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Per una volta, Slidell rispose subito alla chiamata. Grande! Con questa eravamo in media a due su quattro.

«Klapec è stato congelato.»

«Di che diavolo parli?»

«Come ho fatto a essere così stupida. Questo spiega tutto: la decomposizione anomala, la mancanza di necrofagia, la scarsa attività degli insetti, le crepe all'interno del sistema haversiano.»

«Frena.»

Ryan ascoltava, mangiandosi il gelato.

«È per questo motivo che il corpo si decomponeva dall'esterno verso l'interno. È perfettamente logico in caso di congelamento: le superfici esterne si riscaldano più in fretta.»

«Cos'è quella cosa hanversiana?»

«Haversiana. Con l'ingrandimento 1000X del microscopio elettronico, sono riuscita a vedere delle crepe nelle piccolissime gallerie dell'osso di Klapec. Non capivo quale fosse la causa.»

«E adesso l'hai capito.»

«Che cosa succede quando l'acqua si raffredda?»

«Esci dalla doccia.»

Lo ignorai.

«La maggior parte dei liquidi si restringe. Anche l'acqua, fino a una temperatura approssimativa di quattro gradi. Dopodiché, comincia a espandersi. Il punto di congelamento corrisponde a un'espansione del nove per cento circa.»

«E perché questo sarebbe rilevante?»

«Le microfratture nell'osso di Klapec sono dovute alla pressione prodotta dalla formazione di cristalli all'interno dei canali di Havers.»

«Stai dicendo che il ragazzo era un ghiacciolo quando è stato depositato al lago?»

«L'assassino deve avere conservato il corpo in una cella frigorifera.»

Slidell vide il nesso.

«Quindi Klapec avrebbe potuto essere morto molto prima che Funderburke lo avvistasse in riva allo Wylie.»

«Magari in settembre, quando Gunther lo ha visto litigare con Rick Nelson. Dov'era Finney allora?»

«A casa da solo. Mentre Lingo ed Evans rimbalzavano da un capo all'altro dello Stato.»

«Finney aveva un congelatore nella sua abitazione?»

«Puoi scommettere le chiappe che tra poco lo saprò.»

«Non che serva a stabilire se il nostro uomo è Asa oppure Lingo.»

«Allarga l'intervallo di tempo in cui può essere stato commesso il crimine. È già qualcosa.»

Sentii un'inspirazione soffocata, poi una specie di ruggito.

«Spero che fosse uno sbadiglio.»

«Non ho chiuso occhio stanotte. Andrò in letargo per un paio d'ore. Semmai ti trovo in laboratorio, oggi?»

«Tyrell mi ha licenziato.»

«Non può essere vero!»

Gli dissi della chiamata di Allison Stallings.

«Chiarisci e si sistemerà tutto.»

«Forse. Il capo ce l'ha ancora con me per il battibecco con Lingo davanti alle telecamere. Per ora è meglio che me ne stia buona.»

«Sapevo che quella stronza parassita portava rogne. Comunque sia, bel colpo, doc.»

Riappesi e, tanto per cambiare, ripresi a camminare su e giù. Mi sentivo frustrata dall'indagine, colpevole per la morte di Finney e scombussolata dalla presenza del mio ospite inatteso.

Stavo controllando i contenitori nel frigo, in cerca di forme di vita indesiderate, quando l'ospite ricomparve con indosso scarpe da ginnastica, calzoncini e la T-shirt con la lucertola verde.

«Vai a correre?»

Idiota. Certo che andava a correre.

«Vedo che hai ritrovato la tua roba da jogging.»

«Meno male che l'avevo lasciata qui.»

Seguì un silenzio imbarazzato.

«Quando ritorni a Montréal?» domandai.

«Salvo imprevisti, domenica.»

«Rientri allo Sheraton?»

«Potrei, volendo.» Volto rattristato.

Esitai. Perché no? L'avrei fatto per qualunque conoscente.

«Se vuoi restare, sei il benvenuto.»

Gran sorriso alla Ryan. «Posso cucinare.»

Sorrisi anch'io. «Questo mi piace...» Stavo per dire «in un uomo». «In un amico.»

Mi domandò se volevo unirmi a lui per una corsetta. Declinai l'invito.

Dalla finestra della cucina, lo guardai prendere un'andatura sciolta a lunghi balzi, senza sforzo apparente delle gambe muscolose.

Ricordai quelle gambe avvinghiate alle mie.

Il mio stomaco fece una capovolta.

Oh, mamma.

Dovevo tenermi impegnata con qualcosa. Ma cosa? Non volevo contrariare ulteriormente Tyrell andando al laboratorio. E Slidell schiacciava un pisolino rigenerante.

Cercai di mettere i voti agli esercizi di laboratorio dei miei studenti.

Non riuscivo a concentrarmi.

Tentai di buttare giù la lezione successiva.

Niente da fare anche lì.

Chiamare Katy?

In effetti era una telefonata che rimandavo da un po'.

Digitai il numero. Segreteria. Non si era portata il cellulare a Buncombe? O forse, tra le montagne, non prendeva? Era ancora arrabbiata?

Stavo raccogliendo la roba da lavare a mano, quando scorsi Ryan sul vialetto, la maglietta appiccicata al torace, il viso rosso per lo sforzo. Stava parlando al telefono e capii subito che era agitato.

Girò l'angolo dell'Annesso, uscendo dal mio campo visivo.

Senza pensarci, andai all'ingresso sul retro.

«Lo so, tesoro.»

In inglese, non in francese. Lutetia?

Un fiore gelido mi sbocciò nel petto.

«Così dev'essere.»

Con il fiato sospeso, mi accostai alla porta.

Pausa.

«No.»

Ci fu un'altra pausa, più lunga, poi il pomello ruotò.

Arretrai di scatto, raccolsi una bracciata di panni abbandonati.

Ryan varcò la soglia, incontrò il mio sguardo, agitò la mano libera in segno di irritazione.

«Niente da fare» disse al telefono.

Lily, m'informò, muovendo le labbra.

«Ne riparleremo più tardi.»

Chiuse il portatile e se lo riagganciò in vita.

«Problemi?» domandai, cadendo dalle nuvole.

«Vuole andare a Banff, ma i termini della libertà condizionata le impongono di non lasciare il Québec.»

«Mi dispiace.»

«Non è colpa tua.» Sorrise ai body e ai reggiseni che mi stringevo al petto. «Stai pensando a una pesca di beneficenza per vuotare gli armadi? Però il perizoma leopardato tienilo. È sempre stato il mio preferito.»

Sentii le guance che si colorivano.

«Ti spiace se uso il tuo bagno?»

«Ma prego. Serve niente?»

Fece guizzare sopracciglia lascive.

Le mie budella si produssero in un doppio salto mortale.

Guardai l'orologio: due e trenta. Buon Dio. Che cosa avremmo fatto per tutto il pomeriggio?

Ricordando la mia lite con Katy, mi venne un'idea che avrebbe richiesto scarsa concentrazione e forse anche calmato i miei nervi, oltre a mantenere me e il mio ospite su un terreno neutrale.

Agitai la mano in direzione della sua T-shirt. «Davvero non sai chi sono i Dead milkmen?»

Scosse la testa.

«Mia figlia sostiene che sono di un'ignoranza abissale in fatto di musica contemporanea.»

«E lo sei?»

«"Abissale" è un termine un po' forte.»

«I ragazzi sanno essere crudeli, a volte.»

«Tyrell mi ha silurato» dissi, «e Slidell si gode il suo sonno di bellezza.»

«Non vorrai interromperlo!»

«Decisamente no. Quando hai finito la doccia, ci colleghiamo e cerchiamo i Milkmen.»

Feci del popcorn per creare un'atmosfera allegra.

Ryan e io scoprimmo che i Dead milkmen erano un gruppo punk satirico il cui primo album ufficiale, Big lizard in my backyard, era uscito nel 1985.

«Magari la tua maglietta è una rarità» commentai.

Mi balenò nella mente l'immagine di April Pinder.

«Conosci le Cheeky girls?» domandai.

«Mi piacerebbe» ammiccò con enfasi esagerata.

I miei occhi eseguirono un'alzata al cielo da Guinness dei primati.

Imparammo che le Cheeky erano due gemelle di origine rumena, Gabriela e Monica Irimia. La loro canzone d'esordio, The cheeky song (touch my bum), era rimasta per cinque settimane nella top five della classifica britannica dei singoli. In seguito, un sondaggio di Channel 4 l'aveva consacrata peggior disco pop di tutti i tempi.

«Devo assolutamente scovare le parole» disse Ryan dopo aver letto il titolo.

Trovato un sito che elencava testi di canzoni pop e rock, feci scorrere la pagina e posizionai il cursore sulla voce «Cheeky girls».

«Cheap trick!» esclamò Ryan.

«Eh?»

«I want you to want me» cantò. Male.

«Hai appena mimato una chitarra elettrica?»

Indicò il nome che precedeva Cheeky girls nell'elenco. Cheap trick.

«Grandi.»

Zero assoluto.

«Forse "abissale" è fin troppo generoso.»

Cliccai sul link al sito dei Cheap trick.

E mi sentii il surrene aumentare i giri al limite della fusione.

«I Cheap trick sono un'istituzione fin dagli anni Settanta. Dream police, The house is rockin'. Hai presente il Colbert report, il telegiornale satirico su Comedy central? La sigla è scritta e suonata da loro. Anche quella di That '70s show.»

La voce di Ryan mi arrivava appena. Sinapsi esplodevano nel mio cervello come fuochi d'artificio.

La telefonata di Rinaldi a Slidell, quella in cui gli passava le informazioni avute da Vince Gunther.

Le annotazioni criptiche di Rinaldi. RN. CTK.

Glenn Evans accanto al suo capo sui gradini del tribunale.

«Going to a party» cantava Ryan.

La mia attenzione era monopolizzata da un uomo con una chitarra a quadri bianchi e neri che pareva un animale spiaccicato sull'autostrada. La didascalia recitava: «Rick Nielsen, lead guitar».

Ryan fraintese il mio interesse: «Una Hamer Explorer del '78. Fantastica».

Normalmente avrei indagato sulla sua competenza in fatto di chitarre. Non in quel momento.

Fissai Nielsen incredula. Alto, occhi vicini, mascella spiovente, zigomi larghi, mento sporgente. Berretto da baseball.

Secondo Slidell, Gunther aveva descritto il cliente violento di Klapec come un Rick Nelson con il berretto da baseball.

Possibile che Rinaldi avesse detto in realtà «Rick Nielsen»? La somiglianza del chitarrista con Glenn Evans era sorprendente. Possibile che Skinny avesse capito male? Per uno dell'età di Gunther era più probabile conoscere una band ancora attiva come i Cheap trick che un idolo delle teenager degli anni Sessanta ormai scomparso.

«Rick Nielsen» «porta sempre il berretto?» domandai, indicando lo schermo.

«Sempre.» Ryan colse la tensione nella mia voce. «Perché?»

Gli dissi quel che pensavo.

«Sarebbe il colmo» commentò.

«Prima di svegliare Slidell devo esserne sicura.»

Navigammo, esaminando decine di immagini: istantanee di concerti, copertine di album, foto promozionali.

Un'ora dopo, mi appoggiai allo schienale, certamente impressionata, ma ancora dubbiosa. La somiglianza tra Evans e Nielsen era incontestabile: poteva essere, però, il frutto di una mera coincidenza?

No, dissi a me stessa. Non questo.

Feci il numero.

Incredibilmente, Slidell rispose.

«Che c'è?» abbaiò.

Gli spiegai che Glenn Evans e il chitarrista dei Cheap trick erano due gocce d'acqua.

«Puoi aver frainteso il nome?» chiesi.

Emise uno dei suoi versi da stiracchiamento. Mi pareva di vederlo, seduto sul bordo del letto in boxer e canottiera, che lottava per svegliarsi. Non un bello spettacolo.

«Forse il cliente violento di Klapec è in realtà Glenn Evans.» Un'altra sinapsi fece fuoco. «Vacca boia! Forse CTK non è un codice aeroportuale: è l'abbreviazione di Cheap trick.»

Slidell fece per parlare. Non gliene lasciai il tempo.

«Forse Rinaldi aveva il numero di Lingo semplicemente perché stava dietro a Evans.»

Considerò la cosa.

«Glenn ha un alibi per l'epoca in cui il corpo di Klapec è stato scaricato in riva al lago. E per il giorno in cui il ragazzo è scomparso in seguito a una lite.»

Non seppi che rispondere.

«Ho fatto qualche controllo su Evans e Lingo. Tutti e due puliti come il culo di un vicario. Niente droga, puttane o minorenni. E poi, dov'è il movente?»

Cominciai a sparare a caso, senza troppa convinzione.

«Magari Evans è un gay non dichiarato, magari ha rimorchiato Klapec, la cosa è degenerata e c'è scappato il morto.»

«E i simboli mefistofelici?»

Ero troppo gasata per sorprendermi del riferimento faustiano.

«Forse Evans pratica qualche specie di culto.»

«Forse corre a chiappe nude nei cerchi nel grano sotto la luna piena. Pensaci. Quel tizio lavora per Lingo, un fanatico religioso assetato di potere e affamato di visibilità mediatica. C'è una marea di gente che odia il commissario: se il suo assistente fosse invischiato con i satanisti, non rimarrebbe un segreto molto a lungo.»

Anche per quello non avevo spiegazioni.

«Adesso, visto che non mi lasci dormire, me ne torno alla stramaledetta centrale.»