58
Jack Ryan Junior teneva la testa bassa per proteggersi dalla pioggia battente e corse lungo il vicolo insieme a Midas e Yuki, in direzione degli spari. Rallentò quando si avvicinò alla fine del vicolo, fermandosi dietro a un distributore automatico guasto per controllare il tamburo del revolver calibro .38 che aveva preso da uno dei nemici. Aveva cinque proiettili, il che era molto meglio del coltello che aveva.
«Chavez, Adara» disse alla radio. «Mi ricevete?»
«Fermo, Jack» sussurrò Adara. «Se venite dal vicolo, Chen e i suoi amici vi stanno aspettando dietro l’angolo alla vostra destra.»
Ryan alzò la mano, ma Midas si era già fermato e stava riferendo il messaggio a Yuki, che non aveva l’attrezzatura radio.
«Siete tutti interi?» domandò Ryan.
«Affermativo» disse Adara. «Siamo bloccati in un bar dall’altro lato della strada. Si chiama Albatros, ha la facciata in pietra nera. Sono quasi sicura che Chen pensi che siamo armati, perché sta temporeggiando.»
«Ricevuto. Resistete un attimo. Yuki è armata e io ho una Chief’s Special.»
«Yuki?» domandò Chavez.
«Vi spiego dopo.» Ryan si voltò verso Yuki. «Hai dei rinforzi nei paraggi?»
«Il mio compagno è occupato con il G20.» Scosse la testa prima di continuare. «Mi ero fermata a interrogare un mio contatto che conosce Kim Soo. Non mi aspettavo di trovarla qui.»
«Fantastico» disse Midas.
«E non mi aspettavo di trovare voi» continuò Yuki. La pioggia le gocciolava dal naso. «A ogni modo, le sparatorie sono molto rare in Giappone. I proiettili sono rintracciabili qui, non solo le armi da fuoco. I poliziotti in questo momento si stanno preparando a convergere sui vostri amici. Per me sarebbe meglio se ci occupassimo di Chen prima dell’arrivo delle autorità. Meno spiegazioni, se capisci cosa voglio dire.»
Jack annuì, toccandosi la ferita al fianco. Avrebbe avuto bisogno di punti, ma la costola aveva sopportato il peso maggiore dell’attacco facendo quello che dovevano fare le costole, ovvero proteggere il cuore e i polmoni. Gli avrebbe fatto un male cane, una volta svanito l’effetto dell’adrenalina.
Yuki era bagnata fradicia, e stava cominciando a tremare. Jack pensò per un attimo di offrirle la sua giacca, ma aveva paura di offenderla, date le circostanze.
«Tu hai otto proiettili» disse Ryan, togliendosi l’acqua dalla faccia. «Io cinque. Per cui…»
La voce di Adara lo interruppe. «Jack! Chen e la ragazza stanno tornando verso di voi!»
Le sirene cominciarono a ululare verso la stazione dei treni di Shinjuku.
Ryan si sporse oltre il distributore automatico e vide Chen e Kim Soo correre verso di lui. Chen teneva la testa bassa per proteggersi dalla pioggia battente, ma la donna coreana vide Ryan e sollevò la pistola, sparando in corsa.
I proiettili colpirono il distributore automatico a pochi centimetri dal viso di Ryan. Jack sparò due volte, mirando al centro di Chen, armato e davanti alla donna. Sperava che i proiettili lo fermassero ma non lo uccidessero. Avevano un bisogno disperato di parlargli.
Yuki si inginocchiò mentre Ryan sparava e si affacciò da dietro il distributore. Sparò sette colpi in rapida successione e svuotò il caricatore, continuando a puntare i nemici mentre ne inseriva uno nuovo.
Chen e Kim Soo caddero a terra, e le loro pistole scivolarono sulla strada bagnata.
Altri colpi d’arma da fuoco esplosero dal lato opposto del vicolo.
«Parlatemi, ragazzi» disse Midas.
«Stiamo bene» rispose Chavez. «I nostri due avversari hanno deciso di rispondere al fuoco della polizia. Voi state bene?»
«Sì. Chen e Kim Soo sono a terra.»
«Morti?» domandò Chavez.
Jack poggiò una mano sul collo di Chen. «Chen è ancora vivo.» Yuki fece lo stesso con Kim Soo, ma scosse la testa.
«Portateli via dalla strada se potete» disse Chavez. «Se riuscite a smettere di sparare, i poliziotti potrebbero pensare che i responsabili siano questi altri uomini, almeno finché non faranno gli esami balistici. Questi idioti sembrano essere pronti a farsi uccidere dalla polizia, per cui non potranno nemmeno essere interrogati. Avrete circa cinque minuti mentre i poliziotti faranno quel che devono.»
Yuki forzò la serratura di una porta sul retro di un bar nel vicolo accanto, che li condusse in un magazzino con pile di scatole di vino e liquori assortiti. Midas trascinò all’interno anche il corpo di Kim Soo, nel caso fosse arrivata la polizia. Ryan e Yuki appoggiarono Chen contro una pila di scatole di whiskey Suntory e lo fecero riprendere dandogli un pizzicotto sotto il braccio. Dalla porta sottile che portava alla sala principale del bar proveniva della musica shamisen, insieme a un filo di luce al neon verde. Per il resto il magazzino era buio.
«Jack san» disse Yuki. «Devi darmi il revolver.»
Ryan scosse la testa. «Non ancora. La situazione è ancora troppo complicata là fuori.»
«Te lo restituisco, se ce n’è bisogno. In Giappone si rischiano sette anni di carcere per il possesso illegale di armi. Indipendentemente da chi tu sia.»
Ryan mugugnò e consegnò la pistola dal lato dell’impugnatura. Si sfogò su Vincent Chen, che si stava lamentando per il dolore.
«Dicci un po’, bello, che combini in Giappone?»
Chen si portò una mano alla spalla, esaminando le ferite, poi guardò Kim Soo, sul pavimento. «Penso che questa stronza mi abbia sparato.»
«Lo penso anch’io» sussurrò Ryan. Il foro di uscita sul petto di Chen indicava che gli avevano sparato da dietro. «Davvero, però, cosa sei? Una specie di addetto alle consegne o roba simile? Posso darti protezione, se ci aiuti.»
«Un po’ di protezione sarebbe più che gradita» disse Chen. «Uccideranno…» Cominciò a tossire una schiuma rosa. Si stava quasi strozzando con il suo stesso sangue.
«Cazzo!» sussurrò Ryan. Almeno uno dei proiettili gli aveva perforato un polmone. Mise un dito sulle labbra di Chen, e in quel momento fu felice che nel locale ci fosse della musica shamisen. «Devi stare zitto, bello, altrimenti ci trovano.» Non aveva idea di chi dovesse trovarli, ma Chen aveva paura di qualcuno.
«Banda…» Chen tossì di nuovo. «Q… q… quattro… amm…» Cercò di tossire ancora, ma non c’era più energia dentro di lui. Le sue parole morirono in ultimo respiro stridulo.
Yuki gli poggiò le dita sul collo. «Se n’è andato.»
«Figlio di puttana! Seguono questo tipo per tutto il mondo e adesso muore bofonchiando qualcosa d’incomprensibile. Voleva dire “ammazzare”?»
«Non lo so» rispose Midas. «Forse. O magari “ammalato”, o “ammonimento”. In ogni caso non ha alcun senso.»
«Banda dei quattro?» ipotizzò Adara via radio. «Ha implicazioni con la Cina.»
«Potrebbe essere» disse Ryan. Niente di tutto questo lo aiutava a capire quali minacce stesse per affrontare suo padre. «Com’è la situazione là fuori?»
«Uno dei due idioti è morto» rispose Chavez. «L’altro credo stia rimanendo senza munizioni. Voi andatevene il prima possibile. Noi rimaniamo qui e facciamo finta di essere normali clienti del bar finché la situazione non si sarà calmata.»
«Ricevuto.» Ryan prese la borsa di pelle di Chen, sollevato di trovare un portatile all’interno. Era già qualcosa. Con un po’ di fortuna, Gavin avrebbe potuto collegarsi al computer da remoto e dar loro qualche informazione preziosa per andare avanti. Yuki prese la carta d’identità e il cellulare di Kim Soo. Ryan si mise la borsa in spalla e guardò fuori dalla porta sul retro.
La polizia era ancora occupata all’altro lato del vicolo. La pioggia batteva sull’asfalto, sollevando l’acqua tanto forte quanto cadeva. Se possibile, stava piovendo ancora più forte di prima. Non potevano tornare indietro. Di sicuro ci sarebbe stata una folla di persone intorno ai feriti – e forse ai morti – che si erano lasciati alle spalle. Forse era persino arrivata la polizia. Era meglio uscire dal davanti.
La musica shamisen si fermò di colpo quando Yukiko lì guidò all’interno dell’angusto bar due metri per cinque, gridando come se ci fosse un incendio e indicando verso il magazzino. Ryan non capiva cosa stesse dicendo, ma era sicuro che fosse qualcosa a proposito di cadaveri e uomini armati di pistole. Prima che qualcuno potesse riprendersi dallo shock, erano già fuori della porta.
Avviandosi verso est, si mescolarono con la fiumana di gente che scappava e furono deviati verso i portali d’accesso rossi – i torii – del santuario scintoista Hanazono da alcuni agenti di polizia che stavano montando una barricata.
«Avevi ragione» disse Ryan mentre si trascinavano sotto la pioggia, nel cortile di ghiaia del santuario. «È stata proprio una donna la rovina di Vincent Chen.»
Poi guardò Yukiko, con la pioggia che le incollava una camicia chiara alle spalle e le gocciolava dai capelli. Probabilmente anche lui sarebbe stato rovinato da una donna.