2.
St Kilda riapre i battenti la prima domenica di settembre, sotto un cielo azzurro che potrebbe essere estivo, se non fosse per gli stormi di uccelli che si allenano a migrare, in un angolo del quadro. Le ragazze che rimangono stabilmente in collegio, le interne, arrivano con urletti da tre punti esclamativi, si abbracciano in corridoi che odorano ancora d’estate e pittura fresca; arrivano con abbronzature sbiadite e storie delle vacanze, nuovi tagli di capelli e seni appena spuntati che le fanno sembrare strane, all’inizio, anche alle loro migliori amiche. Dopo un po’ il discorso di benvenuto della signorina McKenna finisce, teiere e biscotti spariscono, i genitori somministrano gli ultimi abbracci e le ultime imbarazzanti raccomandazioni su compiti e inalatori da non scordare; alcune ragazze del primo anno piangono, qualche genitore torna con le ultime cose dimenticate, poi il rumore delle auto si allontana lungo il vialetto e si dissolve nel mondo esterno. Restano solo le interne, la matrona con quel paio di membri del personale che hanno estratto la pagliuzza corta e la scuola.
Holly si trova davanti cosí tante novità che la cosa migliore da fare è mettere su un’espressione impassibile e sperare che prima o poi tutto cominci a sembrare reale. Trascina la valigia lungo i corridoi sconosciuti dell’ala riservata al dormitorio, con il cigolio delle ruote che risuona negli angoli, fino alla sua nuova stanza. Appende gli asciugamani gialli al gancio e stende sul letto il copripiumone a strisce gialle e bianche, che ancora profuma di nuovo. Lei e Julia hanno i letti vicini alla finestra; Selena e Becca alla fine le hanno lasciate scegliere per prime. Fuori dalla finestra, da quella nuova angolazione, il parco sembra diverso: un giardino segreto pieno di nicchie nascoste che appaiono e scompaiono, pronte per essere esplorate se sei abbastanza veloce.
Anche la mensa sembra diversa. Holly è abituata a vederla all’ora di pranzo, con un brusio tremendo, tutti che urlano da tavolo a tavolo, mangiano con una mano e messaggiano con l’altra. A cena l’eccitazione dell’arrivo si è calmata e le interne sono divise in gruppetti separati da lunghe distese di formica senza nessuno. Mangiano polpette e insalata chiacchierando a bassa voce, in un mormorio che si disperde nell’aria. La luce sembra piú bassa che all’ora di pranzo e gli odori piú forti: un aroma di carne cotta e aceto, a metà tra invitante e nauseante.
Non tutti parlano a bassa voce. Joanne Heffernan, Gemma Harding, Orla Burgess e Alison Muldoon sono due tavoli piú in là, ma Joanne dà per scontato che chiunque, ovunque si trovi, voglia udire ogni sua parola. E anche se forse non è cosí, nessuno ha le palle per dirglielo. – Guarda che era su «Elle», tu non leggi? Pare sia una superfigata pazzesca, e diciamolo senza cattiveria, Orls, ma un esfoliante tosto ti servirebbe, no?
– Gesú, – dice Julia con una smorfia, massaggiandosi l’orecchio dal lato di Joanne. – Ditemi che a colazione non fa tanto casino. Io la mattina ho bisogno dei miei tempi.
– Che cos’è un esfoliante? – vuol sapere Becca.
– Una roba per la pelle, – risponde Selena. Joanne e le sue amiche fanno ogni cosa che le riviste consigliano per la pelle, i capelli e la cellulite.
– Sembra un prodotto da giardino.
– O un’arma di distruzione di massa, – dice Julia. – E loro sono l’esercito dei droidi che sanno solo eseguire gli ordini: «Noi esfolieremo».
Lo dice con la voce di un dalek della serie televisiva Doctor Who, deliberatamente alta. Joanne e le altre si voltano di colpo, ma lei ha già sollevato una forchettata di carne e chiede a Selena se è vero che nella carne macinata ci mettono anche gli occhi, con aria del tutto innocente. Joanne perlustra la sala con sguardo freddo; poi torna a voltarsi, buttando indietro i capelli come se ci fossero i paparazzi in attesa, e riprende a mangiare.
– Noi esfolieremo, – ripete Julia con la voce da cyborg, e subito aggiunge, con voce normale: – Ah, Hol, volevo chiederti, tua madre li ha poi trovati quei sacchetti di rete? – Tutte si sforzano di non ridere.
Joanne scatta. – Scusa, ce l’hai con me?
– Sono in valigia, – dice Holly a Julia. – Quando saliamo te li… Chi, io?
– Non m’interessa chi. C’è qualche problema?
Julia e Holly e Selena fanno espressioni perplesse. Becca si ficca un pezzo di patata in bocca per evitare che paura ed eccitazione esplodano in una risata.
– Le polpette non sono buone? – chiede Julia. E un secondo dopo ride.
Anche Joanne ride, seguita dalle altre dalek, ma gli occhi restano freddi. – Sei divertente, – dice.
Julia arriccia il naso. – Oooh, grazie. Sono qui per servire.
– Buona idea, – ribatte Joanne. – Continua a servire –. E torna alla sua cena.
– Noi esfolie…
Stavolta Joanne quasi la coglie sul fatto. Selena la salva appena in tempo. – Io ho dei sacchetti in piú, se a qualcuno servono –. La faccia è contorta da risatine represse, ma dà le spalle a Joanne e la voce è calma e sicura, senza nemmeno un accenno di riso. Lo sguardo laser di Joanne passa oltre e ispeziona altri tavoli, in cerca della persona che ha il coraggio di sfidarla.
Becca ha mangiato troppo in fretta ed esplode in un rutto enorme. Diventa rosso fuoco, ma è la scusa perfetta e tutte scoppiano a ridere, piegate in due con la faccia sul tavolo. – Mio Dio, siete disgustose, – dice Joanne, voltando loro le spalle con una smorfia altezzosa. Il suo gruppo ben addestrato copia subito entrambi i gesti. L’attacco di risa diventa solo piú forte. A Julia va un pezzo di polpetta nel naso e diventa rossa come un peperone nello sforzo di soffiarlo in un tovagliolo di carta. Le altre per poco non cadono dalle sedie.
Quando le risate finalmente si calmano, si rendono conto della loro audacia. Finora sono sempre andate d’accordo con Joanne e la sua gang, il che è la cosa piú intelligente da fare.
– Perché l’hai fatto? – chiede Holly a Julia, a bassa voce.
– Perché mi stava sfondando i timpani con le sue urla. E ha funzionato, visto? – Le dalek sono ingobbite sui loro vassoi, si guardano intorno sospettose e parlano a voce ostentatamente bassa.
– Ma cosí la fai incazzare, – sussurra Becca, con gli occhi spalancati.
Julia scrolla le spalle. – E allora? Cosa può farmi, uccidermi? Non mi sembra di aver firmato per essere il suo cagnolino.
– Solo vacci piano, – interviene Selena. – Se vuoi la rissa con Joanne hai un anno di tempo. Non dev’essere per forza stasera.
– Qual è il problema? Non siamo mai state amiche.
– Nemmeno nemiche, però. E ora tu con lei ci devi convivere.
– Esatto, – dice Julia, ruotando il vassoio per mangiare la macedonia. – Sarà un anno divertente.
Poco lontano, dietro un muro di cinta, una strada alberata e un altro muro di cinta, sono tornati anche gli interni di St Colm. Chris Harper ha gettato il piumone rosso sul letto e i vestiti nella sua parte dell’armadio, cantando la versione oscena dell’inno della scuola con la sua nuova voce profonda, mentre i compagni di stanza gli facevano eco e aggiungevano i gesti. Ha attaccato un paio di poster sopra il letto e sistemato la nuova foto di famiglia incorniciata sul comodino. Ha avvolto una busta di plastica piena di promesse in un vecchio asciugamano e l’ha nascosta in fondo alla valigia, spingendo poi la valigia in alto sull’armadio. Ha controllato l’inclinazione della frangetta nello specchio e sta scendendo di corsa a cena con Finn Carroll e Harry Bailey. Tutti e tre gridano e ridono forte, tentando di bloccarsi a vicenda per vedere chi è diventato piú forte durante l’estate. Chris Harper è pronto per questo nuovo anno scolastico. Non vede l’ora che cominci: ha dei piani.
Gli restano otto mesi e due settimane di vita.
– Ora che si fa? – chiede Julia. Hanno finito la macedonia e messo i vassoi sul carrello. Dai misteriosi recessi della cucina arrivano rumori di piatti e una discussione in una lingua che forse è polacco.
– Quello che ci pare, – risponde Selena. – Fino a quando comincia la scuola. A volte andiamo al centro commerciale, o a vedere una partita di rugby dei ragazzi di St Colm. Ma non possiamo allontanarci dalla scuola fino al prossimo weekend. Perciò possiamo andare nella sala comune, o…
Si dirige verso la porta esterna, con Becca al fianco. Holly e Julia le seguono.
Fuori c’è ancora luce. Il parco è una serie di strati di verde. Finora è stato una zona grigia per Holly e Julia: non esattamente proibita, ma l’unico momento in cui le ragazze possono andarci di giorno è all’ora di pranzo, e non c’è mai tempo. Ora è come se fosse caduto un muro di vetro appannato. Ogni colore salta agli occhi, ogni cinguettio risuona nitido alle orecchie di Holly, le ombre tra i rami sono profonde e fresche come pozzi.
– Venite, – dice Selena, e si mette a correre nel prato posteriore come se ne fosse la padrona. Becca la segue. Julia e Holly corrono a tutto spiano nel verde per raggiungerle.
Oltre il cancello in ferro battuto e tra gli alberi, e all’improvviso il parco è un mulinello di piccoli sentieri che Holly non aveva mai visto, sentieri che non sono soltanto deviazioni dalla strada principale: chiazze di sole, frulli d’ali, incroci di rami in alto e fiori viola registrati con la coda dell’occhio. Fuori dal sentiero, la treccia nera di Becca e i morbidi capelli biondi di Selena ondeggiano all’unisono quando svoltano e salgono su una collinetta, oltre cespugli potati a sfera da elfi giardinieri, e a un tratto le chiazze di luci e ombre finiscono e loro si trovano in pieno sole. Per un attimo Holly deve farsi schermo con la mano.
La radura è piccola, solo un circolo d’erba tagliata contornato da alti cipressi. L’aria è diversa, ferma e fresca, con leggeri movimenti qua e là. Suoni sparsi – il tubare pigro di una tortora, frinire di insetti – si producono e scompaiono senza lasciare traccia.
Selena dice, senza fiato ma non troppo: – Noi veniamo qui.
– Non ci avevate mai mostrato questo posto, – dice Holly. Selena e Becca si guardano e fanno spallucce. Holly si sente quasi tradita: Selena e Becca sono in collegio da due anni, ma non le era mai venuto in mente che avessero una vita segreta insieme. Poi si rende conto che adesso anche lei ne fa parte.
– A volte ti sembra di impazzire, se non ti rintani in un posto solo tuo, – spiega Becca. – Noi veniamo qui –. Si lascia cadere sull’erba in un affastellarsi di braccia e gambe magre e alza gli occhi a guardare Holly e Julia. Ha le mani strette a coppa, come per offrire loro la radura in un dono di benvenuto, temendo allo stesso tempo che non sia abbastanza.
– È bellissimo, – dice Holly. Sente odore di erba tagliata con un sottofondo di terra; una traccia di selvatico lasciata da qualche animale di passaggio. – Non ci viene mai nessun altro?
– Le altre hanno i loro posti, – spiega Selena. – E noi non ci andiamo.
Julia si gira, alza gli occhi a guardare gli uccelli che attraversano il cerchio azzurro sopra le loro teste; alcuni entrano ed escono dalla V dello stormo. – Mi piace, – dice. – Mi piace molto –. E si siede sull’erba accanto a Becca, la quale sorride e tira il fiato, sciogliendo le mani.
Si stendono, si spostano per evitare il sole negli occhi. L’erba è folta e lucente come il pelo di un animale, dà una bella sensazione. – Dio, il discorso di McKenna, – dice Julia. – «Le vostre figlie partono con un meraviglioso vantaggio nella vita, perché voi siete tutti cosí colti, dei veri letterati, e cosí attenti a un’alimentazione sana, e insomma fantastici in tutto, e noi siamo cosí felici di avere la possibilità di proseguire il lavoro che voi avete iniziato». Passatemi il sacchetto per vomitare.
– Tutti gli anni è sempre lo stesso discorso, – dice Becca. – Parola per parola.
– Il primo anno mio padre per poco non mi ha riportata a casa, dopo quel discorso, – dice Selena. – Lo considera elitario.
Il padre di Selena vive in una specie di comune a Kilkenny e indossa ponci fatti a mano. È stata sua madre a scegliere St Kilda.
– Mio padre ha pensato la stessa cosa, – dice Holly. – Si vedeva benissimo. Avevo una paura matta che facesse qualche battuta sarcastica alla fine, ma mia madre gli ha pestato un piede.
– Elitario lo è, – dice Julia. – E allora? Non c’è nulla di male. Alcune cose sono meglio di altre, e se fingi che non sia vero non sei di larghe vedute, sei un cretino. Quello che a me fa vomitare è l’adulazione. Come se noi fossimo un prodotto. McKenna distribuisce buffetti sulla testa ai nostri genitori, dicendogli che hanno fatto un ottimo lavoro, e loro scodinzolano e le leccano la mano e si trattengono a stento dal pisciare sul pavimento. Come fa lei a saperlo? E se i miei non avessero mai letto un libro in vita loro? Se mi dessero barrette Mars impanate e fritte a pranzo e cena?
– A lei non gliene frega niente, – dice Becca. – Vuole solo convincerli che spendere un sacco di soldi per liberarsi di noi sia una cosa di cui andare orgogliosi.
Cala un breve silenzio. I genitori di Becca lavorano a Dubai e passano lí quasi tutto il tempo. Oggi non sono riusciti a venire ed è stata la governante ad accompagnarla.
– Comunque è bello essere qui, – dice Selena.
– Non mi sembra ancora reale, – osserva Holly. È vero solo in parte, ma è il meglio che riesce a dire. Ci sono come dei lampi in cui tutto è reale, separati da lunghi periodi di interferenze granulose. Ma i lampi sono cosí vividi da oscurare il resto e sembra che lei non sia mai stata altrove. Poi scompaiono.
– Tranquilla, – dice Selena. – Ci vuole un po’ di tempo.
Restano lí a sentire i loro corpi affondare nella radura, cambiare ritmo, fondersi con le cose intorno: il tink, tink, tink di un uccello, i raggi di sole che scivolano lentamente tra i cipressi. Holly si rende conto di star sfogliando la giornata, come faceva ogni pomeriggio sull’autobus che la riportava a casa. Sceglie piccoli episodi da raccontare: una storia divertente con dentro un po’ di audacia per papà, qualcos’altro per impressionare mamma. O magari, se ce l’ha con lei, come capita spesso in questo periodo, qualcosa di scioccante per scatenare la sua reazione: «Mio Dio, Holly, chi mai direbbe una cosa tanto…» mentre lei alza gli occhi al cielo. Si rende conto che farlo adesso non ha piú senso. Il sorriso del padre e le sopracciglia alzate della madre non daranno forma al quadro che ogni giornata si lascia dietro. Non piú.
La forma gliela daranno le sue amiche. Holly le guarda e sente la giornata spostarsi e adattarsi ai contorni che ricorderà tra venti o cinquant’anni: il giorno in cui Julia ha sfidato le dalek, il giorno in cui Selena e Becca hanno portato lei e Julia alla radura dei cipressi.
– Tra un po’ è meglio andare, – dice Becca, senza muoversi.
– È presto, – protesta Julia. – Hai detto che possiamo fare quello che vogliamo.
– In genere sí. Ma con i nuovi si agitano se non ti vedono ogni secondo, come se temessero la fuga.
Ridono piano in quel cerchio d’aria immobile. Il lampo colpisce di nuovo Holly: una fila di oche selvatiche in alto nel cielo, le dita che afferrano l’erba fresca, le ciglia di Selena che battono contro il sole, ed è sempre stato cosí, tutto il resto è un sogno a occhi aperti che scompare all’orizzonte. Stavolta il lampo dura.
Qualche minuto piú tardi, Selena dice: – Becs ha ragione. Andiamo. Se no finisce che vengono a cercarci.
Il pensiero di un insegnante in quella radura dà i brividi a tutte e le spinge ad alzarsi dall’erba. Si spazzolano i vestiti; Becca toglie frammenti di verde dai capelli di Selena e la pettina con le dita. – Va bene, tanto devo ancora finire di disfare la valigia, – dice Julia.
– Anch’io, – dice Holly. Pensa all’ala del collegio, i soffitti alti che sembrano fatti per echeggiare armonie cantate da fredde voci di suore. È come se accanto al letto a strisce gialle ci fosse una persona nuova, in attesa del suo momento: una nuova sé stessa. E questo vale anche per le altre. Avverte il cambiamento strisciarle sottopelle, riempire i vasti spazi tra gli atomi del suo corpo. A un tratto capisce perché Julia ha provocato Joanne, a cena. Anche lei si sentiva in balia della marea e scalciava nella corrente, per avere la prova di poter scegliere dove farsi portare, prima che l’acqua si chiudesse sulla sua testa trascinandola via.
«Sai che puoi tornare a casa tutte le volte che vuoi, – ha detto suo padre, almeno ottantamila volte. – Giorno e notte: basta una telefonata e arrivo, ci metto un’ora al massimo. Capito?»
«Capito, – ha ripetuto Holly ottantamila volte. – Se cambio idea ti chiamo, vieni a prendermi e mi riporti a casa». Non le era mai venuto in mente, fino ad ora, che forse non funziona cosí.