12

Per quanto fosse assurda, l’ipotesi andava verificata.

Bruno non aveva scelta, anche perché già una volta aveva dato scarso credito alla possibilità di risolvere il mistero legato alla scomparsa di Samantha Andretti. E ciò era costato alla ragazza quindici anni di oblio.

Si precipitò nell’ingresso, aprì il porta-abiti e andò in cerca del foglio col referto che aveva riposto nella tasca della giacca di lino. Se non si fosse trattato del suo prezioso talismano, probabilmente l’avrebbe gettato via subito. Osservò meglio il disegno di Tom.

Nonostante il tratteggio infantile, l’uomo con la testa di coniglio dava l’idea di avere una corporatura abbastanza normale. Non c’erano particolari che potessero richiamare l’attenzione, tranne forse gli occhi a forma di cuore.

Genko ci pensò su. Era venuto il momento di riaprire la terza stanza da cui era composto il suo appartamento.

Non ci metteva piede da quando i medici avevano sentenziato la sua imminente dipartita, due mesi prima. Digitò un codice di sette cifre sulla tastiera a parete che era accanto alla porta blindata.

La serratura elettronica scattò.

Un tempo Bruno adorava rinchiudersi nel suo studio. Oltre a essere il luogo in cui custodiva i segreti più delicati, era un rifugio per i pensieri. C’erano uno schedario e una libreria con i testi di giurisprudenza, manuali di tecnica investigativa e di tattica militare e l’opera omnia di Machiavelli.

Le pareti erano dipinte di verde. Una di esse era riservata a un indecifrabile collage di Hans Arp.

Genko adorava i dadaisti e l’aveva acquistato a un’asta per una cifra spropositata. Una delle poche follie della sua vita che fosse valsa la pena di fare. Entrando nello studio, passò davanti al capolavoro e lo ignorò con una punta di rimpianto perché non poteva portarselo appresso nella tomba, invece si diresse subito al mobile stereo. Scelse un disco della sua collezione e lo posò sul piatto. Quando la puntina centrò il solco, le Variazioni Goldberg di Bach, eseguite da Glenn Gould in un’incisione del 1959, riempirono la stanza.

Poi Genko andò a sedersi alla scrivania circolare.

Sopra c’era un MacBook Air collegato via Internet, tramite una linea protetta, a un server esterno in cui era immagazzinato il prezioso archivio dell’investigatore. Dati sensibili raccolti in vent’anni di professione. Sarebbe stato un guaio se fossero finiti nelle mani sbagliate.

Inoltre, da quella postazione, Bruno era in grado di accedere ai database di ogni ufficio governativo o forza di polizia. Poteva effettuare incursioni nei sistemi informatici di enti o società private. Attingere dati sensibili dagli elenchi degli istituti bancari o assicurativi. Il tutto senza correre il rischio di essere individuato.

Con un pezzo di scotch, attaccò il referto con dietro il disegno del giovane bracconiere sulla lampada orientabile, in modo da averlo davanti, quasi all’altezza dello schermo. «Vediamo se riesco a trovarti» disse alla strana figura animale con gli occhi a forma di cuore. Quindi iniziò la ricerca inserendo nel terminale la parola chiave: «coniglio».

Il primo screening di Bruno riguardò le banche dati delle forze dell’ordine. Era possibile che il rapitore di Samantha avesse commesso altri reati, anche piccoli, in passato. Magari usando proprio una maschera per celare la propria identità.

Sullo schermo apparve un lungo elenco di crimini. Dal furto di conigli, al maltrattamento di conigli, fino ad arrivare alla storia di un tizio che si era travestito da coniglio gigante per molestare le donne per strada. Genko diede una rapida scorsa alla lista senza che nulla gli saltasse agli occhi. Allora decise di affinare la ricerca, inserendo una seconda parola.

«Bambini.»

Davanti a lui si aprì una nuova lista. Non c’era limite alla crudeltà umana. I coniglietti di Pasqua avvelenati, distribuiti da una psicopatica all’uscita di una scuola. I minori usati come corrieri della droga, nascosta in conigli di peluche. Per non parlare delle «conigliette», ragazzine che si mostravano nude in webcam in cambio di un acquisto online o della ricarica del cellulare.

Anche stavolta, Bruno non trovò alcuna connessione interessante. Allora provò ad allargare l’ambito andando progressivamente indietro nel tempo.

Fu allora che l’attenzione dell’investigatore venne attirata dal file di un certo «R.S.», un bambino degli anni Ottanta. Il nome del minore era stato occultato perché il caso aveva implicazioni di natura sessuale.

All’epoca «R.S.» aveva dieci anni. Era scomparso un lunedì mattina e riapparso, come se nulla fosse, tre giorni dopo.

Fra il caso in questione e il rapimento di Samantha Andretti c’era un intervallo di quasi vent’anni. Improbabile che entrambe le scomparse fossero opera della stessa mano.

Inoltre, la parola chiave «coniglio» non compariva nello scarno racconto contenuto nel rapporto di polizia, bensì come semplice appunto in fondo alla pagina e poteva anche trattarsi di un refuso.

«Sparizione minore-supporto psicologico-coniglio-servizi sociali-massima riservatezza

Per il resto, una nota rimandava all’ufficio persone scomparse.

Il Limbo.

Era la sezione più oscura del dipartimento di polizia. I dati relativi alle sparizioni di innocenti restavano un enigma. Le statistiche calcolavano all’incirca un nuovo episodio al giorno, ma i numeri ufficiali non erano disponibili. Il motivo era semplice: se era vero che molti scomparsi tornavano indietro volontariamente, il destino degli altri rimaneva un mistero irrisolto. E ciò non costituiva certo una buona pubblicità per il dipartimento.

Per questo l’archivio del Limbo non era mai stato informatizzato e su Internet non se ne trovava traccia.

«Vent’anni» rifletté Genko, ed ebbe la tentazione di passare oltre. Ma il caso di «R.S.» era anche l’unico appiglio che aveva, forse valeva la pena approfondirlo comunque. Aveva due possibilità: recarsi all’ufficio persone scomparse e chiedere il fascicolo cartaceo con il rischio di essere liquidato oppure provare con un approccio più astuto, partendo da una semplice telefonata.

Optò per la seconda.

Si collegò al sito del dipartimento e andò in cerca delle informazioni di contatto del Limbo. La responsabile dell’ufficio si chiamava Maria Eléna Vasquez – aveva già sentito quel nome.

Annotò il numero e lo compose sul telefono. Gli squilli si susseguivano inutilmente. Impossibile, pensò. Perché, anche se era notte, secondo le nuove disposizioni era pieno orario di lavoro.

«Pronto?» rispose finalmente una voce maschile.

«Sì, mi scusi... Sono l’agente speciale Bauer, vorrei parlare con la responsabile.» L’uomo all’altro capo della linea tacque e Genko ebbe subito una spiacevole sensazione.

Il silenzio fu interrotto dall’abbaiare di un cane. «Buono, Hitchcock» disse la voce.

Appena sentì il nome del cane, Bruno capì di aver commesso un passo falso. L’uomo al telefono era lo stesso che, il giorno prima, aveva avuto una discussione con Delacroix al campo base nella palude. Lo sconosciuto col completo blu e la cravatta era un poliziotto, quindi. E sicuramente conosceva bene anche Bauer.

«La responsabile non è qui al momento. Ma, se vuole, posso aiutarla io» affermò con tono neutro. «Sono l’agente speciale Simon Berish.»

Genko sapeva che era rischioso proseguire la recita. «Si tratta di un vecchio caso di scomparsa» azzardò. Quindi gli riferì gli estremi del fascicolo e trattenne il respiro finché riconobbe il rumore dei tasti di un computer mentre l’altro immetteva i dati nel terminale.

Berish borbottò qualcosa. «Nel database non c’è molto: solo una copia del rapporto di chiusura delle indagini redatto dalla polizia.» Poi lesse: «’R.S.’ di anni dieci... Scomparso per tre giorni... Tornato a casa spontaneamente...»

«Come mai non è indicato il vero nome del ragazzino?» Era sorpreso.

«Se è per questo, non c’è nemmeno un accenno a ciò che gli è accaduto nelle settantadue ore in cui è sparito.»

«Com’è possibile?»

«Il fascicolo completo è in forma cartacea e risulta catalogato nella parte più vecchia dell’archivio... Temo che dovrà venire qui di persona, agente Bauer.»

Genko ignorò la proposta. «Potrebbe riferirmi cos’altro c’è nel rapporto che ha davanti?»

«Qui c’è scritto soltanto che, successivamente ai fatti, la madre e il padre hanno rinunciato alla potestà genitoriale. Il bambino allora è stato affidato a una casa famiglia: la fattoria Wilson.»

Fattoria Wilson, annotò Genko su un taccuino.

«Se le interessa, c’è un estratto della perizia psichiatrica» affermò Berish. «Vuole che gliela mandi?»

«Non si preoccupi, sarà sufficiente che me la legga... Sempre che la cosa non la disturbi.»

«Nessun problema» gli assicurò l’altro. Poi iniziò la lettura: «’Pur non essendo affetto da alcun deficit mentale, il minore presenta una difficile modulazione dell’affettività che si traduce spesso in un atteggiamento iperansioso accompagnato da mancanza di inibizioni sessuali, picacismo, enuresi.’»

La pica era la ripetuta ingestione di sostanze non nutritive come terra o carta. Quanto all’enuresi, Genko pensò che farsi la pipì addosso fosse uno strascico dello shock subito. Ma era la mancanza di inibizione sessuale a metterlo in allarme. Cosa significava?

«’A complicare il quadro psichico contribuiscono i disturbi del sonno, che spesso generano, al risveglio, fantasie morbose che il bambino descrive in disegni in cui è evidente una visione immatura della realtà.’» Berish fece una pausa. «Alla perizia sono allegati alcuni di quei disegni» annunciò inaspettatamente.

La notizia prese alla sprovvista Bruno. Visione immatura della realtà, si ripeté. «Ho cambiato idea: le dispiace inviarmene copia?»

«Mi dia la sua mail.»

Se non avesse fornito un indirizzo del dipartimento, l’altro avrebbe capito subito di non avere a che fare con Bauer. «Le do un numero di fax.»

«Siete messi peggio di noi» affermò Berish.

Genko non capiva se era solo una battuta o un modo per fargli intendere che fin dall’inizio non aveva creduto alla commediola. «Certo» commentò con una risatina forzata, quindi gli fornì un recapito che non era rintracciabile.

«Riavvio il nostro vecchio fax e le mando tutto» promise Berish. «In ogni modo, le rinnovo l’invito a venire qui, perché i fascicoli in archivio riservano sempre sorprese interessanti.»

«Magari faccio un salto» mentì Bruno. «Intanto la ringrazio.» Riattaccò e cominciò a fissare l’apparecchio nello studio in attesa che si avviasse.

Lo colse il sospetto che quel Simon Berish non gli avrebbe inviato proprio nulla.

Aveva sfidato la sorte presentandosi come Bauer. Ma, a ogni modo, l’aveva fatto perché al Limbo non venivano trattati casi di particolare importanza per il dipartimento. E, comunque, quello di «R.S.» risaliva pur sempre agli anni Ottanta e si era anche concluso positivamente con la riapparizione del ragazzino scomparso.

L’imminenza della morte lo aveva reso sprovveduto, in passato non avrebbe mai commesso una simile leggerezza. Ma mentre si torturava nella preoccupazione, il fax si attivò. E, di lì a poco, iniziò a espellere una serie di fogli.

Il sollievo di Genko non durò molto.

All’inizio pensò a un errore di trasmissione, perché le stampate erano tutte uguali. Ma poi si rese conto che si trattava di disegni diversi in cui si ripetevano gli stessi elementi, riprodotti in maniera ossessiva.

Un cielo pieno di uccelli, una città o forse solo un quartiere con case popolari. Al centro del foglio c’era una grande chiesa e, alle spalle dell’edificio religioso, un campo di calcio.

Ma ciò che colpì Genko, lasciandolo senza fiato, fu il modo in cui «R.S.» aveva raffigurato le persone.

Visione immatura della realtà. I piccoli abitanti di quel posto avevano tutti la testa di coniglio e gli occhi a forma di cuore.

L'uomo del labirinto
9788830450615-cov01.xhtml
9788830450615-presentazione.xhtml
9788830450615-tp01.xhtml
9788830450615-cop01.xhtml
9788830450615-occhiello-libro.xhtml
9788830450615-ded01.xhtml
9788830450615-p-0-c-1.xhtml
9788830450615-p-0-c-2.xhtml
9788830450615-p-0-c-3.xhtml
9788830450615-p-0-c-4.xhtml
9788830450615-p-0-c-5.xhtml
9788830450615-p-0-c-6.xhtml
9788830450615-p-0-c-7.xhtml
9788830450615-p-0-c-8.xhtml
9788830450615-p-0-c-9.xhtml
9788830450615-p-0-c-10.xhtml
9788830450615-p-0-c-11.xhtml
9788830450615-p-0-c-12.xhtml
9788830450615-p-0-c-13.xhtml
9788830450615-p-0-c-14.xhtml
9788830450615-p-0-c-15.xhtml
9788830450615-p-0-c-16.xhtml
9788830450615-p-0-c-17.xhtml
9788830450615-p-0-c-18.xhtml
9788830450615-p-0-c-19.xhtml
9788830450615-p-0-c-20.xhtml
9788830450615-p-0-c-21.xhtml
9788830450615-p-0-c-22.xhtml
9788830450615-p-0-c-23.xhtml
9788830450615-p-0-c-24.xhtml
9788830450615-p-0-c-25.xhtml
9788830450615-p-0-c-26.xhtml
9788830450615-p-0-c-27.xhtml
9788830450615-p-0-c-28.xhtml
9788830450615-p-0-c-29.xhtml
9788830450615-p-0-c-30.xhtml
9788830450615-p-0-c-31.xhtml
9788830450615-p-0-c-32.xhtml
9788830450615-p-0-c-33.xhtml
9788830450615-p-0-c-34.xhtml
9788830450615-p-0-c-35.xhtml
9788830450615-p-0-c-36.xhtml
9788830450615-p-0-c-37.xhtml
9788830450615-p-0-c-38.xhtml
9788830450615-p-0-c-39.xhtml
9788830450615-p-0-c-40.xhtml
9788830450615-p-0-c-41.xhtml
9788830450615-p-0-c-42.xhtml
9788830450615-p-0-c-43.xhtml
9788830450615-p-0-c-44.xhtml
9788830450615-ind01.xhtml
Il_libraio.xhtml