15.

Erano le nove e mezzo, quando De Vincenzi cominciò a concludere.

“Riepilogo, Lester Gillis. A Miami, dove avevate scoperto che si nascondeva Edward Moran sotto il nome di Russel Sage, trovaste il modo di rendervi necessario a Ileana Russel, a cui gli agenti federali avevano appena portato via il marito. Ho la convinzione che foste voi e non lei, come crede Anna Moran, a mettere i G-Men sulle sue tracce. Voi consigliaste Ileana di appropriarsi del bottino messo al sicuro dal marito e di fuggire in Europa. Quando a Parigi sapeste che Moran si trovava in quella città e si era messo alla ricerca della moglie, assai probabilmente in un primo tempo non rimaneste che atterrito. Ma ben presto ritrovaste gli spiriti e decideste di liberarvi per sempre di colui che non soltanto v’ispirava Podio della vendetta, ma che costituiva sempre per voi una grave minaccia. Fatta fuggire a tempo Ileana da Parigi e fattala stabilire a Milano Col nome di Cristiana O’Brian, non perdeste di vista le mosse del vostro nemico. Con mezzi che io ignoro, ma assai probabilmente facendolo sorvegliare da qualche agenzia di polizia privata, veniste a conoscere il suo arrivo a Milano. Ideaste allora il vostro piano delittuoso, senza preoccuparvi delle altre vittime che avreste fatte e col proposito freddo di far ricadere ogni sospetto sopra Ileana Sage. Perdendo anche lei, infatti, dopo aver soppresso Moran, voi avreste anche ottenuto lo scopo di rimanere padrone del denaro che lei aveva tolto a Moran e che aveva saputo far aumentare... Mandaste a John Bolton, all’Albergo Palazzo, un invito della Casa di Mode O’Brian e una pianta del fabbricato di Corso del Littorio con ogni indicazione utile a far si che il marito potesse apparire nella stanza della moglie proprio nel momento in cui sul letto di costei giaceva il cadavere di Valerio. Con l’uccidere proprio Valerio, voi avevate fatto, dal punto di vista del vostro interesse, un colpo magistrale. Valerio, avendo avuto da Verna Campbell, alla quale quel don Giovanni da strapazzo aveva promesso come a tante altre il matrimonio, il ritaglio del giornale che vi riguardava e avendo conosciuta la vostra effettiva personalità, messosi sulla china dei ricatti, non aveva esitato a tentar anche con voi il gioco che gli era riuscito con Cristiana. Gioco terribilmente pericoloso, in questo caso per lui, e magnifica occasione per voi di liberarvi di un fastidioso ricattatore, facendone attribuire la morte a colei che certo avrebbe avuto ogni ragione per volersene disfare!... Lo avete ucciso nel ‘museo degli orrori’ e ne avete trasportato il cadavere sul letto di Cristiana. Ma non avete voluto correre rischi e, per il caso in cui gli investigatori avessero scoperto il vero luogo del delitto, avete lasciato accanto al manichino rovesciato la medaglia del Cinodromo che apparteneva a Cristiana O’Brian e di cui vi era stato facile impossessarvi... Vi ripeto: magnifico!”

Prospero O’Lary, ridivenuto Lester Gillis, aveva rinunciato ormai alla commedia del traslucido e decorativo “Oremus” e ascoltava con un sogghigno le parole di De Vincenzi.

“Avevate così messo in movimento la mota e tutto andò secondo le vostre previsioni. Bolton sali effettivamente da Cristiana e voi vi nascondeste nell’armadio. Sarebbe stato troppo imprudente, infatti, farvi vedere da lui e permettergli di osservarvi troppo da vicino. Nell’armadio, per mettere a profitto il vostro tempo e l’occasione, perfezionaste gli indizi contro Cristiana, lacerando l’abito ch’ella indossava al mattino, per far credere che realmente avesse lottato con Valerio e lo avesse strangolato. Riconosco che tale particolare ha tratto in errore anche me, in un primo tempo, quando sono venuto a conoscenza delle condizioni fisiche di Valerio. Ho creduto cioè che fosse stata davvero Cristiana O’Brian a ucciderlo... con una involontaria e troppo forte pressione alla gola... Andiamo avanti... Il resto è sufficientemente chiaro... La seconda vostra vittima, Evelina, vi è stata imposta dalle circostanze, che voi avete sfruttate con una prontezza davvero eccezionale. Il mio di adesso, per ricostruire i fatti, è soltanto un processo di deduzione, ma sono sicuro che esso non si allontana di molto dalla realtà. Cristiana, sconvolta dall’apparizione del marito, atterrita dall’orchidea, preoccupata per l’intervento della polizia, non arrivando a comprendere come Valerio potesse esser stato ucciso sul suo letto, viene fatta allontanare da me e discende in amministrazione. Qui trova Evelina che, dopo il mio breve interrogatorio ed essendo a conoscenza di alcuni dei maneggi ai quali si abbandona la sua padrona coi clienti della Casa di Mode, sicura che sia stata Cristiana a uccidere Valerio, l’accusa del delitto e la minaccia di rivelarmi la sua attività ricattatoria. Il terrore di Cristiana aumenta e lei, trovato voi in direzione, vi conduce nel vano della finestra perché madama Firmino non oda, e vi riferisce le parole della donna. Voi non avete esitazioni. Vi allontanate per pochi secondi dalla direzione, strangolate Evelina nel modo più semplice e sicuro, e tornate presso Cristiana a cui naturalmente nulla dite dell’azione commessa... Quando io scoprirò il cadavere, messo inevitabilmente sulle tracce dei ricatti di Cristiana O’Brian e conosciuto l’intervento di Evelina presso il commendatore N., non potrò che attribuire a lei anche il secondo delitto!... Ve l’ho detto, Gillis, la concezione e l’attuazione del vostro piano sono degni della più alta e geniale delinquenza!... Che rimane? Ormai, tutto è pronto perché voi possiate uccidere Edward Moran con la sicurezza che la sua morte verrà anch’essa attribuita a Cristiana. Non c’è che da cogliere l’occasione propizia. Ed essa vi si presenta assai presto. Nel primo pomeriggio di oggi, appena sapete che Cristiana è uscita, vi dite che quello è il momento. Vi recate alla pasticceria di via Santa Margherita, dove realmente Cristiana soleva dare appuntamento ai suoi amici... e a quei clienti della Casa di Mode ch’ella ricattava, e dopo esservi rimasto qualche tempo per poter raccontare a me d’esservi andato ad aspettare Cristiana, telefonate a Moran... Quel che gli abbiate detto per indurlo ad andare in Corso del Littorio io ignoro e voi probabilmente non me lo direte mai...”

Il sogghigno di Gillis si accentuò.

“Ma no! Io sono un buon figliolo in fondo e quando posso fare un favore... Perduto per perduto, tanto vale che vi tolga la curiosità... Gli ho detto che un amico lo aspettava nella stanza di Cristiana... che entrasse da via San Pietro all'Orto e salisse per la scala di servizio...”

“E lui vi ha creduto?!”

“Naturalmente! Avevo aggiunto che l’amico avrebbe portato un’orchidea all’occhiello e che se ne mettesse una anche lui... per segno di riconoscimento, come faceva in America...”

Adesso nell’ufficio non ci sono più che De Vincenzi e Sani. Sani guarda De Vincenzi.

“E anche questa è finita! Sei stanco?”

De Vincenzi gli sorride con rassegnazione.

“Quésto qui lo puoi chiamare il mistero... delle cinque orchidee...”

“Cinque? No. Delle tre orchidee. Una è stata un trucco mio e l’altra... un trucco del destino... Edward Moran non avrebbe dovuto mettersi quel fiore all’occhiello... Non avrebbe dovuto, dal momento che mi aveva affermato di aver mutato pelle...”



Fine