4.
Il Court è il centro commerciale piú grande e piú bello raggiungibile a piedi da St Kilda e St Colm. La bellezza dei momenti in cui non c’è un adulto dalla faccia severa a controllare tutto, pronto a intervenire. Il Court attrae come una enorme calamita, e tutti si lasciano catturare. Può succedere di tutto, in quella fetta scintillante di libertà tra le lezioni e l’ora del tè; la vita può decollare e trasformarsi in qualcosa di completamente nuovo. Nella luce abbagliante, tutti i volti brillano, le bocche formano parole e si allargano in risate che si sentono persino in una simile nuvola di rumori. E ogni cosa può essere quella che aspettavi, quella che ti toglie il fiato. Tutto ciò che hai immaginato potrebbe essere qui ad attenderti, se volti la testa nel momento esatto, se incroci lo sguardo della persona giusta, se la canzone giusta esce dagli altoparlanti sparsi ovunque. Dal chiosco arriva un odore zuccheroso di ciambelle appena sfornate, da leccarsi le dita.
Sono i primi d’ottobre. Chris Harper si azzuffa per scherzo con Oisín O’Donovan sul bordo della fontana al centro del Court, la bocca aperta e ridente, gli altri ragazzi della scuola intorno a incitarli. Gli restano poco piú di sette mesi di vita.
Becca e Julia e Selena e Holly sono dalla parte opposta della fontana, con quattro sacchetti aperti di caramelle assortite. Julia tiene d’occhio i ragazzi mentre racconta a mitraglietta la storia di quest’estate a Nizza, quando lei e una ragazza inglese e un paio di ragazzi francesi sono riusciti a entrare in un nightclub superlusso. Holly mangia i suoi Skittles e ascolta, con un sopracciglio che dice Sí, come no; Selena è stesa sul bordo di marmo scrostato della fontana, con il mento poggiato sulle mani e i capelli lunghi che quasi sfiorano il pavimento. Becca vorrebbe chinarsi e prenderli tra le mani, prima che tocchino la sporcizia e le gomme masticate e sputate.
A Becca il Court non piace per niente. All’inizio del primo anno, quando le ragazze nuove dovevano aspettare un mese prima di avere il permesso di lasciare la scuola, non sentiva parlare d’altro: il Court, il Court, il Court; tutto sarà favoloso, quando potremo andarci. Occhi brillanti, gesti come per descrivere un luogo di castelli e piste di pattinaggio e cascate di cioccolato. Le piú grandi tornavano sorridenti e appiccicose, con borse colorate, avvolte in aromi di cappuccino e lucidalabbra, ancora ondeggiando a ritmo di musica. Era il posto magico, luminoso, quello capace di farti dimenticare i professori dalla faccia severa, le file di letti nel dormitorio e i commenti cattivi che non riuscivi a capire. Andavi al Court e scompariva tutto.
Questo prima che Becca conoscesse Julia e Selena e Holly. Quando stava cosí male che se ne stupiva ogni mattina. Chiamava la madre in lacrime, singhiozzava in modo vergognoso, senza un pensiero per chi poteva eventualmente udirla, e supplicava di tornare a casa. Sua madre sospirava e le diceva che sarebbe stato tutto fantastico non appena avesse avuto delle amiche con cui parlare di ragazzi e gruppi musicali e moda, e quando Becca riattaccava era stupita di sentirsi peggio. E in quel mondo orribile, il Court sembrava l’unica cosa bella per cui coltivare un’aspettativa.
E un giorno finalmente ci era andata ed era solo un centro commerciale di merda. Tutte le altre ragazze del primo anno sbavavano di eccitazione. Becca aveva guardato quel blocco di cemento anni Novanta con una sola domanda in mente: se si fosse gettata a terra, rifiutandosi di muoversi, l’avrebbero giudicata pazza e rispedita a casa?
Poi Selena, la ragazza bionda accanto a lei (all’inizio pensava si chiamasse Serena, stava troppo male per far caso ai nomi), dopo una lunga occhiata riflessiva al centro commerciale, aveva detto: – C’è una finestra, la vedi? Scommetto che se la troviamo da lí si vede mezza Dublino.
L’avevano trovata, e avevano visto la città in basso, il mondo magico che era stato loro promesso, bello e accogliente come nei libri di favole. Bucato steso ad asciugare, bambini che giocavano a palla in un giardino, un parco verde con aiuole piene di fiori rossi e gialli, un uomo e una donna, tutti e due anziani, fermi a chiacchierare sotto un lampione in ferro battuto, mentre i loro cani ingarbugliavano i guinzagli. La finestra era tra un gabbiotto per pagare il parcheggio e un enorme cassonetto dei rifiuti, e gli adulti che si fermavano a pagare lanciavano occhiate sospettose alle due ragazze e alla fine era arrivata una guardia giurata e le aveva sbattute fuori dal centro commerciale, anche se nemmeno lui sapeva bene perché. Eppure ne era valsa la pena, per un milione di motivi.
Due anni dopo, Becca odia ancora il Court. Odia il fatto di essere osservata ogni secondo, da ogni angolazione, occhi che ti girano intorno come sciami di insetti, gruppi di ragazze che giudicano la tua camicetta, o gruppi di ragazzi che giudicano il resto. Nessuno sta mai fermo, al Court, tutti si muovono e girano continuamente la testa, sapendo di essere osservati e cercando di assumere le pose migliori. Nessuno sta mai zitto: devi continuare a parlare se no sembri un perdente, ma non puoi fare una vera conversazione perché tutti pensano ad altro. Quindici minuti lí dentro, e Becca si sente cosí elettrica che rischia di dare la scossa al primo che la tocca.
Almeno, quando avevano dodici anni indossavano il soprabito e andavano. Quest’anno chiunque si prepara per il centro commerciale come per la notte degli Oscar. Il Court è il posto dove vai a esibire le tue nuove curve, cammini e ti fai selfie perché la gente ti dica quanto valgono, e non puoi rischiare che la risposta sia «Niente, zero, nulla». Devi avere i capelli stirati a morte, o arruffati ad arte, una finta abbronzatura e due centimetri di fondotinta sul viso e mezza scatola di ombretto intorno a ciascun occhio, jeans supermorbidi e superattillati e Ugg o Converse ai piedi. Perché se no qualcuno potrebbe distinguerti da tutte le altre e questo ti renderebbe una perdente completa. Selena, Julia e Holly non sono affatto male, ma prima di uscire si sono rifatte il fard quattro volte e si sono guardate allo specchio da venti angolazioni, mentre Becca batteva il piede nervosa sulla porta. Becca non si trucca per andare al Court perché odia il trucco e perché l’idea di passare mezz’ora a prepararsi per andare a sedersi su un muretto davanti a un chiosco di ciambelle le sembra il massimo dell’idiozia.
Ci va solo perché ci vanno le altre. E il motivo per cui ci vanno è un mistero per lei. Sembra che si divertano un mondo, parlano forte e ridono come pazze per qualsiasi cosa. Ma Becca le ha viste quando sono davvero felici e non si comportano cosí. Le loro facce, sulla via del ritorno a casa, sono stanche e invecchiate, e conservano i residui di espressioni finte che ancora non spariscono.
Oggi Becca è piú elettrica del solito. Guarda l’ora sul telefono ogni due minuti, cambia posizione di continuo, come se il marmo le desse fastidio alle ossa. Julia ha già detto due volte: «Gesú, ma vuoi calmarti un po’?» Becca ha mormorato delle scuse, ma un minuto dopo ha ricominciato.
È perché a un paio di metri da loro, sempre sul bordo della fontana, ci sono le dalek. Becca odia tutto di loro, come gruppo e come individui separati: il modo in cui Orla resta a bocca aperta, o quello in cui Gemma muove il culo mentre cammina, l’aria da bambina spaventata di Alison, la stessa esistenza di Joanne. Oggi le odia di piú perché tre ragazzi di St Colm sono andati a sedersi con loro, e le dalek sono piú cariche del solito. Ogni volta che un ragazzo dice qualcosa tutte e quattro devono per forza piegarsi in due dalle risate, fingendo di perdere l’equilibrio cosí i ragazzi hanno la scusa per afferrarle. Alison continua a inclinare la testa per guardare un biondo con la punta della lingua tra i denti. Sembra una ritardata mentale.
– E cosí, – sta dicendo Julia, – Jean-Michel indica me e Jodi e dice: «Loro sono le Candy Jinx. Hanno appena vinto l’X Factor irlandese!» Mossa intelligente, perché visto che non esiste era impossibile che i buttafuori conoscessero il vero vincitore, ma non cosí intelligente, perché io sapevo già come sarebbe andata a finire, cazzo! – Julia si sta esercitando a imprecare ma ancora non le viene naturale. – E cosí, sorpresa! I buttafuori dicono: «Bene, sentiamo come cantano».
– Uh-oh, – dice Becca. Cerca di ignorare le dalek per concentrarsi su di lei. Le storie di Julia sono sempre interessanti, anche se devi sempre fare una tara del dieci o venti per cento a quello che dice, e forse anche di piú.
Julia solleva di scatto le sopracciglia. – Grazie tante, eh.
Becca sussulta. – No, volevo solo…
– Tranqui, Becs, lo so che a cantare sono una merda. È proprio questo il punto –. Becca arrossisce e prende un’altra manciata di Skittles per nascondersi. – Insomma, penso: «Merda, siamo fregate, che cazzo cantiamo io e Jodi?» A tutte e due piace Lady Gaga, ma cosa diciamo, che Bad Romance è il nostro primo single?
Selena ride. I ragazzi di St Colm si voltano a guardare.
– Per fortuna Florian è piú furbo di Jean-Michel, e se ne esce con: «Siete matti? Sono sotto contratto, se cantano una sola nota ci portano tutti in tribunale».
Holly non ride, come se non avesse nemmeno sentito. Ha la testa piegata di lato, come se ascoltasse qualcos’altro.
– Hol? – chiede Selena. – Tutto bene?
Holly indica le dalek con un cenno del capo.
Julia lascia il resto della storia per dopo. Tutte e quattro fingono di concentrarsi sullo scegliere le caramelle del colore giusto dentro i sacchetti e tendono le orecchie.
– È vero, giuro, – sta dicendo Joanne, con un colpetto del piede alla gamba di Orla.
Orla fa una risatina e incassa il mento tra le spalle.
– Guardalo. È persino patetico, da quanto gli piaci.
– Non è vero.
– Invece sí! L’ha detto a Dara e Dara l’ha detto a me.
– Impossibile. Io piaccio a Andrew Moore? Dara ti ha preso per il culo.
– Ehi –. La voce di Joanne prende di nuovo quel tono gelido che spinge Becca a cambiare posizione sul bordo della fontana. Odia avere tanta paura di quella ragazza, ma non può evitarlo. – Credi davvero che Dara mi farebbe fare la figura della stupida? A me? Non credo, sai?
– Jo ha ragione, – interviene Gemma, in tono pigro. Ha la testa sulle gambe di uno dei ragazzi, la schiena arcuata in modo da spingere il petto in fuori. Il ragazzo fa sforzi disperati per non fissarle la scollatura in modo troppo ovvio. – Andrew sbava per te.
Orla scodinzola, deliziata, con il labbro inferiore tra i denti.
– È solo troppo timido per dirtelo, – riprende Joanne, raddolcita. – È quello che mi ha detto Dara. Non sa cosa fare, capito? – Si rivolge al ragazzo alto dai capelli castani accanto a lei. – Giusto?
– Assolutamente, – risponde lui, sperando sia la risposta corretta. Joanne gli fa un sorriso, a conferma che è stato bravo.
– Pensa di non avere speranza con te, – dice Gemma. – Ma ce l’ha, no?
– A te lui piace, giusto?
Orla emette una specie di miagolio.
– Oh, Gesú, certo che ti piace! È Andrew Moore!
– Tipo, il piú fico di sempre!
A me piace.
– A me pure –. Joanne dà una spintarella a Alison. – E anche a te, vero, Ali?
La ragazza batte le palpebre. – Eh? Ah, sí.
– Visto? Sono gelosissima.
Persino Becca sa chi è Andrew Moore. È dall’altro lato della fontana, ed è il centro dell’attenzione dei ragazzi di St Colm: biondo, spalle da giocatore di rugby, il piú rumoroso e casinista di tutti. Il mese scorso ha compiuto sedici anni e suo padre ha fatto venire Pixie Geldof a fare da dj alla festa.
Orla riesce a dire: – Sí, direi che mi piace. Cioè…
– Ovvio che ti piace.
– Piace a tutte.
– Che culo che hai.
Orla adesso ha un sorriso da un orecchio all’altro. – Allora puoi… Oh, mio Dio. Puoi… tipo dirlo a Dara e Dara lo dice a Andrew?
Joanne scuote la testa. – Non funzionerebbe. Lui è troppo timido, non verrà da te per primo. Devi dirgli qualcosa tu.
Orla si scatena in un parossismo di movimenti a scatti e risatine, si copre il viso con le mani. – Mio Dio, non ce la faccio! Io non… Oh, mio Dio!
Joanne e Gemma sono l’immagine della serietà, Alison sembra confusa, mentre i ragazzi si sforzano di non scoppiare a ridere. Holly, dando loro le spalle, spalanca gli occhi come per dire: «Incredibile».
– Vaffanculo con tanto amore, – dice Julia a bassa voce, con lo sguardo fisso sulla sua busta di M&M’s. – Con delle amiche cosí…
Becca ci mette qualche secondo a capire. – Cioè, secondo voi stanno mentendo?
Joanne è sempre stata una di quelle persone che non hanno nemmeno bisogno di odiarti per maltrattarti. Sputa cattiverie senza nessun motivo e ti ride in faccia. Ma adesso è una cosa diversa. Orla è sua amica.
– Ciao, eh? Benvenuta nel mondo reale. Certo che mentono. Pensi davvero che a Andrew Moore piacerebbe quella? – Julia muove la testa in direzione di Orla, che è tutta rossa e scossa da risatine isteriche ed effettivamente non dà la migliore impressione di sé.
– È disgustoso, – dice Becca. Stringe la mano intorno al pacchetto di Skittles e sente il cuore martellarle in petto. – Non si fa una cosa del genere.
– No? Guardale.
– Lo fanno per impressionare loro, – dice Holly, indicando i ragazzi. – Per tirarsela un po’.
– E loro si fanno impressionare? Cioè, vogliono delle ragazze capaci di fare cose simili alle loro amiche?
Holly scrolla le spalle. – Se pensassero che è una cosa orribile, direbbero qualcosa.
– Questa è l’occasione perfetta, – insiste Joanne, con un sorrisetto riservato al ragazzo alto. – Vai da lui e gli dici: «Sí, anche tu mi piaci». Non devi fare altro.
– Non posso, o mio Dio, non ce la faccio proprio…
– Certo che puoi. Guarda che siamo nel ventunesimo secolo. Il girl power? Significa che non dobbiamo piú aspettare che gli uomini facciano il primo passo. Fallo tu. Pensa a come ne sarà felice.
– Poi ti porterà fuori, dietro il Court, – dice Gemma, muovendosi languida sul bordo della fontana, – ti abbraccerà e comincerà a baciarti… – Orla è tutta risatine e contorsioni.
Julia dice: – Cinque euro che Orla lo fa. Chi accetta la scommessa?
Selena dice a bassa voce, con un’occhiata a Andrew Moore: – Se ci va davvero, lui le farà fare una figura terrificante.
– È un cazzone totale, – conviene Julia. Si getta in bocca un paio di Mentos, come se fosse al cinema, e osserva con interesse la scena.
– Andiamo via, – sbotta Becca. – Non voglio vederlo, è orrendo.
– Io invece voglio restare.
– Meglio che ti sbrighi, – dice Joanne, toccando di nuovo la gamba di Orla con un piede. – Anche se gli piaci, non ti aspetterà per sempre. Se non ti dài una mossa si metterà con un’altra.
– Cinque euro mi fanno comodo, – dice Holly. Si volta. – Ehi, Orla! – E quando Orla si snoda per girarsi a guardare, rossa in faccia e con un sorriso idiota: – Ti stanno prendendo in giro. Se Andrew Moore vuole una ragazza, pensi che sia troppo timido per farsi avanti? Sul serio?
Scusa, – scatta Joanne, drizzando la schiena e sparando un’occhiata assassina a Holly. – Non ricordo di aver chiesto il tuo parere.
– Scusami tu, ma visto che urli e devo ascoltarti per forza, posso anche dire la mia opinione. Che è questa: Andrew Moore non sa nemmeno che Orla esiste.
– La mia opinione è che sei una coatta di merda che dovrebbe stare in una scuola pubblica, dove la gente normale non è costretta ad ascoltare le tue stupide opinioni.
– Wow, – dice il ragazzo con la testa di Gemma in grembo. – Rissa tra femmine.
– Sí, dài, – dice quello alto, con un sogghigno. – Forza, dateci dentro.
– Il papà di Holly è un detective, – spiega Julia, rivolta a loro. – Ha arrestato la mamma di Joanne per adescamento e prostituzione e lei ora ce l’ha con Holly.
I ragazzi ridono. Joanne si alza in piedi e apre la bocca, pronta a vomitare qualcosa di terribile (Becca sta già tremando), quando dall’altra parte della fontana il livello di rumore aumenta. Andrew e tre amici suoi tengono un ragazzo per i polsi e le caviglie, facendolo dondolare sopra l’acqua mentre lui grida e si divincola. Tutti guardano le ragazze, per attirare la loro attenzione.
– Hai visto? – Joanne spinge Orla cosí forte da farla quasi cadere nella fontana. – Guardava proprio te!
Orla si gira verso Holly. Holly scrolla le spalle. – Fa’ come ti pare.
Orla è paralizzata. Troppe informazioni contrastanti, il suo cervellino non ce la fa a gestirle.
– Non guardare me, – si tira fuori Julia. – Io mi sto solo godendo lo spettacolo.
Selena dice, in tono gentile: – Holly ha ragione, Orla. Se tu gli piaci, ti dirà lui qualcosa.
Gemma guarda, divertita, sempre con la testa in grembo al ragazzo. – Oppure siete solo gelose.
– Poco ma sicuro! – scatta di nuovo Joanne. – Perché Andrew Moore non toccherebbe nessuna di loro nemmeno con il… di un altro. A chi credi, tu, a noi o a quelle?
Orla è a bocca aperta. Per un attimo il suo sguardo incrocia quello di Becca, stupido e disperato. Becca sa di dover dire qualcosa. – Lascia perdere, se no lui ti fa a pezzi davanti a tutti…
– Perché se credi a quelle, – dice Joanne in un tono cosí freddo da gelare l’espressione di Orla, – d’ora in avanti saranno loro le tue migliori amiche.
Orla fa una faccia scioccata. Persino lei capisce quando è il caso di spaventarsi. – No! Voglio dire, non credo a loro, credo a te –. Le rivolge un sorriso da cane a pancia in su. – Davvero.
Joanne mantiene lo sguardo freddo, lasciandola friggere nell’angoscia per un altro paio di secondi, poi finalmente sorride, tutta magnanimità e perdono. – Lo so. Voglio dire, non sei mica stupida. Perciò, ora vai –. Stavolta con il piede le spinge la gamba cosí forte da farla scendere dalla fontana.
Orla le lancia un’ultima occhiata sofferente. Joanne e Gemma e Alison le fanno cenni d’incoraggiamento. Orla comincia a girare intorno alla fontana per andare dall’altro lato, con passettini cosí esitanti da sembrare un balletto in punta di piedi.
Joanne alza gli occhi sul ragazzo alto, con la testa inclinata di lato, e sorride. Lui ricambia il sorriso e le sposta una mano dietro un fianco e piú giú. Guardano insieme Orla che si avvicina a Andrew Moore.
Becca si stende di schiena sul marmo freddo e appiccicoso e osserva il soffitto a volta del centro commerciale, quattro piani sopra di loro. Per non dover vedere la scena, guarda il mondo alla rovescia. Le persone che si spostano a testa in giú lungo le balconate sembrano piccole e in equilibrio precario, come se da un momento all’altro potessero precipitare verso il soffitto e schiantarsi di testa contro la cupola. Dall’altro lato della fontana sente risate forti e cattive, e degli sfottò. «Caspita, Moore, hai fatto centro!» «Vai, Andy, lo sai che i cessi fanno i pompini migliori». «Dài, scopatela almeno per pietà!» E poco lontano, le risate squillanti di Joanne, Gemma e Alison.
– Dammi pure i miei cinque euro, – dice Julia.
Becca tiene gli occhi sull’ultimo piano, verso l’angolo dove sono nascoste le guardiole per pagare il parcheggio. Da lí filtra una striscia di luce solare. Spera che lassú ci siano due ragazze del primo anno, a fissare fuori dalla finestra il mondo da favola ai loro piedi, senza far caso alle porcherie che succedono al piano terra. Spera che non le sbattano fuori. Spera che, uscendo, diano fuoco a un pezzo di carta e lo gettino in un cestino dei rifiuti, e che un incendio rada al suolo il Court.