13. TELEFONATE

 

"Pronto! Questura Centrale! Datemi il Questore... Sono il Commendatore Sangalli... Il Questore mi conosce, ho bisogno di lui subito... Come dite? A casa? Sì, datemi il numero! È urgente... irrimediabilmente urgente, vi dico! Grazie..."

"Il commendatore è a letto... Sta bene, gli passo la comunicazione. Attendete..."

"Che c'è Sangalli? È quasi mezzanotte sapete? Se si tratta di Boldviski, ho già provveduto. Se ne occupa uno dei miei migliori funzionari. Potete star tranquillo che non vi sarà scandalo... Come dite?"

"Non si tratta di Boldviski... Sì, Boldviski è stato assente tutto il giorno, e ancora non sappiamo dove si sia cacciato; ma questo non conta, c'è il peggio! Set Nicholson, uno dei principali attori dell'Acidalia Film, è morto mentre girava una scena. È morto avvelenato..."

"Che dite?"

"Dico che è morto avvelenato, capite? Doveva morire avvelenato nel film... Sì, una finzione... Invece è morto davvero. Il dottore dice che gli hanno messo la stricnina nel vino preparato per la scena, e che lui ha bevuto..."

"Ah! Continuate..."

"Che volete che continui? È mostruoso! Ho telefonato a voi, perchè provvediate a mandar qui qualcuno. C'è il commissario di servizio a Cinecittà, naturalmente, ma questo è un affare grosso. Ci andiamo di mezzo tutti! Sarà una rovina, una rovina che bisogna arginare. Capite, commendatore? Pronto! Pronto commendatore!"

"Sì, vi ascolto, Sangalli. Non agitatevi. Comprendo il vostro stato d'animo; ma lasciatemi riflettere. L'Acidalia Film, avete detto?"

"Sì. È una nuova società. Ha capitali fortissimi. È la più importante società cinematografica italiana..."

"Capisco. Ma non è questo che m'interessa. Anche Boldviski apparteneva all'Acidalia?"

"Ma sì! Ne è il regista, il factotum. Una specie di genio, insomma."

"Era..."

"Come dite?"

"Ho detto: era... Perché è morto. Lo hanno ucciso oggi alle cinque del pomeriggio con una coltellata alla schiena."

"Dio mio... Ma è tremendo!"

"Sì, piuttosto. Se si mettono ad ammazzare tutti i vostri dipendenti, non ci sarà più un cane che voglia fare il cinema. No, dico che provvedo subito a mandarvi qualcuno. E domani verrò io... Arrivederci."

"Il cavalier De Vincenzi? Sono D'Angelo."

"Ebbene, che volete? Vi avrei chiamato io tra poco."

"Un altro guaio, cavaliere! Ma un guaio con la coda!"

"Siete pittoresco, D'Angelo! Quale sarebbe questo guaio caudato?"

"Hanno propinato il veleno a un attore, mentre recitava, a Cinecittà. Gliel'hanno fatta! Una bevuta e via! Il Questore mi ha telefonato di avvertirvi. Vuole che ve ne occupiate voi, perché ritiene che quest'altro delitto sia collegato a quello di oggi. Capite?"

"Sì, è facile da capire. E poi?"

"Il Questore vi prega di correre laggiù, a Cinecittà. Dice che potete dar tutte le disposizioni e tutti gli ordini che volete, e vi attende domattina in ufficio perché gli riferiate... Oh! un momento, cavaliere... Forse, voi non sapete che abbiamo un commissario e due agenti di servizio stabile a Cinecittà. Ve lo dico, perché possiate regolarvi. Hanno avuto l'ordine di mettersi a vostra disposizione."

"Ho capito. Vado a Cinecittà. Voi raggiungetemi laggiù con quattro agenti, chiaro?"

"Chiaro."

"Avete fatto piantonare la stanza che occupava Boldviski all'Excelsior?"

"E me lo domandate, cavalié? Certo che l'ho fatto!"

"Bene, provvedete anche a mandare un agente qui in via Brescia, che rimanga in portineria e sorvegli tutti, dico tutti, gli inquilini dello stabile e non permetta ad alcuno di uscire, senza interrogarlo per sapere dove vada. Per stanotte non accadrà altro, spero. Domattina gli farò dare il cambio e la consegna sarà più precisa. È chiaro?"

"Sì, cavaliere."

"Non ho finito. Occorre che un altro agente, meglio un graduato, se possibile, si rechi alla Taverna di Costantino. Deve sorvegliare con discrezione, ma senza farsela scappare, una danzatrice del locale, un'americana, Mary Llewellyn. Voglio sapere il nome delle persone che l'avvicinano e tutti i suoi movimenti di questa notte. Chiaro?"

"Chiarissimo, cavaliere! Mary... come?"

"Llewellyn. Ha i capelli rossi e gli occhi verdi."

"Se è di pelle bianca, è una bandiera, cavalié!"

"Bravo D'Angelo; ma adesso muovetevi. Arrivederci. E... D'Angelo, ve lo dico una volta per sempre, non mi chiamate mai più cavaliere..."

Depose il ricevitore. Era da solo nella stanza da letto in cui Cobina de Kergorlay lo aveva fatto entrare, il telefono si trovava accanto al letto. Diede un'occhiata attorno. La fotografia di Assia sopra il canterano. Pochi mobili. Un grande ordine. Certo la donna della stanza accanto aveva udito la sua telefonata e le istruzioni che aveva dato. Niente male. Cobina se le sarebbe immaginate da sola, quelle istruzioni. Aveva abbastanza intelligenza per capire che lui l'avrebbe fatta sorvegliare. Ma quest'altro delitto, se davvero era collegato all'assassinio di Boldviski, veniva a complicare maledettamente la situazione.

Complicarla? Per quel che ne sapeva... E vide dinanzi a sé un lungo e snervante lavoro d'indagine: nulla di consueto e di burocratico. Gli occorreva conoscere, con l'ambiente, tutte le persone che erano state vicine a Boldviski per ragioni professionali o per altre; interrogarle con accortezza, raccoglierne i pettegolezzi, indurle alle confidenze... E i morti erano due! Sospirò e ritornò nella camera da pranzo.

Cobina dal divano lo fissava.

"Grazie, signora... Per questa notte non vi disturbo più."

Cobina si alzò. "Vi accompagno commissario."

Lo precedette. De Vincenzi vide che evitava di passare dove aveva giaciuto il cadavere.

"Conoscete Set Nicholson?"

Cobina si volse. Non capiva perché De Vincenzi si interessasse proprio di Nicholson. "Che c'entra Nicholson?"

"È un attore dell'Acidalia, no?"

"Ma sì, uno dei più importanti."

"Era amico di Boldviski?"

"Amico? Non credo. Boldviski non aveva amici..."

"In ogni caso, non credo che sia stato Nicholson a uccidere vostro marito. Buona notte!" E richiuse la porta dietro di sé.

Sul pianerottolo vide l'agente appoggiato al muro. "Vattene in portineria, di lì potrai sorvegliare tutti." E scendendo con lui, continuò a dargli istruzioni.

"Pronto! Cinecittà? Desidero che mi mettiate in comunicazione con il teatro 5. Sono la madre di Assia Paris. Ho bisogno di parlare con mia figlia... Pronto... Pronto... Ma che c'è, dunque? Perché non rispondete?"

Dall'altra parte si sentiva parlottare accanto all'apparecchio. Finalmente qualcuno le rispose. "Non posso darvi la comunicazione, signora. È proibito chiamare i teatri, mentre si lavora."

"Ma io ho bisogno di parlare con mia figlia! Ho assoluto bisogno di parlare..."

"Dolente, signora, ma è impossibile."

"Si tratta..." S'interruppe; l'interlocutore aveva chiuso la comunicazione. Rimase perplessa. La sua ansia s'era fatta spasmodica. Che cosa era accaduto di Assia? Perché Vergolli non le telefonava? Avrebbe dovuto aspettare che Assia fosse andata al suo albergo per sapere qualcosa. Ma quando, Dio mio? No, non avrebbe resistito. Doveva correre anche lei a Cinecittà. Ma come? Il portone era sorvegliato, non l'avrebbero lasciata uscire... Sì, che poteva! La porticina posteriore. Avrebbe girato attorno allo stabile per il giardino: la strada era buia, assai probabilmente il portone era chiuso e l'agente dalla portineria non avrebbe certo udito il rumore del cancelletto esterno...

Si rimise il cappello e fu pronta: da quando era rientrata in casa, non si era tolta neppure la pelliccia.

Aprì con cautela la porta, la richiuse e cominciò a discendere. Il peggio sarebbe stato quando fosse arrivata in basso. La porticina si trovava in fondo all'androne, assai lontano dalla portineria e non la chiudevano mai a chiave. Ma se la portinaia avesse parlato di quell'altra uscita al commissario? Se l'agente si fosse messo di guardia nell'androne?

In fondo alle scale udì un suono di voci nella portineria. L'androne era deserto. Scivolò lungo la parete, raggiunse la porticina.

Qualche minuto dopo era fuori e correva da via Brescia verso piazza Fiume, per raggiungere un tassì.