30. RAPPORTO
Soltanto la lampada col paralume verde, bassa sulla scrivania del Questore, era accesa.
De Vincenzi entrò, traversò la lunga stanza, sedette di fronte al suo capo. Questi sollevò un poco la lampada, per vederlo in volto. "Stanco?"
"Sfinito."
"Venite dalle Mantellate?"
"L'ho messa in un tassì. L'hanno accompagnata laggiù il vicecommissario D'Angelo e un agente."
"Reazione?"
"Una sola e violenta, quando le ho detto di sapere che non era stata lei ad avvelenare Nicholson."
"Già..." Nessun segno di meraviglia e una domanda placida: "Voi credete che io sappia chi ha ucciso Nicholson?"
"Lo credo, commendatore. Voi mi avete detto: e Nicholson dovrebbe a rigore essere stato ucciso da Boldviski... e me lo avete detto, quando neppur io ne ero sicuro."
"Ricordate le mie parole? Ma io ho aggiunto, se il regista non fosse stato reso cadavere prima di lui..."
"Qualche volta i cadaveri uccidono."
"Quali prove avete contro Boldviski?"
"Queste..." E De Vincenzi depose sul tavolo un libro e alcuni fogli. "Sono gli appunti lasciati da Boldviski."
Il Questore prese i fogli e, a uno a uno, lentamente li lesse. Poi alzò il capo. "Boldviski dunque non ha voluto uccidere Nicholson per gelosia?"
"Nella sua mente aberrata, ha scelto Nicholson per la sua macabra esperienza, anche pensando di liberarsi così di un rivale fortunato."
"Credete che volesse servirsi nel film della scena girata davanti all'agonia reale dell'attore?"
"Può darsi... Comunque, era soprattutto l'arte pura che voleva servire... Doveva sentirsi come il sacerdote di una religione selvaggia: immolava la vittima al suo Dio. Nessuna morte davanti all'obbiettivo poteva essere più reale di quella, ed egli voleva che il cinema fosse verità."
"Come avete fatto ad ammettere una possibilità tanto inverosimile?"
"Gli indizi, se di indizi si può parlare, mi hanno diretto fin dal principio verso un'unica persona, e questa persona era morta... Naturalmente, ho dovuto lottare contro la mia stessa ragione per accettare un'ipotesi che mi appariva impossibile. Il primo fatto che mi ha colpito è stato l'ordine dato da Boldviski a Telma Zinger di mettere nel boccale la vernaccia, subito seguito dal contrordine di riempirlo invece di vino di Malaga... La vernaccia è l'unico vino che abbia un sapore amarognolo, e la stricnina è amarissima. Chi avesse voluto avvelenare qualcuno a quel modo avrebbe dovuto scegliere la vernaccia e non il vino di Malaga... Ma quando ho trovato nella valigia di Boldviski quel volume, il mistero mi si è svelato, e la prova contro Boldviski è divenuta probante..."
Il Questore prese il volume e ne lesse il titolo: Gifi, di Hugo Glaser. "Conosco! È una specie di storia del veleno."
"Aprite a pagina 240. Vi troverete un passaggio segnato a margine con la matita turchina... Il segno non può non essere stato fatto da Boldviski."
Il passaggio diceva: Allo stesso pretesto ricorse un farmacista di Praga che avvelenò sua moglie con stricnina versata in un bicchiere di Malaga. Il Questore taceva. "Suggestione..." mormorò poi. "Ebbene, e per Telma Zinger? Chi vi ha fatto credere che fosse proprio lei il misterioso fattorino?"
"L'uccisione di Boldviski era soprattutto inspiegabile per il modo con cui era stata compiuta. Qualcuno era entrato, senza effrazione, naturalmente, ché altrimenti sarebbe stato udito, nell'anticamera dell'appartamento di Cobina de Kergorlay; vi si era appiattato e aveva colpito il regista alle spalle. L'ipotesi sarebbe stata accettabile, se il corpo di Boldviski fosse caduto con il capo rivolto verso l'uscio d'ingresso; ma invece era il contrario: il cadavere giaceva rivolto verso la porta della stanza da pranzo. Quindi, impossibilità assoluta per l'assassino di non essere stato veduto da lui che, badate bene, stava uscendo dalla camera da pranzo. In un primo tempo ho pensato che Cobina de Kergorlay mentisse, e che l'assassina fosse lei; ma l'ipotesi non mi sembrava accettabile anche perché la donna, quella donna, dato il suo carattere e dato il movente che l'avrebbe spinta a uccidere, si sarebbe certamente, e con spavalderia anzi, dichiarata colpevole e avrebbe quasi di sicuro trovato giudici che l'avrebbero assolta... Ammesso questo, mi sono detto che Cobina, pur non mentendo, doveva essere reticente... Taceva, vale a dire, qualcosa che aveva udito o visto, prima o dopo la morte di suo marito. Che cosa? Evidentemente un fatto che avrebbe potuto rivelare il colpevole. Ma perché lei avrebbe avuto interesse a nascondere l'assassino? Una sola poteva essere la ragione di un simile atteggiamento: il terrore di essere uccisa anche lei... Doveva trattarsi, quindi, di qualcuno che aveva colpito Boldviski per vendetta o per gelosia. Una donna con tutta probabilità e, quando udii Telma Zinger dirmi di Boldviski: "Se mi avesse battuta avrei baciato le sue mani", un lampo mi si fece nella mente, e una volta formulata l'ipotesi di un delitto compiuto da una isterica passionale, quale senza dubbio mi era parsa Telma Zinger, giunsi facilmente alle ultime conclusioni, e accettai tutte le ipotesi..."
Il Questore taceva e guardava De Vincenzi con profonda tristezza.
"Gli indizi si accumularono. Soltanto Telma Zinger aveva parlato con Sid Renier, ed era stata lei a suggestionarlo al punto da indurlo a farsi fare una chiave falsa, per entrare nell'appartamento della de Kergorlay a cercarvi un documento che non c'era e che non poteva esserci, perché invenzione pura della Zinger... Poi le rose gialle, poi il fatto che soltanto Telma Zinger aveva il fisico adatto a impersonare un ragazzo... Oh sì, l'ultima carta l'ho giocata a colpo sicuro e senza merito..."
"Già, senza merito..." mormorò l'altro. "Se pure non ne aveste altri, avreste quello di avere sofferto! Si soffre sempre, quando si deve guardare nel fondo di un'anima umana... Anche a non farsi illusioni, la verità che ci appare è in ogni caso troppo disperata per non soffrire! Io non ho nessuna fiducia nella bontà degli uomini. E la vita senza bontà è un giardino senza sole. Per questo mi sento sempre terribilmente triste, per quanto, naturalmente, nessuno se ne accorga!"
E De Vincenzi non gli disse che, lui, se ne era accorto.
FINE