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Ted Malloch. La rete alt-right
Non si muovevano in questi anni solo Steve Bannon e Arron Banks, sulla scena affollata e avventurosa dei movimenti populisti autoritari internazionali. In Italia sono successe tante cose che hanno messo in relazione persone e creato una rete che poi tornerà, visibile neanche tanto in filigrana, nella costruzione del governo Movimento-Lega. Uno di questi eventi avviene il 4 maggio 2017 a Milano, e appare rivelatore perché molti dei relatori di questo incontro pubblico sono poi quelli che parteciperanno all’incontro privato di Salvini e Bannon all’indomani delle elezioni italiane del 4 marzo. Tutti tranne uno.
All’Hotel dei Cavalieri, a un convegno su «Sovranità e globalizzazione» organizzato dalla rivista «Logos» e da «Breitbart Italia», si danno appuntamento alcuni personaggi che di lì ad appena un anno daranno più che un contributo alla nascita dell’esecutivo presieduto da Giuseppe Conte. In quel momento, naturalmente, è tutto molto lontano, ma al tavolo ci sono Giuseppe Valditara, direttore scientifico di «Logos»; Gianluca Savoini, direttore responsabile di «Logos», e soprattutto presidente di Lombardia Russia, un’associazione di imprenditori settentrionali vicina alla Lega di Matteo Salvini e molto attiva nel campo dei rapporti con Vladimir Putin; Thomas Williams, l’ex sacerdote amico stretto di Bannon, che guida la redazione romana di «Breitbart Italia»; Giulio Tremonti, membro dell’Aspen Institute; e poi c’è Ted Malloch, un professore americano che vive a Londra.
Malloch viene presentato da Savoini come «futuro ambasciatore di Donald Trump per l’Europa», ma di lì a qualche mese diventerà una figura controversa nel Russiagate, oggetto delle attenzioni del procuratore speciale Robert Mueller. Malloch verrà fermato all’aeroporto Logan a Boston, proveniente da Londra, e interrogato dall’Fbi sulla natura dei suoi rapporti con Roger Stone, uno dei consiglieri di Donald Trump, che sarebbe entrato poi in contatto con Julian Assange – secondo quanto ha sostenuto Stone – attraverso la mediazione di un giornalista americano, Randy Credico (il quale ha negato l’episodio e scritto per mail a Stone di smettere di minacciarlo). Nella bozza della citazione inviata dal procuratore speciale Mueller a Ted Malloch, è scritto che, su richiesta di Roger Stone, attraverso una mail di Jerome Corsi, giornalista ultraconservatore americano, fu detto a Malloch di «andare a prendere le mail [riguardanti Hillary Clinton]» da Assange (cosa che Malloch nega di aver fatto). Stone è stato poi arrestato il 25 gennaio 2019, con l’accusa di aver mentito all’Fbi e cercato di ostacolare la giustizia, sui suoi rapporti con Wikileaks. Secondo l’atto d’accusa a Stone, ci sarebbe un «high ranking Trump campaign official», un alto ufficiale della campagna Trump, che era in contatto con Stone sui dossier in mano a Wikileaks contro Hillary Clinton. Nbcnews e «Byline» hanno sostenuto che si tratti di Bannon: «Intorno o il 4 ottobre 2016, Stone disse a un alto esponente ufficiale della campagna Trump che il capo di organizzazione 1 [che sarebbe Wikileaks] aveva una “seria preoccupazione per la sicurezza”, ma avrebbe rilasciato “una mole [di documenti] ogni settimana da lì in avanti”». Insomma, Malloch ha tutta l’aria – e in effetti così ama lasciar credere lui stesso – di essere uno dei mediatori dell’entourage trumpiano in Europa. A parlare al tavolo infine chi c’è? Marcello Foa, ancora lontano dall’essere indicato da Lega e Movimento cinque stelle, compattissimi, come futuro presidente della Rai, che abbiamo già ritrovato in due degli incontri di Bannon nel suo giro delle sette chiese sovraniste in Europa. Si tratta in definitiva di alcune delle stesse persone che partecipano un anno dopo all’incontro tra Salvini e Bannon, l’8 marzo 2018.
Foa racconta così quella giornata sovranista a Milano: «A voi questo mondo piace davvero? I sovranisti hanno ottime ragioni. Ne abbiamo discusso a Milano con oratori del calibro di Ted Malloch (il diplomatico, fedelissimo di Trump, in predicato di diventare ambasciatore Usa a Bruxelles), Giulio Tremonti, Thomas Williams (responsabile di “Breitbart Italia”), il professor Giuseppe Valditara, in un convegno su sovranità e globalizzazione, moderato dal giornalista Gianluca Savoini: le voci di chi si dice sovranista in un’epoca di globalismo dilagante».
Siamo, in sostanza, nel pieno dell’elaborazione politica di un vero e proprio manifesto della futura congiunzione di Lega e Movimento cinque stelle, ma non lo sappiamo ancora, e molti in Italia non vogliono vederlo. Foa ha qui un ruolo utile di connettore, è una figura che torna sempre, a cavallo di mondi diversi. Ma anche Malloch, che come vedremo tra poco è un personaggio organico all’universo dell’Ukip londinese, e all’entourage di Donald Trump a New York, farà la sua parte. Del resto, quando M5S e Ukip di Farage si erano alleati nel 2014, Foa aveva commentato entusiasta: «Grillo scopre Farage. Casaleggio invita i parlamentari a “sorridere di più”, il Movimento cinque stelle è in ebollizione e sembra spostarsi a destra. Da analista politico, dico: la svolta è sensata. Se aggiungiamo l’evidente smarrimento della destra moderata, fin qui riconosciutasi in Berlusconi, e consideriamo la capacità, oggettiva, di Renzi di occupare il centrosinistra e di sedurre e al contempo rassicurare anche una parte importante dell’elettorato di centro e forzista, appare evidente che la sola area politica dove oggi ci sia da costruire è il centrodestra. È una prateria che molti cercheranno di occupare». Foa insomma sta indicando, da anni, al Movimento di spostarsi decisamente a destra, e costruire lì il suo enorme consenso attuale: e viene assai ascoltato, non solo nella stagione più recente.
Molti suoi giudizi appaiono avventati o impulsivi, ma la considerazione di fondo sulla natura del Movimento, e su dove debba cercare il suo Lebensraum, il suo spazio vitale, cioè a destra, è incredibilmente profetica: Foa non solo sta tratteggiando il programma del futuro governo Lega-Cinque stelle, ma è già dentro un network di persone che saranno la levatrice (internazionale) del governo Conte. Il futuro presidente della Rai ha già visto, con grande anticipo, che è a destra che s’è spalancata una prateria al Movimento; non è impensabile che la sua lezione e i suoi consigli siano stati recepiti bene dai due Dettori, Marcello e Pietro, i due ragazzi così legati a Gianroberto Casaleggio, che Foa elogia ampiamente.
Da Foa si transita dunque a Bannon, ma anche a uomini vicinissimi a Casaleggio e Grillo: è nella destra internazionale sovranista che il Movimento trova via via, e sempre più negli anni, il suo luogo d’elezione naturale. Quando entreranno in conflitto le due forze del governo nato a fine maggio del 2018, non sarà perché il Movimento «è più di centrosinistra», come vuole una vulgata stanca e in malafede, ma perché due soggetti assai affini, Lega e Movimento, possono facilmente finire a combattere sullo stesso campo, un campo ideologico, di sostegni reciproci, relazioni umane, know-how politici e informatici: il grande campo in espansione del sovranismo.
È in questo campo che anche Ted Malloch gioca la sua partita. La gioca da solo o in contatto davvero, come lui ama far credere in giro, con l’entourage di Donald Trump? E soprattutto, chi è esattamente Ted Malloch, e c’entra qualcosa con la vicenda del governo italiano di Lega e Movimento? Malloch è un professore dell’Università di Reading, con una certa tendenza a esagerare il suo curriculum, ma con alcune entrature che lo portano nell’ambiente del presidente americano Donald Trump. Per quello che qui interessa, è uno dei mediatori internazionali della rete di alt-right della destra americana in Europa, e ha cominciato a tessere rapporti con la Lega almeno dall’inizio del 2017. Il 9 febbraio di quell’anno lui e Salvini si incontrano a Londra, davanti a una tazza di tè in servizio d’argento nell’elegante Oxford and Cambridge Club sul Pall Mall. Siamo in un quartiere e in un club dell’élite britannica, e questo non è esattamente il tè del popolo, almeno nei prezzi. Chi li ha fatti conoscere? Le spiegazioni sono vaghe. Salvini dice che si sono conosciuti «attraverso amicizie comuni», Malloch «è una persona di spessore straordinario e la vede come noi su moltissimi punti». È soprattutto un grande amico di Nigel Farage, l’alleato europeo di Gianroberto e Davide Casaleggio e del Movimento cinque stelle: i due, Nigel e Ted, sono stati fotografati assieme a chiacchierare amabilmente su un divanetto a Bruxelles, e sia Farage sia Arron Banks rilanciano e ritwittano entusiasti le dichiarazioni incendiarie di Malloch sull’Unione europea, paragonata all’Unione sovietica. Secondo Carole Cadwalladr, Farage ebbe tra l’altro una cena con Roger Stone e Alex Jones (gestore del sito estremista «Infowars») a Cleveland, alla convention nazionale del Partito repubblicano, nel luglio 2016. Nei giorni seguenti Jones era eccitatissimo e disse apertamente nel suo show che stavano arrivando leaks sulla Clinton. In questo intreccio – Malloch e Ukip, Lega e Movimento, Uk e Usa –, chi è che porta Salvini a incontrare lo sfuggente ma estroverso professor Malloch?
Una risposta è nell’intervista concessa da Salvini, proprio un giorno prima della visita a Londra, a «Breitbart», il sito di Steve Bannon finanziato dai Mercer, crocevia di tanti incontri: Salvini dialoga con l’ex padre Thomas Williams, e «Breitbart» titola «Il populista italiano Salvini cerca l’alleanza con l’amministrazione Trump». Nell’intervista, il leader leghista spiega che sta stabilendo «contatti diretti, seri, non mediati», con l’amministrazione Trump.
Lo stesso giorno, il futuro ministro dell’Interno partecipa a uno di questi convegni della galassia sovranista italiana, eventi troppo trascurati in Italia, che hanno incubato da almeno quattro anni il governo Lega-Movimento: organizzato dal Centro studi Machiavelli del futuro sottosegretario alla Farnesina, il leghista Guglielmo Picchi, il meeting vede tra gli altri – accanto a Salvini – anche uno dei suoi economisti prediletti, Alberto Bagnai, il professore con la cattedra a Pescara, e Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente della banca vaticana. «Breitbart» lo interroga, e quasi lo stimola, sulla necessità di un’alleanza con il Movimento cinque stelle, e Salvini in quella fase risponde apparentemente schermendosi, benché in fondo più che possibilista: «Purtroppo, al momento, le loro idee sono un po’ confuse. Sull’immigrazione sono confusi, sulla difesa della famiglia sono dall’altra parte, sulla questione dell’euro parlano di un referendum che è quasi impossibile». È la conclusione che però va letta bene: «Stiamo aspettando che si chiariscano le idee». Grillo e Casaleggio sono già su quella lunghezza d’onda, ma non possono essere così espliciti, come Salvini con gli americani. Il Movimento cinque stelle ha sempre avuto, nella sua ancora breve storia, il problema di coordinare il volante della macchina con le ruote. Ma alla fine, come in tutte le automobili, è il volante che decide la direzione. Il Movimento, tra l’altro, ha un compito in più rispetto alla Lega: deve travasare nella galassia populista-sovranista anche mondi ed elettori provenienti dall’altra parte. E ci riesce.
Malloch non si muove in quel periodo solo a cavallo tra universo Trump e sondaggi con Salvini. Andiamo con ordine. Per quanto riguarda l’universo del presidente americano, esistono due mail, rese pubbliche da Roger Stone, anziano agitatore del mondo ultraconservatore americano, consigliere e amico di Donald Trump, in cui – per difendersi dal sospetto di essere stato lui il contatto con Wikileaks e Julian Assange per ottenere le mail hackerate a Hillary Clinton e ai democratici americani – Stone mostra come, nove giorni dopo il primo leak parziale delle mail, abbia cercato due persone, Jerome Corsi e, appunto, Ted Malloch, ma non sia entrato lui in contatto con Julian Assange. Stone mostra queste mail per sostenere di non aver saputo della mail hackerate prima della pubblicazione, e che il suo interesse per Assange e le mail dei democratici era del tutto normale, «come quello di qualunque politico e giornalista americano»; fatto sta che per tentare quell’approccio – poi non riuscito, o almeno non attraverso quel canale – aveva pensato anche all’intercessione di Malloch.
Per quanto riguarda invece il contatto di Malloch con la Lega, ne sappiamo di più attraverso Federico Arata, giovane investment banker a Londra e Lugano, in contatto con Steve Bannon, che nel novembre 2017 lavora anche a una lunga tessitura di contatti e di mail con Armando Siri e Giancarlo Giorgetti (con Malloch costantemente informato di ogni passaggio in coda alle mail). Il fine è quello di portare di nuovo Matteo Salvini negli Stati Uniti, e comunque collegarlo sempre più alla rete politica trumpiana. Il viaggio non si farà, ma Arata userà molto del suo know-how per tenere accesa la relazione Salvini-Bannon-Stati Uniti-Londra. A New York uno dei destinatari dei suoi messaggi nella bottiglia è Leonardo Zangani, imprenditore italiano da trent’anni in America, nonché fondatore del comitato Italians for Trump. Partecipa alla tela, che avviene attraverso fitti carteggi, informato di ogni passaggio, anche Guido George Lombardi, l’imprenditore italiano triestino, leghista storico e inquilino della Trump Tower (abita due piani sotto Donald Trump).
Altri giri ultraconservatori anglosassoni hanno connesso Gianroberto Casaleggio al Regno Unito, come abbiamo visto. Quanto agli Stati Uniti e il Movimento, se Grillo elogiò Donald Trump e Vladimir Putin in una celebre intervista al «Journal du Dimanche», a fine 2018 anche Alessandro Di Battista – la carta sfoderata da Davide Casaleggio nella campagna elettorale per le elezioni europee 2019 – ha scritto su Facebook una vera e propria dichiarazione d’amore per il presidente americano idolo della alt-right: «In politica estera Trump si sta comportando – ad oggi – meglio di tutti i presidenti Usa precedenti, incluso quel golpista di Obama (a Tegucigalpa ho parlato a lungo con Manuel Zelaya, ex presidente dell’Honduras buttato giù con un colpo di Stato avallato da Obama e dalla Clinton)». E ancora: «Trump sta andando contro parecchi poteri forti Usa. Andrebbe riconosciuto senza i paraocchi delle ideologie. Ps. Anche gran parte del muro con il Messico l’hanno fatto i democratici!».
Se, del resto, Malloch è in contatto con Salvini e con Farage, sappiamo quanto Assange sia amato nel Movimento cinque stelle, da Grillo in primis: si ricompone una quadriglia indiretta. Oltre ad aver partecipato, videocollegato dall’ambasciata ecuadoregna di Londra, ad almeno due eventi del Movimento (come abbiamo raccontato nel libro L’esperimento), Assange ha espresso su Twitter la sua franca esultanza, all’indomani delle elezioni italiane del 4 marzo 2018, per il risultato del voto: «Le mie congratulazioni al Movimento cinque stelle che ora è di gran lunga il primo partito italiano dopo le elezioni di domenica», ha scritto.
«La Stampa» dà adeguato risalto alla notizia, e «Lantidiplomatico», rivista di geopolitica vicina al Movimento, molto in linea con la narrativa del Cremlino e del dittatore siriano Bashar Assad, la inquadra così: «Nel corso della kermesse Italia a Cinque Stelle organizzata a Palermo nel 2016, il fondatore di Wikileaks Assange era intervenuto in collegamento dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra e aveva elogiato il Movimento fondato da Grillo. “Io sono detenuto illegalmente da ben sei anni ma il vostro esempio dall’Italia mi dà conforto. Siete riusciti a sbaragliare la stampa corrotta, grazie alla guida di Beppe. Anche in Inghilterra ci sono persone che stanno facendo qualcosa del genere, penso per esempio a Corbyn”». Corbyn che pochi mesi dopo, il 9 novembre 2018, nei giorni dell’anniversario della caduta del muro di Berlino, dirà in un’intervista allo «Spiegel»: «Non possiamo fermare la Brexit». Nonostante gli scandali dei dati, nonostante i finanziamenti illegali ai comitati per il Leave.
Un anno dopo il convegno milanese di «Logos» e «Breitbart Italia» che abbiamo raccontato qui sopra, il successivo incontro di Salvini con Malloch avviene d’estate, a luglio del 2018, nello studio dell’ormai vicepremier a Palazzo Chigi, con tanto di foto tra Salvini e Malloch che tiene in mano il suo libro Common Sense Business, elogiatissimo dal leader leghista. Nel frattempo, però, Malloch ha dovuto affrontare alcuni problemi. Ha ricevuto un mandato a comparire, e un altro mandato a comparire davanti al grand jury, nell’inchiesta del procuratore speciale americano Robert Mueller sull’interferenza della Russia nel processo elettorale americano che ha portato all’elezione di Donald Trump. È stato fermato all’aeroporto di Boston dall’Fbi, che gli ha chiesto dei suoi legami con la Russia, e dei suoi rapporti con Roger Stone. Gli agenti federali americani gli hanno domandato se sia stato in visita all’ambasciata ecuadoregna a Londra, da Julian Assange. In una dichiarazione rilasciata al «Guardian», Malloch ha negato ogni contatto con la Russia.
Ma Malloch è anche un uomo a modo suo creativo, un altro pezzo del network sovranista al centro dei contatti che contribuiranno a seminare il campo per il governo radicalmente euroscettico in Italia. Grande amico di Farage, con cui è apparso nello show radiofonico di quest’ultimo, nel 2016 si era parlato di lui come possibile ambasciatore Usa in Europa, ma la candidatura era stata affondata sia per le posizioni ultra anti-euro di Malloch sia – diciamo soprattutto – dopo un articolo del «Financial Times». Il quotidiano britannico aveva dimostrato che nel curriculum dell’americano che si legge nella sua autobiografia vi erano alcune esagerazioni abbastanza clamorose. Non era vero che Margaret Thatcher lo avesse definito «un genio». Non era vero che era stato appuntato dalla regina nell’Ordine Sovrano di St. John. L’Università di Oxford ha poi smentito l’affermazione di Malloch di essere stato senior fellow al Wolfson College: Malloch fu semplicemente visiting professor per due anni, ma «assai di rado ha visitato il college, né si è mai visto uno dei suoi piani di ricerca nelle attività del college». Nel curriculum risultava poi che Malloch si era qualificato come direttore di una scuola estiva al Pembroke College, sempre a Oxford. Il Pembroke spiegò al «Financial Times» che anche questo non era corretto (anche se Malloch sostenne di avere «le ricevute dei pagamenti»). In più si celebrò come collaboratore di «New York Times», «Washington Post» e «The Economist» ma, scrisse il «Financial Times», «non è stato possibile trovare nessuna traccia di ciò». Malloch rispose che aveva organizzato delle conferenze per quei giornali. La storia gli costò, comunque, l’affossamento della sua candidatura – che in effetti aveva preso piede e allarmato cancellerie e ambasciate europee – ad ambasciatore Usa presso l’Unione europea; Unione di cui Malloch farebbe volentieri a meno.
Di lì a non moltissimo tempo il suo amico italiano, Matteo Salvini, si troverà a legare molto con un altro professore, stavolta italiano, anche lui incappato in qualche critica per alcune esagerazioni contenute nel suo curriculum: il giurista di Volturara Appula Giuseppe Conte, devoto di padre Pio, diventato inopinatamente presidente del Consiglio su indicazione di Luigi Di Maio e con l’accordo di Salvini.