Sibilo di freni e stridore di grosse gomme: cosí il mezzo si presenta sotto casa. Morgan, seduto sui gradini roventi davanti all’ingresso dell’edificio, abbassa gli occhiali da sole e dice: – Vorrai scherzare… – Dopo un secondo sibilo e un attimo di attesa, la vecchia porta a fisarmonica si apre con uno scossone e Kris scende dal gradino con l’aria di uno che ha appena vinto la lotteria.

– Se vi dico quanto l’ho pagato, non ci crederete mai.

– Gesú! – grida Morgan alle sue spalle verso la rampa di scale in ombra dove Gesú sta finendo di ammucchiare i bagagli. – Vieni un po’ a vedere.

Gesú viene fuori, coprendosi gli occhi dal riflesso abbagliante del sole di mezzogiorno che rimbalza sulla superficie argentata del mezzo, e contempla la scena: Morgan che scoppia a ridere, Kris in piedi tutto orgoglioso davanti a un enorme, sudicio, vecchio Greyhound fuori servizio che ancora gorgoglia e sferraglia e scoreggia un minuto dopo che Kris ha spento il motore, per poi finalmente zittirsi. I taxi e le auto strombazzano come indemoniati e cercano di intrufolarsi nello spazio esiguo oltre la fiancata dell’enorme autobus arrugginito.

– Cazzo, Kris… – comincia Gesú, cercando refrigerio all’ombra del colosso. – Noi siamo solo in dieci.

Morgan non usa giri di parole. – Cicciobombo, – dice, – ti sei bevuto il cervello? Quanti secoli ha ’sto catorcio?

– Sentite, ragazzi, questi bestioni sono solidi come portaerei. Ha fatto solo quattrocentomila chilometri e può sgroppare giorno e notte senza problemi.

Solo? – ribatte Morgan.

– Lo so cosa state pensando, – continua Kris, sovreccitato, mentre li invita a salire sull’autobus. – Che consumerà molto, giusto?

– Non era questo che stavo pensando, – dice Morgan. – Pensavo piú che altro: «Che cazzo di fine ha fatto l’idea del furgoncino?» Hai presente: ino-ino? Perché ’sto affare, questo è decisamente un cazzo d’one-one!

– Dammi retta, ho calcolato tutto: possiamo sradicare i sedili sul retro e rimpiazzarli con dei materassi, cosí risparmiamo sugli alberghi quello che spendiamo in benzina. Dài, vi faccio da guida.

Appena salgono a bordo, vengono assaliti dalla puzza. – Bleah! – esclama Morgan.

– Sí, lo so, bisognerà dare una pulitina, ma sentite questa, il tizio che me l’ha venduto ha detto… Ehi, mi state ascoltando? Non ci crederete mai… Ha detto che ai tempi l’hanno usato i Black Sabbath, cazzo!

– Ah sí? – fa Morgan. – Come cesso, intendi?

– Perché devi essere sempre cosí negativo? – risponde Kris.

Gesú percorre il corridoio in mezzo alle file dei sedili. – Ma ci arriveremo a Los Angeles? – chiede.

– E ci ritorneremo anche da Los Angeles, amico, – risponde Kris.

Morgan fa una risatina di scherno.

– Ce l’ha l’aria condizionata, vero? – chiede Gesú.

– Ma certo, si starà col culo al fresco.

– Ti dirò, non mi dispiace, – fa Gesú.

– Lo sapevo! – esclama Kris, tornando indietro lungo il corridoio. – Vado a recuperare dell’acqua. Il tipo ha detto di tenere il radiatore pieno fino all’orlo quando fa molto caldo.

– Che ha che non va il radiatore? – gli grida dietro Morgan, ma non ottiene risposta. Kris è già sparito nel palazzo.

Gesú sorride. – Hai visto cos’ha combinato il nostro cicciobombo?

Morgan sbuffa e s’infila nella coppia di sedili accanto a quella di Gesú. – Ma guardati. Quel rincoglionito si presenta con una manciata di fagioli magici e tu ti comporti come se avesse trovato la vacca piú grassa del circondario. Te ne stai lí in panciolle a ghignartela. Adesso potresti essere spaparanzato in un sedile di prima classe con una bibita fresca in una mano e una hostess strafiga che ti sorride. Cioè, nella carlinga di un caro vecchio aereo di linea. Una gnocca dal culo a mandolino che ti sprimaccia il cuscino e ti allunga un asciugamano bollente mentre tu pensi se mangiare roast-beef o pollo e fai la spola tra nove film diversi. Flûte, aragoste, posate d’argento e roba simile. Invece passerai una settimana a rosolarti il culo dentro questo forno, in compagnia di una masnada di pazzoidi. Insomma, perché scegli sempre la strada piú difficile, cazzo?

Fare gruppo, sta pensando Gesú, svaccato sul sedile di stoffa logora con i bottoni, gli occhi puntati sul soffitto giallognolo, mentre annusa il tanfo stantio delle migliaia di scoregge sganciate sopra quei sedili nel corso degli ultimi quarant’anni. Ecco perché qui sulla Terra era andato tutto a puttane. S’era perso il senso della comunità. Be’, qui ormai avevano il loro gruppetto. Certo, fatto di spostati senz’arte né parte, un caravanserraglio di ubriaconi, barboni e tossici, ma pur sempre un gruppo. Era il mondo che aveva a portata di mano, ed era cosí fragile… Col cazzo che se la sarebbe svignata per mesi all’altro capo del paese lasciando che le cose andassero a puttane.

– Senti, Morgs, – fa Gesú, con uno sbadiglio, – a volte la strada piú difficile ha i suoi buoni motivi per essere piú difficile.

– La strada piú difficile ha i suoi buoni motivi per essere piú difficile? – ripete Morgan lentamente.

– Eggià.

– Devo prendere appunti? Aggiungerla al novero delle tue massime di modo che quando non ci sarai piú io possa tramandare ai posteri i tuoi merdosi insegnamenti?

– Fa’ pure.

– Cazzo, vediamo se riesci a mantenere questa flemma quando saremo nel bel mezzo del nulla con il sole che martella e l’aria condizionata su questo rottame ci avrà fatto ciao ciao. E se pensi davvero che questo catorcio infame riuscirà ad arrivare a…

– Mmm, – mormora Gesú, con il cappellino da baseball calato sugli occhi. Si lascia cullare dal caldo finché la voce di Morgan diventa un piacevole rumore di fondo, la sua tiritera lagnosa un brusio rasserenante che lo accompagna verso un gradevole sonnellino.

A volte ritorno
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