19
Scorsi mentalmente un elenco, quasi trattenendo il respiro.
La mandibola non conservava gli incisivi, né i canini. I denti del giudizio erano spuntati solo parzialmente. L'intera dentatura presentava un grado di usura minimo, l'osso era compatto, con chiazze color tè.
Ogni particolare rimandava al cranio incompleto della Greenleaf.
Tornai in cucina: Finney stava spiegando come nasce lo script di un videogame. Slidell aveva l'aria di uno che ha appena ingoiato un ettolitro di acqua di scolo.
Si voltarono entrambi sentendo la porta.
Senza dire una parola, piazzai la mandibola sul tavolo e le sbattei accanto i libri di LaVey.
Finney mi guardò, una chiazza di rossore che si diffondeva dal colletto della sua camicia.
«Avete un mandato per perquisire la mia proprietà?»
«Era in piena vista su uno scaffale» replicai.
«Ci hai fatti entrare tu: non ci serve un mandato» aggiunse secco Slidell. «I libri sono tuoi?» domandò il detective.
«Cerco di approfondire punti di vista diversi.»
«Scommetto che ci riesci.»
«Eseguirò una perizia completa» dissi, «ma sono praticamente sicura che quest'osso appartiene al cranio trovato nella cantina di T-Bird Cuervo.»
Finney distolse rapidamente lo sguardo dal mio volto, lasciandomi comunque il tempo di notare il tremolio della sua palpebra inferiore.
«Allora, stronzo, mi vuoi spiegare che ci fa questa mandibola nella tua libreria, dato che non conosci Cuervo né la sua piccola bottega degli orrori in Greenleaf Avenue?»
L'uomo alzò il viso e incontrò lo sguardo fulminante di Slidell che si posava su di lui.
«Sai che cosa sto pensando?» il detective non attese la risposta. «Sto pensando che tu e i tuoi compari avete ucciso una ragazza durante uno dei vostri festini di spostati, poi avete messo da parte il cranio e le ossa delle gambe per fare i vostri giochetti malsani.»
«Che cosa? No!»
Piombando vicino al tavolo, Slidell si accostò all'orecchio di Finney, come per confidargli qualcosa di molto personale. «Crollerai, stronzo» sibilò.
«No!» Stridulo e lamentoso, più il piagnucolio di una ragazzina che il grido di un uomo fatto. «Voglio un avvocato.»
Slidell lo rimise in piedi con uno strattone, lo fece voltare, lo ammanettò. «Tranquillo, ci sono più avvocati a Charlotte che alligatori in una palude.»
«È un abuso.»
Slidell gli lesse i suoi diritti.
Mentre tornavamo in città, Finney sedeva a capo chino, le spalle piegate in avanti e i polsi ammanettati dietro la schiena.
Slidell chiamò Rinaldi, gli disse della mandibola e dell'arresto di Finney, e rimandò il momento del loro rendez-vous. Il collega riferì che anche il suo filone d'indagine stava dando buoni frutti.
Chiesi a Skinny di lasciarmi alla mia auto, andando alla centrale. Davanti al negozio di Cuervo ci attendeva una spiacevole sorpresa: Allison Stallings, il volto premuto contro la vetrina, una Nikon digitale in mano.
«Grandioso, non è vero?»
Aprendo la portiera con la spalla, Slidell si issò da dietro il volante e attraversò lentamente la strada. Io abbassai il mio finestrino. Finney alzò la testa e guardò con interesse.
«Che cosa diavolo crede di fare?»
«Ricerche.» Sorridendo, la Stallings inquadrò il detective nel display a cristalli liquidi e premette l'otturatore.
Slidell fece per afferrare la fotocamera, ma lei la sollevò in alto, scattò un'istantanea della Taurus, poi fece scivolare la Nikon nello zainetto che aveva in spalla.
«Stia alla larga dalla mia macchina e dal mio arrestato» tuonò Slidell.
Io gli gridai: «Andiamo», sapendo che era troppo tardi.
Allison si accostò alla Taurus, si chinò e sbirciò sul sedile posteriore. Slidell si precipitò dietro di lei, rosso in volto come una crostata di ciliegie.
Prima che avessi il tempo di reagire, Finney si sporse verso il mio finestrino aperto e urlò: «Sono Asa Finney. Non ho fatto nulla di male. La gente deve sapere. Questa è persecuzione religiosa».
Pigiai l'interruttore: l'uomo continuò a sbraitare mentre il vetro saliva.
«Sono una vittima della brutalità della polizia!»
Poi il prigioniero rimase senza audio.
Slidell innescò la retro e uscì rapidamente dal posteggio. Cambiò di nuovo e partimmo a tutta velocità, i pneumatici che sollevavano spruzzi d'acqua piovana.
Mentre Slidell si occupava di schedare Finney, andai all'ufficio del medico legale per stabilire se la mandibola fosse effettivamente coerente con il cranio del calderone. Raggi X, profilo biologico, stato di conservazione, articolazioni, misure, valutazione al Fordisc 3.0: tutto collimava.
Appena finito, estrassi e imbustai il secondo molare di sinistra: all'occorrenza si sarebbe potuto effettuare un raffronto del DNA tra osso mascellare e cranio. Ma era una procedura superflua, se non per far contenti gli avvocati in tribunale. Personalmente, non avevo dubbi: la mandibola e il cranio appartenevano alla stessa giovane donna di ceppo negroide.
Restavano due problemi. Chi era? Perché le sue ossa erano finite nel calderone e in casa di Asa Finney?
Quando arrivai alla centrale di polizia, il sedicente stregone era nella stanza interrogatori tanto apprezzata, il giorno prima, da Kenneth Roseboro. L'accusato aveva già fatto la sua telefonata.
Slidell e io mangiammo un sandwich aspettando l'arrivo dell'avvocato.
Quando questo apparve, stavo mandando giù l'ultimo boccone di tacchino e cheddar.
Per poco non mi andò di traverso.
Charlie Hunt aveva un aspetto anche migliore del giovedì precedente. Doppio petto in lana merinos e scarpe wingtip lucide sostituivano jeans e mocassini. Reggeva una ventiquattrore. E portava i calzini.
Si presentò a Slidell, poi a me.
Ci stringemmo sbrigativamente la mano.
Slidell lesse l'accusa: possesso illegale di resti umani. Poi descrisse i fatti e illustrò il legame tra Finney e lo scantinato di Cuervo. In aggiunta, buttò lì anche un possibile aggancio alla vicenda Jimmy Klapec.
«Su che base?» domandò Charlie.
«La passione per gli scritti di Anton LaVey.»
«Vorrei dieci minuti per conferire da solo con il mio cliente.»
«Quello è un tipo strano» affermò Slidell.
«Lo sono anche gli emo» ribatté Charlie, «ma questo non fa di loro degli assassini.»
Camminammo insieme fino alla stanza interrogatori numero tre.
«Non mi disturba se osservate» Charlie ci guardò negli occhi, prima uno, poi l'altra. «Ma niente microfoni.»
Slidell alzò le spalle.
L'avvocato entrò nella stanza. Il detective e io ci posizionammo dietro il finto specchio.
Finney era in piedi. Si strinsero la mano e si sedettero. L'accusato parlò, gesticolando abbondantemente, il legale seguitò ad annuire e a prendere appunti.
Otto minuti dopo, Charlie ci raggiunse.
«Il mio cliente è in possesso di informazioni che accetta di fornire.» Come prima, si rivolse a tutti e due. Mi piaceva.
«Si è messo a ragionare» commentò Slidell.
«In cambio della piena immunità riguardo a tutte le dichiarazioni che si appresta a fare.»
«Quel balordo potrebbe avere ucciso una ragazza.»
«Giura di non aver fatto del male a nessuno.»
«È quello che dicono tutti.»
«Tu gli credi?» domandai io.
Charlie mi guardò per un tempo infinitamente lungo. «Sì» rispose. «Io sì.»
«Come ha avuto la mandibola della vittima?» chiese Slidell.
«È disposto a spiegarcelo.»
«Qual è il suo rapporto con Cuervo?»
«Sostiene di non averlo mai incontrato.»
«Certo. E io verrò eletto Re del buon gusto.»
«Quello sarebbe un titolo ereditario» dissi.
Il detective mi lanciò un'occhiata interrogativa.
«Non si vota in una monarchia.»
Charlie si coprì la bocca con la mano.
«Divertente. Ah, ah» fece Slidell, risentito, poi si rivolse a Hunt. «Se il suo ragazzo collabora, gli verrà abbuonata la mandibola, e solo quella. Se testimonia con sincerità, gli concediamo l'immunità dall'accusa di possesso di resti umani. Se mi viene il sospetto che stia mentendo e scopro che ha strappato una sola piuma a un solo pollo spennacchiato, l'accordo va a monte.»
«Mi sembra equo» disse Charlie.
«Lo facciamo con registrazione audio e video.»
«Bene.»
Entrammo tutti e tre nella stanza interrogatori. Charlie prese una sedia accanto al suo cliente. Slidell e io ci sedemmo di fronte a loro.
Slidell informò Finney che l'interrogatorio sarebbe stato registrato.
L'uomo guardò il suo legale, che annuì e lo esortò a iniziare.
«Le superiori sono state un inferno per me. La mia unica amica era una ragazza di nome Donna Scott. Una solitaria, come il sottoscritto. Una reietta. Era inevitabile che facessimo amicizia, entrambi emarginati, entrambi con la passione per i videogame. Trascorrevamo un sacco di tempo on-line.»
«Questa Donna Scott vive a Charlotte?»
«La sua famiglia si trasferì a Los Angeles l'estate prima del nostro ultimo anno. Fu allora che Donna ebbe un'idea.» Finney abbassò lo sguardo sulle proprie mani: stavano tremando. «Aveva preso spunto da GraveGrab. Dal punto di vista tecnico è un gioco piuttosto scadente, ma a lei piaceva e così ci giocavamo. Lo scopo del gioco è girare per un cimitero scavando nelle tombe e cercando di evitare di essere uccisi dagli zombie.»
«Qual era l'idea di Donna?» domandai.
«Di rubare qualcosa da una tomba. Io non credevo che l'avremmo fatto sul serio, ma pensai che andare al cimitero sarebbe stato un trip niente male.» Respirò profondamente con il naso, producendo un suono come d'aria emessa attraverso lana di vetro. «Donna aveva aderito al movimento gotico, io no, ma mi piaceva stare con lei.»
«E avete messo in atto il piano?»
Annuì. «Donna era eccitata all'idea di passare all'azione, ma sapeva che io ero sconvolto. Suggerì di dividere tutto quello che avremmo rubato: lei si sarebbe tenuta una metà, io l'altra. Sapete, come quando si scrive una lettera o si disegna una mappa per strapparla in due: poi ci si rincontra dopo tanti anni e si fanno combaciare le metà. Diceva che in quel modo saremmo rimasti uniti spiritualmente.»
«Quale cimitero?»
«L'Elmwood Cemetery.»
«Quando?»
«Sette anni fa, in agosto.»
«Parlacene.»
«Donna scelse Elmwood perché pare che ci sia sepolto non so che attore di vecchi film western.»
«Randolph Scott?» mi buttai a indovinare.
«Giusto! Visto che anche lei portava lo stesso cognome, pensò che sarebbe stato divertente avere qualcosa di lui.»
Randolph Scott era un maschio bianco, e aveva ottantanove anni all'epoca della sua morte: non corrispondeva granché al profilo da me tracciato per il cranio.
«E ci siete riusciti?» domandai.
«No. Ci incontrammo alla rappresentazione di mezzanotte del Rocky Horror Picture Show, poi andammo a Elmwood. I cancelli erano aperti. Donna aveva portato delle torce, io un piede di porco.»
Finney rivolse lo sguardo al suo avvocato. Charlie annuì.
«Girammo un po' in cerca della tomba di Scott, senza riuscire a trovarla. Alla fine, incappammo in una cappella, dentro un'altra sezione del cimitero, in cui c'erano grandi lapidi decorate con motivi ornamentali. Sembrava un posto in cui nessuno avrebbe potuto avvistarci. I cardini erano arrugginiti, bastarono un paio di colpi con il piede di porco.»
«Non c'era un'iscrizione con un nome?» chiesi.
«Non ricordo, era buio. Comunque, entrammo, forzammo una cassa, afferrammo un teschio, la mandibola e un paio di altre ossa. Ci mettemmo a correre. A essere onesti, ormai me la facevo sotto dalla paura e volevo solo filarmela. Donna mi accusò di comportarmi da cacasotto. Era esaltata.»
«Fammi capire bene. Stai dicendo che tu ti sei tenuto la mandibola e lei tutto il resto?»
Fece un cenno d'assenso in risposta alla domanda di Slidell.
«Come sono arrivate a Cuervo, le ossa?»
«Non lo so.»
«Hai il recapito di Donna?»
«No, la sua famiglia si trasferì subito dopo. Disse che mi avrebbe scritto o chiamato, ma non l'ha mai fatto.»
«Non l'hai mai più rivista, da allora?»
Scosse tristemente il capo.
«Chi è il suo vecchio?»
«Birch. Birch Alexander Scott.»
Slidell scarabocchiò il nome. Lo sottolineò due volte.
«Altro?»
«No.»
Il silenzio invase il piccolo spazio. Fu Finney a romperlo.
«Sentite, ero un ragazzino complessato. Quattro anni fa ho scoperto la wicca. Per la prima volta vengo accettato, piaccio per quello che sono. Sono diverso, adesso.»
«Sicuro» ribatté Slidell. «Sei il fottuto predicatore Billy Graham.»
«La wicca è una religione orientata verso la natura, dedicata a una dea e a un dio.»
«Lucifero fa parte della squadra?»
«Poiché abbracciamo un credo differente rispetto alla tradizionale teologia giudaico-cristiana, gli ignoranti pensano che adoriamo anche Satana. Loro sono convinti che, se Dio è la somma di ogni bene, deve esistere un essere negativo equivalente che è l'incarnazione del male. Gli wiccan la vedono in tutt'altro modo.»
«Stai dicendo che non c'è nessun diavolo?»
Finney esitò, scegliendo accuratamente le parole.
«La wicca riconosce il fatto che la natura è costituita da opposti e che questa polarità è presente in tutti. Bene e male sono racchiusi nell'inconscio di ogni individuo. Noi crediamo che sia la capacità di elevarsi al di sopra delle pulsioni distruttive, di incanalare le energie negative in pensieri e atti positivi, a separare le persone normali da stupratori, assassini di massa e altri sociopatici.»
«E per elevarvi usate la magia?» Il tono di Slidell era minaccioso.
«Nella wicca, la magia è vista come pratica religiosa.»
«Una pratica religiosa che implica l'incisione di simboli sui cadaveri?»
«Gliel'ho già detto. Gli wiccan non compiono magie distruttive o per proprio tornaconto. Non facciamo del male a nessuno. Perché questa domanda?»
Slidell descrisse i resti di Jimmy Klapec.
«Lei crede che abbia ucciso io quel ragazzino?»
Il detective lo incenerì con lo sguardo.
«Ho saccheggiato una tomba quando avevo diciassette anni. E una volta mi hanno arrestato per avere orinato in pubblico. Due stupide bravate, tutto qui.»
Lo sguardo rimase fisso su di lui.
Gli occhi di Finney corsero da Slidell a Charlie, a me. «Dovete credermi.»
«Francamente, ragazzo, io non credo a una parola di quello che mi hai detto.»
«Ma potete controllare!» Finney era quasi in lacrime. «Cercate Donna e parlate con lei, vi confermerà tutto.»
«Ci puoi contare.»