4. LE IDEE DI COBINA

 

Vergolli, seduto accanto al piccolo tavolo sul quale ghignava, stranamente viva, la scimmietta imbalsamata, s'era preso la testa fra le mani e meditava.

In verità la sua meditazione consisteva in una tumultuosa ridda di pensieri, uno più affannoso dell'altro.

Così, Vassilli Boldviski era stato ucciso nella stanza d'ingresso dell'appartamento di Cobina de Kergorlay, mentre Cobina e Assia si trovavano nelle stanze vicine. Udito un tonfo, erano accorse e avevano trovato l'uomo bocconi sul pavimento con un coltello conficcato nella schiena, fra le scapole. L'assassino s'era dileguato, lasciando l'uscio aperto. Ma come era riuscito a penetrare lì dentro? Non certo entrando dietro Boldviski, al quale aveva aperto Cobina, che gli aveva richiuso l'uscio alle spalle, seguendolo poi nella stanza da pranzo, dove il regista, pratico della casa, si era subito diretto e dove lo attendeva Assia.

Questo, almeno, era il racconto che gli aveva fatto Cobina; poche frasi brevi e taglienti, com'era nel suo carattere. E tutto il resto nell'oscurità. Nessuna spiegazione! Perché Boldviski si era recato da lei e perché era pratico della casa? Per quale ragione Assia lo attendeva? Sì, queste erano domande delicate, che Vergolli non avrebbe mai osato rivolgere alla donna. Ma ce n'era una più naturale, di domanda: "Perché Boldviski è tornato nell'ingresso? Stava andandosene? E in tal caso, perché voi o vostra figlia non l'accompagnavate?"

Cobina si trovava ancora in piedi, in mezzo alla stanza. E Assia accasciata sul divano. La voce di Paolo, dopo il lungo silenzio, risuonò improvvisa, così stranamente squillante, che le due donne sussultarono.

Assia si sollevò: "Mamma! Oh, mamma, adesso è necessario dire tutto..." Si volse verso Vergolli: "Boldviski era il marito di mia madre!"

Con un sorriso dolorosamente sarcastico, Cobina disse: "Ed era anche tuo padre, Assia! È per questo che io t'ho fatto cambiare nome, ed è per questo che t'ho obbligata a vivere sola, sperando che tu potessi farti una tua vita..." La sua voce strideva, quasi sibilando. Poi si fece dura e fredda. "Adesso capirete, Vergolli... molte cose... Oggi, Vassilli era venuto da me, come faceva assai spesso, ma ieri mi aveva chiesto di fare venire anche sua figlia. Mi aveva detto che aveva assoluto bisogno di parlarle, che avrebbe comunicato a lei e a me qualcosa di molto importante, forse di decisivo per la nostra esistenza. Che cosa? Lo ignoro. Era appena entrato, quando con uno dei suoi scatti consueti cominciò a inveire contro di me. Mi minacciò di togliermi Assia, di farla andare lontano, disse che noi gli stavamo accanto per spiarlo, che volevamo la sua morte... Io lo avevo veduto molte volte in quello stato di eccitazione, sapevo che i suoi erano veri e propri accessi di follia. Ma Assia no. Assia ha conosciuto suo padre qui in Italia, soltanto da pochi mesi, e io avevo sempre avuto cura di tenerla lontana da lui. Gli avevo chiesto, sì, di assumerla nell'Acidalia, di darle parti importanti per lanciarla; ma Boldviski sul lavoro era un altro uomo, si trasformava. Violento sempre, non viveva allora che per la sua arte, e poteva anche dimenticare d'essere la bestia crudele che era nella vita... Quando oggi l'ho veduto in quello stato, ed erano anni che non mi si mostrava così, ho trovato tutta la mia energia per imporgli di andarsene. Da quando è venuto in Italia e l'ho riveduto, io vado armata... Guardate!" Con un rapido movimento, il braccio che Cobina teneva contro il petto si distese e la sua mano apparve armata di una piccola rivoltella nera.

Vergolli balzò in piedi. Anche i suoi nervi erano allo stremo. La donna rise. Il braccio si ripiegò e l'arma scomparve.

"Sì. Boldviski deve aver compreso che non scherzavo, che non ero più la Cobina di una volta, la ragazza che lui aveva sposata e martoriata a Hollywood. Alzò le spalle e uscì quasi di corsa... Poco dopo sentimmo il tonfo e lo trovammo morto... Questa è la verità, Vergolli, quella verità che Assia ha voluto rivelarvi."

Certo, adesso Paolo comprendeva molte cose. Anche Cobina gli appariva umana. Ma la situazione delle due donne non era per questo meno terribile. Anzi, tutti avrebbero più che mai creduto che fosse stata la moglie a ucciderlo. Non era morto per un colpo di rivoltella Boldviski, è vero; ma un coltello non fa rumore, e la De Kergorlay poteva aver preferito quel mezzo anche se ne aveva a propria disposizione un altro più rapido e sicuro.

"L'uscio di casa era aperto, quando siete corse nell'ingresso?"

Fu Assia a rispondere: "Spalancato."

"E non avete pensato a gridare, a inseguire l'assassino per le scale? Non poteva essere lontano, se siete accorse subito..."

"Dimenticate che Vassilli Boldviski si trovava ai nostri piedi, con un coltello piantato nella schiena!". Gli occhi di Cobina de Kergorlay lucevano come carboncini nella semioscurità dello stanzone, e Paolo li vide gialli; più che mai la rassomiglianza della donna con un enorme soriano gli apparve impressionante... "Eravamo come paralizzate... C'è voluto qualche minuto prima che mi sia resa conto che quella era una realtà e non un sogno... e in quanto a mia figlia, è stato un miracolo se non è svenuta..."

"E siete venute da me! Sarebbe stato più opportuno e più logico che foste andate in Questura..."

Assia mandò un gemito breve come un singhiozzo, e Paolo fremette. C'era lei, naturalmente! A che scopo farla lunga? Sapeva benissimo che non l'avrebbe abbandonata; non ne sarebbe stato capace...

"In Questura non ci avrebbero credute. Boldviski è stato ucciso in casa mia, mentre noi due, sole, ci trovavamo con lui... E poi, avremmo dovuto spiegare... tutto!"

"Questo dovrete farlo in ogni caso."

"Ah, se fosse stato ucciso altrove... Se il suo cadavere lo trovassero... per caso... in un campo... in un fossato... Ce ne sono tanti di campi e di fossati, fra Roma e Cinecittà..." Gli occhi di Cobina brillavano.

Paolo ebbe un brivido. "Che cosa volete dire?"

"Voglio dire che il cadavere non ha perduto sangue, neppure una stilla, Vergolli! E Assia ha giù la sua auto... una piccola macchina chiusa..."

Un silenzio lungo.

Poi Vergolli disse, senza ironia e senza veemenza: "Ora è più chiaro. Per questo siete venute da me." Guardò l'orologio: "Sono lei sei e un quarto. Alle sei, Boldviski doveva trovarsi a Cinecittà; e, anzi, ci sarebbe stato assai prima, lui. E anche Assia e io avremmo dovuto esserci. Staranno tutti aspettando... Tra poco cominceranno a cercarlo, e a cercarci..." La stanza era quasi al buio. Dalla vetrata non veniva più che un tenue chiarore sempre più livido. Lunghe ombre si alzavano dagli angoli e tutti gli oggetti strani che popolavano quello stanzone assumevano alla luce del giorno morente sembianze da incubo. "Era questo il vostro progetto, dunque... Ma perché proprio io?"

"Lo avrei fatto e lo farei da sola, ma temo che il cadavere sia troppo pesante... Occorrerebbe fargli scendere le scale, portandolo come se fosse vivo..."

"Non avete un'idea di chi possa averlo ucciso?"

"Oh! Molte idee... Una più atroce dell'altra... Vi ho detto che io stessa potrei essere uccisa."

"Voi? Perché?"

"Il male che Boldviski faceva, insozzava chiunque gli stesse vicino... E io ero sua moglie... Capite, adesso, perché non voglio si sappia che Assia è sua figlia?"