiamo» gli intimò.

Mentre si allontanavano, Bruno continuò a tenere d’occhio ciò che accadeva fra gli altri due.

«Ormai nessuno risponde più alle mie telefonate» si stava lamentando lo sconosciuto. «Quando comincerete a cercarla?»

Genko si domandò per un istante a chi si riferisse. Cercare chi? Samantha Andretti era stata ritrovata. Ma il cane cominciò ad abbaiare e coprì le voci dei due.

«Sta’ buono, Hitchcock» gli ordinò il padrone.

Genko rallentò il passo osservando la discussione che si animava.

Intanto Bauer lo attendeva impaziente sulla scaletta di un caravan. «Allora, ti decidi?»

 

 

L’interno del caravan era stato attrezzato con apparecchiature sofisticatissime che, al momento, erano impiegate per analizzare la registrazione della chiamata anonima. Il file audio era scomposto in diagrammi di diverso colore sugli schermi dei computer. Quattro tecnici andavano a caccia di suoni inabissati nel rumore di fondo con la speranza di trarre qualche indicazione circa l’identità dell’uomo che aveva effettuato la telefonata.

In uno qualsiasi dei picchi del grafico potevano nascondersi una voce estranea o i rintocchi di un campanile oppure, se si era veramente fortunati, addirittura un nome. L’intento era risalire al luogo della chiamata e individuare eventuali testimoni che potessero fornire una descrizione dello sconosciuto.

Genko si guardava intorno da cinque minuti con le braccia incrociate, non riusciva a stare immobile sulla sedia girevole. Bauer lo teneva d’occhio stando in piedi, evidentemente infastidito dal continuo movimento. Ma nessuno dei due disse una parola fino al ritorno di Delacroix.

«Scusate» affermò lo sbirro quando salì sul veicolo, madido di sudore. Mentre si versava un bicchiere d’acqua da un distributore automatico, si rivolse al collega. «Gli hai già spiegato qualcosa?»

«Non ancora.»

Delacroix prese una sedia e si piazzò di fronte a Genko. «Ovviamente ciò che ti diremo dovrà rimanere confidenziale.» Si fece passare da Bauer un modulo e una penna. «Se dovesse uscire anche mezza parola, verrò direttamente da te.»

«Dovrò augurarmi che nessuno dei poliziotti qui intorno prenda mazzette dai media» li provocò Bruno, quindi firmò il foglio e lo riconsegnò allo sbirro biondo.

«È stato usato un cellulare rubato» cominciò Delacroix. «Dopo è stato spento o forse distrutto, perciò è impossibile rintracciare il possessore.»

«Samantha Andretti, invece, si trovava a circa dodici chilometri dalla cella che ha agganciato la chiamata» aggiunse Bauer. «Perciò, chi l’ha trovata ha avuto tutto il tempo di decidere se avvertire o meno la polizia.»

«Allora non pensate che sia stato il rapitore?» chiese Bruno, ma aveva già scartato l’ipotesi che il mostro fosse stato mosso a un atto di pietà dopo averla segregata e brutalizzata in chissà quanti modi per quindici anni.

«L’abbiamo escluso perché le frequenze della voce appartengono a una persona giovane, che all’epoca del sequestro doveva essere appena adolescente» spiegò Delacroix. «Ma potrebbe sempre trattarsi di un complice pentito o che ha avuto paura di essere scoperto.»

Le opzioni sul tavolo erano molteplici, considerò Genko. Ebbe l’impressione che l’indagine fosse a un punto morto. I due agenti erano abbastanza collaborativi, chissà se era solo una tattica e invece gli stavano tacendo qualcosa d’importante. «Adesso posso sentire la telefonata?»

Bauer indirizzò un cenno a uno dei tecnici che, a sua volta, fece partire la registrazione. Le casse diffusero subito un fruscio, interrotto dal tipico suono ritmato di una chiamata in entrata.

«Emergenze» rispose un’operatrice.

«Ehm... Vorrei parlare con la polizia...» disse una voce maschile dal tono incerto.

«Di che si tratta, signore?» replicò l’altra senza scomporsi. «Mi dica di che tipo di emergenza si tratta e poi le passerò la polizia.»

Dall’altra parte seguì un breve silenzio. «C’è una donna nuda, penso sia ferita. Forse ha una gamba rotta e ha bisogno di aiuto.»

L’operatrice era addestrata a non allarmarsi, perciò conservò un approccio neutro. «Ha avuto un incidente?»

«Non lo so, ma non credo... Non c’era un’auto.»

«Conosce la donna? È una sua parente?»

«No.»

«Sa come si chiama?»

«No...»

«Dove si trova la persona che ha bisogno di aiuto?»

«Ehm... Sulla cinquantasette, non so di preciso in che punto. È la strada che passa in mezzo alla palude, direzione nord.»

«È cosciente?»

«Credo di sì, mi è sembrato di sì...»

«Si trova con lei in questo momento?»

Silenzio.

«Signore, mi ha sentito? È con quella donna adesso?»

Dopo un attimo di esitazione: «No».

«Può darmi le sue generalità, per favore?»

L’uomo si spazientì. «Senta, io ve l’ho detto, adesso non sono più affari miei...» La linea cadde bruscamente. Aveva riattaccato.

Il tecnico interruppe la registrazione. Bauer e Delacroix si voltarono verso Bruno come per lasciargli intendere che aveva avuto ciò che voleva e ormai non avevano altro da dirsi.

Ma a Genko non bastava. «Se non è il rapitore e nemmeno un complice, perché non si è fatto avanti?» Si era già posto la stessa domanda. «Perché rimanere nell’ombra?»

«Se lo sapessimo, non verremmo certo a raccontarlo a te» rispose Bauer.

Bruno lo ignorò, perché Delacroix invece sembrava improvvisamente interessato alla sua opinione. «Il ritrovamento è avvenuto in piena notte» proseguì l’investigatore privato. «Ma chi va in giro in una palude in piena notte? E con un cellulare rubato?» In verità, si poteva sospettare di due categorie di persone, e i presenti su quel caravan erano giunti alla stessa conclusione di Genko. «Trafficanti di droga e bracconieri.»

«Qualcuno che ha qualcosa da nascondere, e ha tutto l’interesse a non dire il proprio nome a un numero di emergenza» confermò Delacroix.

La risposta, però, convinceva Bruno solo in parte. Lui aveva colto qualcos’altro. «Posso sentire di nuovo la registrazione?» chiese, spiazzando tutti.

«Perché?» ringhiò Bauer, che non era più disposto a fare concessioni.

Genko si rivolse direttamente a Delacroix, allargando le braccia. Il collega fu più ragionevole e annuì all’indirizzo del tecnico.

La registrazione ripartì dall’inizio.

Stavolta Bruno cercò di memorizzare il più possibile la voce dello sconosciuto, cogliendone ogni dettaglio, inflessione o venatura.

Accento locale, tipico tono rauco del forte fumatore, un marcato cedimento sulle consonanti palatali.

Non si era sbagliato. C’era qualcosa di oscuro nel modo in cui parlava. Una vibrazione che nessuna tecnologia sarebbe stata in grado di cogliere. Non era solo il timore di essere scoperto perché colpevole di un’attività illecita, come il traffico di droga o il bracconaggio. C’era altro, Genko non aveva dubbi.

Era terrore.

L'uomo del labirinto
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