17

La voce di John Clark crepitò alla radio non appena Caruso ripeté l’indirizzo di Naldo Cantu. «Abbiamo circa venti minuti, se siamo fortunati con il traffico. Salite tutti in auto. Voglio vedere quali informazioni possiamo ottenere prima del loro arrivo.»

«Ricevuto» disse Ryan. Il resto della squadra confermò di aver sentito gli ordini e si mise subito in strada.

L’interstatale 35 era a un tiro di schioppo dall’ufficio dell’FBI di Dallas, intorno al quale Ryan e gli altri erano strategicamente parcheggiati, per essere abbastanza vicini da captare quello che diceva Caruso. Il segnale era confuso, ma riuscirono comunque ad ascoltare. L’interstatale andava direttamente da Dallas a Red Oak, a circa trenta chilometri di distanza, per cui gli agenti del Campus potevano arrivarci relativamente in poco tempo, a meno che non fossero rimasti imbottigliati nel traffico. Ma lo stesso era vero anche per l’agente speciale Callahan e la sua task force. La sua squadra ci avrebbe messo pochi minuti a prepararsi e mettersi in strada. A giudicare dal suo tono di voce, non era una persona che perdeva tempo. Non sarebbe stata molto lontana da loro.

«Hai intenzione di arrivare prima di oggi o no, Jack?» domandò Ding dal sedile del passeggero.

Ryan accelerò, percorrendo la superstrada in direzione sud. Il traffico era intenso ma scorrevole, e potevano proseguire rimanendo appena sotto il limite di velocità.

Intervenne Midas. Era al volante dell’auto con Clark, e la sua impazienza era palese. «Accenderanno i lampeggianti e le sirene per superare questo cavolo di traffico. Caruso farebbe bene a prendere tempo.»

Adara difese il suo fidanzato. «Dom farà quel che può. Di sicuro ci farà sapere quando partiranno.»

Ryan passò davanti a un poliziotto con l’autovelox a centoquaranta chilometri orari. Per fortuna l’agente aveva già fermato un altro veicolo.

Era buio e cominciava a piovere quando Ryan prese l’uscita per Farm Road 644. Il traffico di metà settimana era leggero in quella strada di periferia, persino all’ora di punta, e pestò sull’acceleratore, sentendo il motore dell’Avenger aumentare i giri con un rombo quasi gutturale. Era quello più vicino all’interstatale quando Dom aveva dato l’indirizzo, per cui era sicuro che i veicoli di Midas e di Adara fossero alle sue spalle.

«Attento all’asfalto bagnato, hermano» disse Chavez mentre l’amico svoltava un angolo slittando, a circa un chilometro e mezzo dalla residenza dell’obiettivo, secondo il GPS sul cellulare.

«Sei davvero un seccatore» si lamentò Ryan, schiacciando ancora di più sull’acceleratore.

Chavez gli mostrò il dito medio e si aggrappò alla maniglia sopra lo sportello.

Un minuto più tardi Ryan rallentò, passando davanti a una casa di legno bianca posta a circa centocinquanta metri dal ciglio della strada. Una recinzione di filo spinato circondava la proprietà, e un cancello pesante fatto di tubi arrugginiti bloccava l’ingresso. La luce sulla veranda era visibile attraverso gli alberi. Ryan prese la prima traversa a sinistra e, con sua sorpresa, trovò il pick-up di Clark parcheggiato nell’erba alta accanto alla strada di ghiaia. Clark e Midas non si vedevano da nessuna parte.

«Come cavolo avete fatto ad arrivare prima di noi?» chiese Ryan al microfono.

«Migliore capacità di guida, ragazzo» rispose Clark.

«Posizione?» domandò Ryan.

«Ragazzi, siete in ritardo» disse Midas. «Ci stiamo già muovendo verso la casa.»

All’improvviso Clark ansimò, per poi sussurrare: «Midas, vieni qui. Tutti gli altri restino dove sono».

John Clark aveva visto molte crudeltà nella sua vita. Non era estraneo alle sofferenze umane. Aveva provato indicibile tristezza e dolori insopportabili – in Vietnam, Europa dell’Est e in molte zone calde di tutto il mondo – ma quello peggiore, quello che lo aveva svuotato dentro, era accaduto proprio nei cari vecchi Stati Uniti. L’ammiraglio James Greer era a conoscenza di tutta la storia, ma quando era morto si era portato quel segreto nella tomba. Sandy sapeva quasi tutto quello che era successo, e probabilmente immaginava il resto, anche se non ne parlavano mai. Clark era in grado di soffocare i ricordi, anche se non completamente, del brutale omicidio di Pam Madden e della vendetta ai danni dei protettori e narcotrafficanti che l’avevano commesso. A volte la sognava ancora, non come qualcuno che si strugge per un amore perduto, ma perché si sentiva in colpa di non essere stato lì con lei per salvarla. Era un ex Navy SEAL quando si erano incontrati, già implicato in lotte violente e nel caos del mondo, ma era stata la morte di Pam a spingerlo a essere lo strumento che era diventato. Conoscerla, guardarla trasformare la sua vita, e poi vedere quella stessa vita soffocata lo aveva cambiato per sempre, lasciando un marchio indelebile nella sua anima.

Gli tremavano le mani dalla rabbia quando si affacciò alla finestra della casa di Naldo Cantu e vide le tre ragazze. Erano raggomitolate in posizione fetale e incatenate per le caviglie a materassi sporchi poggiati su brande di metallo dell’esercito. Due indossavano un baby-doll; l’altra aveva soltanto una maglietta grigia, ed evidenti segni di aghi sulle braccia. Doveva trovarsi lì da tempo. Tutte e tre le ragazze avevano orribili segni di bruciature sulle braccia e sulle gambe. Una pattumiera rovesciata accanto a una branda conteneva diversi preservativi usati, siringhe e carte di caramelle, probabilmente l’unica cosa che avevano mangiato. Clark riusciva a vedere due ispanici seduti sul divano nella stanza accanto a guardare la televisione e bere birra. Non vedeva tutta la stanza, per cui c’era la possibilità che ci fossero altri uomini.

Il ricordo di quanto accaduto a Pamela Madden e degli uomini che Clark aveva ucciso gli scorreva nelle vene. Soffocò l’impulso di entrare e sparare in faccia a quelle bestie. Non gli importava quanti fossero.

La voce di Caruso nell’auricolare lo fece sobbalzare, cosa che non gli capitava spesso.

«Non sono molto pratico di Dallas. Quanto ci vorrà ad arrivare?»

La Callahan rispose, ma Clark non riuscì a capire. Si sentirono gli sportelli di un’auto chiudersi, poi Dom disse: «Ho capito… con un traffico del genere saremo fortunati se saremo là fra venticinque minuti».

Clark annuì. Presto le ragazze sarebbero state al sicuro, ma voleva la sua libbra di carne. La prigione era troppo comoda per uomini del genere. Clark si allontanò dalla finestra e si addentrò fra le querce che circondavano la casa. Midas lo raggiunse.

«Come pensi di fare?» domandò l’ex Delta. «Trascinarli fuori e riempirli di botte finché non parlano… e poi picchiarli ancora dopo che hanno cantato?»

«Hai guardato dentro?»

Midas annuì con fare grave. «Dalla finestra del soggiorno. Ho contato tre uomini: due sul divano, uno su una poltrona. Due pistole sul tavolino, ma nessun fucile. Sono riuscito a vedere solo una ragazza attraverso una porta aperta, ma sembrava ridotta piuttosto male.»

«Molto» confermò Clark. «Io ho contato tre ragazze. Non so nelle altre stanze.» Scosse la testa per schiarirsi le idee, sforzandosi di restare calmo e riflettere. La rabbia non avrebbe fatto altro che accecarlo. In situazioni del genere doveva essere freddo e calcolatore. Non escludeva del tutto l’eventualità di uccidere un nemico in territorio americano, ma avrebbe cercato di evitarlo se possibile. Quegli uomini avevano informazioni fondamentali. Se doveva aspettare e lasciare che li prendesse Caruso, allora…

All’improvviso sentì scattare una zanzariera, e quel rumore lo destò dai suoi pensieri. Ci fu una risata, poi qualcuno disse: «Cerveza…».

Della ghiaia scricchiolare. Lo sportello di un’auto chiudersi.

Midas sorrise nel buio. «Qualcuno sta andando a farsi due birre!»

Clark parlò con un sussurro rauco, dando ordini mentre arretrava verso la recinzione. «Jack, spostati all’estremità est della strada. Adara, tu a quella ovest.» Controllò l’orologio. «Da qualunque parte giri questo tizio, lasciatelo stare finché non sarà abbastanza lontano da non poter essere visto dalla casa, poi bloccatelo. Con cautela ma rapidamente. Ricordatevi che abbiamo circa diciotto minuti per fare quello che dobbiamo fare prima di dover esfiltrare.»

Novanta secondi più tardi, il Dodge di Ryan tagliò la strada alla Subaru WRX blu. Il conducente, un ispanico pelle e ossa, cercò di aggirarlo, ma Ryan accelerò e spinse l’altro veicolo, molto più leggero, contro il pick-up di Adara fermo in attesa. Il ragazzino ossuto spalancò gli occhi e alzò le mani quando Ryan, Chavez e Adara uscirono dalle loro auto. Indossavano tutti un passamontagna e gli puntarono una pistola alla faccia.

«Accidenti» disse la Sherman mentre apriva lo sportello e Chavez e Ryan la coprivano. «Speravo che avresti combattuto.»

Gli avevano messo un sacchetto in testa, lo avevano imbavagliato e gettato nel cassone del pick-up di Adara quando Midas e Clark si avvicinarono con i fari spenti. Clark abbassò il finestrino e fece cenno agli altri di seguirlo dietro l’angolo, nel caso l’agente speciale Callahan e la sua squadra fossero comparsi prima del previsto.

Il ragazzino ossuto disse di chiamarsi Flaco. Cominciò a uscirgli il moccio dal naso e a singhiozzare non appena Clark lo fece scendere dal pick-up e gli tolse il sacchetto dalla testa. Clark lo spinse dentro il piccolo fosso sul ciglio della strada. L’ispanico, in ginocchio, implorava di aver salva la vita. Nell’aria della sera si diffuse l’odore pungente di urina, e nessuno se ne sorprese: se John Clark lo avesse spinto in un fosso e gli avesse puntato contro una pistola, persino Ryan avrebbe perso il controllo della propria vescica.

Anche Clark indossava il passamontagna, ma aveva così tanto odio negli occhi da rendere le sue intenzioni più che evidenti. Sferrò a Flaco un violento calcio alle costole, atterrandolo, poi gli mise un piede sul collo.

«D’accordo, figlio di puttana» cominciò Clark. «Hai esattamente una possibilità per impedirmi di trasformare la tua testa in frammenti di cranio e poltiglia. Rispondi alle mie domande, punto. Non fare pause. Non implorare pietà. Rispondi e basta. Hai… capito… bene?» A ogni parola Clark spingeva con sempre più forza sul collo del ragazzino, schiacciandogli la faccia nel terreno e soffocando la sua risposta.

«H-ho capito!»

«Chi è il capo? Cantu?»

Farlo smettere di parlare si rivelò più difficile di quanto non lo fosse stato fermare la sua auto.

«Cantu è il capo delle ragazze della zona» disse l’ispanico pieno di tatuaggi. «Ma Zambrano è il capo in tutto il Texas. Chiunque gestisca delle ragazze deve pagarlo.»

«Zambrano?» domandò Clark. «Come il lanciatore dei Chicago Cubs?»

«Stesso cognome» disse Flaco. «Tizio diverso. Questo è messicano.»

«Dove si trova?»

Flaco scosse la testa. «È ovunque, amico. Si sposta di continuo.»

Clark annuì. «E Matarife?»

«Quell’uomo è il male, amico.»

«Dov’è?»

«Non lo so.»

Clark fece di nuovo pressione sul collo dell’ispanico.

«Sul serio, amico» frignò Flaco. «Non sono mai stato a casa sua. Sono stato in posti in cui fa la sua roba, però… ed è da malati.»

«Chi potrebbe sapere dove trovarlo?»

«Oh, Signore. Non ne ho idea.»

Clark guardò l’orologio. «C’è un tizio cinese che gira da queste parti. Come si chiama?»

«Eddie.»

«No, un altro.»

Flaco cominciò a iperventilare. «Ehi, amico, da quando la triade è arrivata qui, ci sono un centinaio di cinesi che girano da queste parti. Non sto cercando di mentirti, amico. Te lo giuro. Non so di chi tu stia parlando.»

«Coronet?»

«D’accordo, d’accordo» disse Flaco. «L’ho sentito chiamare con quel nome solo una volta, ma ora so di chi stai parlando. Si veste elegante. Gli piacciono le ragazze giovani. È un tipo strano. Si comporta come James Bond o stronzate simili, ma ho sentito dire che vende biglietti di auguri di Natale. Si chiama Chen. Vinnie Chen… o Vincent, credo. Ehi! Lui dovrebbe sapere dove si trova Matarife.»

«Questo non mi aiuta» disse Clark. «Descrivi Vincent Chen.»

«Aspetta, posso fare di meglio. Ho una sua fotografia sul cellulare.»

Clark fece un cenno, e Ryan recuperò il cellulare dalla tasca dei pantaloni di Flaco. Per fortuna era già a faccia in giù quando se l’era fatta addosso, il che aveva risparmiato il telefono e le mani di Ryan.

«Codice per sbloccarlo?» domandò Ryan.

«Undici-undici.»

«Vuoi che lo inserisca io?» disse Ryan con il pollice sopra lo schermo. «Potrebbe avere una richiesta di soccorso preprogrammata.»

Clark sbuffò. «Ti sembra uno che pensa a una cosa del genere?»

«Giusto.» Ryan digitò il codice. Aprì la galleria e, dopo aver scorso alcune immagini nauseanti di ragazze che sarebbero bastate a far finire Flaco in prigione per parecchi anni, trovò una fotografia di un asiatico elegante. Piuttosto che lasciare una traccia virtuale inviando l’immagine a tutti, Jack usò il suo cellulare per fotografare lo schermo.

«E il suo numero di telefono?» domandò Clark.

«È nella rubrica. Ma era qui un giorno e mezzo fa, e cambia cellulare ogni pochi giorni.»

«Ogni pochi giorni?»

«Vede cosa intendo?» disse il membro della banda. «Strano per uno che vende biglietti di auguri di Natale, eh?»

«Dov’è Chen adesso?» domandò Clark.

«Non ne ho idea.»

«Chi procura le ragazze a Cantu?»

Ryan lanciò un’occhiata a Chavez. La domanda andava oltre lo scopo della loro missione. Avevano quello di cui avevano bisogno su Coronet.

Sentirono di nuovo la voce di Caruso alla radio.

«Vuole che dica agli altri che mancano meno di dieci minuti?»

Seguì la voce ovattata della Callahan. «Sono tutti dietro di noi. Sono piuttosto sicura che lo sappiano già

Chavez fece roteare l’indice in aria, ricordando a tutti che dovevano sbrigarsi.

Flaco annuì, ignaro della conversazione che si stava svolgendo nei loro auricolari.

«Un tizio di nome Parrot.»

Chavez alzò entrambe le braccia. «Sul serio, capo. Dobbiamo filarcela.»

Clark annuì. «D’accordo.» Premette lo stivale sul collo di Flaco un’ultima volta prima di allontanarsi. «Scaricatelo davanti al cancello.»

«Aspetti, aspetti, aspetti!» implorò Flaco. «Non c’è bisogno che mi uccida.»

«Questa conversazione non è mai avvenuta» disse Clark.

Flaco annuì con tale forza che sembrava che la testa stesse per staccarglisi dal collo. «Mai, amico. Lo giuro.»

Clark fece un cenno verso il Dodge senza aggiungere un’altra parola.

Ryan e Chavez scaricarono il singhiozzante membro della banda davanti al cancello, con le mani e i piedi legati e imbavagliato con un pezzo di nastro adesivo, così che non potesse avvertire i suoi amici del convoglio in arrivo dalla Farm Road 644.

Ryan tenne i fari spenti e il piede sull’acceleratore finché non si allontanarono di due chilometri. Sorrise quando sentì la Callahan rimanere senza fiato.

Potere e impero
p000_cover.xhtml
toc.xhtml
p001_il-libro.xhtml
p002_l-autore.xhtml
p003_frontispiece.xhtml
p004_half-title.xhtml
p005_personaggi.xhtml
p006_estratti.xhtml
p007_prologo.xhtml
p008_capitolo-01.xhtml
p009_capitolo-02.xhtml
p010_capitolo-03.xhtml
p011_capitolo-04.xhtml
p012_capitolo-05.xhtml
p013_capitolo-06.xhtml
p014_capitolo-07.xhtml
p015_capitolo-08.xhtml
p016_capitolo-09.xhtml
p017_capitolo-10.xhtml
p018_capitolo-11.xhtml
p019_capitolo-12.xhtml
p020_capitolo-13.xhtml
p021_capitolo-14.xhtml
p022_capitolo-15.xhtml
p023_capitolo-16.xhtml
p024_capitolo-17.xhtml
p025_capitolo-18.xhtml
p026_capitolo-19.xhtml
p027_capitolo-20.xhtml
p028_capitolo-21.xhtml
p029_capitolo-22.xhtml
p030_capitolo-23.xhtml
p031_capitolo-24.xhtml
p032_capitolo-25.xhtml
p033_capitolo-26.xhtml
p034_capitolo-27.xhtml
p035_capitolo-28.xhtml
p036_capitolo-29.xhtml
p037_capitolo-30.xhtml
p038_capitolo-31.xhtml
p039_capitolo-32.xhtml
p040_capitolo-33.xhtml
p041_capitolo-34.xhtml
p042_capitolo-35.xhtml
p043_capitolo-36.xhtml
p044_capitolo-37.xhtml
p045_capitolo-38.xhtml
p046_capitolo-39.xhtml
p047_capitolo-40.xhtml
p048_capitolo-41.xhtml
p049_capitolo-42.xhtml
p050_capitolo-43.xhtml
p051_capitolo-44.xhtml
p052_capitolo-45.xhtml
p053_capitolo-46.xhtml
p054_capitolo-47.xhtml
p055_capitolo-48.xhtml
p056_capitolo-49.xhtml
p057_capitolo-50.xhtml
p058_capitolo-51.xhtml
p059_capitolo-52.xhtml
p060_capitolo-53.xhtml
p061_capitolo-54.xhtml
p062_capitolo-55.xhtml
p063_capitolo-56.xhtml
p064_capitolo-57.xhtml
p065_capitolo-58.xhtml
p066_capitolo-59.xhtml
p067_capitolo-60.xhtml
p068_capitolo-61.xhtml
p069_capitolo-62.xhtml
p999_copyright.xhtml