14.
Il ballo di San Valentino. Duecento ragazze e ragazzi del terzo e quarto anno, di St Colm e di St Kilda, con gli ormoni alle stelle, vestiti con cura maniacale e profumati di duecento deodoranti diversi, dopo aver tormentato la pelle con rasature, cerette, unguenti e sostanze di ogni tipo, si affollano nella palestra di St Kilda trasformata in sala da ballo. Gli schermi dei cellulari lampeggiano come lucciole, mentre tutti fanno foto e video degli altri che fanno foto e video a loro. Chris Harper, in mezzo alla folla, camicia rossa, manate sulla schiena degli amici e risate per attirare l’attenzione delle ragazze, ha ancora tre mesi, una settimana e un giorno di vita.
Sono soltanto le otto e mezza e Julia si annoia già. Loro quattro sono strette insieme sulla pista da ballo e ignorano le esclamazioni e le risate rivolte ai jeans di Becca dal gruppo di Joanne. Holly e Becca amano ballare e si stanno divertendo un mondo, e anche Selena sembra contenta; Julia è sul punto di fingere un attacco di crampi da mestruazioni per potersene andare. Gli altoparlanti martellano una canzone piú o meno d’amore ben confezionata, Justin Bieber o forse Miley Cyrus, una voce liscia che vuol essere sensuale. Le luci stroboscopiche lampeggiano in rosa e rosso. Il comitato organizzatore della festa, ragazze grandi e pluripremiate, dai capelli lucenti, che stanno già lavorando al loro curriculum per il mondo reale, ha decorato la sala con cuori di carta, ghirlande e altro, in colori prevedibili. L’atmosfera è romantica e appiccicosa, ma ci sono due insegnanti di guardia alla porta, nel caso una coppia provi a filarsela per compiere atti inenarrabili in un’aula vuota. Se poi due si mettono a ballare lentamente, per esempio perché il disc-jockey ha messo su un lento, arriva quella pazza di suor Cornelius e praticamente fa loro una doccia di acqua santa.
Quelli che non sono del comitato tengono d’occhio le uscite. Nel pomeriggio i ragazzi di St Colm gettano bottiglie di superalcolici nei cespugli, oltre il muro di cinta, e poi durante il ballo le vanno a prendere, alla prima occasione utile. Il giorno dopo, le ragazze di St Kilda cercano le bottiglie superstiti e si ubriacano nelle loro stanze. È una tradizione che dura da tantissimo tempo, e Julia non riesce a credere che «loro» non se ne siano mai accorti, soprattutto perché due professoresse, le signorine Long e Naughton, sono state allieve della scuola e probabilmente l’hanno fatto anche loro. Quelle due hanno un’aria come se fossero nate già insegnanti irlandesi quarantenni nel 1952 e da allora non avessero cambiato nulla, nemmeno quei rivoltanti collant marroncini. Forse, se mai sono state davvero giovani, ne hanno perso il ricordo. Ma ultimamente Julia si chiede se la situazione sia piú complessa di come appare. Forse Long e Naughton sono professoresse pallose al novantanove per cento, ma nel restante uno per cento sono ancora le quindicenni che soffocavano risatine bevendo whisky di nascosto, e restano leali al ricordo. Forse quello è uno dei segreti di cui gli adulti non parlano: quanto durano certe cose, invisibili, dentro. O magari loro due erano cosí sfigate, a scuola, che non hanno nemmeno mai sentito parlare delle bottiglie nei cespugli.
Julia balla con il pilota automatico e ogni volta che alza le braccia controlla con un’occhiata furtiva che non ci siano macchie sotto le ascelle. L’anno scorso si era divertita al ballo; no, «divertita» è un’esagerazione, ma comunque le sembrava importante. Qualcosa di affilato, che toglieva il respiro, con un’energia traboccante. Quest’anno si aspettava la stessa sensazione, invece sta scoprendo che il ballo ha meno importanza di una sessione di scaccolamento, e questo la fa incazzare. Quasi tutte le cose che fa ogni giorno sono una rottura di scatole inutile, ma almeno nessuno si aspetta che lei si diverta facendole.
– Torno subito, – urla alle altre facendo il gesto di bere, esce dalla pista e si fa strada tra la folla. Tra le luci, il ballo, i corpi stretti, tutti sono sudati. Gli strati di trucco di Joanne Heffernan si stanno già sciogliendo, ma questo non sembra infastidire Oisín O’Donovan, che sta cercando di infilarle una mano dentro il vestito senza riuscirci, perché il vestito è complicato e lui è scemo.
– Non toccarmi, lesbica, – sbotta Joanne mentre Julia le passa accanto cercando di non sfiorare neppure una molecola del suo culo firmato.
– Ti piacerebbe, – ribatte Julia, pestandole un piede. – Oh, scusa.
Da un lato della sala c’è un tavolo pieno di bicchieri di carta con sopra disegnato Cupido, intorno a una enorme ciotola in finto vetro piena di punch analcolico. La bevanda ha un colore rosato rivoltante, e quando Julia ne beve un sorso sente solo sapore di colorante.
Appoggiato al muro vicino al tavolo c’è Finn Carroll. Lui e Julia si conoscono perché sono entrambi soci del club del dibattito. Finn la vede, alza il bicchiere verso di lei e grida qualcosa che Julia non riesce a udire. Ha i capelli di un rosso acceso, lunghi tanto da coprirgli il collo di riccioli, ed è intelligente: due cose che per molti ragazzi equivalgono alla morte civile. Ma Finn ha un minimo di lentiggini che si accompagnano ai capelli e gioca bene a rugby e sta diventando alto e massiccio prima di molti suoi compagni; perciò se la cava bene.
– Cosa? – grida Julia.
Finn si china per parlarle all’orecchio. – Non bere il punch, – grida. – Fa schifo.
– Come la musica, – urla Julia di rimando.
– La musica è offensiva. «Sono ragazzi, quindi gli piace la roba dozzinale». Non gli passa neppure per la mente che alcuni di noi possano avere gusto.
– Dovevi sabotare lo stereo, – dice Julia. Finn ha un talento per l’elettronica. Nel trimestre scorso in Biologia ha fatto saltare una rana morta non appena Graham Quinn ha provato a sezionarla. Graham è caduto all’indietro dallo sgabello. Julia rispetta queste cose. – O almeno dovevi portare qualcosa per perforarci i timpani.
Finn dice, cosí vicino che non c’è bisogno di urlare: – Ti va se proviamo a uscire?
Finn è un tipo in gamba, per essere di St Colm; a Julia non dispiace l’idea di una conversazione tranquilla con lui; c’è una probabilità decente che Finn riesca a parlare senza tentare ogni momento di ficcarle la lingua in gola, e non sembra il tipo da andare poi a raccontare ai suoi amici che hanno fatto sesso selvaggio tra i cespugli. Però qualcuno noterà di sicuro la loro assenza, e i pettegolezzi sessuali si diffonderanno lo stesso.
– No, grazie, – risponde.
– Ho un po’ di whisky, qua fuori.
– Io odio il whisky.
– Allora qualcos’altro. Nei cespugli c’è un bar intero, puoi scegliere.
Le luci colorate scivolano sul viso di Finn, sulla sua bocca ampia e ridente. Julia pensa, con una scarica di energia che le dà alla testa, che dei pettegolezzi sessuali non gliene frega un cazzo.
Guarda le sue amiche, che stanno ancora ballando. Becca ha le braccia in fuori, ruota su sé stessa e ride come una bambina. Da un momento all’altro le verranno le vertigini e cadrà a terra.
– Stammi vicino, – dice a Finn, avviandosi tranquilla verso l’uscita. – Quando dico «Via», corri.
Suor Cornelius è una sagoma seria e cubica davanti alla porta; la signorina Long è dall’altro lato della sala, intenta a scollare Marcus Wiley da Cliona, la quale ha una faccia come se non sapesse chi dei due odiare di piú. Suor Cornelius rivolge a Julia e Finn un’occhiata diffidente. Julia sorride e urla: – Il punch è ottimo! – sollevando il bicchiere di carta. Suor Cornelius si fa ancora piú sospettosa.
Julia posa il bicchiere su un davanzale. Con la coda dell’occhio vede Finn imitarla: è un ragazzo che capisce in fretta.
Becca cade a terra. Suor Cornelius, con uno sguardo selvaggio, si lancia attraverso la sala facendosi strada a spintoni, per interrogare Becca, farle il test del palloncino e quelli per tutte le «droghe giovanili» possibili. Holly riuscirà a calmarla senza problemi. Gli adulti le credono sempre, forse a causa del padre poliziotto, o forse perché lei mente con impegno e serietà. – Via, – dice Julia e schizza fuori dalla porta senza voltarsi; di corsa in corridoio e dentro l’aula di Matematica. Solo allora i passi alle sue spalle prendono la forma di Finn.
Raggi di luce lunare tagliano a strisce la stanza, impigliandosi in schienali di sedie e gambe di banchi. La musica è ridotta a un martellio lontano condito di strilli, come se qualcuno avesse chiuso in una scatola una miniatura di Rihanna. – Bravo, – dice Julia. – Chiudi la porta.
– Merda! – Finn ha sbattuto uno stinco contro una sedia.
– Shh. Qualcuno ci ha visti uscire?
– Non credo.
Julia sta svitando il fermo della finestra, le mani rapide illuminate da un raggio di luna.
– Avranno messo qualcuno a pattugliare il parco, – dice Finn. – Ai balli da noi lo fanno sempre.
– Lo so. Sta’ zitto e resta indietro, se no ci vedono.
Aspettano, di schiena contro il muro. Ascoltano il rumore metallico della musica e tengono d’occhio allo stesso tempo la distesa d’erba fuori dalla finestra e la porta dell’aula. Qualcuno ha dimenticato un maglione dell’uniforme scolastica su una sedia; Julia lo prende e lo infila sopra il vestito a pois. Non le sta molto bene, è troppo grande e ha due bozzi sul petto lasciati da una ragazza con le tette piú grandi delle sue, ma è caldo e sarà utile, col freddo che fa. Finn tira su la cerniera della felpa.
Vedono due ombre allungarsi sul terreno da dietro l’angolo del collegio, poi appaiono suor Veronica e padre Niall di St Colm, fianco a fianco, le teste che ruotano qua e là scrutando dappertutto.
Quando spariscono alla vista, Julia aspetta una ventina di secondi, per dar loro il tempo di girare l’angolo dalla parte del dormitorio delle suore, piú altri dieci nel caso si siano fermati a controllare qualcosa, e altri dieci per maggiore sicurezza. Poi spinge su il vetro, scavalca il davanzale e scivola fuori, atterrando sull’erba: tutto in un solo movimento fluido. Se Finn non stesse pensando ad altro avrebbe capito che non è la prima volta. Lo sente atterrare alle sue spalle e si lancia di corsa verso il riparo degli alberi; nelle orecchie ha ancora la musica del ballo, ma le stelle in alto brillano al ritmo dei suoi passi.
Luci rosse, rosa, bianche, come segnali in codice troppo rapidi da interpretare. La musica pulsa sul pavimento, sui muri, nelle ossa, come una corrente elettrica che balza da una mano all’altra, lungo tutta la sala, senza interrompersi un secondo.
Selena ha ballato troppo. Le luci cominciano a sembrarle cose vive, disperate e perse. E lei comincia a perdere la presa sulla linea di confine tra sé e gli altri. Al tavolo del punch Chris Harper getta indietro la testa per bere, e lei sente il sapore in bocca; qualcuno le sbatte contro, e non capisce se il dolore che prova è suo o dell’altro; Becca alza le braccia e le pare di essere stata lei a farlo. Capisce che deve smettere di ballare.
– Tutto bene? –grida Holly, senza perdere il ritmo.
– Vado a bere! – Selena indica il tavolo del punch. Holly annuisce e torna a provare una complessa combinazione di lavoro di fianchi e di piedi. Becca salta su e giú. Julia è scomparsa, deve essere riuscita a tagliare la corda in qualche modo. Selena avverte il vuoto che la sua assenza ha lasciato nella sala, e questo la squilibra ancora di piú. Posa a terra un piede dopo l’altro, con attenzione, e ricorda a sé stessa che si trova al ballo di San Valentino.
Il punch ha un sapore sbagliato, sa di pomeriggi di un’estate remota, erba fresca e corse a piedi nudi; non c’entra con questa massa sudata e pulsante. Selena si appoggia al muro e pensa a cose solide e pesanti. La tavola periodica, le coniugazioni dei verbi irlandesi. La musica è appena un po’ meno forte, ma continua a disturbarla. Vorrebbe infilarsi le dita nelle orecchie, ma le mani non le sembrano sue, e sollevarle fino alle orecchie è troppo complicato.
– Ciao, – dice qualcuno accanto a lei.
Chris Harper. Fino a qualche tempo fa Selena sarebbe rimasta sorpresa: Chris è superfigo e lei no; non crede nemmeno di aver mai avuto una vera conversazione con lui. Ma negli ultimi mesi sono successe parecchie cose sorprendenti, e sa che è inutile cercare di capire: a questo punto, se le aspetta.
– Ciao, – risponde.
– Bel vestito, – dice Chris.
– Grazie –. Selena si guarda, il vestito la confonde, e dice, pensando di parlare tra sé: – Duemilatredici.
– Cosa?
Merda. – Niente.
Chris la guarda. – Ti senti bene? – E come per evitare che svenga all’improvviso, le posa una mano sul braccio nudo.
Tutto torna a fuoco di colpo, colori brillanti e contorni netti. Selena riesce di nuovo a sentire i piedi, formicolanti come se si fossero addormentati. La cerniera sulla schiena è una sensazione precisa. Sta fissando Chris negli occhi, che sono nocciola anche nella penombra, ma allo stesso tempo le luci non sono piú segnali in codice o cose perdute, sono soltanto luci che brillano: rosse, rosa, bianche. Tutta la sala è solida e nitida e chiarissima. Chris, con la luce che si riflette sui capelli, il corpo caldo dentro la camicia rossa, le sopracciglia appena aggrottate, è la cosa piú reale che abbia mai visto.
– Sí, – risponde. – Sto bene.
– Sei sicura?
– Un totale.
Chris le toglie la mano dal braccio. La chiarezza scompare all’istante e la sala diventa di nuovo una confusione spasmodica. Ma Selena si sente ancora solida e calda, e Chris sembra ancora reale.
– Pensavo… – dice lui. La guarda come se non l’avesse mai vista prima, come se qualcosa di ciò che è appena successo fosse arrivato anche a lui. – Sembravi…
Selena gli sorride. – Mi sono sentita strana per un paio di secondi. Ora sto bene.
– Prima una ragazza è svenuta, l’hai vista? Qua dentro si bolle dal caldo.
– È per questo che non balli?
– Prima ho ballato. Ora avevo voglia di starmene un po’ a guardare –. Beve un sorso di punch e fa una smorfia.
Selena non si allontana. L’impronta della mano di Chris sul braccio brilla di luce dorata, sembra quasi galleggiare nella penombra. Vuole continuare a parlare con lui.
– Tu sei amica sua, – dice Chris. – Vero?
Indica Becca, che balla come una bambina di otto anni, ma di un tipo che non esisteva nemmeno quando avevano davvero otto anni, il tipo che non ha mai visto un video musicale: niente sculettamenti, ancheggiamenti, petto in fuori; balla e basta, come se non sospettasse neppure l’esistenza di un modo giusto; balla solo per il gusto di farlo.
– Sí, – risponde. Becca la fa sorridere, perché ha l’aria felice. Holly invece no, visto che Marcus Wiley è alle sue spalle e cerca di sfregarsi contro il suo sedere.
– Perché è vestita cosí?
Becca indossa un paio di jeans, una camicetta bianca con i bordi di pizzo e ha i capelli raccolti in una lunga treccia. – Perché le piace, – spiega Selena. – Non ama molto gonne e vestitini.
– Cos’è, lesbica?
Selena ci pensa su. – Credo di no, – risponde.
Marcus Wiley sta ancora tentando di sfregarsi contro Holly. Lei si volta e gli dice qualcosa, parole brevi e decise. Marcus resta lí a bocca aperta, finché Holly gli segnala con un dito di andare altrove; poi si allontana ballando, come se fosse tutto a posto, ma voltandosi in ogni direzione a controllare se qualcuno l’ha visto. Holly tende le mani a Becca e cominciano a ruotare in cerchio. Stavolta sembrano felici tutte e due. Selena per poco non scoppia a ridere forte.
– Avresti dovuto parlarle, – dice Chris. – Convincerla a mettersi qualcosa di normale, o un vestito come il tuo.
– Perché?
– Guarda –. Indica Joanne, che ondeggia a ritmo di musica e parla all’orecchio di Orla. Tutte e due guardano Becca e Holly con sorrisetti ironici. – La stanno prendendo in giro parecchio.
– A te cosa importa? – chiede Selena.
Non voleva essere tagliente, vuole solo saperlo. Credeva che Chris Harper non avesse neppure notato l’esistenza di Becca. Chris si volta di scatto. – Guarda che non sono innamorato di lei! Gesú.
– Va bene.
Chris torna a guardare la pista. Dice qualcosa, ma il dj mette su un brano pieno di bassi, e Selena non riesce a sentirlo. – Cosa? – urla.
– Ho detto che mi ricorda mia sorella –. Il dj alza il volume al livello di un terremoto. – Cristo! – grida Chris, irritato. – Questo cazzo di rumore!
Joanne li ha notati. Distoglie lo sguardo quando Selena se ne accorge, ma dalla piega del labbro superiore si capisce che non è affatto contenta. Selena grida: – Usciamo!
Chris la fissa, tentando di capire se lo ha detto nel senso in cui lo direbbero tante altre ragazze. Lei non riesce a pensare a nessun modo di spiegarsi, quindi non ci prova nemmeno.
– Come? – domanda lui, alla fine.
– Proviamo a chiedere.
Lui la guarda come se fosse uscita di testa, ma con simpatia. – Visto che non andiamo a pomiciare, – spiega Selena, – non abbiamo bisogno di un posto privato, basta solo che ci sia un po’ di silenzio. Possiamo sederci fuori dalla porta. Magari ce lo lasciano fare.
Chris è colto di sorpresa in almeno cinque modi diversi. Selena attende una risposta. Quando non arriva dice: – Vieni –. E s’incammina verso l’uscita.
In un altro momento li guarderebbero tutti, ma Fergus Mahon ha appena versato del punch nel colletto di Garret Neligan, il quale gli è saltato addosso e sono caduti entrambi addosso a Barbara O’Malley. Barbara, che ha passato le ultime due settimane a dire che il suo vestito è di Roksanda Vattelapesca, si è messa a strillare come un’aquila. Chris e Selena sono praticamente invisibili.
C’è qualcosa che li protegge, che spiana loro la strada. Anche alla porta: se ci fosse suor Cornelius non avrebbero nessuna possibilità. Suor Cornelius è pazza, ma quest’anno tutte le suore appena vedono Selena provano l’impulso di chiuderla a chiave da qualche parte, per evitare problemi ai ragazzi, o a lei, o alla moralità in generale, forse non lo sanno neppure loro. Ma di guardia c’è la signorina Long, perché suor Cornelius è andata a sgridare Fergus e Garret.
– Signorina Long, – grida Selena. – Possiamo andare a sederci sulle scale?
– Certo che no, – risponde l’insegnante, distratta da Annalise Fitzpatrick e Ken O’Reilly, appartati in un angolo: una mano di Ken è fuori vista.
– Ci sediamo in fondo ai gradini, dove può vederci. Vogliamo solo parlare.
– Potete parlare qui.
– C’è troppo rumore, e… – Selena allarga le braccia, indicando le luci, la gente e tutto il resto. – Vogliamo poter parlare come si deve.
Long stacca per un secondo gli occhi da Annalise e Ken. Esamina Selena e Chris, scettica. – Come si deve, – ripete.
Qualcosa spinge Selena a sorriderle: è un sorriso improvviso, radioso, che arriva da solo, perché sente come una girandola nel petto, la sensazione che stia accadendo qualcosa di incredibile.
Long per poco non ricambia il sorriso, ma si riprende subito e preme insieme le labbra. – Va bene, – dice. – In fondo a questi gradini. Controllo ogni trenta secondi, e se non vi vedo, o se vi tenete anche solo per mano, sarete nei guai fino al collo. Piú di quanto potete immaginare. Sono stata chiara?
I due ragazzi annuiscono con tutta la sincerità che riescono a trovare.
– Mi raccomando, – dice Long, con un’occhiata a suor Cornelius. – Ora andate.
Si volta e guarda la palestra come se in questo momento si fosse trasformata, come se fosse un posto dolce e scintillante e pieno di possibilità. Selena esce sapendo che non sono stati lei e Chris a ottenere il permesso, ma un ragazzo in un ballo dimenticato di trent’anni prima, il suo viso luminoso ed entusiasta, la sua risata.