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«Speriamo di trovare Panvinio in buona salute e disposto a darci una mano».
Sara strinse le ginocchia contro i fianchi del cavallo e si accostò a Raphael, procedendo al passo. «Ci stiamo recando in un monastero?»
«No. Frate Panvinio è un agostiniano timorato di Dio, ma ha il permesso straordinario di vivere all’esterno del convento».
«Molto straordinario, per i tempi che corrono».
«Deve potersi dedicare liberamente agli studi».
«E dove abita?»
«Quando non è impegnato a scavare catacombe se ne sta nella Biblioteca Vaticana, a scrivere e studiare. È un erudito di grande fama».
«Lo hai mai incontrato?»
«Sì. Fa visita al papa una volta al mese, la sera tardi, per conversare con lui e parlargli delle sue scoperte e dei suoi studi riguardanti la storia della Chiesa».
Sara fischiò. «Un amico intimo del papa!».
«Lo è. Pur non essendo un cardinale, ha potuto assistere in conclave all’elezione di Pio iv, quattro anni fa. Da allora si dedica con la benedizione papale alla ricerca e allo studio delle origini cristiane. Si dice che abbia scoperto parecchi cimiteri antichi. Onofrio Panvinio è davvero un grande studioso».
«Più ne sento parlare da te, più questo papa mi piace. Non capisco perché sia così tanto odiato».
«Non te lo spieghi? Pio iv nuota controcorrente, mia cara. Sulla Chiesa di Roma sta calando l’oscurità, e lui è l’ultimo esemplare della sua epoca. La fioritura artistica e letteraria appassisce, si spegne la libertà di pensiero, si perde la consapevolezza nel potere dell’uomo. Si preparano tempi bui».
«Ecco perché Daniele da Volterra sta mettendo le braghe alle figure nude della Cappella Sistina», commentò amaramente Sara, che in quanto pittrice sentiva sulla sua pelle l’alito gelido e sepolcrale della Controriforma.
«Daniele è un ottimo pittore, Sara. Amava il suo maestro».
«Come ha potuto accettare di offendere in tal modo l’opera del sommo Michelangelo Buonarroti? E onestamente non so come il papa possa aver dato quell’ordine».
«Immagina se dopo Pio iv venisse eletto uno come suo nipote Carlo Borromeo o, peggio ancora, salisse al soglio pontificio uno come il Sommo Inquisitore Ghislieri… Be’, non esiterebbero a raschiare via tutto, credimi. Daniele da Volterra sta solo salvando l’opera di Michelangelo. E lo stesso vale per il papa».
Sara non replicò. Preferiva sempre lasciar passare un po’ di tempo prima di dare ragione a qualcuno, e poi erano arrivati davanti al palazzo apostolico, e Raphael stava già smontando di sella.
Mentre lui si avvicinava alle guardie svizzere per farsi riconoscere, lei restò a osservare l’austera facciata. Accarezzando il collo del cavallo, si domandava se ci fosse il papa, in quel momento, dietro una delle finestre. Era emozionata al pensiero di accedere per la prima volta a uno dei luoghi più riservati e infrequentabili della terra, e immaginava di stare per ammirare sculture e affreschi meravigliosi, dei quali, forse, aveva potuto vedere solo delle riproduzioni. Il cuore le batteva forte.
«Vieni», la chiamò Raphael, figura nera e opaca tra i colori sgargianti delle guardie e i bagliori delle loro corazze.
Ogni guardia svizzera, armata di alabarda o spadone a due mani, faceva un passo di lato e diceva: «Salute, Raphael!».
«Dio vi benedica», rispondeva lui.
E Sara ne fu stupita. Per quel che ne sapeva lei, Raphael non salutava mai in quel modo.
Passarono per la stanza della Segnatura, poi in quella dove il papa dava udienza, ma Sara non poté soffermarsi a contemplare gli affreschi come avrebbe voluto. Raphael le concesse appena il tempo di emozionarsi per qualche istante davanti ai magnifici capolavori di Raffaello, poi le disse di seguirlo.
D’un tratto, notò lei, era diventato rude, come se trovarsi in quel luogo lo facesse sentire un animale nel suo territorio di caccia, con un compito da svolgere, insensibile a qualunque altra cosa.
Per fortuna, quando entrarono nella biblioteca, Sara trovò altri affreschi sublimi su cui lasciar vagare lo sguardo. Si guardò attorno con la bocca e gli occhi spalancati per la meraviglia.
All’entrata della prima sala, notò un grosso volume, legato al tavolo con una catena. Raphael le spiegò che conteneva l’elenco dei libri consultabili. «La Biblioteca vera e propria», le disse, «consta di quattro sale: la biblioteca generale, la greca, la segreta e la pontificia. Chiunque può entrare ed estrarne ciò che vuole, è aperta al pubblico quasi tutte le mattine. Ci vengo ogni volta che posso».
Ma a quell’ora il luogo era deserto.
Nelle sale da lettura, Sara fu attratta da altri codici incatenati ai banchi, i suoi occhi attenti sbattevano come ali di farfalla mentre volavano su uno strano libro cinese, su dei papiri dall’aspetto esotico e su una sontuosa Bibbia stampata su pergamena.
«Panvinio non c’è», sbuffò Raphael, contrariato per la perdita di tempo. «Avevo chiesto a Markus di venire ad avvisarlo».
Sara si fermò davanti a uno dei grandi armadi che contenevano i libri in greco e ne lesse i titoli accarezzandosi i capelli. Non conosceva il greco, ma trovarsi a tu per tu con quelle strane lettere e quei volumi antichi la faceva sentire importante. «Io dico che il frate è a casa sua. Queste non sono giornate adatte per andarsene in giro a scavare buche, né per venire qui a leggere».
«A casa sua non c’era anima viva. Potrebbe essere ovunque».
«Gli piacciono le donne?», domandò Sara, maliziosa.
«Sì, se sono dipinte e tengono fra le braccia il Figlio di Dio».
Una risata spontanea, apparentemente proveniente dal nulla, riecheggiò nell’aria. «Ben detto, mio caro amico!», esclamò qualcuno dalla voce acuta e stridula, continuando a ridere e battendo le mani dal divertimento. «Ben detto».
A Raphael parve di riconoscere la voce di Panvinio, e un attimo dopo ne ebbe la conferma: la sua faccia ovale ed elegante spuntò da dietro uno dei banchi degli scrivani.
«Finalmente sei arrivato», disse il frate alzandosi. Indossava il saio nero, sotto il quale si intuiva un fisico asciutto e prestante. «Il tuo messaggio mi ha messo in apprensione. Sono in pericolo? Per quale motivo?»
«Con calma ti spiegherò tutto».
Sara osservò il frate, sorpresa. Chissà perché si aspettava di incontrare un vecchio studioso con un barbone canuto, invece si trovava davanti un giovane di bell’aspetto, con un viso che lei avrebbe scelto come modello per un seduttore. Panvinio aveva la testa rasata, tranne una fascia di capelli mossi, lunghi un pollice, che creava una graziosa v al centro della fronte spaziosa e liscia; gli zigomi alti e sodi; le sopracciglia rade, così come la barbetta sul mento, che lasciava vedere la pelle in trasparenza; i suoi occhi a mandorla fissavano con languore, il suo naso era dritto come una freccia che indicava una bocca discreta ed evidentemente abituata a dire cose intelligenti e serie.
In quel momento Panvinio aveva l’aria stordita di chi si è appena risvegliato dopo una notte di bagordi, ma era di buon umore, come suo solito. «Lieto di conoscervi, madamigella Sara. Raphael mi ha parlato molto di voi. Non immaginate quanto vi ami».
Lei arrossì e abbassò lo sguardo, cosa che le capitava raramente.
«Ed ecco l’uomo che ha salvato la vita al nostro amatissimo papa!».
«Ed ecco il più grande studioso della storia di Roma», gli rispose Raphael, cingendolo con un abbraccio fraterno. «Sono lieto di rivederti, Onofrio. Ti trovo in buona forma».
«Mio caro amico. Come sai, scavare mi tiene sempre in esercizio. Anche se con questo tempaccio sono costretto a rinunciarci». Lo osservò con gli occhi socchiusi e la testa piegata leggermente di lato. «Allora, spiegami cosa sta succedendo».
«Non hai avuto notizia di quel che è accaduto in Vaticano?», annuì Raphael.
«Lì fuori? Nel mondo reale? No».
Gli raccontò gli ultimi avvenimenti vedendolo sbiancare. Gli parlò dei congiurati che erano anche avidi cavatori di tesori, e gli espose la sua idea in merito all’assassino della croce di sangue, del quale Panvinio non aveva mai sentito parlare. Alla fine, Raphael fece una pausa per lasciargli il tempo di assimilare la grande quantità di notizie spiacevoli e poi gli disse: «Sono stati ritrovati alcuni papiri in una catacomba».
Panvinio rialzò la testa e lo fissò con gli occhi sbarrati. «Che genere di papiri?»
«Delle lettere e dei Vangeli».
«Ti ascolto con molto interesse».
«Non qui. Perché tu, Sara e io non andiamo a parlarne dietro un boccale di vino?»
«Catacombe, papiri antichi e un boccale di vino?», assentì Panvinio, sempre con gli occhi dilatati. «Hai appena descritto il paradiso».