12. IL VELENO DEI BORGIA

 

Il teatro 5 era assai grande; forse il più grande di Cinecittà. Trentasei metri per ottanta e sedici metri di altezza utile.

La Sala Rossa nella quale doveva morire Astorre Manfredi, signore di Faenza, nel palazzo dei Manfredi in centro alla città, era stata ricostruita nell'angolo estremo del teatro, e qua e là si vedevano scorci di corridoi e di sale, tagli di facciata con le eleganti bifore manfrediane, portali e ingressi rettangolari. Se Vassilli Boldviski aveva imposto a Vergolli, autore del soggetto, parecchie arbitrarie alterazioni della storia – come quella di far morire di veleno Astorre (che le cronache chiamano più fedelmente Astorgio III) nel suo palazzo di Faenza, mentre in realtà egli fu trucemente assassinato con spada e pugnale durante la sua prigionia in Castel Sant'Angelo – aveva voluto che gli ambienti fossero riprodotti con la maggiore fedeltà possibile. L'architetto e il pittore si erano recati sui luoghi e li avevano ricostruiti sulla base delle cronache e delle stampe.

Alle ventidue e mezzo, Flauti e Telma Zinger entrarono nel teatro. Nella semioscurità dell'ambiente gli elettricisti e gli esperti del sonoro si muovevano, recando le loro macchine, appostando microfoni e lampade, dai grandi spots ad arco, ai proiettori. A tratti si accendeva una lampada e un chiarore abbacinante rivelava lo spaccato di una sala, gli arazzi di una galleria o di un corridoio.

Tanto Flauti era nervosamente loquace, quanto Telma chiusa ed ermetica. La ragazza aveva deposto i fascicoli della sceneggiatura e dei dialoghi sopra una cassa e si era ficcata le mani nelle tasche della giacca.

Gli operatori, gli attori, il personale tecnico cominciavano ad arrivare. L'enorme galleria si riempiva di brusio, di richiami, degli scoppi improvvisi delle lampade ad arco.

"Avete ritelefonato all'Excelsior?"

Telma accennò di sì col capo.

"Non c'era? Non ne sanno nulla?"

La ragazza rispose con un'alzata di spalle.

"È incredibile! E neppure Vergolli si è visto. Sarà tutto un lavoro da rifare, il nostro di questa notte!"

Telma lo fissava stranamente. Scattò: "Ma non capite..." Si morse le labbra e tacque.

Flauti l'osservò con sgomento. "Che cosa non capisco? Che volete dire, Telma? Credete che gli possa essere accaduto qualcosa?"

"Al telefono non mi hanno voluto dire... ma qualcosa gli è accaduto di certo! Vi sembra possibile che Boldviski scompaia così, proprio il giorno in cui si deve dar principio a un nuovo film? Andiamo, via! E qui nessuno se ne preoccupa..."

"Nessuno se ne preoccupa? Siete ingiusta, Telma! Guardate Vernieri e Caienni! Li avete osservati al ristorante, mentre mangiavano con Sangalli? Quello parlava e loro non lo ascoltavano neppure... E Vernieri non ha toccato cibo! Ma che volete che facciano? Per loro questo film vuol dire parecchio denaro e non possono mica..."

Telma lo guardò con sarcasmo. "E credete che possano condurre a termine il film senza Boldviski?"

"Non lo credo, naturalmente... Mi prendete per un presuntuoso imbecille? Ma Boldviski non sarà mica morto, no?"

La ragazza ebbe un brivido. In quel momento squillarono i campanelli: erano le dieci e tre quarti.

"Venite... Attaccheremo con la scena di Menico. E subito dopo con quella di Nicholson... Maledizione! La morte di Astorre è una delle più importanti del film... Quella a cui Bold tiene di più... Lui sa persino quali sintomi di avvelenamento e di morte produceva la cantarella... e si era proposto di farli conoscere a Nicholson perché li riproducesse esattamente..."

In quel momento Nicholson si avvicinava. Era più che mai bello nel suo costume cinquecentesco, e sorrideva. Alto, snellissimo, il giubbonetto nero a sbuffi di pizzo bianco e il maglione gli modellavano la persona, mentre la parrucca castana, coi riccioli sulle spalle, dava risalto alla regolarità quasi femminea del suo volto. "E così, Flauti? Debbo proprio girare la mia gran scena, senza Bold? Non è che mi dispiaccia, badate: farla al vecchio è una vera gioia per me... È così insultante, coi suoi consigli e le sue ironie, quello scimmiotto, ed è tanto sicuro d'essere un padreterno capitato per errore fra noi poveri mortali! Guardate qua: mi ha dato una descrizione minuta del modo con cui debbo morire..." E mostrò un foglio. "Mi ha ossessionato, con questa morte! Voglio che davanti all'obbiettivo voi moriate veramente! Non è più il tempo delle pantomime e delle smorfie... Il pubblico non si lascia ingannare! Verità ci vuole! Verità! Morire veramente! Ne ha di belle, lo scimmiotto..." E Nicholson rise, volgendosi ad afferrare per un braccio Blanca Vertua che, ravvolta nella pelliccia di visone, traversava il teatro. "Blanca, non te ne andrai proprio adesso! Non mi lascerai morire senza di te, donna crudele! Io desidero che tu assista alla mia morte!"

Ma la ragazza non rise. "Non scherzare su queste cose, Set! Non è il momento..." Si volse a Flauti: "Nessuna notizia di Bold?"

L'aiuto regista negò col capo.

Blanca guardò Telma Zinger. "Non ne sapete nulla, voi?"

"Perché dovrei saperne qualcosa?" S'incastrò gli occhiali e la fissò: "Non è di me che Bold si occupa in questo momento..."

Nicholson ebbe uno scatto. "Lo sappiamo, Telma, piccola vipera! Lo sappiamo che il vecchio si è messo in testa di rovinare Blanca, come ne ha rovinate tante altre. Ma questa volta ha trovato pane pei suoi denti! Lascia che torni e poi ci penso io a fargli passare il capriccio..." Gli occhi del giovane s'erano fatti duri, metallici, e le mascelle gli si contraevano convulsamente. Stracciò il foglio che aveva tra le mani e ne gettò in terra i pezzi. "Al diavolo lui e le sue istruzioni..."

Blanca gli aveva messo una mano sul braccio e lo guardava con occhi supplici. Era pallidissima. "Set..."

Nicholson si placò. "Blanca!" disse con tenerezza. "Blanca..." Le sorrise. "Aspetta che abbia finito, cara. Poi andremo via assieme..." E si volse a Flauti: "Si comincia?"

Flauti chiese agli operatori, "Siete pronti?" Poi si volse a cercar Sibylle Wirtz. "Dov'è Sibylle?"

"Eccomi..." e Sibylle, sbucata di dietro a un fondale, andò a sedere accanto alla macchina da presa. "Si comincia dalla scena 123..." Si volse in alto e gridò: "Mettetemi un'altra madama lassù, che illumini il tavolo!"

Sid e Assia erano già ai loro posti. L'aiuto truccatore, un donnone in camice bianco, preparava le spugnette, la cipria e il catino sopra un tavolo presso lo spaccato della Sala Rossa. Blanca si lasciò cadere in una poltrona, accanto al muro nudo e calcinoso del teatro, e presso di lei in terra sedette Gita Garena. Era la mania di Gita di sedere in terra, con le gambe piegate sotto il corpo.

Flauti si avvicinò a Sid Renier. "Siete pronto, voi? Conoscete l'azione? Per carità, muovetevi con naturalezza. Per andare a mettere il veleno in un boccale, non c'è affatto bisogno di assumere pose da cospiratore. Non voglio smorfie, sguardi biechi, strabuzzare d'occhi! Intesi?"

Il vecchio si contentò di sorridere, scoprendo la sua dentatura guasta e gialla, tutta vuoti. Poi si alzò e si mise in posa. Davanti a lui si teneva pronto uno degli aiuti operatori col ciak.

Flauti tornò accanto al carrello della macchina da presa. Suonarono i campanelli. Si fece il silenzio totale, neppure rotto dal motore del sonoro, poiché in quella scena Menico Sanguigni aveva da agire senza parlare.

"Via!" ordinò Flauti.

La macchina cominciò a girare. Il ragazzo del ciak alzò la tavoletta fra il volto di Sid e l'obbiettivo e contò a mezza voce: "Uno... due... tre..."

Sul ciak si leggeva:

105

ACIDALIA FILM

CESARE BORGIA – N. 24 A

BOLDVISKI

"... otto... nove... dieci!"

Si udì il rumore delle tre tavolette percosse... ciak... e l'aiuto operatore corse lontano col suo strumento, al quale cambiò il numero.

Sid si mosse. Strisciò lungo la parete, entrò nella Sala Rossa, si avvicinò al tavolo e versò il veleno nel boccale. Poi tornò indietro. Era tutto.

"Si ripete..." gridò Flauti, mentre il carrello che aveva seguito Sid tornava lentamente al suo posto.

L'aiuto truccatore si avvicinò a Sid e gli asciugò il sudore con la spugna, mettendogli con l'altra mano un po' di cipria sul cerone.

La scena si ripeté, identica. Via... ciak...

Sid aveva agito naturalmente. Non gli si poteva chiedere di più. Bastava il suo volto, che sotto la truccatura e alla luce violenta degli spots appariva particolarmente ripugnante, a caratterizzare la scena.

"Benissimo!" gridò con entusiasmo Sangalli, che era entrato in quel punto con Vernieri e Caienni, e che voleva dimostrare come anche lui servisse a qualcosa.

Flauti diede un'occhiata ai due padroni dell'Acidalia. Poi si avvicinò a Caienni. "Volete proprio che vada avanti senza Boldviski?"

"Naturalmente! Continuate!"

La voce di Caienni era stridula. La barba setosa gli si agitava nervosamente. Accanto a lui, il faccione di Vernieri appariva disfatto.

Sangalli batté allegramente una mano sulla spalla del giovane regista. "Coraggio, Flauti! Ecco il momento di guadagnarsi i galloni."

Flauti si diresse verso la macchina da presa, che gli operatori stavano mettendo a fuoco, davanti al tavolo centrale della Sala Rossa. Non si sentiva tranquillo. L'assenza di Boldviskí lo aveva sconvolto. Era inspiegabile, quell'assenza! E lui doveva girare proprio una delle scene più importanti, con quell'indemoniato Nicholson, che voleva fare sempre a modo suo.

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ACIDALIA FILM

CESARE BORGIA – N. 24 B

BOLDVISKI

"Via! Uno... due... nove... dieci... Ciak!"

E la scena cominciò.

Sibylle scrisse: ore 23, minuti 12, secondi 4... In scena Nicholson e Assia Paris...

Astorre Manfredi, seduto nella grande poltrona, davanti al tavolo, aveva sulle ginocchia Luisella Paoli. In lui l'ebbrezza cominciava ad agire, e Nicholson la rendeva ottimamente. Baciò la ragazza. "Al diavolo il Valentino... e quel dannato Papa! Le truppe di Cesare ci hanno attaccati, eh? Ma Faenza è un osso duro: se ne accorgerà, il bastardo!" Si portò la coppa alle labbra. La ragazza gli scivolò di grembo, per cadergli ai piedi. Lo abbracciò alla vita, riversando il capo all'indietro, scoprendo il petto. Assia faceva la sua parte con abbandono: si sarebbe detto che fosse ebbra anche lei. Set si chinò e la baciò ingordamente sulla bocca. Ma, quando si ritrasse, un lampo di spasimo gli passò sul volto. Deglutì a più riprese, battendo le labbra, facendo schioccare la lingua contro il palato.

"Mi sento ardere... dammi da bere..." Erano le parole del testo.

Assia ebbe un movimento rapido e repentino, davvero felicissimo. Si rizzò, gli si fece contro con l'anca e col petto, afferrò il boccale e glielo tenne alle labbra perché bevesse.

"Quella ragazza è molto brava!" mormorò Sangalli all'orecchio di Vernieri.

Questi e Caienni fissavano la scena con tutta la loro attenzione. Anche Blanca e Gita Garena s'erano alzate e avevano fatto qualche passo silenzioso, avvicinandosi al carrello della macchina da presa, che era al di qua del limite del quadro.

Pallidissimo, Flauti seguiva i movimenti dei due attori, mordendosi le labbra, protendendosi verso di loro col capo e col busto.

"Ah! Il Valentino crede di piegarci! Faenza sostiene l'onore di tutti gli italiani..." Astorre si alzò con veemenza, allontanando la donna da sé, aggrappandosi con le due mani al tavolo. Appariva in preda a una agitazione angosciosa. Si portò le mani al colletto e se lo sganciò, con uno strappo. "Soffoco..." mormorò. "Soff..." Fece qualche passo disordinato.

Assia aveva dato un balzo e s'era cacciata dietro lo schienale della poltrona. Lo fissava con occhi sbarrati, rivelando a meraviglia l'orrore e l'ansia del momento.

Tutti fissavano Nicholson. Era davvero magnifico! Non lo avevano mai veduto recitare così. Rendeva gli spasimi dell'agonia con verità impressionante.

È una rivelazione, pensò Flauti e per la prima volta gioì dell'assenza di Boldviski.

Nicholson si era immobilizzato. Tentò di parlare e dalla gola non gli uscì che un suono strozzato, un orribile gorgoglio. Anche sotto il cerone il suo volto appariva tumefatto, le corde del collo gli si gonfiavano. Cominciò a tremare. Il convulso gli si fece sempre più forte, tutto strappi. Dalla bocca gli colava una bava biancastra. Era d'una verità spaventosa. Si udì un grido: "Set!" Blanca si aggrappava disperatamente a Gita Garena, ed era così esangue da sembrar morta.

Flauti si volse con violenza, agitando le mani. Cretina! Gli voleva dunque rovinare la più bella scena che fosse stata mai girata? Guardò con ansia Nicholson, temendo che il grido di Blanca lo avesse smontato. Ma proprio in quel momento, il giovane cadeva a terra. Fu una caduta magistrale, da grandissimo attore. Il corpo rigido si abbatté di colpo senza flettersi sulle gambe, quasi fosse divenuto d'acciaio. E appena a terra, s'inarcò. Soltanto l'occipite e i talloni toccavano il pavimento. Per qualche istante rimase così, poi si afflosciò e apparve inerte.

"Taglia!" gridò Flauti. "Dopo faremo un primo piano della faccia..." Si chinò verso Sibylle e le disse:

"Buonissimo!"

Sibylle assentì col capo, e accanto all'ultima colonna del suo registro scrisse placidamente una grande B.

Flauti s'era lanciato verso Nicholson. "Bravo! Sei stato grande! Veramente grande! Lascia che ti abbracci..." Gesticolava, sembrava impazzito di gioia. Si volse verso il gruppo di Sangalli e dei due padroni dell'Acidalia: "Avete visto? Un capolavoro!"

Ma Nicholson non si muoveva da terra.

"Set! Bravo!" Flauti gli si era inginocchiato accanto e lo afferrava per le spalle: "Bravo, Nicholson!" Lo sollevò; ma il capo dell'attore ricadde pesantemente e diede un suono sordo sul tappeto.

Allarmato, Flauti lo osservò, gli mise una mano sul cuore, mentre con l'altra lo colpiva leggermente alle guance, per scuoterlo. "Set! Set!" gridava adesso con voce interrotta. "Set, per amor di Dio!" Si rizzò con veemenza: "Il dottore! Il dottore, perdio... Nicholson sta morendo!"

Gli altri gli corsero attorno. Qualcuno si precipitò fuori dal teatro.

Si udì il tonfo del corpo di Blanca Vertua, che cadeva svenuta.