Una parolina sulla differenza tra il tempo celestiale e quello terrestre. Anche nell’eternità il tempo passa, solo piú lento. Molto piú lento. Un giorno in cielo equivale pressappoco a cinquantasette anni sulla Terra. Quattro virgola sei milioni di anni fa, quando Dio si è preso la Sua prima vacanza – la Sua unica vacanza, fino alla settimana scorsa – eravamo ancora all’eone Adeano. Non c’era ossigeno, e la Terra era una specie di palla liquefatta, ancora fumante per il Big Bang di una decina di milioni d’anni prima. (L’esplosione era stata un incidente di percorso, tra l’altro. Dio non disdegna uno spinello di prima mattina, ma a volte si pente del risultato. Gli squali martello? L’ornitorinco? Il culo dei babbuini? Eddài. Fareste marcia indietro anche voi, no?) Mancavano ancora migliaia d’anni alla comparsa degli oceani. C’era il tempo per una vacanzina, vero?

Quando Lui s’è preso la seconda settimana di ferie, sulla Terra correva l’anno 1609 d.C., il culmine del Rinascimento, che Dio s’era goduto una cifra. Copernico, Michelangelo, Leonardo da Vinci. Ragazzi, che pacchia! Quando se n’è andato, con la cassetta da pesca sottobraccio e il cappello da pescatore allegramente sulle ventitre, su un palco di Londra si recitava il Re Lear, mentre dall’altra parte della città Bacone lavorava al De Sapientia Veterum Liber. El Greco – la lingua premuta contro il labbro superiore per trovare la concentrazione, il pennello tremolante – stava dipingendo L’apertura del quinto sigillo. Galileo sbirciava in un prototipo di telescopio, lo sguardo che si posava per la prima volta sui quattro satelliti di Giove. Monteverdi aveva da poco finito di comporre l’Orfeo. Il momento ideale per andarsene a pescare, aveva pensato Dio.

Al Suo ritorno dalle remote campagne del paradiso erano passati quasi quattrocento anni, Dio era fresco come una rosa e carico di trote. Sulla Terra correva l’anno 2011. Come sappiamo, ne erano successe di cose in quei quattro secoli…

Dio è un lettore veloce. Anzi, velocissimo. È capace di assimilare migliaia di documenti mentre in contemporanea si spara una videocassetta o un dvd e clicca sui file che lo aggiornano sul tempo che s’è perso. Gli ci vuole tutta una mattinata e anche una parte della pausa pranzo per mettersi al passo. Impara subito un mucchio di geografia: Auschwitz, Buchenwald, Bergen Belsen, Guantánamo, Belfast, Cambogia, Vietnam, le Fiandre, Ypres, Nagasaki, Hiroshima, Ruanda, Bosnia. Di tanto in tanto Jeannie, Fabiano e Seba fanno un salto sulla sedia quando sentono le sue grida soffocate.

Mentre passa in rassegna il xx secolo – fermandosi qui e là per vomitare – Dio assimila questi strani e incredibili nuovi concetti. Il capitalismo e il comunismo. Il deterrente nucleare e la distruzione reciproca assicurata. Il complesso industrial-militare. Gli antiabortisti e la tolleranza zero. I junk bond e le vendite allo scoperto. Frodi immobiliari e negative equity. Fatwa e jihad. La pulizia etnica e il rimpatrio forzato. Alcune foto scattate nella piazza afosa e polverosa di un paese arabo: due ragazzi gay che vengono impiccati. Una donna adultera che grida sepolta fino al collo nella sabbia, mentre a pochi metri di distanza una torma di uomini le scaraventa addosso delle pietre. Dio torna al computer e clicca su un file intitolato «Fondamentalismo islamico: credenze e pratiche». Mmm, mai sentiti questi talebani… Dunque vediamo, che combinano questi? Un gruppo di barbuti veramente incazzosi, a quanto pare…

Qualche minuto dopo Jeannie sente delle grida trattenute e anche qualche bestemmione attraverso il portone pesante, grande come quello di una cattedrale. Dio sta prendendo a calci qualcosa.

Ha letto del burqa e della hijab. Stando a questi tizi la faccenda funziona piú o meno cosí: tutti gli uomini sono potenziali stupratori che si trattengono a stento, e quindi basta un millimetro di caviglia scoperta per alluparli. Ergo, le tipe devono andarsene in giro infilate in un sacco, coperte dalla testa ai piedi. E comunque tutte le donne sono baldracche tentatrici che vorrebbero scoparsi tutti quelli che incontrano. Quindi se una di loro in qualche modo piega la volontà di un bravo padre di famiglia lasciandogli intravedere, diciamo, una rotula, e lui non resiste e se la scopa, allora è cosa buona e giusta che lei venga lapidata a morte – una bella marmaglia di maschiacci spara una sassaiola alla sua testolina – mentre l’adultero se la cava con una piccola multa. Continua a leggere. Ecco un elenco delle cose bandite da ’sti talebani: «Carne di maiale, grasso di maiale, manufatti prodotti con i capelli umani, parabole satellitari, il cinema, la musica e qualsiasi strumento che susciti la gioia della musica, il biliardo, gli scacchi, le maschere, l’alcol, le cassette, i computer, i videoregistratori, la televisione, qualsiasi cosa abbia a che fare con il sesso, il vino, le aragoste, lo smalto per le unghie, i fuochi d’artificio, le statue, i cataloghi per il cucito, le icone e i biglietti di auguri natalizi».

I cataloghi per il cucito?

Legge i resoconti sulle esecuzioni degli omosessuali. Le lapidazioni e le frustate per… be’, niente di che. Una scolaretta di sedici anni impiccata per una cosa che si chiama «crimini contro la castità».

Quindi, secondo par condicio, dà un’occhiata a un sommario dei programmi televisivi piú seguiti negli Stati Uniti – un’accozzaglia di reality idioti, scemenze per raggranellare soldi in fretta e diventare famosi all’istante – e per un attimo riesce a intuire come devono sentirsi quei talebani, lí seduti in una grotta umida, con un AK-47, una scodella di sbobba e tanta voglia di ingropparsi una capra, mentre guardano il reality su quei riccastri dei Kardashian. Anche a Dio verrebbe voglia di mettere al bando la televisione.

Due dita di whisky al malto e una canna spropositata, bella carica, sono il Suo pranzo, per aiutarLo a sfangare il resto del materiale sul passato recente. Deforestazione. Globalizzazione. Danni collaterali. Notorietà di marca. Marketing. Product placement. Multinazionali. Obsolescenza programmata. Repubblicani.

Per il resto della pausa pranzo, Dio frigna come un bambino.

In segreteria Jeannie ha spedito i ragazzi a mangiare un boccone. Si morde il labbro mentre Lo sente singhiozzare, un suono che non ha mai sentito prima. Perché, a dispetto del Suo atteggiamento cameratesco e amichevole, Dio è un tipo all’antica: un duro. Un uomo vero. Dopo un po’ cala un lungo silenzio.

Quando riapre il portone, Dio è tornato in sé. Solo un leggero raspino alla voce lascia intuire quello che è appena successo. Jeannie alza gli occhi e deglutisce. Non è piú affranto, adesso sembra solo molto, molto incacchiato. Almeno è un buon segno, pensa lei.

– Jeannie… – fa Dio sottovoce. La gola secca, la rabbia sopita e sotto controllo. – Dov’è quel piccolo bastardo?

A volte ritorno
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