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Dei sei giochi elencati, ne visionai soltanto tre.
In Killer dozen, dodici combattenti inseguivano e distruggevano i nemici nei modi più diversi e cruenti. Corpi divisi a metà, gole tagliate, teste infilzate su scimitarre e forconi.
In Reality crime, un poliziotto cercava informazioni sulla morte del fratello. I sospetti venivano selvaggiamente picchiati e uccisi con un'ampia varietà di armi da fuoco.
In Gods of combat, un guerriero ribelle sfidava gli dei, assetato di vendetta. I dettagli delle ferite inflitte erano straordinariamente realistici.
C'erano, poi, Island of death, Blood freenzy e Mansion of mayhem. Non li guardai nemmeno.
Afferrai il telefono e chiamai Slidell. Rispose. Sembrava nervoso.
Gli riferii del link al negozio di Thomas Cuervo sulla pagina web di Finney e del pop-up che portava al sito di Dr.Games. Promise di far controllare l'intestazione del dominio e verificare l'eventuale esistenza di una Botánica buena salud on-line, indipendente dall'esercizio commerciale di T-Bird.
Gli dissi anche che avevo ricevuto i due rapporti dell'entomologo.
«Riassumi.»
«Cuervo ha ucciso il pollo intorno alla metà di agosto.»
«Prima che si facesse la bua con il trenino, suppongo.»
Lo ignorai. «Klapec non è mai stato nel lago e probabilmente morì due giorni prima del recupero.»
Restò in silenzio per un attimo, riflettendoci su.
«La cauzione di Vince Gunther è stata pagata da una gentile fanciulla che risponde al nome di April Pinder» disse poi. «Mi domando se sappia esattamente in che genere di affari è coinvolto il suo boyfriend. In ogni caso, April e io stiamo per diventare ottimi amici.»
«Voglio esserci.»
Slidell emise un verso indefinito e riagganciò.
L'orologio segnava le nove e cinquanta.
Dovevo sbrigarmi.
Sant'Anna ama definirsi una piccola parrocchia con un grande cuore. Quel mattino, però, ci sarebbe voluta una parrocchia grande con enormi capacità di parcheggio e di posti a sedere.
Lungo il tragitto, vidi centinaia di persone in marcia: agenti della città e della polizia di Stato, vigili del fuoco, personale militare, paramedici. Pareva proprio che ogni professione in uniforme fosse rappresentata.
Come previsto, vi fu anche una massiccia partecipazione della cittadinanza. Lungo certi tratti del percorso la gente era in piedi in terza, in quarta fila. Alcuni piangevano, altri si abbracciavano o si tenevano per mano. Molti stringevano o sventolavano bandierine americane.
Lasciai l'auto davanti alla Young Women's Christian Association, secondo le istruzioni di Slidell, e mi avviai verso la chiesa, facendomi largo tra la folla. Dalle porte dell'ingresso anteriore, centinaia di poliziotti con l'uniforme di rappresentanza erano allineati in una formazione che attraversava il piazzale e si estendeva per un tratto su Park Road.
I media erano presenti con uno straordinario spiegamento di forze, per lo più locali. CNN e FOX assicuravano la copertura nazionale. Elicotteri sorvolavano in circolo la chiesa.
Il tempo fu clemente: splendeva il sole e il cielo era d'un intenso azzurro autunnale. La giornata perfetta per trasmettere da un cimitero.
Dopo aver mostrato il documento d'identità a un agente in divisa, fui depennata da una lista e autorizzata a entrare.
Slidell era seduto nell'ultima panca di una fila laterale, le mani giunte tra le ginocchia, la faccia come scolpita nel marmo. Vedendomi, si spostò un po' a destra, ma non parlò.
Scivolai sulla panca accanto a lui.
E, immediatamente, avvertii la consueta ondata di emozioni.
Il cupo sottofondo d'organo, il profumo dell'incenso misto a quello, dolce, dei fiori, la luce del sole che filtrava dalle vetrate.
Tornai con la mente ai funerali del passato.
La minuscola bara di mio fratello, quella lucida in bronzo di mio padre. Palloncini sulla cassa di una bimba cui avevano sparato, a Montréal. Gnaphalium e velo da sposa accanto alla lapide di un'amica morta di linfoma a quarantatré anni.
Inspirai a fondo, mi concentrai sulla musica. La marcia funebre era di Händel o di Chopin? Non ne ero sicura. E non mi fu di conforto.
Un sacerdote anziano celebrò la funzione. Il capo di Slidell, la signora Harper Dunning, lesse l'elogio funebre. Tony Rinaldi parlò di suo padre, altri del collega, dell'amico, del parrocchiano. Tutti ci sedemmo, ci alzammo, ci inginocchiammo. Cantammo Resta con me e Guidaci, Luce gentile.
Dal principio alla fine non smisi di vedermi davanti quell'uomo spigoloso, tutto braccia e gambe: che prendeva appunti con la sua Mont Blanc nel mio ufficio, che fissava il cranio di Susan Redmon in laboratorio, sanguinante sulla 35a Strada nell'impeccabile giacca di Armani.
Al termine della funzione, agenti della guardia d'onore trasportarono la bara a spalla. Uscimmo al suono di Sulle ali del canto di Mendelssohn.
Slidell mi diede un passaggio al cimitero, dove la scena si ripeté en pleine air: poliziotti, cittadini, giornalisti, autorità.
C'era anche Larabee, vestito di nero. Stavo per avvicinarmi a lui, quando una mano mi toccò la spalla. Mi voltai.
Due occhi verdi scrutarono i miei.
Senza una parola, Charlie mi trasse a sé e mi strinse forte.
Gli poggiai i palmi sul torace e mi sottrassi all'abbraccio. Perché? Imbarazzo per quella manifestazione pubblica di affetto? Per la sbronza cui aveva assistito? Per la nostra rotolata nel fieno? Rotolate...
«Come stai?» Mi chiese a bassa voce.
«Bene» dissi, consapevole di Slidell a tre metri di distanza - gli occhiali da aviatore rivolti alla Dunning - che fingeva di non ascoltare, mentre in realtà non si perdeva una sillaba.
«Ti ho chiamata» disse Charlie.
«È un momento davvero frenetico.»
«Ero preoccupato.»
«Sto bene. Grazie per le provviste.»
«Avrei preferito prepararti un bel pranzetto con le mie mani.»
«Senti, io...»
«Non darmi spiegazioni. Non a me, Tempe. Hai fatto quel che dovevi.»
«Non ero io, Charlie.» L'esatto significato di quest'ultima affermazione sfuggiva anche a me.
«Quando? Giovedì o domenica?»
Non mi lasciò il tempo di rispondere.
«Possiamo riprovarci? Magari di venerdì?»
«C'è stato un altro, Charlie. Un detective di Montréal. Non sono certa che sia finita.»
Fui sorpresa dalle mie stesse parole. Certo che era finita. Ryan era un capitolo chiuso.
«È piuttosto lontano» replicò Charlie.
In molti sensi, pensai.
«Stand by your man» mi cantò piano.
Non potei non sorridere. Quella canzone era stata il tormentone di un interminabile viaggio in pullman verso la sede di un torneo statale di tennis e, da allora, suscitava immancabilmente l'ilarità dei membri della squadra.
«Di chi era quel nastro?» domandai.
«Drek Zogbauer.»
«Andavamo a scuola con uno che si chiamava Drek Zogbauer?»
Si strinse nelle spalle.
«Ricordo che tutti applaudirono quando, finalmente, l'autista gli confiscò lo stereo.»
«Io fui il primo a battere le mani. Non era il genere di musica della mia gente, quello.»
Inarcai un sopracciglio. «La tua gente?»
«I tifosi degli Yankees.»
Di nuovo, non potei fare a meno di sorridere.
«Comunque, ti capisco» riprese. «Per voltare pagina ci vuole tempo.»
Tu ne sai qualcosa, pensai, ricordando le foto della moglie uccisa.
«Mi dispiace» dissi.
«Posso aspettare.» Fece un ampio sorriso, anche se triste. «Sono un uomo molto paziente.»
E poi lo abbracciai.
Dopodiché ci separammo e lui s'incamminò.
«Charlie...»
Si voltò verso di me.
«Asa Finney è stato rilasciato questa mattina.»
Si portò una mano al petto. «Niente applausi, davvero.»
Alzai gli occhi al cielo.
«Sarà sufficiente riconoscere che sono il più grande avvocato del pianeta.»
«Detto tra noi, ti sembra un uomo capace di comportamenti violenti?»
Mi tornò vicino, abbassò la voce. «In tutta onestà, Tempe, non lo so. Su una cosa, però, ha ragione Slidell: quel tipo è un bel po' stravagante.»
«Grazie.»
Aveva fatto a malapena dieci passi, che Slidell si scostò dalla signora Dunning per portarsi lentamente accanto a me.
«Commovente.»
«Eravamo compagni di liceo.»
«Sono contento per te.»
Non dissi nulla.
«La Dunning è incazzata.»
«Perché?»
«Il centralino è incandescente per le chiamate di cittadini inferociti che vogliono sapere come mai la polizia non fa piazza pulita di streghe e stregoni.»
«Gesù.»
«Sì, loro pensano che sia d'accordo anche Lui.»
Mi limitai a scuotere la testa.
«In parte, il capo dà la colpa a te.»
«Aspetta. Come, prego?»
«Dice che hai provocato Lingo.»
«Io l'ho provocato?»
«Per la maggior parte di quelli che han chiamato, tu sei progenie di Satana.»
Trenta minuti dopo, arrivò il corteo ed ebbe luogo una breve cerimonia accanto alla tomba. Fucili spararono a salve, poi la bara fu calata nella fossa e la gente cominciò a disperdersi.
La scavatrice stava coprendo di terra la cassa di Rinaldi quando scorsi Larabee che fissava i cancelli di Sharon Amity Road. Incuriosita, seguii la traiettoria del suo sguardo.
Come formiche attratte da una gelatina di frutta, i reporter circondavano due uomini. Vidi solo le teste che spuntavano oltre il capannello di giornalisti: una dalla chioma argentea, l'altra con un taglio militare.
Boyce Lingo e il suo assistente. Che sfruttavano il funerale di Rinaldi per diffondere un messaggio d'odio e intolleranza.
Fui percorsa da un moto di rabbia incandescente.
Sferrai una gomitata a Slidell e partii in direzione del comizio, decisa a non aprire bocca, ma a piazzarmi in prima linea, monito vivente per il commissario che sarebbe stato ritenuto responsabile di ogni parola pronunciata.
Alle mie spalle, sentivo Skinny che arrancava per tenermi dietro e un altro che lo tallonava: Larabee, probabilmente.
Raggiunta la mischia, mi portai sgomitando in prima fila, proprio di fronte a Lingo.
«... Finney è stato rimesso in libertà questa mattina. È libero di vivere tra noi, di pagare il suo tributo a Satana, adorare Lucifero e diffondere il male in questo mondo.»
Zitta, Brennan.
«Ora, la legge è legge e il cittadino ha i suoi diritti. Così dev'essere, è il nostro sistema. Ma che succede quando il sistema comincia a sgretolarsi? Quando i diritti dei criminali contano più di quelli di chi rispetta le regole, come voi e come me?»
Stai calma.
«Ve lo dico io. Succede che O. J. Simpson gioca a golf in Florida. Robert Blake e Phil Spector danno feste nelle loro ville a Hollywood.»
«Sostiene che erano colpevoli?» gridò un reporter. «Che le loro giurie si sono sbagliate?»
«Sostengo semplicemente che il nostro governo sta perdendo la capacità di proteggerci da criminali e terroristi.»
«Perché?» chiese un'altra voce.
«Perché leggi restrittive legano le mani a polizia e pubblici ministeri. Se sarò eletto al senato dello Stato, mi batterò strenuamente per l'abrogazione di tali norme.»
Dimenticai l'ammonizione di Tyrell e il mio proposito di limitarmi a una muta intimidazione.
«Non è davvero il luogo per far campagna elettorale, commissario.»
Come già in occasione del nostro precedente incontro, tutti gli occhi si posarono su di me, subito seguiti da obiettivi e microfoni.
Lingo sorrise benevolo. «Ci ritroviamo, dottoressa Brennan. Ma, sì, quello che dice è vero.»
«Asa Finney ha diritto a un regolare processo.»
«Ovviamente.»
Su un punto non potevo proprio lasciar correre. «E a praticare il culto di sua scelta.»
Si fece scuro in volto. «Adorando Satana, Finney e quelli come lui rifiutano l'amore di Cristo, disprezzano manifestamente i doni di Nostro Signore.»
Alzò le mani, umile.
«Ma basta così, lei ha ragione. Oggi siamo qui per piangere un bravo poliziotto, che ha perso la vita nell'adempimento del dovere.»
Con ciò fece dietro-front e batté in ritirata.
Carica di adrenalina, partii all'inseguimento. Testa rapata mi sbarrò la strada.
«Ho qualche domanda da porre al commissario a telecamere spente» dissi.
Allargò le gambe e scosse il capo.
«La prego di sgomberare il passo» gli intimai con un tono che manifestava un gelido tentativo di autocontrollo.
Il suo volto rimase impassibile. «Meglio che chiami per un appuntamento.»
Feci per oltrepassarlo: mi bloccò allungando il braccio. Mi spostai a sinistra, lui prevenne la mia mossa.
Stavo per dire qualcosa di cui, in seguito, mi sarei senz'altro pentita.
«Fermo lì.» Slidell ribolliva. «Ha osato alzare le mani su questa piccola signora?»
Piccola signora?
Incrociando le braccia, Testa rapata piegò il capo con fare da duro.
«Nome?» domandò Slidell.
«Chi vuole saperlo?»
Gli occhiali da sole del detective lampeggiarono. «Io, stronzo.»
«Glenn Evans.»
«È il suo tirapiedi?» Skinny accennò col mento alla figura di Lingo che si allontanava.
«Sono al servizio del commissario Lingo in qualità di assistente personale.» La voce era più acuta di quanto mi sarei aspettata da un uomo della sua stazza.
«Perfetto. Allora può spiegare perché il mio defunto collega avrebbe telefonato al suo capo?»
«Sta scherzando?»
«Mai stato così serio.»
«Questa è intimidazione.»
«Mi denunci.»
«Capisco a stento la domanda, ma risponderò lo stesso. Tutte le comunicazioni sono filtrate da me personalmente. Chiamate simili non raggiungono mai l'ufficio del commissario.»
«Sembra molto sicuro. Non ha bisogno di consultare un'agenda o simili?» L'ostilità di Evans non contribuiva a migliorare la disposizione di spirito del poliziotto. «Le riuscirebbe più facile collaborare alla centrale?»
«Non ho paura di lei, detective.»
Slidell lo fissò in silenzio.
Il portaborse si stiracchiò la punta del naso tra pollice e indice. Drizzò le mani poggiate sulle anche e tamburellò sulla cintura con le dita. «Quando avrebbe avuto luogo questa presunta conversazione?»
«Poco prima che il detective Rinaldi venisse ucciso. Se vuole, posso richiedere i tabulati telefonici. Scelga lei.»
«Stronzate.»
«Jimmy Klapec. Questo nome le dice qualcosa?»
«Chi è?»
«Sono io che faccio le domande.» La vena sulla fronte di Slidell stava ballando la rumba.
«Il commissario è estremamente attivo in seno alla comunità: visita rifugi per i senzatetto, mense per i poveri, centri d'accoglienza per donne maltrattate, distributori di pasti, quel genere di cose. Ha contatti con moltissima gente.»
Il poliziotto non disse niente, sperando che l'uomo si sentisse indotto a continuare. Funzionò.
«Potrebbe avere incontrato questo Klapec in una decina di posti diversi.»
«Era un ragazzo scappato di casa, dormiva per strada. Diciassette anni. Il detective Rinaldi stava indagando sul suo omicidio, per questo mi incuriosisce il fatto che abbia contattato il suo principale.»
«Un momento. Sta parlando del ragazzino trovato al lago Wylie? Credevo fosse una specie di rito satanico o roba simile.»
«Perché credeva questo?»
«Era su tutti i giornali, in TV.»
Di nuovo, Slidell offrì il silenzio come risposta. Dubitavo che considerasse veramente Lingo un sospetto. Pensai che stesse strapazzando Evans solo per dargli una lezione.
«Senta, il commissario è un uomo politico. Entra in contatto con tantissime persone di provenienza diversa. Ammesso e non concesso che abbia conosciuto un qualche buzzurro di Half Moon senza fissa dimora, non significa che sia coinvolto nella sua uccisione.»
Mentre parlava, studiai il suo viso. Da vicino la pelle appariva rovinata come quella di Finney, ma le somiglianze finivano lì: i capelli erano biondi, rasati quasi a zero, aveva occhi vicini, una mandibola spiovente, zigomi alti e carnosi, mento sporgente.
«Tanto per ridere, signor Evans, dov'era il suo capo il 6 ottobre?»
«Il commissario ha tenuto un discorso nell'ambito di un evento a Greensboro. Io ero con lui. Se lo desiderate posso fornire copia del programma, e le ricevute della carta di credito con il dettaglio di hotel e ristoranti. Oh, e circa quattrocento testimoni oculari.»
Di nuovo aveva la risposta pronta senza bisogno di riflettere sulla domanda. Ne presi mentalmente nota.
Tra la gente, vidi Larabee che parlava al telefono. Immaginai che stesse tentando di presentare il mio recente exploit nella miglior luce possibile. Conoscendo Larke Tyrell, temevo che non avrebbe concluso granché.
Tornando a concentrare l'attenzione su Evans, avvertii un formicolio dei centri nervosi periferici.
Che cosa aveva suscitato la perplessità dei miei neuroni?
La voce? L'acne? Finney? L'accenno al satanismo?
Niente da fare. La cellula che aveva inarcato un sopracciglio - qualunque fosse - si era poi subito disinteressata alla questione.
Peccato. Una sinapsi accesa al momento giusto avrebbe aiutato a salvare una vita umana.