7. DI NUOVO IL MINUETTO

 

"Ho telefonato alla Questura. Adesso, verranno..." E si appoggiò anche lui al muro, accanto alla donna.

Cobina non si era mossa di dove l'avevano lasciata, Mormorò: "Assia?"

"È andata a Cinecittà. Voi avevate ragione a dire che doveva andarvi; ma io temo che non sappia recitar la commedia. Non ho fatto a tempo a consigliarle una menzogna plausibile per spiegare il suo ritardo..." Il pianerottolo, adesso, era buio e nel più completo silenzio. Il pianoforte non suonava più. Vergolli si sentì invadere da un nuovo senso d'angoscia. "Eppure ci deve essere una lampada!"

Cobina si mosse. "Entriamo in casa."

Vergolli la trattenne. "No. Voi siete fuggita di casa, appena avete veduto Boldviski morto, e siete corsa da me. Io vi ho ricondotta qui e ho avvertito la polizia; a voi è mancato il coraggio di rientrare a casa vostra, sapendo quel che vi avevate lasciato, e io non avevo alcun desiderio di contemplare il cadavere del mio regista. Così, la storia regge... dobbiamo attenderli qui..."

"E la porta aperta?"

"Nell'ansia della fuga, voi non ricordate se l'avete lasciata chiusa o aperta..."

In quel momento la lampada del pianerottolo si accese, e dal basso vennero alcune voci e il rumore di gente che saliva.

Cobina s'irrigidì. Strinse le braccia contro il petto, nella posa che le era abituale, e attese. Vergolli avrebbe giurato che un leggerissimo ironico sorriso le increspava le labbra.

Finalmente comparvero due uomini, che ebbero un sussulto a veder quelle ombre sul pianerottolo. "Chi siete, voialtri?" chiese il più basso dei due, che sembrava anche il più autorevole, con quella sua pancettina a pera, adorna d'una grossa catena lucente.

Vergolli gli si fece incontro. "Polizia?"

"Sì. Sono il commissario Balestra. Che fate qui, voi? E quella signora chi è?"

"È la padrona dell'appartamento nel quale è stato commesso il delitto. Io sono un suo amico. Sono stato io a telefonarvi."

L'uomo si guardava attorno. Sembrava meravigliato. Si voltò verso la casa a cercar con lo sguardo la portinaia che avrebbe dovuto accompagnarli. "Ma dove s'è cacciata, perbacco!"

Si sentì l'ansimare della donna che saliva, e una voce acuta. "Vengo, vengo... Ho il mal di cuore, io! Credete che vi possa correr dietro?" Arrivò rossa anche di capelli, col volto pieno di lentiggini e per niente obesa, sicché quel suo ansimo non era in carattere colla sua persona scarna. Gli occhietti piccini le scintillarono, quando vide Cobina. "Che diavolo avete fatto?" chiese con veemenza, rivolta alla donna. "Che cos'è questa storia di assassinio?

Il maresciallo avanzò. "Dov'è il cadavere?" Scrutava il volto di Cobina. Poi si voltò a osservare Vergolli. Doveva sentirsi perplesso. Che lo avessero fatto venire per nulla?

Paolo indicò la porta socchiusa. Il maresciallo la contemplò qualche istante, poi spinse il battente, lo spalancò e si fece sulla soglia. La luce era sempre accesa; il cadavere giaceva sul pavimento.

L'uomo mandò una specie di grugnito, che si sarebbe detto di soddisfazione. "È casa vostra questa?" chiese a Cobina.

"Sì."

"E quello chi è?"

Fu Vergolli a rispondere: "Era Vassilli Boldviski, regista..."

"Che cosa?"

"È lungo a spiegarsi. Un cineasta, insomma..."

La spiegazione era peggio di niente, e il maresciallo rinunciò a capire. "Chi lo ha ucciso?"

"Credo non sia molto semplice rispondere a questa domanda."

"Ma voi lo conoscevate?"

"Io? Sì."

"No, dico alla signora. Non è il vostro appartamento, questo?"

"Ve l'ho detto."

"Dunque?" chiese il maresciallo in modo aggressivo, facendosi contro Cobina.

"Naturalmente. Lo conoscevo. Era venuto a farmi visita."

"E non sapete chi lo ha ucciso?"

"No."

Si sentì un sospiro che sembrò un lamento. La portinaia era riuscita ad arrivare all'uscio e aveva visto il cadavere. "Madonna mia! " gemette.

Il maresciallo la guardò, alzò le spalle, fece un passo nell'interno. "Entrate tutti. Tu rimani sul pianerottolo ad aspettare il commissario. Deve arrivare dalla Centrale."

L'agente si piantò contro uno stipite.

"E adesso vediamo un po' di capirci qualcosa!" Ma tacque e si chinò. Quando si volse verso Cobina e Vergolli aveva un grande fazzoletto colorato nella mano e lo mostrava.

"Che cos'è questo?"

"Un fazzoletto, probabilmente," fece Vergolli; ma vide Cobina che spalancava gli occhi atterriti; cambiò tono: "Dove era? "

"Lì, in terra. A chi appartiene?"

"Non so..." mormorò Cobina.

Il maresciallo alzò le spalle e depose il fazzoletto sopra una seggiola. Ripeté: "Vediamo di capirci qualcosa..."

E per capire, cominciò col fare il giro di tutte le stanze, accendendo le luci. Cobina e Vergolli erano rimasti nell'anticamera. Impassibile, la donna non guardava il cadavere; Paolo, dopo una prima occhiata alla nuca del morto, trasse un astuccio d'argento e accese una sigaretta. Se non fosse stato preoccupato per Assia, gli sarebbe stato facile mostrarsi indifferente. In fondo tutta questa storia non interessava che la sua curiosità. La morte di Boldviski, avvenuta a quel modo, era per lui un rebus e null'altro. Alquanto difficile da spiegare, per di più, e quindi tale da acuire le sue facoltà di osservazione e di ragionamento. Come avesse potuto fare l'assassino, per esempio, a entrare in quella stanza senza essere veduto da Cobina e da Boldviski e senza allarmare quest'ultimo, era un enigma. A un certo momento, Boldviski era andato nell'anticamera, per uscire, ed era stato colpito alle spalle... Cobina e Assia erano accorse e avevano trovato il cadavere, la porta d'ingresso spalancata e nessuna traccia dell'assassino... Guardò il corpo disteso a terra: il cranio del regista era rivolto verso la stanza da pranzo. Posizione poco logica, se l'uomo stava per andarsene...

"Nessuno! La casa è vuota!"

Il maresciallo tornava annunziando quel fatto quasi fosse una novità sorprendente. E si mise a osservare Cobina con sempre maggiore diffidenza. La donna alzò impercettibilmente le spalle e il sorriso ironico le si fece più preciso sulle labbra. "Volevate che l'assassino rimanesse qui ad aspettar voi?"

"A che ora lo hanno ucciso?"

"Saranno state le quattro."

"Eravate sola in casa?"

Aveva trasalito, ma si dominò subito. "Sì, ero sola."

"E lui," il poliziotto indicò il morto, "era venuto a farvi visita?"

Cobina non rispose.

"Voi! Lo avete veduto entrare?"

La portinaia diede un balzo. Era rimasta accanto all'agente, sulla soglia dell'uscio. "Mi sembra... non garantisco... a ogni modo, non l'ho visto uscire..."

"Lo credo! E non sapete dirmi altro? Non avete visto uscire qualcuno? Che cosa facevate alle quattro?"

"Ero in portineria... Non ricordo cosa stavo facendo, ma posso assicurarvi che non è passato nessuno... Ricordo benissimo tutti coloro che sono entrati e usciti nel pomeriggio di oggi. Credete che non sappia fare il mio mestiere, io?" S'era ripresa e parlava con sicurezza.

Il maresciallo trasse un taccuino e una matita. Si diede una manata al cappello per cacciarselo indietro dalla fronte. "Ebbene, allora, sveglia! Ditemi i nomi di chi è entrato e di chi è uscito."

"Dio mio! E da che ora?"

"Cominciate da dopo colazione. Ma andiamo per ordine... Quanti sono gli inquilini di questa casa?"

"Sei... voglio dire sei appartamenti. Tutti piccoli, come vedete, sicché sono abitati da una persona sola e, due al massimo. Tre piani, sei appartamenti, due inquilini per ogni piano."

"Continuate."

Ma la donna non poté continuare. L'agente ch'era contro lo stipite della porta annunciò: "Ecco il commissario!" e si ritrasse.

Entrò un signore distinto, seguito da un giovanotto basso e rotondo, con un grasso faccione luminoso.

Per prima cosa De Vincenzi si tolse il cappello. Il maresciallo gli andò incontro, osservandolo con sorpresa. Macchinalmente, si tolse il cappello anche lui.

"Avete avvertito il medico?"

Il giovanotto rotondo aveva guardato il cadavere e il volto gli si era fatto un po' meno luminoso. "Questo è il maresciallo Balestra, del Commissariato di via Goito. Il cavaliere è il nuovo capo della Squadra Mobile."

"Il medico deve arrivare, cavaliere. Gli hanno telefonato. Noi siamo stati avvertiti soltanto alle sette..."

"E il giudice istruttore?"

"Sicuro... Vado a telefonare..."

"Rimanete, voi. Andrà il vostro agente."

L'agente si precipitò fuori, e lo si sentì scendere le scale a precipizio.

De Vincenzi si volse in giro. "Siete voi la padrona dell'appartamento?"

Cobina assentì col capo.

De Vincenzi indicò Vergolli, che le stava accanto. "Un vostro parente?"

"Un amico. Paolo Vergolli... È l'autore della sceneggiatura del film che Boldviski doveva girare."

"Capisco..." Sorrise. "Sì, ma è anche l'unica cosa che capisco, per ora... Occorrerà che voi mi spieghiate molte cose. Se andassimo di là e ci sedessimo?"

Si avvicinò al cadavere e si chinò a osservarlo. Il pugnale era stato piantato fra le scapole, da mano maestra: doveva aver raggiunto direttamente il cuore. Si sollevò. In quel momento dalla porta aperta entrarono balzanti, ritmiche, fluide, le note del minuetto di Scarlatti...

Tutti trasalirono.

De Vincenzi si fermò ad ascoltare. "Suonano nell'appartamento accanto, nevvero?"

La portinaia intervenne. "È miss Mary. Un'americana."

Il commissario annuì. "Voi siete la portinaia?"

"Sicuro!"

"Bene, andate ad avvertire quella signorina che qui c'è un morto e che abbia la cortesia di attendermi... Tra poco avrò certamente bisogno di far la sua conoscenza."

La portinaia si avviò. De Vincenzi rimase ad ascoltare fin quando il suono del pianoforte s'interruppe di colpo, con uno strappo netto.

"Ecco," mormorò. "Andiamo pure di là. E voi, maresciallo, ditemi quello che avete saputo e visto. Avete preso appunti, vedo. Ma non riferitemi che il puro necessario, tutto il resto verrà da sé, a poco a poco..."