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Nada. Niente. Zero.
Anzi, meno di zero.
L’agente speciale Callahan batté il pugno sul cofano della sua Ford Expedition e gridò al cielo della notte. Un antrostomo le rispose dalla fila di cedri che crescevano lungo la recinzione oltre le ventidue auto della polizia. Probabilmente quell’uccello raccapricciante era confuso da tutti quei lampeggianti rossi e blu. La Callahan aveva letto da qualche parte che gli antrostomi potevano percepire la morte. Questo sapeva senz’altro il fatto suo.
L’uomo del cartello legato all’albero al lato del ranch di Emilio Zambrano era morto da almeno due ore, ma non da abbastanza tempo da permettere al fuoco che lo aveva ucciso di estinguersi. Quel che era rimasto della testa ardeva come la locandina del film Ghost Rider con Nicolas Cage. La faccia era irriconoscibile – più che altro sparita – ma sarebbero riusciti a prendere le impronte digitali. Al cadavere mancava una mano, probabilmente dalla nascita, il che avrebbe dovuto aiutare con l’identificazione. L’assassino aveva avvolto la testa dell’uomo con quello che sembrava un asciugamano, assicurandosi di lasciare libera l’area intorno alla bocca e al naso, in modo che non soffocasse e non morisse troppo velocemente. Uno dei tecnici sulla scena del crimine disse di aver già visto quel genere di esecuzione: imbevevano l’asciugamano di olio per lampade, che bruciava lentamente, e poi accendevano il turbante dalla cima per fare una sorta di candela umana. Era un modo lento ed estremamente doloroso di morire.
Forse era stato l’amico spaventoso di Caruso. Di sicuro sembrava abbastanza feroce da farlo. La Callahan era quasi sicura che fosse stato lui a uccidere la donna nella piscina, e anche l’uomo nella fossa. Alcuni avrebbero potuto dire che aveva fornito un servizio, come portare fuori la spazzatura. Ma c’erano linee che non bisognava superare. Prima o poi lei lo avrebbe preso, e ciò era triste perché stava facendo la differenza.
Alcune ore prima, il dipartimento di polizia di Fort Worth aveva ricevuto una bizzarra confessione via Skype da un tizio che era senz’altro sotto costrizione da qualcuno fuori dell’inquadratura. Persino i tribunali conservativi del Texas avrebbero scartato quella confessione. Secondo la detective di Fort Worth, Parrot Villanueva era stato ucciso con un cacciavite. Forse era stato l’uomo che aveva fatto la confessione via Skype a ucciderlo. In entrambi i casi erano state salvate delle ragazze rapite.
La Callahan non poteva fare a meno di pensare che se il vigilante misterioso avesse ucciso l’uomo con una mano, il corpo di Zambrano sarebbe stato legato all’albero accanto al suo. No, quell’uomo aveva commesso uno sgarro nei confronti del cartello. Zambrano lo aveva ucciso e poi era sparito. La Callahan avrebbe catturato entrambi, Zambrano e l’amico di Caruso. Prima o poi.
Fissò l’ombra del cadavere ardente dall’altro lato del cortile e colpì di nuovo il cofano dell’Expedition un’ultima volta. Due uomini della squadra SWAT della contea di Dallas scrollarono le spalle, come a dire «la prossima volta avremo più fortuna». Il suo cervello le diceva che stavano soltanto cercando di attenuare il suo senso di colpa. Ma la Callahan voleva sentirsi in colpa.
L’agente speciale John Olson uscì dalla casa parlando al cellulare, socchiuse gli occhi davanti a tutti quei lampeggianti e poi, quando vide la Callahan, si avviò verso di lei. Si mise il telefono in tasca e si avvicinò titubante.
La Callahan gli lanciò uno sguardo severo che non meritava. «Che c’è?»
«Non abbiamo ancora identificato la vittima. Ma senti questa: i testimoni del quartiere in cui è stato ucciso l’uomo che abitava vicino a casa tua riferiscono di aver visto un maschio ispanico aggirarsi per la strada poco prima dell’omicidio… e aveva una mano sola.»
La Callahan si limitò ad annuire.
«Comunque, ho pensato che volessi saperlo.» Olson lanciò un’occhiata comprensiva a Caruso, che si era rifugiato sotto l’ombra di un grosso noce americano dal lato opposto della Ford. «D’accordo, allora, lascio che ci pensiate voi.» Si voltò e tornò in casa.
Il ranch era quasi nel bel mezzo del nulla, ma comunque a un’ora dai centri abitati di Dallas e Fort Worth. Alcune balle di fieno si stavano decomponendo nei campi abbandonati intorno alla casa di mattoni a due piani, i resti del raccolto di qualche anno prima. Il cancello era stato aperto, il che sarebbe dovuto essere un segno che stavano tutti perdendo tempo.
La SWAT aveva fatto irruzione, senza lasciare il tempo a Zambrano e a chiunque altro fosse all’interno di andare alla porta, dato che c’era un corpo in fiamme nel suo giardino. Gli artificieri erano entrati per controllare la presenza di esplosivi una volta che la SWAT aveva confermato che non c’era nessuno. Adesso i tecnici della scientifica dell’FBI stavano setacciando la casa alla ricerca di qualsiasi cosa, da mozziconi di sigaretta a peli pubici. Avrebbero trovato qualcosa, come sempre, ma ci voleva tempo, e la Callahan non ne aveva molto. Zambrano poteva scappare molto più velocemente se si fosse liberato di ogni peso. Le ragazze sarebbero state le prime cose di cui disfarsi, se non le aveva già uccise. Il ranch era grande, e avrebbero dovuto aspettare l’alba per cercare eventuali fosse.
Aveva richiesto l’assistenza di altri venticinque agenti da sei diverse giurisdizioni, fra cui la DEA, lo United States Marshals Service e l’intera task force CAC, più sei uomini della SWAT della contea di Dallas. Tutti quelli che non facevano da guardia o non stavano aiutando la scientifica si stavano togliendo i gilet tattici o stavano mettendo via i fucili e gli scudi antiproiettile. Distoglievano tutti lo sguardo quando attraversavano il cortile, per paura di scatenare l’ira della furia con i capelli rossi.
Quella giornata era stata una colossale perdita di tempo.
Eddie Feng era ancora in coma farmacologico, e probabilmente i danni al cervello erano permanenti. Anche Gusano, uno dei due idioti dell’aggressione nella steak house, era all’ospedale, incatenato al letto. Era cosciente, ma aveva una grave commozione cerebrale. Il suo cervello non era stato uno dei più brillanti nemmeno prima che la Callahan lo colpisse in faccia con il macinapepe. Nessuno dei due sarebbe stato di grande aiuto.
Cinque minuti dopo aver lasciato Dom all’albergo, era arrivata una soffiata anonima, con l’indirizzo del ranch di Zambrano, a sud di Granbury. La chiamata li aveva portati dritti a quel fallimento. A peggiorare le cose, Magdalena Rojas non c’era. Era passata di lì, però. Lo sentiva.
Clark era sdraiato a pancia in giù sull’erba incolta e depositi di caliche. Mentre preparava il suo nascondiglio, aveva cercato formiche di fuoco e altri insetti che potessero pungerlo o morderlo. Sembrava che non ci fosse niente, ma le cose cambiavano da un momento all’altro quando si stava al buio. Quello era il Texas, ed era impossibile non preoccuparsi dei serpenti a sonagli. C’erano senz’altro abbastanza rocce e radici sotto cui potevano nascondersi, ma la notte era troppo fredda perché i serpenti se ne andassero in giro. O almeno era quello che si diceva Clark.
Un filo gli pendeva dall’orecchio sinistro, collegando l’auricolare al cellulare che aveva in tasca. Aspettava da un momento all’altro una chiamata d’aggiornamento da parte di Caruso. A centocinquanta metri di distanza, ai piedi di una collina rocciosa coperta di yucca e cedri, c’era una roulotte Airstream al riparo sotto un boschetto di querce. C’erano una stia e una cuccia, ma non si vedevano né polli né cani. Clark osservava la roulotte da più di un’ora. Dorian Palmetto aveva chiesto l’avvocato non appena la polizia di Fort Worth aveva fatto irruzione nella sua stanza, ma aveva dato a Clark l’indirizzo di Raul Pacheco. Aveva senso che Matarife avesse potuto cercare di nascondersi da suo padre.
Clark avrebbe dovuto dare quell’indirizzo quando aveva chiamato per riferire le informazioni su Zambrano, ma gli ostacoli legali per ottenere un mandato basato su una soffiata erano quasi insormontabili. Aveva deciso di dare alla Callahan e a Caruso quello che avrebbe potuto salvare la ragazza mentre lui andava a trovare Matarife. Aveva un piano abbozzato su cosa fare quando il Macellaio si fosse fatto vivo, se si fosse fatto vivo. Ci sarebbe voluta un po’ di coordinazione e avrebbe dovuto appianare qualche piccola difficoltà logistica, ma era ciò che si doveva aspettare. Nessun piano sopravviveva completamente al primo contatto con il nemico.
Era una notte senza luna, lasciando il cielo alle stelle. Persino in quelle circostanze, Clark non riuscì a non alzare lo sguardo. Non sarebbe stato male insegnare le stelle a suo nipote, prendersi il tempo di alzare lo sguardo. Suo padre gli aveva insegnato le costellazioni principali, e la marina le stelle utili alla navigazione, tra cui la stella polare, Sirio e Rigel.
Sentì vibrare il suo cellulare, e il rumore lo portò ad appiattirsi ancora di più contro il terreno, anche se probabilmente non c’era nessuno nel raggio di chilometri.
«Parla» sussurrò, sollevando una nuvola di polvere ed erba secca con il respiro.
Con una certa sorpresa scoprì che non era Caruso, bensì Jack Junior.
«Ci sono novità» annunciò Ryan, che poi lo aggiornò sugli ultimi sviluppi a Buenos Aires. A sua volta Clark gli disse di Lily Chen e del suo collegamento con la triade di Sun Yee On e il cartello di Zambrano.
«Adesso si spiega la presenza di Vincent in Texas» commentò Ryan. «John, credo che il Giappone potrebbe presto diventare un posto molto pericoloso. Forse dovrei chiamare mio padre e dirgli di non andare.»
Clark cercò di soffocare una risata, ma fallì miseramente. «Tuo padre non reagisce bene ai “potrebbe” e ai “forse”. Non ricordo una volta in cui Jack Ryan Senior o Junior mi abbiano ascoltato quando li ho avvertiti di non fare qualcosa perché era pericoloso.» Tornando serio, Clark andò avanti. «Ma farò alcune chiamate e farò sapere al Secret Service che c’è una possibile minaccia. Sono sicuro che vorranno parlare con le persone presenti quando la bomba è esplosa a Buenos Aires. Spero che la vostra agente dell’intelligence giapponese informerà i suoi superiori. Assicurati che abbia le identità di Chen che ha trovato Gavin. Con un po’ di fortuna, lo arresteranno quando cercherà di entrare nel Paese.
«Quelle sono solo le identità che conosciamo» disse Jack. «Non ci spero più di tanto.»
«Nemmeno io» concordò Clark, guardando nell’oscurità. «Sembra che dovrete andare in Giappone. Lo dirò a Gerry.»
«Ding è al telefono con lui in questo momento.»
«Bene. Non pestate i piedi ai giapponesi, ma sembra che potrebbero essere interessati alla donna coreana. Voi concentratevi su Chen.»
«Ricevuto…»
Il cellulare di Clark vibrò di nuovo. Spostò il telefono per guardare chi lo stesse chiamando. «C’è altro?»
«No.»
«Mi sta chiamando Dom» disse Clark, poi riagganciò.
«Parla» disse a Dom.
«Puoi parlare?»
«Vai.»
«Zambrano e la Chen sono scappati prima del nostro arrivo» disse Caruso. «Si sono lasciati alle spalle un cadavere bruciato. Probabilmente uno dei loro uomini.»
Clark mugugnò. «E Magdalena Rojas?»
«Niente, capo» disse Caruso. «Oh, però ti devo informare che la Callahan è ben decisa a sbatterti in prigione quando ti prenderà.»
«Ci hanno già provato.»
In lontananza, due fari disegnarono un arco nella notte, e Clark vide un veicolo avvicinarsi lungo la strada di campagna.
«A ogni modo» disse Caruso, vediamo che cosa trova la scientifica, ma non nutro grandi speranze. Tutti i criminali che abbiamo arrestato hanno chiesto subito l’avvocato. Stiamo finendo le piste.»
Il veicolo rallentò e imboccò il sentiero che portava alla roulotte Airstream vuota.
«Non ti muovere» disse Clark. «Fra poco potrei avere nuove informazioni.»
Caruso fece per rispondere, ma Clark terminò la chiamata e cominciò scendere il fianco della collina.