Di nuovo in paradiso. La festa è davvero al settimo cielo ed è andata avanti fino all’alba. E, che ci crediate o no, nessuno organizza feste divertenti come quelle di Dio. Quel grande traboccante catino pieno di punch alla fragola? Dentro c’avevano buttato una specie di ecstasy ultranaturale e supernutriente presa dalla riserva personale del Capo. Cazzo, ti faceva decollare fino alla luna nel giro di trenta minuti netti, restavi in orbita per sei ore tonde tonde e dopo neanche l’ombra di un down. Era cosí buona che in effetti Dio se l’era tenuta per Sé. E cosí ballano in piedi sui tavoli, si scolano tutto il bar (che ovviamente si riempie di nuovo come per magia: in paradiso non c’è bisogno di correre all’alba in certe equivoche rivendite di alcolici), cantano fino a sgolarsi – a un certo punto Gesú viene portato in trionfo per la sala al suono di I Am the Resurrection degli Stone Roses – e tutti si infilano a turno negli angoli o sui divani a raccontarsi quanto si vogliono bene.

A un certo punto, verso l’alba, Gesú si ritrova stravaccato su una poltrona a sacco a parlare del senso della vita con un gruppo assurdo, che definire male assortito è poco: Big Bob, John Belushi, Gandhi, un tassista di nome Max, l’ex Primo Ministro inglese Neville Chamberlain, Abramo Lincoln, due delle tre sorelle Brontë (scatenate? No, di piú…) e Dean Martin. Dean Martin sta raccontando un aneddoto su una certa orgetta in cui si è trovato una volta, e Chamberlain, che non regge benissimo il punch alla fragola, biascica: – Mi sento piuttosto, mmm, alticcio al momento, nevvero? – quando Dio arriva e prende Suo figlio per un gomito.

– Hai un minuto?

Barcollano lungo il corridoio fino all’ufficio di Dio, mentre la luce del sole filtra attraverso gli spiragli nelle persiane. Passano accanto a una coppia che si rotola avvinghiata per terra.

– Ragazzi, – dice Dio, – almeno cercatevi una camera.

Gesú si accascia su una delle poltrone davanti alla scrivania di Dio e sbadiglia, esausto ma felice, mentre Dio si avvicina al piccolo mobile bar dietro la Sua poltrona e tira fuori lo scotch delle grandi occasioni. Delle grandissime occasioni, nota Gesú. Imbottigliato nel 1889.

– Che succede, papà?

– Ho pensato che potevamo fare il punto sugli ultimi sviluppi con il bicchiere della staffa, – risponde Dio, passando a Gesú un tumbler di cristallo con dentro malto invecchiato secoli. Dio prende un enorme sigaro Cohiba, si siede davanti a Suo figlio e preme un tasto del telecomando. La parete di schermi si accende, e loro due si accomodano a guardare qualche spezzone dai notiziari della Terra dove, ovviamente, sono passati una trentina d’anni dall’inizio della festicciola.

Con la sparizione del cadavere dall’obitorio di Huntsville la leggenda aveva davvero preso piede. Ipotesi di complotto come se piovessero. Bufale in rete. Le solite stronzate.

E poi erano arrivati i ragazzi.

Becks e Morgan si erano introdotti nel ranch di Bruntsville, ormai raso al suolo e abbandonato, e avevano recuperato la registrazione nel disco rigido alla base di una delle pale eoliche. Disco rigido che era collegato alla telecamera digitale in cima alla turbina. Telecamera che, come sospettava Pete, era puntata nella direzione giusta, verso il retro della casa, e restituiva una panoramica efficace su tutto quel casino. Le riprese erano chiare, definite e incontrovertibili: l’elicottero da combattimento che scendeva a bassa quota sparando ad alzo zero, i colpi di mitragliatrice che distruggevano la casa. Si vedeva benissimo Gesú che disarmava Rennet e gettava via il fucile, il carro armato che sparava con il lanciafiamme su un edificio di legno dove si trovavano donne e bambini. Quello era stato il pezzo che ogni telegiornale del mondo aveva mandato in onda a ripetizione, di solito seguito dal filmato con le interviste agli alti papaveri del Batf e dell’Fbi. Stanley Tawse dell’Fbi che diceva: «Nego categoricamente di avere esagerato con l’uso della forza». Don Gerber del Batf che affermava: «Non siamo stati noi a radere al suolo quell’edificio».

Il primo a dimettersi era stato Gerber.

Poi, a ruota, Tawse. Che subito dopo s’era suicidato.

Il procuratore generale era stata prima licenziata, poi indagata per il ruolo avuto nel dare il via libera al disastro.

Seguivano i filmati con Becky, Morgs e Kris ospiti di talk show, notiziari, programmi del mattino. Il bestseller che Becky aveva scritto sulla sua vita con Gesú Cristo.

Gente con addosso le T-shirt con su scritto: «FATE I BRAVI!» Adesivi sui paraurti delle macchine con lo stesso motto.

L’inversione di marcia operata da Steven Stelfox aveva lasciato tutti senza fiato, tanto era stata audace: aveva pubblicato postumi i demo registrati in Texas, e definito Gesú «un moderno eroe popolare americano», sostenendo che in cuor suo era sempre stato convinto della sua innocenza e della sua grandezza. Il disco, intitolato La rivincita, era rimasto trentadue settimane al primo posto della classifica, vendendo quindici milioni di copie negli Stati Uniti e altri milioni in tutto il mondo, fino a diventare uno dei dischi piú venduti della storia, facendo guadagnare a Stelfox una fortuna da aggiungere a quella che aveva già.

A un certo punto Dio esclama: – Cazzo, guarda qua! – poi ferma l’immagine e zooma sulla panoramica di Times Square piena di gente, fino a inquadrare una signora sovrappeso che sgomita nella folla della pausa pranzo. Ormai la faccia della signora è in primo piano, ma Gesú non ha ancora capito cosa ci sia di tanto interessante, finché non vede il ciondolo appeso alla collanina che la donna porta al collo.

Una siringa d’argento.

– Oh cazzo, no, ma scherziamo? – dice Gesú.

Poi tutt’e due cominciano a sganasciarsi, a darsi pacche sulle gambe, a rotolarsi per terra senza fiato, fin quando la porta alle loro spalle non si apre e Fabiano entra con un fascio di fogli. – Oh cazzarola, – dice Dio, asciugandosi le lacrime. – Questo è troppo. Peccato che non ti abbiano fritto sulla sedia elettrica… Quella rincoglionita si sarebbe appesa al collo una sedia elettrica!

– Oh, tante grazie, paparino.

– Ma di cosa diavolo state blaterando?

– Roba da terrestri. A quelli piace proprio genuflettersi, eh? Grazie, Fabiano, – dice Dio, prendendo i fogli.

– Sono gli ultimi dati, – spiega Fabiano, mentre Dio già esamina con sguardo esperto le cifre. – Ti piaceranno. Il ragazzo se l’è cavata alla grande. Okay, miei cari, io vado a nanna. Solo soletto, purtroppo.

– A piú tardi, bello – dice Gesú, mentre Fabiano si chiude le doppie porte alle spalle.

Dio è davvero felice. È un maniaco degli sport, e quindi ama le statistiche. – Allora, allora… – dice, – gli ingressi in paradiso sono aumentati del ventidue virgola otto per cento nell’ultima mezza giornata –. La mezza giornata equivale piú o meno a ventotto anni terrestri, ovviamente. – Secondo le stime di Pietro, cresceranno di un altro sette o otto per cento nelle prossime ventiquattr’ore. A quanto pare quei figli di buona donna hanno davvero cominciato a fare i bravi…

– Be’, è bello sapere che non è stato tutto uno spreco di tempo.

– Cavolo, per niente, figliolo –. Dio guarda l’orologio. – È troppo presto per… Ma sí, chi cazzo se ne frega, chiamiamo quello stronzetto.

Jeannie si è presa una giornata di ferie per ripigliarsi dalla sbornia, come tutti quelli dell’ufficio, cosí Dio in persona digita le tre cifre, e l’enorme schermo per le videoconferenze si accende non appena preme l’ultimo 6. Qualche squillo poi un Satana con gli occhi pesti risponde. È in kimono, seduto sul bordo del letto. – Buongiorno, pezzo di merda! – gli dice allegro Dio. – Non ti avrò mica svegliato, eh?

– Vaffanculo, – risponde Satana. C’è qualcosa nel letto, un cavallo o una roba del genere. – Che cazzo vuoi a quest’ora?

– Il diavolo fa le pentole, ma… Come vanno le cose laggiú?

– Ma vai a fare in culo, – risponde Satana con uno sbadiglio.

– Perché da quello che vedo qui dovresti essere molto, molto, molto abbacchiato, caro mio…

– Bravo, bravo. Divertiti, coglione. Non è certo finita qui. Hai vinto una battaglia, ma non la guerra. Io me ne torno a letto. Perché voialtri non ve ne andate affanculo insieme, e ci rivediamo all’inferno?

– Eddài, non fare cosí, cippa lippa, – gli dice Dio. – Vieni a cena da noi stasera?

– Forse, – risponde Satana. – Ti chiamo dopo. Adesso vai a fare in culo.

Lo schermo si spegne. – Ah! Ah! – esclama Dio strofinandosi allegro le mani. – I piccoli piaceri della vita…

– Ok papà, io vado a nanna.

– Sí, riposati un po’. Fra non molto arriveranno i tuoi amici.

Cazzo, è vero: Becky, Morgs, Kris. Tutti sulla sessantina, ormai. Quando si sveglierà, saranno già qui.

– Buonanotte, papà. Forse è meglio se vai a letto anche tu.

– Ancora un attimo e vado. Buonanotte, figliolo.

Dio sorride mentre osserva il Suo ragazzo allontanarsi strascicando i piedi, poi prende il whisky e il sigaro e si avvicina al finestrone dietro la scrivania che si affaccia sul frutteto di smeraldo in cui giocano le anime dei neonati e dei bambini. Li guarda gorgogliare e sgambettare nella luce del mattino, ridere di gioia in mezzo ai fiori. Molti di loro sono morti di morte violenta: bruciati vivi in un incendio, picchiati finché non gli si è rotto l’osso del collo o non si sono fratturate le costole, affogati in canali melmosi o in fiumi dalle acque plumbee, strangolati da dita tatuate. Qualcuno è stato gasato nei forni, altri sono stati fatti a pezzi con un machete o assassinati a bruciapelo con armi automatiche. Ora ovviamente sono intatti, senza cicatrici. I neonati sono i piú fortunati, in realtà: sono quelli a cui è toccato in sorte di crescere in paradiso, senza conoscere altra realtà. Perché i bambini sulla Terra piangono? Dio ripensa ai versi di una poesia di John Updike, i cui libri ha letto di recente, e con grande piacere. (Brava persona, questo John. E pure un discreto golfista. Il tipo d’uomo che non vorrà mai farsi regalare una buca se pensa di avere una possibilità di sbagliarla). Dio pensa e ripensa a quei versi, contempla l’alba e si gode le ultime gocce di quell’ottimo scotch e gli ultimi tiri del sigaro cubano:

Come piangono forse le anime, svegliandosi
in corpi neonati, lontane dal cielo.

Letteratura. Quella sí era roba buona.

Bello che l’avessero inventata.

A volte ritorno
000_cover.xhtml
001_il-libro.xhtml
002_l-autore.xhtml
003_frontispiece.xhtml
004_copyright.xhtml
005_frontmatter1.xhtml
006_frontmatter2.xhtml
007_part1.xhtml
008_chapter1.xhtml
009_chapter2.xhtml
010_chapter3.xhtml
011_chapter4.xhtml
012_chapter5.xhtml
013_chapter6.xhtml
014_chapter7.xhtml
015_chapter8.xhtml
016_chapter9.xhtml
017_part2.xhtml
018_chapter10.xhtml
019_chapter11.xhtml
020_chapter12.xhtml
021_chapter13.xhtml
022_chapter14.xhtml
023_chapter15.xhtml
024_chapter16.xhtml
025_chapter17.xhtml
026_chapter18.xhtml
027_chapter19.xhtml
028_part3.xhtml
029_chapter20.xhtml
030_chapter21.xhtml
031_chapter22.xhtml
032_chapter23.xhtml
033_chapter24.xhtml
034_chapter25.xhtml
035_chapter26.xhtml
036_chapter27.xhtml
037_chapter28.xhtml
038_chapter29.xhtml
039_chapter30.xhtml
040_chapter31.xhtml
041_chapter32.xhtml
042_chapter33.xhtml
043_chapter34.xhtml
044_chapter35.xhtml
045_part4.xhtml
046_chapter36.xhtml
047_chapter37.xhtml
048_chapter38.xhtml
049_chapter39.xhtml
050_chapter40.xhtml
051_chapter41.xhtml
052_chapter42.xhtml
053_chapter43.xhtml
054_chapter44.xhtml
055_chapter45.xhtml
056_chapter46.xhtml
057_chapter47.xhtml
058_part5.xhtml
059_chapter48.xhtml
060_chapter49.xhtml
061_chapter50.xhtml
062_chapter51.xhtml
063_chapter52.xhtml
064_chapter53.xhtml
065_chapter54.xhtml
066_chapter55.xhtml
067_chapter56.xhtml
068_chapter57.xhtml
069_chapter58.xhtml
070_chapter59.xhtml
071_chapter60.xhtml
072_part6.xhtml
073_chapter61.xhtml
074_chapter62.xhtml
075_chapter63.xhtml
076_chapter64.xhtml
077_chapter65.xhtml
078_chapter66.xhtml
079_chapter67.xhtml
080_chapter68.xhtml