23.
Nell’aula di Educazione artistica cominciava a
far freddo. Conway aveva avvicinato la sedia al tavolo, accanto
alla mia. Il poliziotto cattivo si preparava a intervenire.
Stavolta quando entrammo io e Mackey non si
voltò, e anche Holly non alzò gli occhi dalla palla di argilla che
martoriava con le unghie. Stavolta non avevano passato il tempo ad
ascoltarsi, ma a controllare ciascuna le proprie armi, preparandosi
al nostro ritorno. Accanto alla finestra, la scuola in filo di rame
brillava di una luce fredda. La luna ci guardava dall’alto.
Mackey si appoggiò di nuovo al suo tavolo. A
ogni suo movimento, io avevo un piccolo spasmo. Ero dominato da un
unico pensiero: cosa si stava preparando a fare? La sua espressione
fredda e divertita diceva che la mia ansia non gli era
sfuggita.
Conway mi guardò, quando mi sedetti di fianco
a lei. Il messaggio nei suoi occhi era chiaro: «Ai blocchi, pronti,
via».
Non provò a tornare al punto in cui avevamo
interrotto, quando avevo chiesto a Holly quanto odiasse Chris.
Inutile: Mackey aveva fatto a pezzi quel momento in modo
irrecuperabile. Perciò Conway disse subito: – Avevi ragione, prima.
Abbiamo ristretto il campo a voi otto. L’autrice del biglietto è
una di voi. Quindi una delle altre sette sa chi ha ucciso
Chris.
Holly fece rotolare la palla di argilla sul
tavolo, da una mano all’altra. – O almeno dice di saperlo.
– Questo come ti fa sentire?
Faccia incredula. – Come mi fa sentire? Cos’è, una seduta dallo psicologo? Vuole
che faccia un disegno con le matite colorate per rappresentare come
mi sento?
– Sei preoccupata?
– Se lo fossi non vi avrei portato quel
biglietto, no?
Scatto dei capelli, un po’ troppo sfacciato.
Stava fingendo.
Quella mattina era stata perfetta, con il
biglietto. Da allora era successo qualcosa.
– Significa solo che stamattina non eri
preoccupata. Ma adesso?
– Di cosa dovrei preoccuparmi?
– Del fatto che una delle tue amiche sa
qualcosa che può metterla in pericolo. O che qualcuno sa qualcosa
che tu non vuoi che scopriamo.
Holly arretrò sulla sedia, alzando le mani. –
Guardi, a scuola nessuno sa cos’è successo a Chris. Joanne si è
inventata questo biglietto perché vuol ricevere attenzione. È
chiaro?
Conway inarcò un sopracciglio. – Come mai non
l’hai detto al detective Moran quando gli hai portato il biglietto?
«Guardi, io gliel’ho portato, ma sono tutte balle inventate da una
mia compagna di scuola, Joanne Heffernan». O invece da stamattina è
cambiato qualcosa che ti ha convinta ad abbracciare l’idea che sia
stata Joanne?
– Joanne tenta sempre di mettere noi quattro nella merda. Quando
siete arrivati voi si è spaventata, probabilmente non si aspettava
che arrivasse la polizia, perché è un’idiota. E ha passato la
giornata a cercare di convincervi a concentrarvi su di noi, cosí
lei non finirà nei guai per aver scritto quel biglietto e avervi
fatto perdere tempo. Perché si sarebbe presa tutto questo disturbo,
se non ci fosse qualcosa da cui vuole distrarvi?
– Se voleva che ci concentrassimo su di te e
sulle tue amiche, – disse Conway, – ha fatto un ottimo
lavoro.
– Sí, lo vedo. Altrimenti non sarei seduta
qui. Non vi è mai passato per la mente che potrebbe essere una
bugiarda patentata?
– Lo so che lo è. Proprio per questo non le
crediamo sulla parola. Il fatto che Selena stava con Chris, per
esempio: quando ce l’ha detto non siamo rimasti troppo convinti. Ma
poi ci ha mostrato un video di Chris e Selena insieme.
Sul viso di Holly passò un lampo. Non di
sorpresa.
Quel video era il modo in cui lei aveva saputo di Chris e Selena. – Che
pervertita, – disse, fredda. – Ma non mi sorprende.
Sentii la mente di Conway accanto alla mia,
quando chiese: – Joanne l’aveva mostrato anche a te?
Risata. – No, scherza? Joanne e io non
condividiamo niente.
Conway scosse la testa. – Non parlavo di
condivisione. Piú di ricatto.
Sguardo vuoto. – In che senso?
– Joanne era stata con Chris per un periodo,
prima che lui si mettesse con Selena.
Holly inarcò le sopracciglia. – Davvero?
Peccato che non abbia funzionato.
Di nuovo nessuna sorpresa. Le chiesi: – Credi
che Joanne sia stata felice di essere mollata per Selena?
– Ne dubito. Deve esserle venuto un aneurisma
cerebrale.
– Quasi, – convenne Conway. – Tu la conosci
meglio di me. Credi che fosse abbastanza incazzata da volerlo
vedere morto?
– Oh, sí. Al cento per cento. Ora posso
andare, cosí magari tormentate lei?
– Il fatto è, – dissi, – che siamo abbastanza
sicuri che non sia stata lei a ucciderlo. E ci chiediamo se non
abbia chiesto a qualcuno di farlo al suo posto.
– Orla, – disse subito Holly. – Ogni volta che
Joanne ha bisogno di un lavoro sporco, lo fa fare a lei.
Conway scuoteva la testa già prima che finisse
di parlare. – No, guarda, le prove indicano che è stata una di voi
quattro.
Ancora nulla da Mackey, ma i suoi occhi erano
fissi su Conway. Proprio come quelli di Holly, con la stessa
espressione. I giochetti con l’argilla erano finiti, e lei aveva
capito che eravamo entrati nel cuore della storia.
– Prove di che tipo? – chiese.
– Ci arriveremo. Intanto pensiamo che Joanne
abbia mostrato quel video a una di voi quattro, dicendo: «Togli di
mezzo Chris o questo finisce nelle mani di McKenna e sarete tutte
espulse».
Conway stava prendendo il ritmo. Io mi
concentrai sul mio taccuino, per lasciarle campo libero.
Holly inarcò le sopracciglia. – E noi subito:
«Oooh, certo, tutto quello che vuoi». Ma dice sul serio? Se fossimo
cosí terrorizzate dall’espulsione, non saremmo mai uscite di notte.
Ce ne saremmo state dentro come brave bambine.
– Non si tratta solo di questo. Joanne ha
scelto con cura. Ha scelto una persona disposta a fare di tutto per
proteggere le amiche, una persona già preoccupata dei danni che
Chris stava facendo, una persona che già lo odiava…
Conway contava i punti sulle dita,
implacabile. Holly sbottò: – Non sono stupida. Papà, lascia stare,
voglio dirlo! Se io volessi uccidere qualcuno, e parlo solo per
ipotesi, non lo farei mai in combutta con Joanne Heffernan. Mettere in mano a quella stronza
qualcosa con cui ricattarmi tutta la vita? Ma sembro cosí
cerebrolesa? Niente da fare, cazzo. Qualsiasi cosa lei avesse in
video.
– Bada a come parli, – disse Mackey, in tono
pigro. Mandava ancora lampi dagli occhi, ma aveva un accenno di
sorriso agli angoli della bocca. Sua figlia ci teneva testa.
– Sí, scusa. E prima che lei dica che può
essere stata Julia o Selena o Becca, per loro vale esattamente la
stessa cosa. Cosa abbiamo fatto per convincervi che siamo le piú
grandi idiote che abbiate mai incontrato?
Conway le stava dando corda, lasciandola
sfogarsi.
– Già che siamo in argomento, – intervenne
Mackey, – ignoratemi pure se volete, ma state facendo fare la
figura dell’idiota anche a questa Joanne. Vuole qualcuno che
commetta un omicidio per lei e va a chiederlo alla figlia di un
poliziotto? La persona che ha maggiori probabilità di farla finire
in prigione senza passare dal via? Holly, questa Joanne ha qualche
danno cerebrale?
– No. È una stronza, ma non è stupida.
Mackey allargò le mani, rivolto a noi:
Ecco.
– Noi non abbiamo sposato il movente del
ricatto, – replicò Conway. – Ci sono molte altre possibilità.
Non disse quali, finché Holly, alzando gli
occhi al soffitto, chiese: – Tipo?
– Hai detto al detective Moran che quando hai
scoperto qual era il problema di Selena, hai nascosto la testa
sotto la sabbia, sperando che tutto si aggiustasse da solo. Questo
ha fatto suonare il mio allarme bugie. Non ti ci vedo, nel ruolo
della rammollita. O lo sei?
– No. È solo che non sapevo cosa fare. Mi
dispiace, non sono una specie di genio.
Prima io le avevo fatto male, su quel punto, e
ora Conway tentava di irritarla di nuovo. Mackey era
attentissimo.
– Ma come hai detto tu stessa, non sei nemmeno
una specie di idiota. Non sei il tipo da restare paralizzata solo
perché devi risolvere un problema da sola. Non sei una bambina. O
invece sí? – Stava funzionando. Holly aveva incrociato le braccia e
sembrava una molla pronta a scattare. – Io penso che tu sia andata
da Selena, dicendole che sapevi di Chris. E lei deve averti detto
che stava valutando di tornare con lui. E tu hai pensato: «No,
cazzo!» Hai fatto in modo di prenderle il telefono segreto e hai
mandato un messaggio a Chris chiedendogli un incontro.
Probabilmente volevi solo che lasciasse in pace Selena, dico
bene?
Holly aveva il viso voltato verso la finestra
e guardava fuori.
– Come pensavi di convincerlo? Come hai detto
prima, a Chris non era piaciuto scoprire che con te non sarebbe
arrivato da nessuna parte. Gli hai offerto uno scambio? Lascia in
pace Selena e puoi avere me?
A quelle parole Holly saltò letteralmente
dalla sedia. – Mi sarei fatta scorticare viva, piuttosto che
combinare qualcosa con Chris! Oh,
Gesú!
Mackey non fece una piega. Holly non l’aveva
nemmeno guardato, e lo avrebbe fatto, se avesse avuto una relazione
con Chris: parlare della tua vita sessuale davanti a tuo padre deve
per forza provocare qualche reazione. Stava dicendo la verità: non
aveva mai toccato Chris.
– Allora come pensavi di convincerlo? – chiese
Conway.
Holly si morse un labbro, irritata con sé
stessa per essersi lasciata colpire. Si voltò di nuovo verso la
finestra e riprese a ignorare Conway.
– Qualsiasi cosa tu abbia provato, varie
volte, non ha funzionato. Finalmente hai preso un ultimo
appuntamento con lui. Il 16 maggio.
Holly si morse il labbro con piú forza, per
impedirsi di rispondere. Mackey non si mosse, ma era teso come una
balestra con la freccia incoccata.
– Stavolta non pensavi di provare ancora a
convincerlo. Sei uscita in anticipo, hai preparato l’arma, e quando
Chris è arrivato…
Holly si voltò di scatto a guardarla. – Ma lei
è scema o cosa? Io non ho ucciso
Chris. Possiamo restare qui tutta la notte e lei può tirare fuori
quattro milioni di motivi diversi per cui avrei potuto ucciderlo,
ma comunque non l’ho fatto. Crede
davvero di confondermi al punto da farmi dire, «Ah, sí, forse è
vero, sono salita su un albero e gli ho tirato in testa un
pianoforte, perché odiavo la sua stupida pettinatura».
Mackey sogghignava. – Ben detto, – le
disse.
Holly e Conway nemmeno lo udirono, concentrate
com’erano l’una sull’altra. – Se non sei stata tu, – disse Conway,
– allora sai chi è stato. Perché hai nascosto quel telefono?
– L’ho già detto. Non volevo che Selena…
– Hai detto che lei aveva interrotto i
contatti con Chris già settimane prima della sua morte. E questo
sarebbe emerso dall’esame di quel cellulare. Cosa c’è di
incriminante?
– Non ho detto che ci fosse nulla di
incriminante. Ho detto che l’avreste
infastidita. E lo avreste fatto.
– Sei figlia di un poliziotto, sai che
nascondere prove in un caso di omicidio è grave, ma l’hai fatto lo
stesso per risparmiare un fastidio
alla tua amica? No. Non ci credo –. Holly fece per parlare, ma la
voce di Conway sovrastò la sua. – Una di voi quattro ha inviato
messaggi a Chris da quel telefono, dopo che lui e Selena si erano lasciati.
Organizzando incontri con lui. Una di voi quattro aveva
appuntamento con Chris la notte in cui è stato ucciso. Ora, questo
sí che è incriminante, dico bene? È una cosa che avresti voluto
nascondere.
– Ehi, ehi, – intervenne Mackey, alzando una
mano. – Un momento. Questa è la vostra
prova? Degli sms inviati dal telefono di qualcun altro?
– Da un telefono nascosto, – disse Conway a
Holly. – Al quale tu avevi accesso. Tu e nessun altro, a quanto ne
sappiamo, a parte Selena, e siamo sicuri che quei messaggi non li
ha inviati lei.
– Un telefono nascosto in una stanza condivisa
da quattro ragazze, – disse Mackey. – I messaggi erano scritti
nella calligrafia di Holly? Ci sono sopra le sue impronte, o
cosa?
Capii finalmente il motivo del suo raccontino
toccante su come Holly era finita in collegio. Aveva voluto dirmi
che lei voleva un bene dell’anima alle sue amiche. Qualsiasi cosa
tirassimo fuori da sua figlia, questa sarebbe stata la sua difesa:
Holly voleva proteggere le sue amiche. Provate che non è
cosí.
Era difficile essere sicuri di qualcosa, con
Mackey, ma sapevo che sarebbe stato disposto a gettare una
sedicenne innocente sotto un autobus, per salvare sua figlia. Ed
ero sicurissimo, al cento per cento, che sotto quell’autobus
avrebbe gettato me e Conway.
Continuando a ignorarlo, Conway disse a Holly:
– Tu sapevi che quel telefono doveva sparire. Solo tu. La persona
che ha ucciso Chris ha cancellato i messaggi relativi a quegli
appuntamenti. Quindi non potevi sapere della loro esistenza, a meno
che non fossi stata tu a inviarli.
– O a meno che qualcuno gliene avesse parlato,
o a meno che ci fosse arrivata per deduzione, o a meno che avesse
reagito in modo eccessivo a una cosa che già sapeva. Ma è
impossibile che un’adolescente posso avere una reazione eccessiva,
dico bene?
Conway a quel punto si voltò a guardarlo. –
Non sto parlando con lei, detective Mackey. Risponda ancora a una
domanda che non le ho rivolto e faremo venire un altro adulto
appropriato. È chiaro?
Mackey la fissò, esaminandola con un lampo
negli occhi che a me avrebbe dato i brividi. Conway non lo notò o
non gli diede importanza, limitandosi ad aspettare la
risposta.
– Mi sa, – disse Mackey alla fine, – che
abbiamo bisogno entrambi di un momento per chiarirci le idee. Io
vado a fumare una sigaretta. Perché non viene anche lei?
– Non fumo.
– Guardi che non voglio portarla fuori per
farle una partaccia sul suo atteggiamento. Potrei fargliela
benissimo qui. Sto solo dicendo che un respiro profondo e una
boccata d’aria fresca potrebbero far bene a entrambi, per ripartire
con il piede giusto. E prometto che quando torniamo non risponderò
piú a nessuna domanda al posto di Holly. Va bene?
Mi mossi sulla sedia. Quello era il momento
cruciale. Non sapevo cosa volesse fare Mackey o come volesse farlo,
ma sentivo campanelli d’allarme a tutto volume. Conway mi lanciò
un’occhiata e pensai: «Fa’ attenzione», forte come se l’avessi
gridato.
Lei osservò il sorriso di Mackey, aperto,
diretto, con la giusta dose di imbarazzo. – Facciamo presto, –
disse.
– È lei il capo.
Li seguii alla porta. Lui inarcò un
sopracciglio e spiegai: – Aspetto qui fuori.
Sogghignò, come per dire: «Bravo, proteggiti
dalla ragazzina pericolosa», ma non abboccai. Mackey si adattò al
ritmo di Conway, il rumore dei loro passi lungo il corridoio
sembrava quello di una sola persona. Camminavano spalla a spalla,
come due partner.
Holly non si era voltata quando erano usciti.
Aveva tutti i muscoli contratti e una feroce ruga verticale tra le
sopracciglia. – Tu davvero pensi che io abbia ucciso Chris? –
chiese.
Restai sulla soglia. – Cosa penseresti tu, al
mio posto?
– Spererei di essere abbastanza brava nel mio
lavoro da capire quando una persona non è un’assassina.
Aveva l’adrenalina a mille, se l’avessi
toccata la scossa elettrica mi avrebbe fatto volare dall’altra
parte della stanza. – Tu nascondi qualcosa, – dissi. – È tutto
quello che so. Non posso capire telepaticamente di cosa si tratta,
perciò devi dircelo tu.
Holly mi lanciò un’occhiata che non capii.
Forse era disprezzo. Voltò la testa di scatto e la coda di cavallo
le frustò la faccia. Spinse indietro la sedia, si alzò e andò al
modellino in rame della scuola. Srotolò un pezzo di sottile filo di
rame da una matassa e lo tagliò con una tronchesina. Lo scatto
metallico risuonò nell’aria sbiancata.
Poggiò un fianco contro il tavolo, estrasse un
paio di pinzette da una stanza da letto vuota. Arrotolò il filo
intorno a una matita, aggiustando l’inclinazione con la punta di
un’unghia. Muoveva le dita come in una danza, piegando, torcendo,
intessendo. Sembrava un incantesimo. Il ritmo e la concentrazione
l’aiutarono a calmarsi e la ruga sulla fronte si spianò. Mi calmai
anch’io, tanto che una parte di me smise di preoccuparsi di ciò che
Mackey stava facendo con Conway.
Alla fine Holly mi mostrò la matita. In cima
c’era un cappello a tesa larga, grande come la punta di un dito e
decorato con una rosa in filo di rame.
– Bellissimo, – dissi.
Lei sorrise, un sorriso distaccato, rivolto al
cappello, che fece ruotare sulla matita. – Vorrei non averti mai
portato quel biglietto del cazzo –. Senza rabbia, senza cercare una
scusa per farmi male. Ormai le cose erano troppo avanti per
quello.
– Perché? – chiesi. – Sapevi che sarebbe
scoppiato un casino, sono sicuro che te lo aspettavi. Cos’è
cambiato?
– Non ho il permesso di parlare con te finché
non torna mio padre –. Tolse il cappello da sopra la matita, lo
infilò tra i fili di rame della struttura e lo appese al montante
di un letto. Poi tornò a sedersi. Tirò le maniche della felpa fino
a coprire le mani e si mise a guardare la luna.
Passi rapidi sulle scale. Conway uscí dagli
strati d’ombra del corridoio, con l’odore dell’aria fresca della
sera sui vestiti. – Mackey è rimasto a fumare un’altra sigaretta, –
disse. – Nel caso che ci voglia molto prima della prossima, ha
detto. E dice che se vuoi puoi raggiungerlo. Vai pure, tanto finché
non scendi lui non sale.
Non mi guardava, e questo mi diede una brutta
sensazione. Cercai di incrociare il suo sguardo, ma riuscii a
incrociare solo quello di Holly, che si spostava tra noi nel
tentativo di afferrare qualcosa. Uscii dall’aula.
La linea degli alberi era nera, come l’ala di
un corvo contro il blu profondo del cielo. Non l’avevo mai vista in
quella luce, eppure aveva un’aria familiare. Ormai cominciava a
sembrarmi di essere sempre stato in quella scuola, come se fosse
casa mia.
Mackey era appoggiato al muro. Accese la
sigaretta e l’agitò nella mia direzione, come per farmi vedere che
davvero ne aveva bisogno.
– Allora, – esordí. – Hai una strategia
interessante, giovane Stephen. Qualcuno la definirebbe folle, ma
voglio darti il beneficio del dubbio.
– Quale strategia?
Occhiata divertita. – Ehi, ti ricordi di me?
Ci siamo già incontrati. Abbiamo lavorato
insieme. Il tuo numero da ragazzino modesto non funziona,
con me.
– Di quale strategia stiamo parlando? –
insistei.
Mackey sospirò. – E va bene, starò al gioco.
Mi sorprende vederti fare coppia con Antoinette Conway. Qual è il
tuo piano?
– Nessun piano. Ho visto l’occasione di
lavorare a un omicidio e l’ho colta.
Le sopracciglia di Mackey scattarono in alto.
– Spero per te che tu stia ancora giocando a fare l’innocente. Cosa
sai di Conway?
– È una brava detective. Lavora duro. Ha fatto
carriera in fretta.
Lui attese. Quando capí che avevo finito
disse: – Questo è tutto?
Mi strinsi nelle spalle. Erano passati sette
anni e uno sguardo di Mackey mi trasformava ancora in un ragazzino
stupido a un esame orale. – Fino a stamattina non è che avessi
passato il tempo a pensare a lei.
– C’è un tamtam interno. Circolano
pettegolezzi. Tu sei al di sopra di queste cose?
– No. Ma non ho mai sentito nulla su
Conway.
Mackey sospirò. Abbassò le spalle, con aria
triste. Si passò una mano tra i capelli e scosse la testa. –
Ragazzo. Stephen –. Il tono si era fatto gentile. – In questo
lavoro serve avere dei buoni amici. Anzi, è necessario. Altrimenti
non duri.
– Io sto durando. E gli amici ce li ho.
– Non del tipo che dico io. Hai bisogno di
veri amici, ragazzo. Quelli che ti
coprono le spalle, che ti dicono le cose che hai bisogno di sapere.
Che non ti lasciano tuffarti in un tornado di merda senza nemmeno
avvisarti.
– Amici come te?
– Mi sono comportato bene, con te. Sí o
no?
– Infatti ti ho ringraziato.
– E mi piace pensare che fossi sincero. Ma ora
non lo so piú, Stephen. Non sento piú un rapporto, tra noi.
– Se sei il mio miglior amico, – ragionai, –
taglia corto e dimmi quello che secondo te devo sapere su
Conway.
Mackey non faceva nemmeno finta di fumare la
sigaretta, che ormai aveva svolto il suo compito. – Conway ha la
lebbra, ragazzo. Non te l’ha detto?
– Non abbiamo avuto modo di parlarne –. Non
chiesi in che senso avesse la lebbra: sapevo che me l’avrebbe
raccontato comunque.
– È vero, non è una piagnucolona. Almeno è un
punto positivo –. Scosse la cenere. – Tu non sei scemo, devi aver
capito che Conway non vincerà mai il titolo di miss simpatia. Non
ti dispiace fare squadra con lei?
– Te lo ripeto, non sono in cerca di nuove
amicizie.
– Non parlo della tua vita sociale. Conway, la
prima settimana alla Omicidi, era china a scrivere qualcosa sulla
lavagna e Roche, un idiota, le dà una pacca sul culo. Lei si volta
di scatto, gli afferra la mano e gli torce un dito all’indietro
finché gli occhi di Roche sembrano sul punto di schizzare fuori
dalla testa. Gli dice che la prossima volta che la tocca, glielo
spezza. Lui le dice che è una stronza. Lei spinge il dito ancora
piú indietro e lo fa urlare. Poi lo lascia andare e torna a
concentrarsi sulla lavagna.
– Capisco che un episodio simile possa
trasformare Roche in un lebbroso, non Conway.
Mackey rise forte. – Mi sei mancato, ragazzo.
Sul serio, sei adorabile, l’avevo dimenticato. Sí, in una squadra
perfetta sarebbe andata cosí. E in alcune squadre, in alcuni
periodi, sarebbe anche possibile. Ma la Omicidi adesso non è un
posto accogliente. Non sono cattivi ragazzi, sai? Solo un po’
chiusi verso l’esterno, come una squadra di rugby, e un po’ rozzi.
Se Conway avesse fatto una battuta, anche cattiva, o avesse riso
con gli altri, o avesse dato una pacca sul culo a Roche alla prima
occasione, sarebbe stato tutto a posto. Se avesse fatto uno sforzo
piccolo cosí per adattarsi. Ma non l’ha fatto, e ora il resto della
squadra la considera una stronza rompicoglioni e priva di senso
dell’umorismo.
– Bell’ambientino. Stai cercando di farmi
voltare le spalle alla Omicidi?
Mackey allargò le mani. – Non ho detto che
approvo; ti sto solo raccontando i fatti della vita. Anche se non
ne hai bisogno. Hai detto la cosa politicamente corretta, spostando
il biasimo sul molestatore e non sulla vittima. Ma ora dimmi la
verità: se domani entrassi alla Omicidi, e qualcuno ti chiamasse
coatto pel di carota, dicendoti di tornare nel tuo quartiere di
disoccupati sfaticati, gli spezzeresti le dita? O ti faresti una
risata, dicendogli di tornarsene in campagna a inculare le pecore?
Non faresti il necessario per uscirne bene? La verità.
I suoi occhi nei miei, opachi e scaltri
nell’ultima luce, finché distolsi lo sguardo. – Mi farei una
risata.
– Lo so. Ma non dirlo come se fosse una cosa
brutta, ragazzo. Io farei uguale. È la capacità di adattarsi, di
cedere un po’, che fa girare il mondo. Mentre quando arrivano i
tipi come Conway, convinti di non doversi mai adattare a nulla, le
cose cominciano ad andare a puttane.
Mi tornò in mente Joanne: «Si comportano come
se potessero dire e fare quello che gli pare». Chissà cosa ne
pensava Mackey di Holly e delle sue amiche, che mostravano il dito
medio al mondo.
– Il loro capo non è un idiota e nota che
l’atmosfera della squadra si è fatta velenosa. Allora chiama alcuni
dei ragazzi, chiede qual è il problema. Loro rispondono che va
tutto benissimo e sono tutti grandi amici. La Omicidi è cosí: un
gruppetto di bambini delle medie. Nessuno vuole fare la spia. Il
capo non crede alla storia che gli hanno raccontato, ma capisce che
non saprà mai la verità. Una cosa però la sa: l’atmosfera è
cambiata dall’arrivo di Conway. Perciò, per quanto lo riguarda, il
problema è lei.
– Quindi la sbatterà fuori alla prima
occasione, – dissi.
– No. Perché lei è il tipo da querelare il
dipartimento per discriminazione, e nessuno desidera la pubblicità
negativa che ne risulterebbe. Ma possono fare in modo di
convincerla ad andarsene spontaneamente. Conway non troverà mai un
partner. Non avrà mai una promozione. Non sarà mai invitata a bere
una pinta con i ragazzi dopo il lavoro. Non si occuperà mai di
un’altra indagine importante. Una volta che avrà mollato questo
caso, sulla sua scrivania ci saranno solo spacciatori di basso
livello fino al giorno in cui rassegnerà le dimissioni –. Un filo
di fumo sale tra noi dalla sua mano, contaminando l’aria dolce. –
Conway è tosta, durerà piú di tanti altri, ma alla fine si
spezzerà.
– La carriera di Conway è un problema suo, –
dissi. – Io penso alla mia. Questa è la mia occasione di mostrare
cosa potrei fare alla Omicidi.
Mackey scosse la testa. – No, è una roulette
russa con sei proiettili nel tamburo. Se non riesci ad andare
d’accordo con Conway, te ne torni difilato ai Casi Freddi. Bye-bye,
ci vediamo, e tutti ricorderanno che Moran non ha saputo restare in
serie A nemmeno per un giorno. Se invece riesci ad andare d’accordo
con lei, diventerai il suo galoppino. Nessun altro alla Omicidi
sarà disposto a toccarti nemmeno con un bastone di tre metri,
compreso il capo. La merda resta attaccata, ragazzo. Perciò, se
davvero non hai una strategia, ti suggerisco di trovarne una. In
fretta.
– Stai cercando di agitare le acque, – dissi.
– Io e Conway cominciamo a guardarci in cagnesco, ci distraiamo
dall’obiettivo e un attimo dopo l’indagine ci viene tolta di
mano.
– Potrebbe anche essere vero. Ma chiediti una
cosa: significa che ho torto?
L’aria urticante in sala detective, quando era
entrata Conway. Un veleno invisibile ma appiccicoso, che lavorava
in profondità.
– A lei cos’hai raccontato di me?
Mackey sorrise. – La stessa cosa che ho detto
a te, ragazzo: la verità, nient’altro che la verità. Lo
giuro.
Mi sarei preso a calci per aver fatto quella
domanda. Sapevo cosa le aveva raccontato senza bisogno di doverlo
sentire, né da lui né da lei.
«Strategia interessante, prendere a bordo il
giovane Stephen. Qualcuno la definirebbe folle, ma voglio darle il
beneficio del dubbio…»
– Aaah, – disse Mackey, stiracchiandosi.
Guardò la sigaretta, ridotta a un lungo cilindro di cenere. La
gettò a terra. – Ne avevo proprio bisogno. Andiamo?
Conway era in piedi contro lo stipite della
porta, mani nelle tasche dei pantaloni, immobile. Ci stava
aspettando. Allora lo seppi per certo.
«Lei non è un’idiota, detective Conway.
Scommetto che sa come Holly e io abbiamo conosciuto Moran. O sa
almeno una parte della storia. Vuol sentire il resto?»
Drizzò la schiena quando fummo vicini. Aprí la
porta e la tenne aperta per Mackey, il quale si voltò a guardarmi
con un sorriso da vincitore.
– Da qui in avanti ci penso io, – disse
Conway.
«Moran aveva appena smesso la divisa, e faceva
lavoro da recluta in un caso di omicidio. Il detective incaricato
si chiamava Kennedy. Ed era stato buono con il giovane Stephen,
molto buono. Lo aveva tirato fuori dal gruppo, offrendogli una
grande occasione. Molti detective non lo avrebbero fatto. Si
sarebbero affidati all’usato sicuro, non a un novellino. Scommetto
che se Kennedy potesse tornare indietro…»
All’epoca, avevo fatto solo ciò che Mackey mi
aveva detto di fare. Non avevo mai pensato (anche se avrei dovuto)
che lui si sarebbe tenuto in tasca quella carta, per poterla
giocare contro di me se un giorno ne avesse avuto bisogno.
– Mackey sta giocando sporco con noi, – dissi
a bassa voce, sapendo che lui aveva l’orecchio incollato alla
porta, dall’altro lato.
– Non c’è nessun «noi». Ci sono io con il mio
caso, e c’è un tizio che per un giorno si è reso utile ma ora la
giornata è finita. Non preoccuparti, scriverò al tuo capo che sei
stato un valido aiuto.
Fu come un pugno in faccia. Non avrebbe dovuto
colpirmi cosí, perché era vero, era stato solo un giorno. Ma per
poco non finii al tappeto.
Chissà che faccia avevo fatto, perché su
quella di Conway vidi un lampo di senso di colpa.
– Dopo ti do un passaggio in centrale.
Lasciami il tuo numero e quando ho finito qui ti avviso. Ora vai a
farti un panino, una passeggiata nel parco. Vedi se riesci a far
apparire il fantasma di Chris.
«Appena Moran ha visto la sua occasione, l’ha
messo nel culo a Kennedy senza vaselina. Con un bel vaffanculo alla
lealtà, alla gratitudine, al fare la cosa giusta: al giovane
Stephen interessava solo la sua carriera».
Ormai non m’importava piú di tenere la voce
bassa. – Stai facendo proprio il gioco di Mackey. Vuole
allontanarmi perché teme che Holly possa parlare con me. Possibile
che tu non lo veda? – Il viso di Conway restò inespressivo. – Ci ha
provato anche con me, mi ha raccontato brutte cose di te, sperando
che ti buttassi a mare. Credi che me ne sia fregato qualcosa?
– Certo che no. Perché tu vuoi solo andare a
sculettare davanti a O’Kelly, non importa come ci arrivi. Io invece
ho qualcosa da perdere, qui. E non voglio che sia tu a farmelo
perdere.
«Kennedy non se l’aspettava. Almeno lei non ha
il paraocchi come lui. Se davvero non ha una strategia, le
suggerisco di trovarsene una. In fretta».
Le lasciai il mio numero. Conway mi chiuse la
porta in faccia.