7.
L’uscio della camera di Cristiana era sempre aperto e sulla soglia apparve un signore molto alto, molto magro e molto lugubre. Recava sotto il braccio una busta di pelle e in testa un largo cappello nero spiovente. La cravatta a fiocco, nera, gli pendeva sopra il pastrano, che era chiuso quasi fino al collo. Diede un’occhiata nell’interno, guardò prima il cadavere, poi gli astanti. Si tolse il cappello e rimase dov’era. Era facile supporre che fosse il medico.
“Avanti, dottore.”
La faccia cavallina del giovane s’illuminò. Sembrò che con quell'immediato riconoscimento gli avessero teso una tavola di salvataggio.
“Sono venuto, non appena mi hanno avvertito...” e avanzò.
Una volta alla presenza del cadavere, la sua timidezza scomparve. Lo videro gettare in terra il largo cappello, deporre la busta di pelle sopra una poltrona, chinarsi sul morto. Lo osservò attentamente. Gli prese una mano al polso e gli sollevò il braccio, facendolo ricadere.
Si volse a De Vincenzi:
“Posso muoverlo?”
“Come volete, dottore. Soltanto ditemi prima se la posizione in cui si trova vi sembra normale per un uomo che sia stato ucciso in questa camera. Mi spiego. Credete che sia caduto a quel modo sotto la stretta dell’assassino e sia morto su quel letto oppure che ve lo abbiano trasportato e lasciato cadere dopo morto?”
‘‘Uhm!...” fece il medico e s’immerse in una nuova contemplazione del corpo.
Il busto giaceva sopra la coltre, un poco di traverso; la testa era piegata verso una spalla; le gambe ricadevano di fianco al letto e i piedi toccavano quasi il pavimento. La coltre di damasco grigio appariva tesa e non recava alcuna traccia di lotta. D’altra parte, le braccia di Valerio erano allargate a mani aperte.
“Voi lo avete osservato, commissario?”
“Naturalmente.”
“E che cosa ne avete concluso?”
“Dato che non si può strangolare qualcuno senza obbligarlo a dibattersi, mi sembra che quel corpo sia troppo composto per essere stato ucciso là dove si trova... La coltre non ha altre pieghe che quelle fatte dal peso del cadavere!”
Il medico scosse la testa.
“Vi ingannate, commissario!”
De Vincenzi ebbe un gesto di stupore.
“Voi direste che li, su quel letto, si è svolta una lotta mortale?”
“Certamente, no! Ma il vostro errore non è qui. Voi per necessità, non avendo dovuto digerirvi i trattati del Gross, del Niceforo, del Filomusi-Guelfi e del Nysten, ignorate che è stato sperimentalmente stabilito come un lieve trauma del nervo laringeo superiore possa determinare improvvisamente la morte per inibizione e moltissimi sono i casi di morte improvvisa o rapidissima per un colpo sulla gola anche non molto forte e tale da non lasciare alcuna traccia.”
“Ma qui i segni ci sono!”
"“Infatti...” e il medico indicò la gola della vittima, “... sono palesi alcune escoriazioni ed ecchimosi, che indicano come questo disgraziato sia stato afferrato alla gola e stretto fino al soffocamento. Ma mancano le erosioni a forma semilunare riproducenti l’impronta delle estremità laterali dell'unghia... No, credetemi, commissario, in questo caso la stretta è stata sagace e la pressione subito esercitata sul punto letale. Quel giovane è morto in pochi secondi e vedrete che l’autopsia mi darà ragione, perché non si troverà alcuna rottura delle fibre muscolari e tanto meno la rottura dell’intima e dell’osso ioide...”
“Sicché voi ammettete che possa essere stato ucciso su quel letto?”
“No! Sul letto lo escludo, ma per un’altra ragione. Se veramente la morte si è prodotta fulmineamente, la pressione deve esser stata parimenti fulminea... Orbene, vi sembra questa la posizione normale di un uomo sorpreso da un attacco?... No, evidentemente. Questo corpo giace nel modo che vediamo, perché vi è stato gettato dopo morto... E, meglio che gettato, deposto... Ma il luogo dell’uccisione lo ignoro; può essere in questa camera come a parecchi chilometri da qui... supposto che colui che lo ha ucciso fosse abbastanza robusto da portare per lungo tempo un simile peso...”
Si, le conclusioni del giovane medico erano perfettamente logiche e fondate. Valerio poteva essere stato ucciso sul letto di Cristiana O’Brian o altrove; eppure De Vincenzi aveva l’oscura sensazione che non fosse stato ucciso in quella camera. Sensazione, però, fino a quel momento assolutamente priva di alcuna logica giustificazione. L’assassino aveva potuto raggiungere Valerio nell’interno della stanza, colpirlo di sorpresa o alle spalle e poi gettarlo sul letto... Nessun bisogno, in questo caso, che vi fossero tracce di lotta.
“Da quanto tempo, secondo voi, è morto?”
Il medico ebbe un fugace sorriso, che ottenne l’effetto immediato di rendergli maggiormente lugubre il volto.
“Qui non abbiamo alcun sintomo di rigidità cadaverica e poiché essa appare, secondo i soggetti e la temperatura ambientale, da tre a sei ore dopo la morte, ne deduco che quel giovane è spirato all’incirca da tre ore e sicuramente da non più di sei... Si potrebbe basarci sul grado di raffreddamento del cadavere... prendendone la temperatura interna.,. In tesi generale si può dire che la temperatura di un cadavere va progressivamente abbassandosi di un grado Celsius all’ora, dai 26 gradi che è la temperatura accertata della morte... Ma tale giudizio è assai incerto e spesso erroneo... No, commissario, contentatevi di sapere che quell’uomo era sicuramente vivo sei ore fa e può anche essere rimasto vivo per almeno altre tre ore da quel limite massimo.”
De Vincenzi trasse l’orologio: erano le cinque e dieci minuti. Marta aveva veduto Valerio alle due; il giovane quindi era stato presumibilmente strangolato fra le due e le quattro, ora in cui Cristiana lo aveva trovato cadavere... ammesso che la padrona della Casa di Mode lo avesse effettivamente trovato cadavere.
Il dottore aveva raccolto il cappello e afferrato la busta di pelle.
“Lo manderete subito all’Obitorio?”
“Al più presto...”
“In tal caso, non avete più bisogno della mia opera...” Fece una specie di inchino al morto, un altro più dichiarato al commissario, diede uno sguardo Circolare agli astanti e, traversata la stanza con un numero straordinariamente breve di passi, in compenso assai lunghi, si dileguò nel corridoio, lasciando dietro di sé l’eco della sua voce monotona e cattedratica, che si ripercuoteva sull’ansioso silenzio di quel cadavere e delle quattro persone che lo circondavano. Il primo a romperlo - e fu come se si fosse trattato di una lastra di ghiaccio che scricciola e geme quando si frange, tanto aveva la voce acuta e in pari tempo arrochita -- fu Prospero O’Lary. “Vorrei pregarvi, commissario, di non mettere in atto il vostro proposito...”
De Vincenzi, che guardava l’orchidea, si scosse. “Quale?”
“Quello di far subito trasportar via il cadavere... La lettiga, prima vuota poi col suo lugubre fardello, dovrebbe per necessità passare davanti ai saloni che sono pieni di signore... di clienti... Senza contare il panico che si getterebbe fra le operaie e in tutto il personale...”
“Voi dimenticate, Prospero, che c’è la scala di servizio...” disse freddamente la signora O’Brian.
De Vincenzi notò che Cristiana aveva leggermente spostato la poltrona, in modo da non essere obbligata a contemplare il cadavere e si disse che la donna, per la quale Valerio non era che una bestiola domestica, aveva un grande desiderio di veder scomparire quei macabri resti. Si diresse al letto, afferrò per uno dei lembi la coperta di damasco e la rovesciò in modo da coprire la salma.
“Non ho nulla in contrario, signor O’Lary; tanto più che deve ancora venire il giudice istruttore a dare il nulla osta... Ma voi, signora, avete parlato di una scala di servizio...”
“Si. Essa scende da questo piano, comunica coi corridoi degli altri due e termina nel piccolo atrio che si apre di fianco alla casa, in via San Pietro all’Orto...”
“Il portone di via San Pietro all’Orto è costantemente aperto?”
“No, è costantemente chiuso. Occorre avere la chiave per entrare. Esso rimane aperto nelle ore di uscita e di entrata delle operaie e al martedì, che è la giornata in cui si ricevono i fornitori...”
“E le chiavi di quel portone chi le ha?...”
Cristiana si rivolse interrogativamente a Marta e la direttrice disse:
“La signora O’Brian, io, mister O’Lary, madama Firmino, la signorina Evelina e... l’aveva anche Valerio... oltre naturalmente Federico, che è il custode...”
“Sicché, oggi, l’uscio di servizio era chiuso?”
“Oggi, più che mai... Con la gente che gremisce i saloni, c’era da temere che qualche estraneo approfittasse di quel passaggio e si confondesse fra gli invitati... Noi non abbiamo un agente privato come altre Case di Mode; ma non per questo ci preoccupiamo meno di proteggere i nostri modelli... Voi forse ignorate, commissario, che si può rubare un modello di gran valore, anche soltanto guardandolo...”
De Vincenzi le sorrise con cordialità...
“Non lo ignoro, signorina... tant’è vero che vi pregherei di condurmi a far la conoscenza della vostra madama Firmino, che di quei modelli è la creatrice... Ho creduto di comprendere ch’essa è rimasta giù in direzione.,.”
“Infatti...”
“Ebbene, conducetemi in direzione...”
“Ma, commissario, madama Firmino, ve l’ho detto, si trova in costume da bagno e con la faccia unta d’olio!” intervenne quasi con violenza “Oremus.”
“Oh! non preoccupatevi, signor O’Lary! Mi è già accaduto altre volte di veder donne con la faccia unta d’olio aromatico!”