CAPITOLO XXI
IN questo caso, sentivo, mi avrebbe aspettato una grande carriera da Zapparoni. Dovevo dare a intendere che mi piaceva la mostra preparata là per me, che aguzzava il mio appetito. Che la prendevo per un simbolo di potenza, una parte dei fasci e delle scuri, che spettavano al console romano. Certo, se mi riusciva di dominare la mia debolezza, di vincere il mio disfattismo, non avrei avuto più bisogno di precedere Zapparoni come un piccolo littore. Allora potevo misurarmi tranquillo con Fillmor.
Però, ero spesso giunto a ragionare così, ero afflitto dai miei insuccessi. Allora per lo più trovandomi come adesso in una condizione penosa, avevo sciupato il tempo, ed ero indietreggiato davanti a una di quelle brutalità che oggi sono indispensabili. Anche qui era da scommettere che, mentre mi abbandonavo a idee da tirannello municipale, non sarei stato nemmeno capace di toccare una di quelle orecchie, fossero poi artificiali o no. Già questo era ridicolo.
Che cosa avrebbe pensato Zapparoni se toccavo un orecchio? Mi aveva ammonito di fare attenzione alle api. Probabilmente cercava proprio uno capace di toccare orecchie. Presi dunque una delle reti a mano, appoggiate al chioschetto, e mi accostai alla palude. Scelsi un orecchio e lo pescai. Era grande e bello, un orecchio di adulto, ed egregiamente imitato. Rimpiansi di non avere una lente, però la mia vista era abbastanza buona.
Posai la preda sul tavolino e la toccai serenamente con la mano. Dovetti ammettere che la contraffazione era perfetta. Gli artisti avevano spinto il naturalismo al punto di avere persino pensato al ciuffetto di peli che distingue l’orecchio d’un uomo nell’età matura e che di solito sono accorciati dalla lama del rasoio. Avevano anche accennato a una piccola cicatrice: ecco un particolare romantico. Si notava chiaramente che da Zapparoni non si lavorava soltanto per danaro. Erano artisti d’una esattezza che superava l’arte.
Il grigiofumo si era di nuovo molto avvicinato e stava con le cornette da lumaca sporgenti, immobile e soltanto un po’ vibrante nell’aria. Non gli badai affatto, fisso sul mio oggetto che spiccava sul piano verde del tavolo.
Impariamo già a scuola come un oggetto che fissiamo per parecchio tempo ci resta davanti agli occhi come una specie di visione quando se ne distoglie lo sguardo. Lo vediamo sulla parete che guardiamo, nell’interno dell’occhio se chiudiamo le palpebre. Spesso si disegna con molta precisione rivelando anche particolarità che non avevamo consapevolmente notate. L’immagine è diversa soltanto nel colore, in quanto rispecchia il fenomeno sul campo visivo sotto una luce nuova. Così quando nella mia contemplazione fui afferrato da una breve debolezza, l’orecchio si presentò ai miei occhi in un chiarore color verde tenue, mentre il piano del tavolo appariva rosso sangue.
Similmente esiste un’immagine mentale di oggetti che ci hanno incantati, una controimmagine intuitiva, che rivela quella parte della percezione che abbiamo esclusa. Esclusione che avviene in ogni percezione. Percepire vuol dire escludere.
Contemplando l’orecchio, io desideravo che fosse un’allucinazione, un’opera d’arte, l’orecchio d’un pupazzo, che non avesse mai conosciuto il dolore. Ma ora che l’avevo davanti mi rivelava all’occhio interiore che sin dall’inizio e sempre da quando l’avevo veduto, l’avevo concepito come il punto focale di quel giardino, e che la sua vista mi aveva suggerito la parola: «Attenzione». Nelle Asturie avevano tratto i cadaveri dai sepolcri perché volevano così dare un avvertimento all’umanità. Sapevamo che dopo una tale accoglienza ci si poteva aspettare soltanto del male, che entravamo attraverso il portale dell’inferno.
Però qui era al lavoro lo spirito che rinnega l’immagine umana pura e immacolata. Aveva escogitato questa ingiuria. Voleva calcolare con uomini-vapore come da lungo tempo si calcolava con cavalli-vapore. Desiderava delle unità uguali e divisibili. A questo fine bisognava distruggere l’uomo, come prima di lui era stato distrutto il cavallo. Simili segni dovevano illuminare la porta dell’ingresso. Chi li accettava o anche soltanto non li riconosceva, sarebbe stato utile.