18
«Robin Sullivan nei primi anni Ottanta aveva dieci anni, oggi dovrebbe averne meno di cinquanta.» Non era ancora l’alba e già faceva un caldo insopportabile. Il ventilatore sul soffitto girava troppo lentamente per smuovere l’aria stagnante nell’ufficetto del posto di polizia. Le pale producevano un mesto cigolio, simile a un richiamo per uccelli. Genko ne era infastidito, ma cercava lo stesso di spiegare cosa aveva scoperto. «Dovreste diramare un ordine di cattura.»
Bauer era appoggiato al tavolo e si tergeva il sudore dal collo con un fazzoletto di carta. Delacroix stava di fronte a Bruno, a cavalcioni sulla sedia e con le braccia incrociate sotto al mento. I due non si sforzavano nemmeno di sembrare interessati.
«Avanti, ragazzi, ho avuto una nottataccia...» provò a protestare l’investigatore privato. Aveva il volto graffiato dalle schegge di legno schizzate dalla botola. E continuava a tornargli in mente l’immagine di Bunny che lo guardava andar via dalla finestra della fattoria.
Il poliziotto bianco appallottolò il fazzolettino e lo lanciò verso un cestino dei rifiuti, mancandolo di poco. L’altro sospirò, come se stesse ponderando l’informazione. «Fammi capire: tu sostieni che questo Robin Sullivan ha ucciso una donna e poi ha cercato di ammazzare pure te?»
Solo due colpi, in realtà. Perché poi aveva smesso di sparargli addosso. Perché l’aveva fatto? «Se andate a controllare, troverete il cadavere della vecchia.»
«Per quale motivo avrebbe cercato di farti fuori? Continuo a non capire...» lo liquidò Bauer.
Era sconfortante. «Perché sono arrivato fino a lui» disse Bruno come se fosse la cosa più lapalissiana del mondo. «È l’uomo che state cercando, il rapitore di Samantha Andretti.» Immaginava un po’ più di entusiasmo dopo una simile rivelazione. «Pensateci bene: Robin Sullivan è stato un ’figlio del buio’» affermò citando Tamitria Wilson. «Da piccolo l’hanno rapito per tre giorni e dopo non è stato più lo stesso.» Il bambino non aveva mai voluto rivelare cosa gli fosse successo, rammentò l’investigatore.
«E con ciò?» chiese ancora una volta Bauer.
Genko li fissò entrambi. «State scherzando, vero?» Allargò le braccia. «Vi basta aprire un qualsiasi manuale di psichiatria: chi da piccolo è stato vittima di abusi ha più possibilità di ripetere da adulto gli stessi comportamenti ai danni di vittime innocenti.»
Il buio l’ha infettato, aveva detto la Wilson riferendosi a Robin.
«Ma, se ho capito bene, questa è solo una congettura» replicò Bauer. «Perché non hai visto in faccia l’uomo che ti ha sparato.»
Ripensò ai momenti in cui aveva preso a calci la porta d’ingresso per scappare dalla fattoria. Risentì il rumore dei passi alle sue spalle. Il terrore gli aveva perfino impedito di voltarsi a guardare il suo inseguitore, mentre l’altro esitava invece di sparare. Perché aveva tentennato? «Ve l’ho detto: aveva il volto coperto.» Non aveva specificato che si trattava di una maschera da coniglio. E considerando il credito che davano al resto della storia, aveva fatto bene.
«Perciò, se anche trovassimo Robin Sullivan, non saresti in grado di riconoscerlo.» Bauer scosse il capo. «Ripeti un po’: com’è che sei arrivato fino a questa Tamitria Wilson?»
«Devo ricordarti che non sono tenuto a svelare le mie fonti?» Ma il poliziotto lo sapeva benissimo, voleva solo giocare con lui.
«Strano, perché di là abbiamo un bracconiere di nome Tom Creedy che sostiene di essere stato avvicinato recentemente in un bar da un tizio che puzzava da far schifo e che gli ha fatto un sacco di domande su Samantha Andretti e poi l’ha pure intimidito.» Bauer si voltò verso Delacroix. «Tu dici che è sufficiente ad accusare entrambi di complicità in sequestro di persona?»
Genko sorrise, non riusciva a crederci. «E vi ha parlato anche del tizio con la testa di coniglio?» domandò a bruciapelo. «Perché, diciamocela tutta, ragazzi, se intendete usare il caro Tom contro di me, dovrete rendere pubblica anche la faccenda dell’uomo-coniglio e il fatto che il vostro principale testimone ha bisogno di una perizia psichiatrica.»
I due non si scomposero. «Cosa sai di questa storia?» chiese invece Delacroix.
Genko non aveva menzionato Bunny e il fumetto. Erano gli elementi più deboli dell’indagine, neanche lui ne aveva ancora compreso ruolo e significato.
Solo i bambini possono vedere il coniglio, rammentò.
«Se è stato Tom Creedy a portarti fino a Tamitria Wilson, allora ti ha rivelato per forza qualcosa che a noi non ha detto» lo incalzò Delacroix.
«O dovremmo credere che ti ha rifilato solo la balla dell’uomo-coniglio?» affermò Bauer, sprezzante.
Che tu ci creda o no, è così che è andata – pensò Bruno, ma non replicò.
Delacroix cercava di essere conciliante. «Forse Creedy, involontariamente, ti ha fornito un dettaglio che poi ha dimenticato, perché non lo riteneva essenziale.»
«State perdendo il vostro tempo» li interruppe Genko. «Non sono venuto qui solo per denunciare un omicidio, chiaro? Sono qui per darvi una mano, vi ho detto ciò che so e vi ho invitato a verificarlo. Ho fatto il mio dovere di cittadino, e non ero nemmeno obbligato. E in quanto tutore legale di Samantha Andretti...»
Bauer scattò verso di lui e lo afferrò per il bavero della giacca. «Senti, stronzo, abbiamo rintracciato suo padre. Quando gli abbiamo fatto il tuo nome, ha detto che quindici anni fa gli hai spillato un sacco di soldi e sei sparito.»
Non aveva tutti i torti, pensò Bruno.
«Perciò io lo so cosa hai in testa: stai cercando di farti pubblicità vantando un incarico che nessuno ti ha assegnato. Sei solo uno schifoso parassita.»
Bruno non provò nemmeno a respingere le accuse. Dopo qualche secondo, Bauer mollò la presa sulla giacca e se ne tornò al proprio posto.
Il cellulare di Delacroix si mise a squillare. Il poliziotto rispose e ascoltò brevemente. «D’accordo, grazie.» Quando riattaccò, si rivolse a Bruno. «La pattuglia che abbiamo mandato alla fattoria Wilson a controllare non ha trovato nessun cadavere.»
Genko avrebbe voluto controbattere che era prevedibile che Robin Sullivan si sbarazzasse del corpo. Ma non lo fece, perché Delacroix non aveva ancora finito.
«Gli agenti, però, hanno detto che in casa c’erano segni di colluttazione. Inoltre, sulla botola che conduce al seminterrato, c’erano scalfitture compatibili con un colpo d’arma da fuoco.»
«Hanno trovato il cellulare della Wilson? Così potete risalire all’ultima chiamata» chiese Genko.
«Nessun cellulare.»
Nessuno disse nulla per un po’ di tempo, poi qualcuno bussò alla porta dell’ufficio. Bauer andò ad aprire.
«Scusate, il dottor Green vuole parlarvi» disse una giovane agente.
«Arrivo subito» disse Delacroix rivolgendosi a Bauer, il collega afferrò il messaggio e li lasciò soli. Il poliziotto di colore si alzò dal proprio posto. «L’uomo a cui stiamo dando la caccia è molto pericoloso» disse.
«Forse lo so anch’io, visto che ha cercato di ammazzarmi» ironizzò Bruno.
«No, non lo sai» lo ammonì l’altro. Ed era serio. «Non è un avvertimento o un consiglio a lasciar perdere. Quando parlo di pericolo intendo dire che è capace di malvagità che io e te non saremmo neanche in grado di immaginare... Green l’ha definito un ’sadico virtuoso’. Fa parte di una categoria di psicopatici che i profiler chiamano ’consolatori’.»
Genko assimilò il termine, non l’aveva mai sentito. Intuì che quel Green era il profiler dai metodi poco ortodossi che seguiva Samantha Andretti.
«La parola ’consolatore’ mi ha fatto subito pensare a un’accezione positiva» proseguì il poliziotto. «In fondo, il rapitore di Samantha l’ha tenuta in vita per quindici anni. Si potrebbe addirittura pensare che non avesse il coraggio di ammazzarla, che si fosse occupato di lei e che potesse provare perfino pietà. Ma mi sbagliavo...» Delacroix si morse un labbro, sembrava molto coinvolto dal racconto. «A differenza di un serial killer, un sadico consolatore non si accontenta di uccidere: la morte è un fatto puramente marginale.»
Bruno pensò a Bunny e al fatto che l’avesse risparmiato.
«Lo scopo principale di questi psicopatici è trasformare la vittima in un essere abietto» proseguì lo sbirro. «Nella prigione di un consolatore si viene sottoposti a prove crudeli, plagiati con la paura, costretti ad atti abominevoli... È in questo modo che loro consolano se stessi per il fatto di essere dei mostri.»
Bruno non replicò.
Delacroix si alzò. «Se commetti un errore e finisci nelle mani di quel maniaco, pregherai di morire in fretta» concluse. Poi gli riservò un ultimo sguardo di biasimo e se ne andò lasciando la porta aperta.
Fuori dalla stanza c’era un viavai di agenti. Genko si sentì fuori posto in mezzo a tutte quelle divise. Prima di uscire, trasse un profondo respiro, poi sbuffò. Avrebbe dovuto aspettarselo che i due sbirri non avrebbero creduto alla sua storia. Mentre considerava l’idea di un buon caffè nero al Q-Bar, vide passare un grosso cane peloso nel corridoio.
Hitchcock, rammentò.
Poi udì anche delle urla. Andò a controllare cosa stesse accadendo. Dalla soglia, vide Simon Berish che veniva quasi alle mani con Bauer. Gli agenti faticavano a separare il poliziotto del Limbo dal collega.
È colpa mia, si disse Bruno ripensando alla telefonata in cui si era spacciato proprio per Bauer per ottenere informazioni sul fascicolo di «R.S.».
Si accorse che il grosso cane lo fissava. E prima che anche Berish lo notasse, svicolò verso l’uscita.