10. INTERVALLO
Avevano girato per circa un'ora. La scena dell'arrivo in barca, l'entrata al Castello, il passaggio di Menico e di Luisella sugli spalti, la consegna della cantarella venefica al sicario con l'incarico di farla bere ad Astorre Manfredi, signore di Faenza.
Le grazie di Luisella sarebbero servite a distrarre il giovane principe e a fargli bere il vino avvelenato. Doveva esser questa la scena che Boldviski aveva deciso di girare, dopo gli esterni del fiume e del Castello. La Sala Rossa della rocca di Faenza era già montata e pronta nel teatro 5.
Flauti guardò l'orologio: le ventuno e tre quarti.
Si volse al commendator Sangalli, che aveva assistito a tutto il lavoro. "Bisognerà mandarli a mangiare..."
"Date un'ora di riposo, poi riprendete. Voglio assolutamente che tutte le scene messe a punto da Boldviski siano girate stanotte" intervenne Caienni, che si era alzato dalla sua poltrona e aveva udito.
"Riposo per un'ora!" gridò nel megafono Flauti. "Tutti coloro che prendono parte alle scene di Faenza debbono trovarsi alle ventidue e tre quarti al teatro 5... Spegnete."
Le luci si spensero. Tacque il motore. Si udì la ghiaia scricchiolare sotto i talloni degli attori che si affrettavano verso il ristorante, e gemere la gru che lentamente girava per riportare dall'acqua sullo spiazzo il carrello con gli operatori. Dalle scale di legno della costruzione venne il rumore caracollante degli svizzeri, che andavano a spogliarsi: per quella notte le comparse avevano finito.
Flauti diede qualche ordine a Telma Zinger. "Come vi sembra che sia andato?" le chiese poi.
La ragazza si strinse nelle spalle e guardò il giovane. "Per essere andato, è andato..."
"Già! Volete dire che sarà fatica sprecata: Bold non visionerà neppure le pellicole, e domani sera rifarà tutto lui!"
Un'ombra passò sul volto di Telma. "Bold," mormorò, e aggiunse a voce più alta, "vado di nuovo a telefonare all'albergo. L'unica speranza è che si sia sentito male, che abbia dovuto rientrare a coricarsi. Altrimenti la sua sparizione è inspiegabile." Chiuse i fascicoli che erano sul tavolo, se li mise sotto il braccio e si avviò quasi correndo.
Sangalli si avvicinò ai due produttori. Vernieri, che era seduto, si alzò. Pallido, mordeva nervosamente il suo grosso inseparabile sigaro. "Ebbene, Flauti non è male, vero? Ha molto imparato da Boldviski..."
"Uhm!" fece con poca convinzione Micheluccio, combattuto fra la preoccupazione di quell'assenza catastrofica, e il terrore dello scoppio furibondo che avrebbe avuto il regista quando fosse tornato e avesse saputo che s'era dato inizio al film senza di lui.
"Oh! È un giovane di valore," fece Caienni; e sentenziò: "Nessuno al mondo è indispensabile e insostituibile. Quella di oggi sarà una lezione, per qualcuno!"
Vernieri lo guardò di traverso. "Staremmo freschi, se ci mancasse Boldviski!"
"Perché vuoi che mi manchi? Chi t'ha detto che vorrei che ci mancasse? Non io, certo! Conosco il valore di Boldviski, altrimenti non lo pagheremmo quello che lo paghiamo. Ma appunto per questo non deve trattarci come ci tratta! Avrà trovato una donna, oggi, e ha creduto di potersi infischiare di noi, dell'Acidalia, del film e di tutti! Lo sai bene che Bold, se s'incapriccia di una donna, non vede più nulla. Anche in America era lo stesso... Che credi? Perché a Hollywood la Metro Goldwyn non gli ha rinnovato il contratto? Perché..."
"Taci!" fece con voce sorda Vernieri.
Gli occhi di Sangalli si erano accesi di curiosità. "Eravate con lui a Hollywood, voi due?"
"Uhm!" grugnì Micheluccio, facendo passeggiare l'avana fra le labbra.
"Anche laggiù facevate il cinema?"
"No. Vernieri e io, no. Avevamo una banca..." Ma subito tacque, pentito di quanto aveva detto. Si diede una lisciata alla barba. "Venite a mangiare un boccone con noi, Sangalli? Se Flauti gira tutte le scene di Faenza come gli ho detto di fare, finiremo per lo meno alle quattro questa notte, e voi dovrete pur mangiare..."
"Andiamo," disse Sangalli. "Vi invito io, però. Sono il padrone qui, e per la prima sera sarete miei ospiti."
Sullo spiazzo, davanti alla piscina ormai buia, non c'erano che le seggiole e i tavoli. I tre si avviarono per il viale e scomparvero dietro il magazzino vestiario.
Allora, Assia scese dal loggiato dov'era rimasta e uscì dalla costruzione posticcia. Era stata una fortuna che avessero cominciato a girare subito e che non l'avessero interrogata. Non avrebbe saputo né fingere né rispondere. Si sentiva in preda a un'ansia mortale. Che cosa era avvenuto di sua madre e di Vergolli? Si era mossa e aveva recitato le sue due scene come un automa, senza capire una parola. Davanti a sé vedeva sempre il corpo di Boldviski rovesciato contro il pavimento, col manico giallastro del pugnale conficcato tra le scapole. E Boldviski era suo padre!
Rabbrividì e si strinse il mantello attorno alle spalle. Si trovava davanti all'acqua della piscina, adesso immobile: uno specchio livido che raccoglieva tutte le luci delle lampade lontane. Lo fissò per qualche istante.
La scenata di suo padre, pochi minuti prima che lo uccidessero, era stata d'una violenza terrificante. Tutto l'egoismo feroce dell'uomo aveva urlato insulti e minacce contro di lei e di Cobina. Aveva compreso di colpo perché mai sua madre lo avesse abbandonato dopo due mesi soli di matrimonio, e fosse fuggita dall'America in Italia, incinta, senza mezzi e senza parenti o amici che l'aiutassero. Una bestia era, non un uomo: una bestia malefica! Aveva bisogno di esser lasciato libero, avrebbe acconsentito a far rimanere a Roma Assia, purché lavorasse nel film senza occuparsi di lui; ma Cobina doveva andarsene. Non poteva più vederla! "Sei un incubo, capisci?" le aveva gridato. "Porti disgrazia! Finirò con l'ucciderti, se rimani!" Sua madre gli aveva chiesto con sarcasmo: "Vorresti addirittura sposarla? E credi che se io me ne vado, potrai farlo? Sta' attento! Non sarò io a portarti disgrazia. Blanca Vertua non è desiderata soltanto da te: c'è qualcuno che te la contenderà, questa volta!" Lui allora le si era scagliato addosso per colpirla, e Cobina gli aveva puntato la rivoltella contro...
Assia tremava. L'umidità della piscina, il freddo acuto della notte le penetravano nelle ossa.
Trovò la forza di scuotersi, si allontanò dall'acqua, si diresse lentamente verso i grandi edifici dei teatri e dei magazzini. Si sarebbe rifugiata nel suo camerino... Pensò che se Vergolli fosse tornato l'avrebbe cercata al ristorante e lei aveva una grande voglia di vederlo subito. Come sarebbe riuscito a proteggere sua madre, Vergolli? La polizia avrebbe creduto a quel fatto incredibile, che Boldviski era stato ucciso da uno sconosciuto entrato in modo inspiegabile, fuggito con una rapidità da prestidigitatore, che non aveva lasciato tracce, che si era dileguato come nebbia al vento? O, piuttosto, non avrebbero fatto l'unica supposizione ragionevole: l'ignoto una invenzione, l'assassina sua madre... o lei?
All'altezza dello studio 5, al principio del viale, vide un'ombra venire verso di lei. Sulle prime credette che fosse Vergolli, e quasi gli corse incontro e dovette farsi forza per non gridare; ma alla luce del primo grande globo l'ombra si profilò nettamente: era avvolta in un mantello e il berretto a punta aveva una penna diritta. Non era Vergolli. Assia si fermò e attese. L'ombra si avvicinò, prese corpo. La giovane riconobbe Sid Renier, che aveva girato con lei, e che con lei doveva recitare tra poco le scene di Faenza.
I battiti precipitosi del cuore le si placarono: nulla di strano che Sid la cercasse.
"Siete voi, finalmente! Non vi ho veduta al ristorante e non eravate nel vostro camerino..."
"Ma c'è tempo! Perché vi preoccupate di me?"
Sid le si era messo accanto. Camminarono per il viale.
"Una sera fredda, troppo fredda per rimanere laggiù accanto all'acqua."
"Già!" mormorò Assia. "L'umidità penetra nelle ossa, c'è da prendersi un malanno, e non sempre i malanni sono mortali..."
Ma che cosa diceva? Col vecchio non aveva alcuna dimestichezza. Sapeva soltanto che abitava nella medesima casa di sua madre, perché qualche volta lo aveva incontrato nel portone o per le scale. E adesso gli andava parlando di malanni mortali...
"Scusatemi, Sid... Non sono del mio umore, stasera. Ho voluto rimaner laggiù a guardar l'acqua..."
Il vecchio tacque qualche minuto, poi chiese: "Non c'è vostra madre con voi?"
"No." Ebbe uno scoppio forzato di riso. "Che credete, che non sia grande abbastanza da andar sola?" Ma il riso le si spense: la voce di Sid le era sembrata piena di strane inflessioni.
Seguì un altro silenzio. Verosimilmente l'attore voleva dirle qualcosa di grave. Non a caso l'aveva cercata e non era per parlarle delle scene che stavano per girare che le imponeva la sua compagnia. A un tratto si fermò: sicuro! Sid abitava nella stessa casa di sua madre... E loro avevano trovato la porta aperta...
"Sid?" mormorò con angoscia, cercando di vederlo in viso, di afferrargli lo sguardo.
Il vecchio chinò la testa. "State tranquilla!" mormorò. "Non dite nulla! Io vi ho cercata per consigliarvi di tacere. Occorre che qui non si accorgano di niente!"
"Sid!" ripeté lei, atterrita.
E lui le prese il braccio e le soffiò all'orecchio: "Sid vuole aiutarvi! Nessuno è più felice di me che Boldviski sia morto."