27.
Mi affrettai verso l’ingresso della scuola. I miei piedi sull’erba mi davano una sensazione strana, erano troppo solidi, affondavano come se il prato fosse fatto di nebbia. Le ragazze mi osservavano ancora, bisbigliando tra loro, ma stavolta non faceva differenza.
Mi fermai ad aspettare all’angolo con l’ala del collegio, nascosto nell’ombra. Se è il momento di fare una pausa, detective Conway, scendo anch’io con lei, per farmi una fumatina… No? C’è un motivo per cui non mi vuole con lei? Con Mackey bisognava sempre cercare di giocare d’anticipo.
Mi sentivo un altro, mentre attendevo Conway. Mi sentivo cambiato.
Lei arrivò subito. Un attimo il portone di quercia sembrava chiuso per sempre, e l’attimo dopo lei era in cima ai gradini e mi cercava con lo sguardo, i capelli illuminati dal riflettore. Solo dopo mi accorsi del sorriso che mi si era allargato sulla faccia.
Non c’era Mackey alle sue spalle. Uscii dall’ombra e alzai un braccio.
Anche lei fu illuminata da un gran sorriso. Si avvicinò a passi lunghi sulla ghiaia bianca, e alzò la mano per battere un cinque, che risuonò nella notte: una nota di trionfo che mi lasciò un formicolio sulla mano. – Abbiamo fatto un buon lavoro.
– Mackey l’ha bevuta, secondo te? – chiesi, nella luce incerta.
– Penso di sí. Difficile dirlo con certezza.
– Cosa gli hai raccontato?
– Adesso? Niente, ho fatto una faccia incazzata, ho detto che avevo un problema da risolvere e di aspettarmi lí, che ci avrei messo solo un minuto. Deve aver pensato che si trattava di te che rompevi i coglioni per essere stato sbattuto fuori –. Gettò un’occhiata al portone socchiuso. Ci spostammo dietro l’angolo del collegio, fuori vista.
– Da Holly hai ottenuto qualcosa?
Scosse la testa. – Ho buttato lí possibili moventi, ma non ha fatto una piega. Ho riprovato l’argomento che non ha dato una mano a Selena e di cosa potrebbe fare ora per rimediare. Lí ha incespicato varie volte, ma non mi ha detto nulla di nuovo. Non ho voluto forzare la mano, perché se lei avesse iniziato a crollare Mackey avrebbe fermato tutto, e volevo darti piú tempo possibile. Cos’hai scoperto?
– Rebecca stava esaminando vanghe e badili nel capanno dei giardinieri, il giorno prima dell’omicidio.
Conway si bloccò. Trattenne il fiato. – Chi te l’ha detto?
– Gemma. Era andata a comprare pillole dimagranti e ha trovato Rebecca, la quale ha fatto un salto per la sorpresa e subito dopo se l’è data a gambe.
– Gemma. Vuoi dire il cagnolino di Joanne.
– Non credo abbia mentito. Non avevano bisogno di coprire una di loro, e non hanno capito che Rebecca con le zappe in mano era sospetta. Pensano che si sia spaventata per essere stata beccata a comprare droga dal giardiniere. La droga secondo loro era per Chris, perché Rebecca era innamorata di lui, dopodiché Chris l’ha rifiutata e lei ha perso la testa. Io ho detto che Rebecca è troppo piccola per averlo ucciso, e hanno detto che se Chris era seduto per terra lei avrebbe potuto colpirlo con un sasso. Se avessero saputo che l’arma del delitto era una zappa, non sarebbero riuscite a tenermelo nascosto. Non hanno l’autocontrollo necessario. Non lo sanno.
Conway non si era ancora mossa. Piedi piantati a terra, spalle squadrate, mani in tasca. Dietro i suoi occhi passavano pensieri veloci. – Non mi sembra possibile, – disse poi. – La storia della droga può reggere: comprare droga per lui era il prezzo per tenerlo lontano da Selena. Ma il preservativo? Chris si aspettava di scopare. Credi che Rebecca gliel’avesse data? Seriamente?
– No. Non credo che gli incontri precedenti fossero stati con lei. Ricordi cos’ha detto Holly? Quando si è resa conto che Selena era strana ha provato a parlarne con Julia, ma lei non ha voluto saperne: le ha detto di lasciar perdere, tanto Selena prima o poi si sarebbe ripresa. Ti sembra il tipo da reagire cosí? Julia è un’attaccabrighe. Una delle sue amiche è nei guai, e lei si tappa le orecchie sperando che tutto si risolva da solo?
Conway si mosse. Gettò indietro la testa e la luna le illuminò il bianco degli occhi. – Julia era già al lavoro per risolvere il problema.
– Esatto. E coinvolgere Holly avrebbe solo complicato ancora di piú le cose, perciò le ha detto di lasciar perdere.
– Merda, – disse Conway. – Ricordi cosa ci ha detto Joanne? Aveva lasciato le sue tirapiedi di sentinella per accertarsi che Selena avesse smesso di uscire per vedersi con Chris, e invece di Selena hanno visto Julia. Hanno pensato che uscisse per incontrare Finn Carroll e ci abbiamo subito creduto anche noi. Bella coppia di deficienti.
– Non c’è modo di tenere dei segreti a lungo, quando vivi nella stessa stanza. A un certo punto Rebecca è venuta a sapere di Chris e Selena o di Chris e Julia.
– E Holly ci ha detto che anche il solo pensiero che una di loro avesse un problema bastava a far uscire di testa Rebecca.
– Il pensiero che loro quattro non bastassero a far andare tutto a posto. Era questo che non riusciva ad accettare –. Rividi il poster, la calligrafia che doveva esserle costata ore, settimane, ricominciando da capo dopo ogni piccolo errore. Pur innanzi a un nugolo di pericoli, l’amicizia resta serena.
– Comunque, – disse Conway, – questo non significa che Holly sia fuori gioco.
Non lo disse nel modo in cui lo avrebbe detto un paio d’ore prima, cercando di cogliere una mia esitazione. Lo disse e basta, con lo sguardo fisso sulla scuola, come se la stesse sfidando.
– No, e non toglie di mezzo nemmeno Julia, – replicai. – E nemmeno le altre. Per quanto ne sappiamo, forse una ha trovato l’arma, un’altra ha attirato Chris nella radura e un’altra ancora l’ha colto di sorpresa mentre lui pensava ai fatti suoi. L’unica cosa di cui possiamo essere certi è che Rebecca c’è dentro fino al collo.
– Hai scoperto altro?
Attesi un paio di secondi, prima di rispondere. – Nient’altro.
Lei si voltò di scatto a guardarmi. – Ma?
– Ma –. Non volevo parlarne, tuttavia Conway doveva saperlo. – Joanne e le altre non sono state contente quando gli ho detto che dovevo andare. Avevano qualcosa in mente, non ho capito cosa. Flirtare con me, convincermi a restare. Qualcosa del genere.
– Ti hanno toccato?
– Sí. Joanne mi ha posato un dito su una gamba. Io ho fatto un discorsetto per raffreddare gli animi, lei ha tolto la mano e subito dopo ho tagliato la corda.
– È un modo per dirmi che non avrei dovuto gettarti in pasto agli squali solo soletto?
– No, non sono un bambino. Se non avessi voluto parlare con loro, non ci avrei parlato.
– Lo avrei fatto io volentieri, ma non avrei ottenuto nulla. Dovevi per forza essere tu.
Io, l’esca perfetta da usare per far abboccare chiunque. – Lo so. Te l’ho detto solo perché penso che tu debba saperlo.
Lei annuí. – Non preoccuparti, è tutto a posto –. Mi lesse in faccia ciò che pensavo: «Facile dirlo, per te». – Sul serio, non diranno nulla. Con tutto ciò che sappiamo di loro, dovrebbero essere pazze per tentare di fregarci. Secondo te vogliono che McKenna venga a sapere delle pillole dimagranti? O che uscivano di nascosto la notte?
– Forse non pensano alle implicazioni.
Conway rise. – Sono esperte di implicazioni. Non fanno che pensarci di continuo –. Poi aggiunse, in tono piú serio: – Lo so, fanno paura. Ma le abbiamo in pugno, capito?
– Sí, – risposi. Il modo in cui lo aveva detto, «fanno paura». Come se lo sapesse, come se ne avesse avuto esperienza, mi aiutò piú delle parole in sé. – Ho capito.
– Bene –. Mi diede una pacca sulla spalla, goffa, da ragazzo, ma con la mano ferma. – Ottimo lavoro.
– Però non è abbastanza. Possiamo arrestare Rebecca, ma nessun magistrato accetterà di andare a processo basandosi su ciò che abbiamo. Se non confessa…
Conway scosse la testa. – Non abbiamo abbastanza nemmeno per un arresto. Se fosse una coatta qualsiasi, certo. Ma un’alunna di St Kilda? Se l’arrestiamo, dobbiamo essere certi di poterla imputare di omicidio. Senza se e senza ma. Altrimenti siamo fottuti. O’Kelly avrà un mezzo infarto, McKenna un infarto e mezzo, il telefono del capo della polizia esploderà di chiamate, i media urleranno all’insabbiamento e noi due condivideremo una scrivania nella divisione Documenti fino alla pensione –. Piega amara della bocca. – A meno che tu non abbia amici potenti.
– Il piú potente era lui, – dissi accennando verso l’alto, verso l’aula di Educazione artistica. – E mi sa che me lo sono giocato.
Questo la fece ridere. – Perciò abbiamo bisogno di qualcosa di piú su Rebecca. E in fretta. Dobbiamo riuscire ad arrestarla stanotte, se no siamo fregati comunque. Julia e Holly sono abbastanza intelligenti da capire dove stiamo andando a parare. Sempre se non l’hanno già capito.
– Holly lo sa, – dissi.
– Infatti. E se le lasciamo andare tutte a letto nella loro stanza, domani torniamo e avranno coordinato le rispettive storie in modo da non lasciare buchi. Sapranno esattamente dove mentire e dove tenere la bocca chiusa. Non avremo piú nessuna possibilità.
– Ma a Holly non tireremo fuori altro, per il momento. Ci ha già detto tutto quello che è disposta a dire.
– Lasciamola perdere, e anche Selena. La chiave è Julia.
Ricordai le sue parole di prima: «Quest’anno Julia ci guarda come se tu e io fossimo persone reali». E: «Non so decidere se sia un bene o un male».
– Mackey e Holly, – dissi. – Li lasciamo dove sono?
– Sí. Possiamo avere ancora bisogno di loro, e non vogliamo che se ne vadano in giro a creare intralci. Se non sono soddisfatti della soluzione…
Ci bloccammo entrambi di colpo. A pochi metri da noi, dietro l’angolo, rumore di piedi sulla ghiaia.
Conway mi fissò. Mackey.
Ci muovemmo rapidi e in silenzio, svoltando l’angolo insieme. Ma non c’era nessuno, né sullo spiazzo di ghiaia, né sull’erba. Dietro il portone socchiuso non avvertii alcun movimento.
– Sai dov’è Julia?
– Il loro gruppo non l’ho visto. Non sono nel prato posteriore.
Conway tornò nell’ombra e disse, in modo da essere udita solo da me: – Le troveremo in quella radura.
Provammo ad avvicinarci di nascosto per vedere se potevamo origliare un po’, sentire se per caso parlavano di zappe e di messaggi a Chris. Ma niente da fare. Il grazioso sentiero nel bosco che avevamo percorso quella mattina era buio, con macchie di luce tra i rami che finivano per confonderci. Facevamo rumore come due Land Rover: rami spezzati, uccelli che si alzavano in volo spaventati.
– Cristo, – sibilò Conway quando infilai una gamba fino al ginocchio in un cespuglio. – Mai stato nei boy-scout? Mai fatto un campeggio?
– Nel mio quartiere non si usava. Però so rubare una macchina, se vuoi.
– Quello lo so fare anch’io. Mi serve un esperto di boschi.
– Cioè un bastardo ricco che andava a sparare ai fagiani ogni fine sett… – Inciampai e volai in avanti. Conway mi prese per un braccio prima che sbattessi la faccia a terra. Ci venne un attacco di risa che tentammo di bloccare come due ragazzini, con un braccio sulla bocca e dicendo l’uno all’altra di fare silenzio.
– Zitto…
– Piantala…
Questo peggiorò solo la situazione. I raggi di luna confondevano i nostri passi, i fruscii si allargavano come una nuvola intorno a noi, sentivamo il peso di ciò che dovevamo fare alla fine del sentiero. Mi aspettavo quasi di vedere Chris Harper balzarci addosso da sopra un albero, la bocca aperta come un giaguaro. Chissà se avremmo urlato come ragazzine spaventate o estratto le pistole crivellando di proiettili il suo culo di fantasma.
– Guarda come sei ridotto…
– Senti chi parla…
Dopo un’ultima curva, uscimmo dagli alberi.
Profumo di giacinti.
In cima al pendio, nella radura tra i cipressi, la luce lunare scendeva piena e intatta. Loro tre erano sedute spalla a spalla, le gambe invisibili tra i soffioni ondeggianti. Per un attimo mi sembrarono una creatura a tre teste. Immobile, liscia e bianca come un’antica statua, con tre paia d’occhi inespressivi che ci osservavano. Mi si rizzarono i capelli e smettemmo di ridere.
Nessuna di loro si mosse. L’odore dei giacinti salí intorno a noi come un’onda.
Rebecca, la spalla contro quella di Selena. Capelli sciolti e il viso a macchie bianche e nere, come un’illusione. Come se bastasse un battito di ciglia per trasformarla in un raggio di luce lunare sull’erba.
Accanto a me Conway disse, a voce alta a malapena per farsi sentire da loro: – Julia.
Non si mossero. Ebbi il tempo di chiedermi cosa avremmo fatto se fossero restate dov’erano. Sapevo bene che non era il caso di avvicinarsi oltre. Poi Julia si staccò dall’altra spalla di Selena, alzandosi in piedi. Scese verso di noi lungo il pendio senza un’occhiata alle amiche, avanzò tra i giacinti con la schiena dritta e gli occhi fissi su qualcosa alle nostre spalle. Provai un prurito al collo.
Conway disse: – Facciamo due passi, ci serve solo qualche minuto.
Si avviò sul sentiero, e Julia la seguí. Le altre due continuarono a fissarci, spalla a spalla, finché non mi voltai. Appena lo feci, un sospiro profondo tra i cipressi mi fece sobbalzare.
Anche Julia camminava in modo diverso, là. Niente sculettamenti canzonatori; si muoveva sul sentiero come un daino, senza spostare nemmeno un rametto. Come se quello fosse il suo territorio; come se potesse avvicinarsi a un uccello addormentato e prenderlo in mano.
Conway disse, senza voltarsi: – Suppongo che Selena vi abbia aggiornato. Sappiamo che uscivate di notte, sappiamo che lei aveva una storia con Chris, sappiamo che si erano lasciati. E sappiamo che anche tu uscivi per incontrare Chris, fino al giorno in cui è morto.
Nessuna risposta. Il sentiero si allargò abbastanza per consentirci di camminare fianco a fianco. Julia aveva le gambe piú corte delle nostre, ma non affrettò il passo. Lasciò a noi decidere se rallentare o lasciarla indietro. Rallentammo.
– Abbiamo i tuoi messaggi. Sul telefono speciale supersegreto che Chris aveva dato a Selena.
Il suo silenzio sembrava indistruttibile. Aveva indossato un maglione rosso, senza soprabito, e cominciava a far freddo, ma lei non sembrava accorgersene.
Conway disse ancora: – È per questo che Selena ha rotto con Chris? È una cosa che non abbiamo ancora capito. È stato perché sapeva che lui ti piaceva e non voleva mettersi di mezzo?
Julia si sentí punta sul vivo. – A me Chris non è mai piaciuto. Ho gusto, io.
– Allora cosa ci facevi con lui nella radura a mezzanotte? I compiti di Algebra?
Da Julia solo silenzio, e passi altrettanto silenziosi. Il nostro tempo cominciava a scarseggiare. Dovevamo ancora parlare con Rebecca, Mackey e Holly ci aspettavano nell’aula di Disegno, McKenna aspettava di poter suonare la campanella e dichiarare chiusa la giornata. Tuttavia, cercare di affrettare le cose con Julia ci avrebbe solo rallentati.
– Quante volte vi siete incontrati? – chiese Conway.
Nulla.
– Se non sei stata tu, è stata una delle tue amiche. Selena era tornata con lui?
– Tre volte, – rispose Julia. – L’ho incontrato tre volte.
– Perché hai smesso?
– È stato ucciso. È una cosa che tende a spegnere un rapporto.
– Rapporto, – ripetei. – Di che tipo?
– Intellettuale. Parlavamo di geopolitica.
Il sarcasmo era cosí evidente che non c’era bisogno d’altro.
– Se non ti piaceva, – disse Conway, – perché sei stata con lui?
– Perché sí. Lei non ha mai fatto una stupidaggine, con i ragazzi?
– Ne ho fatte tante, credimi –. Si scambiarono un’occhiata che mi sorprese. Comprensione, e un lieve sorriso amaro. Come se fossimo persone reali. – Ma c’era sempre un motivo. Magari un motivo di merda, ma c’era.
– Cosa posso dire, – replicò Julia. – All’epoca mi era sembrata una buona idea. Ero piú stupida di adesso.
– Volevi allontanarlo da Selena, – dissi io. – Sapevi che lui portava guai, sapevi cosa aveva fatto a Joanne. Sapevi che Selena non era abbastanza forte da sopportarlo, se l’avesse fatto anche a lei. Selena l’aveva lasciato, ma tu hai letto i loro messaggi, e hai capito che bastava un nulla perché tornasse da lui di corsa. E dovevi fare in modo che non succedesse.
– Tu sei piú forte di Selena, – disse Conway. – Abbastanza forte da sopportare qualsiasi cosa da uno stupido come Chris. Perciò hai deciso di prenderti il proiettile al posto della tua amica.
Julia continuò a camminare, con le mani in tasca, osservando qualcosa tra gli alberi. La parte del suo viso che riuscivo a vedere mi fece pensare a Holly. Lo stesso dolore.
– Tu pensi che sia stata Selena a uccidere Chris, vero? – chiese Conway.
La testa di Julia scattò di lato come se avesse ricevuto uno schiaffo. Io non l’avevo capito, lo capii soltanto quando udii quelle parole nell’aria: era questo che Julia aveva pensato per tutto il giorno. Anzi, per tutto l’anno.
E cosí usciva dalla rosa dei sospetti. Julia fuori, Selena fuori, Holly sul confine, Rebecca dentro.
– Appena abbiamo detto che volevamo parlare con Selena, – disse Conway, – bang, ci hai tirato un bastoncino da rincorrere, mandandoci da Joanne. Appena ho detto che forse Selena era tornata con Chris, bang, ammetti di esserti incontrata con lui. Non avresti bisogno di proteggerla cosí, se non pensassi che ha qualcosa da nascondere.
Stavamo accelerando il ritmo. E Julia accelerò il passo, scalciando sassi e spezzando rametti, e al diavolo la camminata silenziosa.
– Pensi che Selena abbia scoperto che tu ti vedevi con Chris, vero? – dissi. – Era cosí arrabbiata, o gelosa, o delusa, che ha perso la testa e l’ha ammazzato. Quindi alla fine la colpa è tua, e pensi sia tuo dovere proteggerla.
Lei ora ci precedeva solo di due passi, ma già diventava indistinta nel buio. Vedevo solo il rosso del maglione. – Julia, – disse Conway, e si fermò. Si fermò anche Julia, senza voltarsi, in tensione come un cane al guinzaglio. – Siediti.
Alla fine Julia si voltò. Una graziosa panchina in ferro battuto di fronte a un’aiuola fiorita. I fiori erano chiusi per la notte, e tutti i colori e i petali erano ripiegati su sé stessi. Julia fece per sedersi a un capo della panchina, noi due la stringemmo nel mezzo.
– Ascolta, – disse Conway. – Noi non sospettiamo Selena.
Julia le fece uno dei suoi sguardi. – Ora sí che mi sento rassicurata.
– Tutto ciò che abbiamo scoperto indica che lei e Chris non sono mai stati in contatto, nelle settimane prima dell’omicidio.
– Certo. Finché non direte, «Oops, ci siamo sbagliati e ora pensiamo che quei messaggi li abbia inviati Selena, non tu».
– È un po’ tardi per quello, – ribattei. – Noi sappiamo capire quando una persona mente, è il nostro lavoro. E pensiamo tutti e due che Selena ci abbia detto la verità.
– Fantastico. Sono felice di sentirlo.
– Quello che intendo, è: se noi le crediamo, perché tu no? È una delle tue migliori amiche. Come mai pensi che sia un’assassina?
– Non lo penso. Secondo me la cosa piú grave che abbia mai fatto è stata chiacchierare a lezione. Punto.
Quel tono difensivo. L’avevo già sentito. Durante il colloquio del pomeriggio, nella sua stanza, a un certo punto aveva detto qualcosa di cui non ero riuscito ad afferrare la portata. Fu allora che capii. – Sei stata tu a inviarmi quel messaggio.
Dal telefono di Chris.
Il suo profilo s’irrigidí. Non mi guardò.
– Per dirmi dove Joanne teneva la chiave della porta di comunicazione. Sei stata tu.
Nulla.
– Questo pomeriggio hai detto: «Avete scoperto la chiave di Joanne, e la prima cosa che lei ha fatto è stato ribaltare l’accusa contro di me. Se qualcuno vi avesse detto di lei e Chris, avrebbe fatto la stessa cosa». Nel senso che Joanne si stava vendicando di te perché ci avevi detto della chiave.
Mi guardò con la coda dell’occhio. Uno sguardo che significava: «Bel colpo, ma dove sono le prove?»
Conway si voltò sulla panchina in modo da poter guardare Julia bene in faccia. – Ascolta, Selena è messa piuttosto male. Tu pensi che sia perché non riesce a venire a patti con il pensiero di essere un’assassina, e quindi nasconde la testa tra le nuvole. Ma non è questo. Te lo posso giurare su quello che vuoi: non è questo.
Lo disse con calore autentico, come se parlasse a una cara amica, o a una sorella. Le stava tendendo una mano, invitandola a saltare il fosso. Passare da un territorio familiare, dove gli adulti erano tutti matti, personaggi incomprensibili il cui unico scopo era rovinare sempre ogni cosa, a un mondo nuovo e strano in cui potevamo parlare faccia a faccia.
Julia la guardò, e un’ombra le passò sul viso. Sapeva che si trattava di un salto senza ritorno. Che non poteva sapere per certo chi l’avrebbe seguita dall’altra parte e chi invece sarebbe rimasto indietro.
Non dissi una parola. Era una cosa tra loro, dalla quale io ero escluso.
Julia fece un respiro profondo. Disse: – Siete davvero certi che non sia lei?
– Non è tra gli indiziati. Hai la mia parola.
– Lenie non è pazza di suo. Voi non la conoscete, io sí. È cosí da quando Chris è morto.
Conway annuí. – Lo so. Ma quello che la sta mandando fuori di testa non è il fatto che sia stata lei a ucciderlo. È che sa qualcosa che non riesce ad affrontare, e si ritira nel suo mondo interiore per evitarlo.
Cominciava a fare piú freddo. Julia si tirò il maglione fino al collo. – Tipo cosa?
– Se lo sapessimo, non avremmo bisogno di stare qui a parlare con te. Io ho delle idee, ma niente prove. L’unica cosa che posso assicurarti è che se mi dici la verità non causerai nessun problema a Selena. Va bene?
Julia tirò giú le maniche, e il bianco delle sue mani scomparve nel rosso. Disse piano: – Va bene. Sono stata io a mandare quel messaggio su dove trovare la chiave.
– Come sapevi dove la teneva Joanne?
– L’idea del libro gliel’ho data io.
– E le hai dato anche la chiave, – dissi.
– Detto cosí sembra un regalo di compleanno. In realtà lei ci ha viste uscire, una notte, e ha minacciato di dire tutto a McKenna se non le avessimo fatto una copia della chiave. E cosí gliel’ho fatta.
– E le hai anche consigliato dove nasconderla? – Conway alzò un sopracciglio. – Avevi una gran voglia di renderti utile.
Julia ricambiò lo sguardo ironico. – Se qualcuno è in grado di farmi espellere, sí, posso rendermi utile. Lei voleva sapere dove tenevamo la nostra e io non pensavo di dirglielo, che cazzo, ci sono dei limiti…
– Dove, a proposito? Già che ci siamo.
– Dentro la custodia del mio cellulare. Un nascondiglio semplice e sempre a portata di mano. Ma non era mia intenzione dare a quella cicciona nulla di piú dello stretto necessario. Allora le ho detto che il modo migliore per tenere la chiave al sicuro era nella sala comune, cosí se fosse stata trovata poteva avercela messa chiunque. Ho detto, tipo: «Scegli un libro che non legge nessuno. Su chi stai scrivendo il tuo saggio?» Le sale comuni sono piene di vite dei santi, e nessuno le guarda mai, a parte una volta all’anno. Per scrivere un piccolo saggio. Noi avevamo appena consegnato il nostro. Joanne ha risposto: «Thérèse de Lisieux. Il piccolo fiore». Con una faccia ispirata, come se qualcuno avesse proclamato lei Joanne de Lisieux –. Conway sogghignò. – E io ho detto: «Perfetto. Nessuno toccherà piú quel libro fino all’anno prossimo. Nascondi lí la chiave e sei a posto».
– E come sapevi che avrebbe seguito il tuo consiglio?
– Joanne ha zero immaginazione, a parte per ciò che riguarda sé stessa. Non sarebbe mai riuscita a immaginare un nascondiglio piú sicuro. E comunque poi ho controllato, nel caso che potesse servire.
– Il che è successo oggi, – osservò Conway. – Come mai hai deciso di dircelo?
Julia esitò. Intorno a noi, piccoli rumori notturni, fruscii tra le foglie; le risa nel prato non si sentivano piú da un pezzo. Mi chiesi quanto tempo avessimo ancora. Non guardai l’orologio.
– Quando abbiamo fatto i colloqui, all’inizio, – dissi. – Selena è uscita sconvolta dal suo?
Dopo un’ultima esitazione rispose: – Molti non l’avrebbero notato. Sembrava solo un po’ piú fuori del solito. Ma lei è cosí quando è sconvolta.
– Hai avuto paura che l’avessimo scossa troppo, – dissi, – e che potesse lasciarsi scappare qualcosa, forse persino confessare. Avevi bisogno di mandarci in un’altra direzione, almeno finché avessi avuto il tempo di calmarla. Cosí ci hai dato la chiave di Joanne per tenerci occupati. E ha funzionato. Hai un talento per queste cose, lo sai?
– Ah, grazie.
– E se sei stata tu a mandare quel messaggio, – disse Conway, – significa che il telefono segreto di Chris Harper ce l’hai tu.
Julia restò immobile, con una diffidenza profonda stampata sul viso.
– I tabulati dicono che il messaggio è stato mandato da quel telefono. È inutile girarci intorno.
Chinò appena la testa: un’ammissione. Si piegò indietro e tirò fuori un telefono dalla tasca dei jeans, sottile, in un guscio arancione. – Non dal suo cellulare. Solo dalla sua scheda Sim.
Staccò il guscio e le cadde nel palmo una scheda Sim, che consegnò a Conway.
– Ci serve sapere tutta la storia, – disse Conway.
– Non c’è nessuna storia.
– Dove l’hai presa?
– Non ho diritto a un avvocato, prima di cominciare a raccontarvi come ho avuto la Sim di un morto?
Io l’avevo capito. – Hai preso il cellulare di Chris a Selena, dopo la sua morte. È stata lei a dartelo, o l’hai trovato tra la sua roba. Per questo pensi che abbia ucciso Chris.
Julia distolse lo sguardo. Conway disse: – Noi pensiamo ancora che non sia stata lei. Ed è ovvio che non sei stata tu, altrimenti non ti arrampicheresti sugli specchi per cercare di salvarla –. Quelle parole ottennero un debole sorriso. – Perciò abbassa il livello di paranoia e dimmi quello che sai.
Il buio dava al maglione rosso il colore di braci sotto la cenere, in attesa. – Volevo liberarmi del cellulare di Selena, quello che avevamo usato tutte e due per messaggiare con Chris. Figuratevi la mia sorpresa quando ho trovato questo.
– Quando è stato? – chiese Conway.
– Il giorno dopo la morte di Chris.
– A che ora?
Una smorfia inconscia, al ricordo. – Gesú. Ho cominciato a provarci prima di mezzogiorno, c’era stata quell’assemblea superdrammatica dove ci avevano detto della Grande Tragedia, e avevamo dovuto recitare una preghiera… Io riuscivo solo a pensare che dovevo togliere di mezzo il telefono di Selena, prima che voi perquisiste la scuola.
– Come pensavi di fare?
– Non avevo ancora pensato al modo. Volevo solo prenderlo dalla stanza. Ma non c’era verso di restare sola nemmeno un secondo. McKenna doveva averlo proibito, nel caso che ci fosse un maniaco in giro per i corridoi. Ho provato a dire che avevo dimenticato in camera il compito di Francese, e mi hanno fatto accompagnare da un prefetto. Ho dovuto fingere di essere un’idiota, «Oooh, scusa, ce l’avevo in borsa e non me n’ero accorta». Poi ho detto che avevo le mestruazioni e invece di mandarmi in camera mi hanno mandata in infermeria. E alla fine delle lezioni, McKenna ha annunciato: «Tutte le alunne devono riunirsi immediatamente nei rispettivi gruppi di attività, e restare calme, e bla, bla, bla, sostenere lo spirito della scuola…»
La sua imitazione di McKenna era buona, solo il gesto di farsi una sega non era in carattere con il personaggio. – Io sono nel gruppo di arte drammatica, perciò ci siamo messe a far finta di recitare. Ovviamente era un casino, nessuno ricordava nulla, gli insegnanti cercavano di controllare quattro gruppi allo stesso tempo, e tutte piangevano… Del resto lei c’era, se lo ricorda.
Conway annuí. – Un manicomio, – convenne.
– Esatto. Quindi ho pensato che potevo scivolare via e salire in camera, visto che avevo con me la chiave, no? Niente da fare. Tutti i corridoi erano pieni di suore, e mi hanno rispedita giú. Ci ho riprovato durante il periodo di studio, dicendo che avevo bisogno di un libro, e suor Patricia mi ha accompagnata. Poi si è fatta notte, la polizia era ancora nel parco e io non ero ancora riuscita a togliere dalle palle quel cazzo di telefono.
La sua voce si fece tesa, si avvicinava la conclusione. – Holly e Becca vanno a lavarsi i denti, e io perdo tempo sperando che Selena vada con loro. Ma lei è seduta sul letto e fissa il vuoto, è chiaro che non vuole andare da nessuna parte, e Holly e Becs stanno per tornare. A quel punto glielo dico: «Lenie, ho bisogno di quel telefono». Lei mi guarda come se avesse visto un ufo. «Il telefono che ti ha dato Chris. Non c’è tempo da perdere, dài». Lei continua a fissarmi, e io decido di passare ai fatti. La spingo da parte, infilo la mano tra il muro e il materasso, nel punto in cui teneva quel cellulare. Era di un rosa fru fru, come quello di Alison: rifletteva l’idea che aveva Chris di cosa fosse appropriato per una ragazza. Intanto spero con tutta me stessa che non l’abbia cambiato di posto, perché non ho il tempo di giocare agli indovinelli, perciò quando lo sento sotto la mano sono contentissima. Solo che quando lo tiro fuori è rosso.
Al ricordo fece un respiro forzato dal naso e si morse un labbro. Non era il tipo a cui dài un buffetto sulla testa, dicendo che va tutto bene. Conway le lasciò un paio di secondi, poi disse: – Quello di Chris.
– Sí. L’ho riconosciuto perché una volta gli è caduto di tasca, mentre stavamo… Mi viene un colpo e parto: «Lenie, ma che cazzo?» E lei, «Eh?» Giuro che gliel’ho quasi ficcato nel culo, per smuoverla. «Dove l’hai preso? E dov’è il tuo?» Lei guarda il cellulare e dopo un secondo dice, «Oh». E basta.
Julia scosse la testa. – «Oh». Nient’altro. Sto ancora male quando ci penso.
– Perché hai pensato che avesse ucciso Chris.
– Ovvio. Che altro potevo pensare? Credevo che fosse uscita per vederlo, e lui le avesse detto di me, e lei… E poi, prima di scappare di corsa, avesse preso il telefono sbagliato. Se si erano… non lo so… se si erano tolti i vestiti e i loro cellulari erano finiti…
– Oppure, – provai a dire, – poteva averlo preso perché noi non la collegassimo a Chris.
– No. Selena? Non le sarebbe mai venuto in mente. Io impazzivo cercando di capire dove fosse il suo telefono. L’aveva lasciato vicino al corpo di Chris? Ma non avevo tempo di preoccuparmene. Ho preso il telefono rosso e sono uscita.
Combaciava con la storia di Holly, almeno in parte. Holly si era mossa piú in fretta: come il padre, pensava in anticipo e non lasciava nulla al caso. Aveva tolto di mezzo il cellulare di Selena già dal mattino, prima che McKenna sapesse tutta la storia e mettesse la scuola sotto stretto controllo. Poi, tra quel momento e il periodo di studio, qualcun altro si era introdotto in quella stanza.
– Dove l’hai messo? – chiese Conway.
– Sono andata a chiudermi in bagno, ho cancellato tutti i messaggi da tutte le cartelle, ho tolto la Sim e ho nascosto il telefono nello sciacquone. Ho pensato che anche se l’aveste trovato, non sareste potuti risalire a noi, e senza la Sim probabilmente nemmeno a Chris. Quel fine settimana, quando sono tornata a casa, l’ho lasciato sull’autobus. Se nessuno l’ha preso, forse è ancora all’ufficio oggetti smarriti della Dublin Bus.
Aveva fegato, Julia, e una lealtà a prova di bomba. Era una ragazza in gamba. E sapevo che le avremmo spezzato il cuore.
– Perché ti sei tenuta la Sim? – chiesi.
– Ho pensato che potesse servire. Ero sicura che Selena sarebbe stata arrestata. Anche se per miracolo non aveva lasciato prove sul luogo del delitto, immaginavo che sarebbe crollata e avrebbe confessato –. Guardò Conway. – Ricorda com’era devastata?
– Lo erano anche tutti gli altri, – ribatté Conway. Il tono tagliente significava «Avrei dovuto capirlo». – Lei non piangeva né aveva svenimenti, in realtà sembrava messa meglio di molte vostre compagne.
Julia inarcò un sopracciglio. – Se solo me lo avesse detto, allora. Io mi aspettavo che veniste a prenderla da un momento all’altro. E pensavo che se c’era almeno un modo di dimostrare che era stata lei a lasciare Chris, e che lui con le ragazze si comportava da vera testa di cazzo, Lenie avrebbe avuto, non lo so, uno sconto di pena. Se no tutti avrebbero pensato che fosse stato lui a lasciarla e lei lo avesse ucciso per la rabbia, e cosí l’avrebbero rinchiusa gettando via la chiave. Non riuscivo a riflettere con chiarezza, comunque. Ho solo pensato che tenere quella scheda non poteva fare danni, e in futuro poteva servire.
Se Julia avesse parlato con almeno una delle altre, avrebbe capito che la sua storia aveva dei punti poco chiari, che non tutto indicava Selena. Non c’era modo di sapere cosa avrebbero fatto allora, ma di sicuro l’avrebbero fatto insieme.
Ma ormai era tardi per quello. Chris aveva spaccato il gruppo. E dopo la sua morte la frattura si era approfondita, mentre in superficie sembrava che fosse tornato tutto a posto. Noi stavamo solo concludendo il lavoro che lui aveva iniziato.
– Riesci a ricordare se qualcuno è riuscito ad andare nell’ala del collegio prima dei periodi di studio, quel giorno? – chiesi. – Controlleremo il registro, ma visto che siamo qui, ti viene in mente qualcosa?
Mi fissò con grande attenzione. – Cosa? Pensate che sia stato qualcun altro a mettere quel telefono nel materasso di Selena?
– Se non è stata lei a prenderlo dal corpo di Chris, è stato qualcun altro. E poi il telefono è finito in qualche modo dove l’hai trovato tu.
– Cioè, qualcuno ha tentato di incastrarla?
Dietro le sue spalle, gli occhi di Conway mi segnalarono prudenza. Scrollai le spalle. – Non siamo ancora in grado di dirlo. Vorrei solo capire se qualcuno ha avuto l’opportunità di entrare nella vostra stanza.
Julia ci pensò, poi scosse la testa, riluttante. – Direi di no. Voglio dire, mi piacerebbe moltissimo poter rispondere di sí, ma nessuna allieva sarebbe riuscita a salire senza una scusa perfetta. E anche cosí, non le avrebbero permesso di andare da sola. Quando io ho chiesto se potevo andare a prendere il quaderno di Francese, Houlihan si è agitata come se avessi chiesto di andare a comprare dell’eroina.
Il violino sotto il letto di Rebecca, il flauto nell’armadio di Selena. – E durante le attività? – chiesi. – Qualcuna di voi è uscita?
– Non me lo ricordo. Sul serio. Se avesse visto il casino che c’era… Inoltre ero concentrata su come andare a prendere quel cellulare. Anche Joanne e Orla fanno arte drammatica ed erano presenti entrambe, perché Joanne continuava a tentare di scoppiare in lacrime, – finse un conato di vomito, – e Orla doveva consolarla. Ma sono le uniche di cui mi ricordo.
– Chiederemo alle tue amiche, allora, – dissi, in tono disinvolto. La luna mi illuminò il viso, e mi sentii nudo. Dovetti fare uno sforzo per non ritrarmi. – Anche loro fanno arte drammatica? O magari possono darci qualche informazione sugli altri gruppi?
– Non siamo attaccate chirurgicamente, sa? Holly fa danza, Selena e Becca fanno musica.
Quindi dovevano salire in stanza a prendere gli strumenti. Tutte e due insieme, per proteggersi a vicenda dal maniaco psicopatico: a loro il permesso l’avrebbero dato.
– Capisco, – dissi. – Quante persone ci sono in quei gruppi, lo sai?
Julia si strinse nelle spalle. – A danza sono parecchie, una quarantina. Musica la fanno in dieci o dodici.
Probabilmente le altre non erano interne. Avremmo guardato sul registro, ma se i numeri di Julia erano giusti, da quella porta erano passate solo Rebecca e Selena.
La quiete improvvisa, tutto il chiasso di quella giornata convulsa si dissolse in un silenzio bianco. Rebecca tende a Selena il cellulare che ha preso per assicurarsi che l’amica non venga incolpata di nulla, che nessuno possa mai collegarla a Chris. Glielo dà come un regalo inestimabile, come la salvezza.
Oppure: Selena fruga nell’armadio per prendere il flauto, e alle sue spalle Rebecca, rapida e leggera come un fantasma, si china sul suo letto e nasconde il telefono nel materasso. Selena era quella che aveva iniziato ad avere dei segreti. Quella che aveva lasciato entrare Chris tra loro, spaccando il gruppo. Era tutta colpa sua.
Guardai Conway, dal lato opposto di quella macchia rossa altruista e sola. Lei stava guardando me.
– Va bene, – dissi. – Le tue amiche magari si ricordano qualcosa. Vale la pena provarci.
– Selena probabilmente era troppo sconvolta e non avrà notato nulla, – disse Conway. – Chiediamo a Rebecca –. E si alzò.
Di solito alla fine di un colloquio le persone mostrano sollievo. Julia era stupita. – Cioè, questo è tutto?
– A meno che tu voglia dirci ancora qualcosa.
Un secondo di riflessione, poi scosse la testa, quasi riluttante.
– Allora questo è tutto. Grazie mille.
Mi alzai anch’io e Julia disse, fissando il vuoto: – Cosa vi ho detto di utile?
– Difficile capirlo, per il momento. Lo scopriremo andando avanti.
Lei non rispose. Aspettammo che si alzasse ma non si mosse. Alla fine la lasciammo seduta sulla panchina, intenta a guardare quello che era stato il suo regno. Capelli neri, viso pallido, maglione rosso brace ed erba imbiancata di luna tutto intorno.